L'AGRICOLTURA TRADIZIONALE
In campo agricolo la principale differenza
presente su scala mondiale è quella che oppone l'agricoltura industrializzata
in grado di produrre eccedenze dei paesi sviluppati, all'agricoltura
tradizionale e deficitaria dei paesi del terzo mondo, dove prevale l'azienda
familiare. Qui l'agricoltura è quella tipica di sussistenza ed ha come fine il
sostentamento del coltivatore organizzato in piccole comunità di villaggio. I mezzi
tecnici e finanziari a disposizione del contadino risultano insufficienti per
rendere davvero produttiva la terra coltivata. Il numero delle famiglie
contadine aumenta molto più rapidamente della messa a coltura di nuove terre.
Ciò si traduce in un declino nelle rese, a causa di uno sfruttamento eccessivo
dei suoli, in una diminuzione delle dimensioni medie dei poderi ed in un
aumento nel numero degli agricoltori senza-terra, costretti sovente a vendere i
loro modesti appezzamenti ai grandi proprietari terrieri perché carichi di
debiti. Non risulta così difficile comprendere come problemi quali l'erosione
provocata dal vento o dall'acqua o la deforestazione siano divenuti una
costante in numerose realtà del terzo mondo, che spesso si deve misurare anche
con condizioni ambientali avverse, come la siccità. Non è raro che nel corso di
un anno molte comunità agricole siano in grado di produrre una quantità di
alimenti sufficiente solo per 6-8 mesi. Questa realtà non fa altro che
alimentare i flussi migratori in direzione della città, o mantenere in vita
forme primitive di agricoltura, come il ladang, cioè l'agricoltura itinerante.
Agricoltura di sussistenza e dualismo
economico. L'agricoltura nei paesi del terzo mondo è caratterizzata da un
dualismo economico che contrappone l'agricoltura di sussistenza all'agricoltura
di mercato, organizzata in forma di monocoltura speculativa, dalla piccola alla
grande proprietà terriera, dalla produzione interna ai prodotti importati. La
competenza, in uno stesso paese, di due sistemi agricoli così diversi quali la
piantagione e l'agricoltura di sussistenza innesca pericolose conflittualità, a
causa delle quali le aziende agricole familiari sono sempre più in difficoltà.
Le immense proprietà, eredità della conquista coloniale, sono generalmente
sfruttate al di sotto delle loro potenzialità da proprietari che hanno a
disposizione un'abbondante manodopera a basso costo o a costo zero. Spesso i
contadini 'senza terra' sono costretti, per necessità, ad indebitarsi
ed alla fine si trovano obbligati a lavorare per numerosi anni senza salario:
rinasce così una nuova forma di schiavitù, la 'schiavitù per debito'.
Grazie al suo potere sulla terra il grande
proprietario terriero controlla anche la vita politica del paese, l'apparato amministrativo,
la polizia, frenando le possibilità di intervento e di cambiamento. I rapporti
fra produzione locale e prodotti importati sono complessi. Le politiche
assistenzialistiche nei paesi sviluppati consentono agli agricoltori del nord
del mondo di collocare sui mercati internazionali prodotti a prezzi
particolarmente bassi. In molti paesi del terzo mondo risulta così più
conveniente importare cibo, piuttosto che sostenere le produzioni locali. Si
preferisce dunque puntare sulle monocolture d'esportazione, a discapito della
diversificazione produttiva orientata al mercato interno.
Anche questa scelta non si è dimostrata però
particolarmente vantaggiosa, vista l'instabilità dei corsi mondiali di prodotti
come il caffè, il cacao o la canna da zucchero.