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Energia elettrica (produzione)
Processo di trasformazione in energia elettrica di altre forme di energia, come l'energia potenziale dell'acqua e dei combustibili, l'energia cinetica del vento e l'energia luminosa della luce solare (vedi Energia solare). Data la varietà delle fonti, questo processo coinvolge tecnologie complesse.
L'energia è presente in natura in forma disordinata e ordinata (vedi Fisica: Secondo principio della termodinamica). Un'energia in forma disordinata, ad esempio il calore, può essere convertita in una forma ordinata, come l'energia meccanica, per mezzo di un motore termico; quest'ultimo può essere a combustione esterna (cioè una macchina a vapore) o a combustione interna, di tipo volumetrico (come il motore a pistoni delle automobili) o di tipo continuo (come la turbina a gas). Il rendimento dei motori termici è piuttosto basso, in genere inferiore al 40%: ciò significa che meno del 40% dell'energia termica assorbita dal motore viene erogata in forma di energia meccanica utilizzabile.
L'energia in forma ordinata, di cui sono esempi classici l'energia elettrica e quella meccanica, viene detta energia 'di qualità superiore' perché può essere convertita in altre forme con un rendimento prossimo al 100%. Un motore elettrico, ad esempio, può convertire energia elettrica in energia meccanica con un rendimento di oltre il 90%.
I vantaggi dell'elettricità
Per diverse ragioni l'energia viene trasportata e resa disponibile sotto forma di elettricità. L'energia elettrica, infatti, può essere trasportata dai generatori alle utenze mediante una rete di cavi facilmente installabile e senza perdite apprezzabili; può essere trasformata con alto rendimento in energia termica, meccanica e chimica; alimenta un altissimo numero di apparecchi elettrici ed elettronici e di sistemi di illuminazione; è controllabile istantaneamente nel punto di utilizzo: per accendere o spegnere un dispositivo elettrico è sufficiente lo scatto di un interruttore.
Centrali elettriche
La quasi totalità dell'energia elettrica viene attualmente prodotta in impianti che sfruttano l'energia cinetica di una massa d'acqua in caduta controllata (centrali idroelettriche) oppure l'energia termica che si sviluppa durante un processo di combustione (centrali termoelettriche). In senso lato, quest'ultimo caso comprende anche le centrali nucleari, che sfruttano il calore prodotto da una reazione nucleare.
Nelle centrali elettriche alimentate a carbon fossile, il combustibile viene polverizzato, mescolato ad aria preriscaldata e iniettato nella camera di combustione di una caldaia a tubi d'acqua, dove brucia come un gas. La camera, o focolare, rappresenta la struttura più grande della centrale; le pareti interne sono rivestite da una serie di tubi a serpentino, nei quali scorre acqua, che si sviluppano per un totale di diversi chilometri allo scopo di estrarre il massimo calore possibile dal combustibile: durante il percorso all'interno dei tubi, infatti, l'acqua raggiunge il punto di ebollizione e si trasforma in vapore surriscaldato e ad alta pressione. Un impianto di depurazione filtra i gas di combustione, in modo da estrarre la maggior quantità possibile di ceneri, prima di disperderli nell'atmosfera attraverso una ciminiera. Nelle centrali più moderne gli impianti di depurazione sono progettati ponendo particolare cura all'estrazione delle scorie solforate, che si sono rivelate estremamente nocive per l'ambiente.
Il vapore generato nella caldaia viene inviato a una turbina che trasforma l'energia termica in energia meccanica, sia pure con il basso rendimento caratteristico dei motori termici. Il vapore a bassa pressione e bassa temperatura che esce dalla turbina viene condensato e l'acqua ottenuta viene nuovamente pompata nella tubazione della caldaia, chiudendo il ciclo. La condensazione del vapore richiede grandi quantità di acqua di raffreddamento (circa 230.000 m3 l'ora per una centrale da 2000 mW), che può essere prelevata da un fiume o da un lago presente nelle vicinanze della centrale, oppure deve essere riciclata. Il riciclaggio viene operato nelle torri di raffreddamento, che disperdono nell'atmosfera il calore residuo e richiedono una quantità relativamente ridotta di acqua per sopperire a quella persa per evaporazione.
Le centrali alimentate a gasolio o a gas funzionano in modo analogo. Nelle centrali nucleari, invece, a generare calore è la reazione di fissione di un combustibile nucleare, cioè di un materiale radioattivo come l'uranio. Il calore viene estratto da un liquido refrigerante e quindi utilizzato per vaporizzare una determinata quantità d'acqua per mezzo di un apposito apparecchio detto scambiatore di calore. Le fasi successive del processo sono analoghe a quelle delle centrali termoelettriche. Esistono vari tipi di reattore nucleare, basati su strutture e refrigeranti diversi. Una serie di barre di materiale con elevata capacità di cattura neutronica permette di controllare la velocità di reazione e può, in caso di emergenza, determinare lo spegnimento completo del reattore, mentre uno 'schermo biologico' di calcestruzzo, spesso parecchi metri, circonda il reattore per proteggere gli operatori dalle emissioni fortemente radioattive del nocciolo. Vedi Energia nucleare
Recentemente ha avuto molto successo un nuovo tipo di centrale termoelettrica con turbina a gas, detta a ciclo combinato (CCGT, dall'inglese Combined Cycle Gas Turbine). In questo tipo di centrale la trasformazione dell'energia termica nell'energia meccanica necessaria ad azionare un generatore elettrico avviene in due tempi, con un rendimento totale che si avvicina al 55%. Il gas combustibile viene bruciato in una turbina a gas accoppiata a un generatore elettrico e i gas di scarico vengono usati per produrre il vapore necessario ad azionare una turbina a vapore accoppiata a un secondo generatore.
Nella produzione di energia elettrica, alla turbina, a gas o a vapore, è accoppiato il rotore di un generatore elettrico, solitamente un alternatore costituito anche da una parte fissa, denominata statore. Il rotore è un cilindro di materiale ferromagnetico, rotante alla velocità di 3000 giri al minuto, in cui è inserito un avvolgimento percorso da corrente continua. Per effetto della corrente che lo circonda, il rotore si comporta da elettromagnete, producendo quindi un campo magnetico rotante. Lo statore è costituito da un avvolgimento in cui il campo magnetico induce tensioni alternate variabili generalmente con una frequenza di 50 hertz (cicli al secondo). L'energia meccanica prodotta dalla turbina viene quindi trasformata in energia elettrica, con un rendimento prossimo al 100%.
Problemi di produzione dell'energia elettrica
L'energia elettrica è fondamentale per il mantenimento del tenore di vita nelle società altamente industrializzate ed è indispensabile per i paesi in via di sviluppo. A lungo termine, tuttavia, si pone il problema dell'esaurimento dei combustibili fossili e nucleari. All'attuale tasso di consumo, le stime di durata delle scorte vanno da 40-60 anni per il gas naturale e il petrolio, a 200 anni per il carbon fossile. Un problema più pressante è quello dei sottoprodotti della combustione di carbon fossile, gas naturale e derivati del petrolio, che sono estremamente nocivi per l'ambiente. L'accumulo negli ultimi decenni di anidride carbonica, il gas che più contribuisce all'effetto serra, viene considerato il maggiore imputato dell'aumento della temperatura sulla superficie terrestre (riscaldamento globale).
Fonti di energia elettrica
Per ridurre il consumo di combustibili fossili, vi sono solo due alternative possibili: l'energia nucleare e le energie rinnovabili. Dopo l'incidente di Cernobyl, che ha avuto un violento impatto sull'opinione pubblica, in molti paesi è stato sospeso o ridotto il funzionamento delle centrali nucleari, ritenute pericolose per la salute pubblica e per l'ambiente.
La quantità di energia che la Terra riceve dal Sole è immensa, tuttavia solo una minima parte di essa è utilizzabile. Attualmente, le più promettenti fonti di energia rinnovabile sono il vento, l'acqua e i biocombustibili, ma la maggior parte di queste sono talmente 'diluite' che per il loro sfruttamento si rendono necessari numerosi impianti di grosse dimensioni che avrebbero un forte impatto ambientale.
Le centrali eoliche sono costituite da gruppi di turbine a vento (o aeromotori) accoppiate a generatori di corrente. Nell'incontro con le pale della turbina, il vento perde circa il 40% della propria energia cinetica, che viene utilizzata per azionare la turbina; l'energia meccanica prodotta viene poi trasformata in energia elettrica dal generatore.
La luce solare viene trasformata direttamente in corrente elettrica continua (con un rendimento di circa il 15%) da dispositivi fotovoltaici costituiti da materiale semiconduttore. La corrente continua deve poi essere trasformata in corrente alternata per poter essere immessa nella rete di distribuzione. Vedi Alimentazione e distribuzione dell'energia elettrica
Negli impianti idroelettrici, l'energia cinetica dell'acqua che cade attraverso un dislivello viene trasformata in energia meccanica da una turbina idraulica accoppiata a un generatore elettrico.
In alcune centrali termoelettriche, il calore viene prodotto dalla combustione di rifiuti o di metano ottenuto dalla decomposizione di rifiuti. In altre si utilizzano 'biocombustibili', cioè materiale di scarto proveniente da procedimenti agricoli, o legna ottenuta dal taglio di piantagioni appositamente coltivate.
Un serio impegno nella ricerca
di fonti di energia rinnovabile potrebbe portare nel futuro a impianti di
piccole dimensioni basati su tecnologie diversificate, che sostituirebbero le
grandi centrali-cattedrale di oggi.
Energia elettrica (alimentazione e distribuzione)
Sistemi per la trasformazione di altre forme di energia in energia elettrica, e per la trasmissione di questa nei luoghi di consumo. La produzione e la trasmissione di energia sotto forma di elettricità comportano importanti vantaggi economici in termini di costo per unità di potenza trasportata. (Vedi Motori e generatori elettrici). I sistemi elettrici di potenza rendono inoltre possibile l'utilizzo di energia idroelettrica lontano dai luoghi di produzione. Nei moderni sistemi di distribuzione si impiegano, generalmente, correnti alternate (AC), anche perché i livelli di tensione di questi segnali possono essere facilmente convertiti da alti a bassi valori, e viceversa, per mezzo di trasformatori. Così, ogni stadio del sistema può essere alimentato a livelli di tensione adeguati. Un sistema di produzione e di distribuzione di energia elettrica è costituito da sei elementi principali: la centrale di produzione; un gruppo di trasformazione che porta l'energia generata a livelli di alta tensione vantaggiosi per le linee di trasmissione; le linee stesse; le sottostazioni di trasformazione che riducono le tensioni per le linee locali; le linee locali di distribuzione; le cabine di trasformazione che riducono ulteriormente le tensioni fino ai livelli di impiego delle apparecchiature degli utenti.
In un sistema tipico, i livelli di tensione generati nella centrale non superano i 26.000 volt (V) circa, dal momento che valori più alti del voltaggio potrebbero comportare difficoltà di isolamento delle macchine e pericolo di scariche elettriche e di danni. Tali tensioni vengono innalzate per mezzo di opportuni trasformatori fino a valori compresi tra 110 e 380 kV (1 kilovolt equivale a 1000 V) per la rete di distribuzione primaria (a parità di potenza trasmessa, più alta è la tensione e più piccola è la corrente e quindi minori sono le perdite, poiché l'energia dissipata in linea è proporzionale al quadrato della corrente). I valori riportati sono quelli della rete italiana, che dispone di poche linee a tensione maggiore; grandi linee con tensioni più elevate sono in funzione in altri paesi. Nelle stazioni primarie la tensione viene ridotta a valori tra 60 e 130 kV per il trasferimento lungo le linee di distribuzione locali, e nelle stazioni secondarie si ha un'ulteriore riduzione che porta il voltaggio tra i 15 e i 30 kV. Nelle cabine di trasformazione, infine, la tensione viene ancora abbassata ai livelli di utilizzo. L'industria pesante e le ferrovie impiegano tensioni di qualche migliaio di volt e ulteriori riduzioni sono richieste per le utenze più piccole; l'industria leggera opera invece con impianti a 380 V, mentre gli impianti domestici sono ormai, quasi ovunque in Italia, a 220 V (in alcune zone 160 V).
I recenti sviluppi dei raddrizzatori per alte tensioni a stato solido rendono possibile, ed economicamente accettabile, la conversione di alte tensioni alternate in alte tensioni continue per la distribuzione di potenza; ciò evita le perdite capacitive e induttive in trasmissione (vedi più avanti).
La centrale di produzione dell'energia elettrica contiene alcune macchine motrici, ad esempio turbine idrauliche o a vapore, ciascuna delle quali aziona un alternatore. La maggior parte dell'energia elettrica mondiale prodotta per soddisfare la richiesta mondiale è generata con impianti a vapore alimentati con carbone petrolio gas o energia nucleare e, in misura minore, con impianti idroelettrici, diesel o con motori a combustione interna
Le linee di distribuzione ad alta tensione sono realizzate, di solito, con cavi di rame o di alluminio (questi ultimi, soprattutto, con elementi portanti in acciaio), sospesi a strutture reticolari in acciaio, dette piloni o tralicci, mediante catene di isolatori in porcellana. L'impiego di cavi con struttura in acciaio e di piloni di grande altezza permette di aumentare la distanza tra questi, riducendo di conseguenza il costo delle linee. Nelle installazioni moderne con percorsi quasi rettilinei, le linee ad alta tensione possono essere realizzate con meno di quattro piloni per chilometro; per le linee locali a tensione più bassa, i tralicci sono sostituiti da palificazioni in legno o in cemento. Nelle città e nelle zone in cui le linee esterne possono creare pericolo, si ricorre generalmente all'uso di cavi di distribuzione sotterranei isolati. Alcuni di questi cavi hanno un nucleo vuoto entro il quale circola olio a bassa pressione, in modo da garantire una totale protezione dai danni causati dall'umidità, che potrebbe provocare dispersioni nel cavo. Le linee in conduttura, nelle quali molti cavi sono stesi in un tubo sigillato, riempito di olio ad alta pressione (fino a 15 atmosfere), sono usate di frequente su linee sia primarie sia secondarie con tensioni superiori ai 345 kV.
Qualsiasi sistema di distribuzione dell'elettricità coinvolge una gran quantità di apparecchiature per la protezione dei generatori, dei trasformatori e delle linee di trasmissione. Il sistema comprende spesso anche dispositivi per la regolazione della tensione fornita agli utenti e per la correzione del fattore di potenza (vedi più avanti).
Per proteggere tutti i componenti del sistema da cortocircuiti e da eventuali sovraccarichi, e anche per le normali operazioni di commutazione, si impiegano dispositivi di interruzione. Si tratta di interruttori di grandi dimensioni, alcuni dei quali agiscono automaticamente nel caso di cortocircuiti o di altri eventi che causino un repentino aumento dell'intensità di corrente. Fra i terminali di questi interruttori, quando si interrompe il flusso di corrente si sviluppa un arco elettrico, e ciò richiede l'adozione di misure particolari: molti di essi, ad esempio quelli impiegati per proteggere un generatore o una sezione di linea di trasmissione primaria, sono immersi in un liquido dielettrico come l'olio minerale, che facilita lo spegnimento dell'arco. Nei grandi interruttori operanti in aria, come in quelli in olio, vengono utilizzati anche campi magnetici per interrompere l'arco. Piccoli interruttori operanti in aria libera vengono usati a scopo di protezione nei negozi, nelle fabbriche e in tutti gli impianti domestici. In questi impianti, una volta, venivano comunemente usati per lo stesso scopo i fusibili, che consistono in un filamento o un nastro di lega metallica a basso punto di fusione; inserito nel circuito, esso si riscalda in seguito al passaggio di corrente elettrica, fondendo (con conseguente interruzione del circuito) nel caso in cui quest'ultima superi un valore stabilito. (Vedi Salvavita
Le cadute di rete
In quasi tutto il mondo, i servizi di distribuzione locali o nazionali sono collegati in sistemi a griglia che permettono di distribuire in varie aree l'energia prodotta in una determinata zona. Ciascuna delle aziende elettriche partecipanti si avvantaggia così di una maggior capacità di riserva, dell'uso di macchine più grandi ed efficienti e della possibilità di compensare, mediante le risorse condivise, eventuali cadute locali del servizio.
Queste reti interconnesse sono grandi e complessi sistemi che comprendono elementi azionati da diversi gruppi. Esse offrono opportunità di risparmio, ma aumentano i rischi di caduta della fornitura di energia su vaste aree. Ad esempio, un disservizio della rete principale si produsse nella zona orientale del Nord America il 9 novembre del 1965, quando un dispositivo di controllo automatico dei flussi di corrente si guastò nell'Ontario, lasciando aperto un elemento di interruzione. Un picco di sovracorrente si trasmise attraverso gli Stati Uniti nordorientali e gli interruttori di sicurezza dei generatori scattarono automaticamente. La potenza generata dagli impianti più a sud subì un'impennata per supplire all'improvviso vuoto, sovraccaricando anche questi impianti che, a causa degli automatismi di protezione, si disattivarono. La caduta di energia, alla fine, coinvolse un'area di oltre 200.000 km quadrati.
I disservizi di grande estensione vengono spesso chiamati blackout. Sospensioni parziali nella distribuzione di energia (brownout) possono essere prodotte anche deliberatamente, per risparmiare elettricità o come misura di sicurezza in periodi di guerra. Per tutelarsi dalle conseguenze della mancanza di energia elettrica, ospedali, edifici pubblici, centri di calcolo e le sedi di altre attività dispongono di propri generatori di sicurezza che garantiscono la continuità almeno delle funzioni essenziali.
Regolazione della tensione
Le lunghe linee di trasmissione hanno valori non trascurabili di induttanza (Vedi Induzione capacità e resistenza. Come conseguenza di ciò la tensione che giunge agli utenti dipendente dall'assorbimento di corrente dei carichi complessivamente collegati alle linee stesse. Per evitare variazioni indesiderabili, vengono impiegati dispositivi di diversi tipi. La stabilizzazione della tensione può essere ottenuta con regolatori a induzione e con motori sincroni trifase (detti anche condensatori sincroni); entrambi i dispositivi variano il valore complessivo dell'induttanza o della capacità del circuito di trasmissione, sfruttando il fatto che gli effetti capacitici e induttivi tendono a bilanciarsi reciprocamente. Nei circuiti a corrente alternata, solo una parte della corrente (quella in fase con la tensione), dà luogo a una effettiva trasformazione di energia, quindi porta potenza al carico; il rapporto tra questa quota di corrente e la corrente complessiva è detto 'fattore di potenza'. Quando un circuito di carico ha una reattanza eccessiva, induttiva o capacitiva, come quasi sempre accade nei sistemi di grande potenza, il fattore di potenza è basso e la corrente che circola è sensibilmente maggiore di quella realmente utile per il trasporto della potenza richiesta. Poiché le perdite sono proporzionali alla corrente, conviene aggiungere, se possibile, capacità in parallelo ai carichi induttivi (e viceversa) per rendere il fattore di potenza il più possibile prossimo a 1. Per questa ragione, nei sistemi di trasmissione di potenza si inseriscono spesso grandi condensatori (detti 'di rifasamento').
Tra il 1950 e il 1990, la produzione e il consumo mondiali di energia salirono da poco meno di 1000 miliardi di kilowattora (kWh) a oltre 11,5 miliardi di kWh. Nel contempo cambiarono anche le modalità di generazione dell'energia. Nel 1950 circa due terzi dell'energia prodotta erano di origine termica (sistemi a vapore) e circa un terzo di origine idroelettrica. Nel 1990 le centrali termiche producevano ancora circa due terzi dell'energia totale, gli impianti idroelettrici erano scesi sotto il 20% e gli impianti a energia nucleare ne fornivano circa il 15%. A causa delle preoccupazioni relative alla sicurezza degli impianti e allo smaltimento delle scorie radioattive, alcuni paesi, tra i quali l'Italia, sospesero tutte le attività di sfruttamento dell'energia nucleare e il servizio delle centrali; in altri stati, come negli Stati Uniti, la crescita del nucleare subìto comunque un serio rallentamento. Per contro in Francia, leader mondiale nell'uso dell'energia nucleare, le centrali termonucleari coprono circa il 75% della produzione nazionale.
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