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Elettrotecnica- il trasformatore




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ELETTROTECNICA












IL TRASFORMATORE















Trasformatore                                                                                           


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Il trasformatore è una macchina elettrica statica (perché non contiene parti in movimento) appartenente alla categoria più ampia dei convertitori. In particolare il trasformatore consente di convertire i parametri di tensione (simbolo V unità di misura [V] volt) e corrente (simboli I unità di misura [A] ampere) in ingresso rispetto a quelli in uscita, pur mantenendo costante la quantità di potenza elettrica (a meno delle perdite per effetto dell'isteresi e delle correnti parassite). Il trasformatore è una macchina in grado di operare solo in corrente alternata, perché sfrutta i principi dell'elettromagnetismo legati ai flussi variabili.
Il trasformatore ha importanza fondamentale nel mondo di oggi: senza di esso le grandi reti di trasporto dell'energia elettrica che collegano le centrali elettriche a milioni di industrie e di case non potrebbero funzionare.



Introduzione

Le enormi quantità di energia elettrica richieste dalla società moderna fanno sì che questa debba essere prodotta in grandi quantità presso centri di produzione denominati centrali elettriche. Un parametro utile per determinare la dimensione e la quantità di energia prodotta da una centrale è la potenza (simbolo P unità di misura W) la quale può variare dalle decine di kW (1 kW = 1000 W) di piccole centrali idroelettriche o solari alle centinaia di MW (1 MW = 1.000.000 W) delle grandi centrali termoelettriche e nucleari. Questa energia deve essere trasportata anche per centinaia di km. La potenza elettrica è legata in maniera diretta ai parametri di tensione e corrente, secondo la formula

dove , detto fattore di potenza, è il correttivo dovuto allo sfasamento.
Ciò significa che a parità di potenza aumentando la tensione V diminuisce la corrente I (e si deve mantenere più vicino possibile al valore unitario. Vedi la voce Rifasamento). Ciò è molto importante in quanto la corrente I genera al suo passaggio nei conduttori elettrici calore (Effetto Joule), più la corrente è alta e più calore si genera; per ovviare a questo bisogna aumentare la sezione dei conduttori, ma viene da sé che c'è un limite economico e tecnologico nel dimensionamento delle linee elettriche, legato anche al fenomeno della caduta di tensione delle linee stesse. Al fine quindi di abbassare la corrente I si effettua una trasformazione aumentando la tensione V a parità di potenza P. Naturalmente diminuendo le distanze da percorrere e la potenza da trasportare viene anche meno l'esigenza di avere tensioni alte, se a questo si associa l'altra esigenza che è quella di avere per l'uso domestico e industriale un livello di tensione compatibile con le esigenze di sicurezza ne conviene che dalla produzione alla distribuzione è opportuno effettuare un numero adeguato di trasformazioni verso tensioni più basse.
La macchina che si occupa di effettuare tali trasformazioni è appunto il
trasformatore. A titolo di esempio citiamo alcune delle tensioni tipiche di esercizio degli impianti elettrici ovvero:

  • 230 V - tensione per usi domestici
  • 400 V - tensione per uso industriale
  • 15/20 kV (15.000 ÷ 20.000 V) tensione di esercizio delle reti elettriche di distribuzione secondaria (Lunghezza alcune decine di km)
  • 132/150/220/380 kV tensione di esercizio delle linee elettriche di distribuzione primaria (Lunghezza alcune centinaia di km)
  • 0,5/1 MV tensione di esercizio delle linee elettriche di interconnessione su lunghissime percorrenze (Lunghezza alcune migliaia di km)

Invenzione

Le principali tappe che hanno portato all'attuale trasformatore ricordiamo:

  • Michael Faraday inventò il 29 agosto l'anello a induzione, il primo trasformatore. Egli lo usò però solamente per dimostrare i principi dell'induzione elettromagnetica e non ne intravide un uso pratico.
  • Lucien Gaulard e John Dixon Gibbs presentarono a Londra nel un dispositivo chiamato generatore secondario e vendettero l'idea alla società americana Westinghouse. Fu il primo trasformatore di uso pratico, ma impiegava un nucleo lineare, abbandonato poi in favore del nucleo circolare. Fu anche presentato a Torino nel , dove fu adottato per un sistema di illuminazione.
  • William Stanley, un ingegnere della Westinghouse, costruì un modello di trasformatore nel dopo che George Westinghouse acquistò l'invenzione di Gaulard e Gibbs. Egli utilizzò per il nucleo due ferri sagomati a forma di E ed il modello entrò in commercio nel .
  • Ottó Bláthy, Miksa Déri e Károly Zipernowsky, ingegneri ungheresi della società Ganz di Budapest svilupparono nel un efficiente modello 'ZBD' basato sul progetto di Gaulard e Gibbs.
  • Nikola Tesla nel inventò la bobina di Tesla, un trasformatore risonante con avvolgimenti sintonizzati in aria per produrre altissime tensioni ad alta frequenza.

Costruzione e principio di funzionamento


Schema di principio

Il trasformatore più semplice è costituito da due conduttori elettrici (solenoidi) avvolti su un anello di materiale ferromagnetico detto nucleo magnetico. L'avvolgimento al quale viene fornita energia viene detto primario, mentre quello dalla quale l'energia è prelevata è detto secondario. I trasformatori sono macchine reversibili, per cui questa classificazione non corrisponde ad un avvolgimento fisico unico.

Quando sul primario viene applicata una tensione elettrica alternata sinusoidale, per effetto dell'induzione magnetica si crea nel nucleo un flusso magnetico con andamento sinusoidale. Per la legge di Faraday-Neumann-Lenz, questo flusso variabile induce nel secondario una tensione sinusoidale.

La tensione prodotta nel secondario è proporzionale al rapporto tra il numero di spire del primario e quelle del secondario secondo la relazione:

dove Vp è la tensione applicata sul primario, Vs la tensione indotta sul secondario, Np il numero di spire del primario e Ns il numero di spire del secondario, n è chiamato rapporto di trasformazione.


Per una tensione sinusoidale di ampiezza massima Em il valore efficace E vale:

Trascurando le perdite, la relazione tra tensione, numero di spire, intensità di flusso e sezione del nucleo è data dalla relazione:

Dove E è il valore efficace (RMS) della tensione indotta, f è la frequenza in Hertz, N è il numero di spire dell'avvolgimento al quale si fa riferimento, S è la sezione del nucleo (in m2) e B è il valore dell'induzione in Tesla.

Funzionamento a vuoto

Si quando non ci sono carichi alimentati dal circuito secondario, quindi I2 = 0 e quindi è anche nulla anche I12 mentre circola solo corrente nella prima parte del circuito primario quindi I1 = I10.

Ricordando lo schema di trasformatori reali dove:

  • definisco impedenza a vuoto al primario

  • si trascura:

tipicamente di un fattore 1000.

  • la resistenza e l'induttanza al secondario non sono attraversate da corrente quindi vengono sostituite con un corto circuito.

si ottiene così la schema di funzionamento a vuoto (sopra riportato).

Questo schema è interessante perché ci da un idea delle perdite nel ferro perché legate all'impedenza Z10 e quindi della relativa perdita di potenza che ci sarà utile per il calcolo del rendimento del trasformatore.

Funzionamento in corto circuito

Si ha una configurazione di corto circuito quando si sostituisce il carico con un corto circuito: in questo caso si annullerà la tensione U2 = 0 e le correnti vengono chiamate correnti di cortocircuito (la tensione U1 dovrà essere opportunamente ridotta per non generare correnti che guastino il trasformatore):

Per l'analisi del trasformatore in corto circuito, partendo dalla configurazione di trasformatore reale, si riportano al primario la resistenza e l'induttanza del secondario, mettendole in parallelo con Z10 e in serie con R1 e jX1

Adesso prendiamo in considerazione la prima parte dello schema proposto e definiamo l'impedenza al primario:

dove:

  • R1C è definita resistenza in corto circuito a primario
  • X1C è definita reattanza in corto circuito a primario
  • le resistenze e le induttanze del primario sono considerate in serie:

  • ricordo che tipicamente di un fattore 1000 e quindi viene trascurata.

Considerando la parte di destra dello schema, possiamo trasportare l'impedenza del primario al secondario e ottenere:

dove:

  • R2C è definita resistenza in corto circuito a primario
  • X2C è definita reattanza in corto circuito a primario

In conclusione il funzionamento in corto circuito è dipendente dalle impedenze al primario e al secondario , , quindi la potenza assorbita dal trasformatore in corto circuito è legata alle perdite dovute alle resistenze quindi alle perdite nel rame; questa considerazione ci sarà utile per il calcolo del rendimento del trasformatore.

Prove sul Trasformatore

Prova a Vuoto

La Prova a vuoto serve per determinare i componenti del circuito equivalente del ramo magnetizzante (trasversali), visti dal lato primario, le Perdite nel Ferro dovute al nucleo ferromagnetico e la caratteristica a vuoto della macchina.

Lo schema prevede l'utilizzo dei seguenti strumenti da collegare al primario:

  • Un Frequenzimetro, per controllare che la frequenza sia sempre quella nominale;
  • Un Variac, per regolare la tensione per ogni lettura da svolgere;
  • Un Amperometro;
  • Un Voltmetro;
  • Un Wattmetro

La prova viene svolta nel seguente modo:

  • Viene alimentato il trasformatore alla frequenza nominale e con una tensione leggermente superiore alla tensione nominale : ad esempio
  • Tramite un Variac o (Autotrasformatore) viene abbassata gradualmente la tensione di alimentazione fino al valore 0, effettuando per ogni tensione diverse letture di Corrente e Potenza, riportando il tutto in una tabella.
  • Con i dati ricavati è possibile costruire dei grafici e determinare graficamente il valore della

I grafici sono:

Dai grafici è possbile determinarsi i valori nominali di corrente, potenza e cos(φ) (tutti riferiti al funzionamento a vuoto) in corrispondenza del valore della tensione nominale di funzionamento. In particolare: il valore di potenza nominale a vuoto ricavato dal grafico è proprio il valore di Pf.

Perdite e rendimento

Nei trasformatori reali presentato due tipi di perdite:

  • perdite nel rame dovute agli avvolgimenti:

  • perdite nel ferro dovute al nucleo ferromagnetico:

quindi definiamo il rendimento:

dove:

  • Pu potenza utile al secondario
  • Pd potenza disponibile al primario

Da ricordare che il rendimento è funzione della condizione di carico, ossia di quanto sia sfasata la corrente al secondario, l'angolo φ che forma con al tensione al secondario.


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