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Nel corso del XVIII secolo la popolazione europea crebbe di circa il 65%; lo sviluppo demografico fu accompagnato dalla crescita della produzione agricola. Le aumentate disponibilità alimentari dipesero da 3 ragioni:
- la prima fu la diffusione di nuove colture, quali MAIS, PATATA, GRANO SARACENO e RISO, dotate di rendimenti più elevati di quelli tradizionali;
- la seconda fu l'espansione della superficie coltivata;
- la terza l'aumentato rendimento degli altri cereali.
L'Inghilterra fu il paese che registrò i più vistosi progressi per le trasformazioni radicali nel sistema agricolo. I prati artificiali seminati con piante foraggiere sostituirono i pascoli (incolti) consentendo un accrescimento del bestiame; ciò significò poter disporre di quantità più elevate di concimi animali e quindi elevare la fertilità del suolo. Le grandi aziende capitalistiche posero fine a quello che era il freno più importante allo sviluppo agricolo, cioè alla concorrenza fra allevamento e cereagricoltura. Altro aspetto importante dell'INNOVAZIONE AGRICOLA INGLESE è dato dall'abolizione del MAGGESE. La coltivazione continua con avvicendamenti di diverse colture, scelte secondo le nuove conoscenze agronomiche, fu in grado di migliorare e non solo di mantenere, la fertilità del suolo. Questi sono i principali aspetti della rivoluzione agricola.
Nel XVIII secolo le regioni agricole paragonabili all'Inghilterra sono solo un'eccezione.
In Francia, per esempio, il peso della piccola conduzione familiare, con scarsità di capitali, era ancora molto alto. La piccola proprietà contava un terzo della terra, ma anche le grandi proprietà (del clero, della nobiltà e della borghesia) erano gestite nella forma dell'affitto contadino e della MEZZADRIA.
Anche nell'Italia settentrionale i progressi compiuti nella seconda metà del '700 (sviluppo dell'allevamento e delle colture industriali, ripresa della bonifiche, diffusione della risicoltura) furono frenati dagli arcaici rapporti di produzione della campagne.
Quanto alla Spagna ed all'Italia meridionale la monocoltura cerealicola e la pastorizia transumante continuarono a prevalere con la sottoutilizzazione del suolo.
Le regioni europee con il maggiore sviluppo demografico e della superficie coltivata furono quelle dell'Europa orientale e danubiana. In Polonia, in Russia meridionale e sul Danubio un elemento decisivo fu costituito dalla fine del dominio dei Turchi.
Parallelo allo sviluppo agricolo fu quello delle attività manifatturiere e commerciali. Le manifatture tessili restavano, in Europa, la principale attività produttiva non agricola, ma accanto ai tessuti di lana c'erano quelli di sete e di lino, quella dei tessuti misti.
L'Italia cessò di essere paese esportatore di tessuti di lana (l'Inghilterra raggiunse grande sviluppo).
Amsterdam assunse il ruolo di centro della finanza, impegnato nei prestiti ai grandi stati europei.
La grande crescita dell'Inghilterra dipese in gran parte dalla decadenza delle Corporazioni e dall'affermazione del lavoro salariato. Essa era poi al primo posto nei consumi di nuove materie prime come il CARBONE ed il FERRO. Nel corso del XVIII secolo si registrò anche una trasformazione dei consumi; alcuni prodotti coloniali (zucchero, te, caffè, tabacco) diventarono di uso comune mentre il mais e la patata diventarono prodotti di largo uso nelle classi popolari. Questa trasformazione fu una vittoria dei consumi popolari e dell'igiene sociale, ma la diffusione dei distillati generò l'alcolismo fra le grandi masse urbane dei poveri e degli emarginati.
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