|
Appunti superiori |
|
Visite: 1816 | Gradito: | [ Grande appunti ] |
Leggi anche appunti:Memoria e oblio tra passato, presente e tensione verso il futuroMemoria e oblio tra passato, presente e tensione verso il futuro Analizziamo Una cultura sociale da cambiareUna cultura sociale da cambiare Secondo Galimberti il disagio non ha origine psicologica Il disagio dei giovaniIL DISAGIO DEI GIOVANI Al di là dell'impressione data dalle notizie sui media, |
L'IPNOSI
I.1 STORIA DELL'IPNOSI
La storia dell'ipnosi comprende quasi due secoli e mezzo. La storia dell'ipnotismo è la storia delle tecniche ipnotiche che si sono modificate nel tempo sotto l'influsso della cultura, delle storie personali e della personalità degli ipnotizzatori, delle risposte comportamentali che sono state date alle suggestioni dalle varie persone che si sono sottoposte all'ipnosi nel corso della storia. L'ipnotismo non ha avuto una storia semplice, ma un susseguirsi di vari momenti di splendore alternati a momenti di disinteresse, di rifiuto e di oblio, sia delle tecniche che dei fenomeni ipnotici.
L'ipnotismo, nonostante questo suo corso, non si è mai estinto perché, in ogni momento di oblio, c'è stato qualcuno che l'ha riportata in auge. Quella ipnotica è un'esperienza che si ripropone continuamente e ogni essere umano prima o poi la incontra. Per capire come funziona la ciclicità fortuna-oblio dell'ipnosi va ricordato che i periodi storici in cui mesmerismo o ipnotismo affrontavano momenti difficili sono sempre iniziati con la derisione dei metodi usati e col discredito dei risultati terapeutici dichiarati.
A questo proposito bisogna ricordare che:
l'ipnotismo, in un certo senso, ha una storia tutta sua: troppo innovatore o troppo antiquato rispetto al pensiero e alla cultura dominante;
l'ipnotismo è nato come metodo di cura simile a quello proposto nella tradizione della chiesa: la "vittoria" di Mesmer su Gassner rappresenta la svolta che, a partire dalla tradizione e dalla credenza religiosa, ha portato verso un approccio razionale e scientifico di studio dei fenomeni psicologici;
l'ipnotismo si presenta come un metodo di cura valido per tutti i mali e queste in evidente contrasto con la storia della medicina;
l'ipnotismo inoltre ha come principale oggetto di studio un aspetto ancora oggi sfuggente come quello della coscienza e delle sue discontinuità.
Oltre l'ipnotismo cadevano in disgrazia anche le varie figure eccellenti che si erano dedicate al suo studio e alla sua divulgazione. Molti mesmerismi e ipnotisti, persino quelli che davvero cambiarono la storia di questa disciplina, pensarono di aver scoperto qualcosa di nuovo (Del Castello, Casilli, 2007, p.20).
I.2. MESMER: IL MAGNETISMO ANIMALE
Il medico viennese Franz Anton Mesmer (1734-1815) postulava l'esistenza di un fluido, simile al magnetismo fisico e chiamato magnetismo animale data la sua supposta presenza nei corpi viventi, che egli riteneva potesse essere trasmesso dal magnetizzatore ai suoi pazienti per guarire innanzitutto le malattie nervose e, indirettamente anche altre malattie.
A quanto sappiamo Mesmer non impiegò mai alcuna tecnica di induzione ipnotica, ma possedeva una forte carica suggestiva. Ad essa vanno attribuite le molte guarigioni spettacolari che lo resero famoso e il gran numero di seguaci che si appassionarono al mesmerismo, nonostante fosse molto contrastata dalla scienza ufficiale.
I.2.1. Metodo, strumenti e tecnica utilizzati da Mesmer
Il primo degli strumenti utilizzati da Mesmer fu il baquet: una tinozza chiusa con un coperchio, alta mezzo metro, posta al centro di un elegante sala. Dal bordo del coperchio partivano varie corde e aste di ferro che potevano essere girate e orientate in tutti i versi. Attorno a questa larga tinozza venivano fatti sedere una ventina di pazienti che si dovevano avvolgere una delle corde intorno al capo e dovevano applicare una delle aste metalliche sulla parte malata stando in silenzio. A questi pazienti poteva essere ordinato di formare una sorta di catena umana unendo le proprie dita con quelle delle mani delle persone accanto.
Dopo un po' di tempo alcuni pazienti cominciavano a sentire le prime strane sensazioni fisiche. A questo punto potevano comparire delle crisi che potevano essere procurate molto più facilmente quando la persona veniva magnetizzata, e questo accadeva quando Mesmer ad ogni paziente, passando le mani sui vestiti di questi, lo accarezzava con un contatto leggero, con l'intenzione di convogliare il flusso, ma sostanzialmente "ratificando" e potenziando l'effetto che l'uso dei magneti aveva sui corpi dei pazienti oltre che l'effetto delle loro aspettative.
Mesmer in alcuni casi utilizzava anche una sorta di "verga magica" con cui sottolineava gesti e parole ottenendo risultati più veloci e spettacolari.
Il secondo strumento era l'uso del contesto. Tale contesto fisico, che oggi chiameremmo "suggestivo", tendeva a far aumentare la responsività alla magnetizzazione con vari mezzi. Mesmer cercava infatti di facilitare le crisi tenendo la sala del baquet in una certa oscurità, inoltre usava specchi, profumi e strumenti musicali "magnetizzati". Mesmer per facilitare il metodo di magnetizzazione utilizzava l'armonica a coppe di cristallo, da poco inventato in America da Benjamin Franklin, che è, per il suono che produce, sconvolgente e suggestivo. L'armonica ha un suono molto particolare che produce brividi, cattura immediatamente l'attenzione e facilita la modificazione dello stato di coscienza.
Nonostante tutto, la credenza popolare ha attribuito a Mesmer la paternità dell'ipnosi, anche se in realtà fu un suo discepolo, il marchese de Puysègur, ad interessarsi per primo ai fenomeni ipnotici (Del Castello, Casilli, op. cit. , p.24).
I.3 IL MARCHESE DE PUISEGUR
Puisègur, allievo di Mesmer, inizialmente utilizzava per i suoi trattamenti pubblici la "tecnica dell'albero", una sorta di baquet per poveri. Le persone sedevano sulle panche di pietra attorno ad un albero a cui si legavano con una corda, collegando i rami o il tronco con la parte malata. Queste persone formavano poi una catena tenendosi l'un l'altro per il pollice; appena sentivano il flusso circolare Puisègur ordinava di sciogliere la catena e di strofinarsi le mani. Alcuni di loro venivano scelti dal marchese e, toccati con un bastone di ferro, manifestavano il sonnambulismo artificiale. Per svegliarli da questo sonno magnetico Puisègur ordinava loro di baciare l'albero, azione che, eseguita, li faceva "disincantare" senza il ricordo di quello che era accaduto durante il sonno magnetico.
Scoperta essenziale fatta da Puisègur fu quella di osservare come durante la magnetizzazione non ci fosse alcun tipo di fluido fisico in azione. Puisègur sostituì il modello di riferimento del magnetismo con un modello psicologico. Il vero agente che produce il sonnambulismo e la cura magnetica, secondo lui, era il magnetizzatore la cui unica forza risiedeva nella volontà di credere di avere un potere dentro di sé e di volerlo esercitare: "credere e volere" diventarono così i parametri essenziali nell'evocare artificialmente lo stato di sonnambulismo all'interno di un rapporto interpersonale in cui le forze e le leggi fisiche non spiegavano niente.
Il marchese di Puisègur sosteneva che la relazione con il magnetizzatore avviene anche con una "propensione" del soggetto a eseguire i comandi che vengono impartiti durante il sonnambulismo artificiale. Egli osservò che le persone magnetizzate tendono ad essere amnesiche rispetto a quello che è accaduto durante le esperienze precedenti di trance di cui, nello stato di veglia, non è consapevole. Inoltre durante il sonnambulismo artificiale si può osservare il fenomeno dell'ipermnesia e cioè il ricordo molto accurato di fatti o cose vissuti dal soggetto nel passato o durante una precedente trance. Puisègur ha anche constatato che quando si è magnetizzati è possibile dire cose che non si osava rivelare; questa possibilità, oltre a far star meglio la persona che "si libera" di segreti, permette al soggetto magnetizzato anche di considerare da un'altra prospettiva i problemi e quindi le soluzioni possibili (Del Castello, Casilli, op. cit., p.27).
I.4. JEAN MARTIN CHARCOT
Jean Martin Charcot (1825-1893), uno dei padri della neurologia moderna, è stato una grande personalità della medicina della seconda metà dell'Ottocento che si impegnò a introdurre l'ipnosi nella medicina ufficiale, liberandola dai sospetti, di origine mesmeriana, che ancora gravavano su di essa. Negli ultimi decenni del secolo Charcot a Parigi, Lièbeault e Bernheim a Nancy, rappresentarono per studiosi e medici di tutto il mondo i principali punti di riferimento per lo studio e l'applicazione terapeutica dell'ipnosi.
Charcot e Bernheim interpretavano l'ipnosi in modo completamente diverso e tra le due scuole si accese una forte rivalità che in quegli anni fece scalpore.
L'interesse di Charcot per l'ipnosi nacque con le sue ricerche e la sua pratica come neurologo per la Salpetrière di Parigi. Dopo una serie di importanti scoperte sul morbo di Parkinson, sulla sclerosi multipla e su altre gravi malattie del sistema nervoso, Charcot si appassionò all'isteria che egli interpretava come un disordine funzionale, senza lesione organica, del sistema nervoso.
Una delle sue tesi sull'isteria era che la suscettibilità a entrare in uno stato ipnotico costituisce un fenomeno patologico che fa parte dei sintomi dell'isteria, in particolare di quella femminile. Quindi solo l'isterica può essere ipnotizzata o può spontaneamente sviluppare uno stato ipnotico.
Secondo Charcot, l'isteria, e la forma da lui denominata istero-epilessia o grande isteria, è caratterizzata da due categorie di sintomi: le crisi e una lunga serie di sintomi intercritici che sono soprattutto di natura somatica (contratture, paralisi, disturbi visivi, anestesie, iperestesie, disturbi della locomozione ecc.). Il sintomo isterico, quindi, imita un sintomo fisico in assenza di lesioni organiche.
Charcot associa la tendenza a sviluppare una condizione ipnotica alla patogenesi dei sintomi isterici; sulla base di un sistema nervoso alterato nelle sue funzioni, uno stato di ipnosi spontanea predispone alla produzione del sintomo. Questo fa in modo che lo stato ipnotico possa essere utilizzato anche a scopo terapeutico: infatti così come il sintomo è stato costruito in una condizione di ipnosi spontanea, allo stesso modo esso può essere risolto in uno stato ipnotico indotto artificialmente (Civita, Cosenza, 1999, p.113-114).
I.5 SIGMUND FREUD
Sigmund Freud (Freiberg, 6 maggio 1856; Londra, 23 settembre 1939), medico psicoanalista, ha studiato i meccanismi della mente umana, dando una interpretazione scientifica del sesso e scoprendo e teorizzando "l'inconscio".
Fu l'utilizzo dell'ipnosi ad offrire a Freud la prova dell'esistenza dell'inconscio come "luogo" dove si depositavano i comandi postipnotici che sfuggivano alla consapevolezza dei pazienti ma che pure venivano attuati.
L'interesse di Freud per l'ipnosi divenne vivissimo grazie alla vicinanza a Charcot che utilizzava l'ipnoterapia per la cura degli isterici. Dell'ipnosi si serviva anche Joseph Breuer sempre per la terapia degli isterici. Breuer già dal 1880-82 era riuscito a curare un'isterica (è il caso famoso di Anna O.) inducendola a rievocare nell'ipnosi le circostanze precorritrici dei sintomi e le emozioni concomitanti; era quello che Breuer definiva "trattamento catartico".
Freud si dedicò allo studio dei malati di nervi cercando di alleviare le loro sofferenze, i mezzi di cui disponeva erano l'elettroterapia e l'ipnosi. Per l'elettroterapia Freud si affidava al manuale di Erb[1] nel quale sono contenute prescrizioni molto minuziose per il trattamento di ogni possibile sintomo nervoso. In seguito Freud si rese conto che seguire questi precetti non serviva a nulla, poiché quello che aveva reputato il frutto di osservazioni meticolose altro non era che una costruzione della fantasia. Con l'ipnosi le cose andavano meglio e la utilizzò come metodo principale di lavoro.
Non tutti i malati si lasciavano ipnotizzare e non sempre il medico riusciva a trasporre i singoli pazienti in un'ipnosi così profonda come avrebbe desiderato. Egli si avvalse dell'ipnosi per interrogare il malato sulla genesi dei suoi sintomi, genesi sulla quale nello stato di veglia il paziente non era capace di dire niente, o comunque troppo poco.
Il suo lavoro con pazienti affetti da malattie nervose in genere ebbe un esito ulteriore: il mutamento della tecnica catartica. Abbandonò così l'ipnosi e lo sostituì con il metodo delle "associazioni libere" nell'intento di andar oltre il trattamento riservato alle forme morbose di tipo isterico (Freud, 1924).
I.5 1 Trattamento psichico
Freud nel suo periodo di vicinanza al trattamento ipnotico sosteneva le correlazioni che vi erano tra fenomeni ipnotici e normali eventi della vita da svegli e nel sonno. L'utilizzo della suggestione ipnotica, secondo Freud, poteva costituire per il medico un validissimo metodo terapeutico, forse il più efficace e il più indicato per la cura di certi disturbi nervosi; inoltre, Freud sosteneva che l'ipnosi e la suggestione ipnotica potevano essere utilizzate non solo con gli isterici e con i nevropatici gravi, ma anche con buona parte degli individui sani. (Freud, 1987).
L'ipnosi quindi è la possibilità di trasporre le persone, con certi lievi interventi, in una particolarissima condizione psichica molto simile al sonno. In un primo momento Freud afferma che i sistemi per provocare l'ipnosi non hanno molto in comune tra di loro. Si può ipnotizzare costringendo il soggetto a tenere per qualche momento lo sguardo fisso su di un oggetto lucente, o tenendogli un orologio accostato all'orecchio per lo stesso spazio di tempo, facendogli passare più volte, a poca distanza, le mani aperte sul viso e sul corpo. Lo stesso effetto può essere ottenuto annunciando in tono sicuro e tranquillo alla persona da ipnotizzare il sopravvenire dello stato ipnotico e delle sue caratteristiche, dunque "suggerendole" a parole l'ipnosi.
I due sistemi possono anche essere collegati tra loro dall'elemento della fissazione dell'attenzione. Freud afferma che non ci sono indizi che permettono di individuare già da prima quali soggetti possano essere ipnotizzati e quali no. Inoltre è da escludere che tra le condizioni dell'ipnosi ci sia uno stato patologico; sembra che le persone normali possano essere ipnotizzate con particolare facilità, una parte dei soggetti nervosi con molta difficoltà, mentre per i malati di mente è
assolutamente impossibile. Nello stato ipnotico, come sostiene Freud, ci sono varie gradazioni; nella fase più leggera, l'ipnotizzato sente solo qualcosa di simile ad un leggero stordimento, mentre il massimo livello d'ipnosi, contrassegnato da speciali caratteristiche, è chiamato "sonnambulismo" per la sua somiglianza al fenomeno del camminare dormendo che si verifica spontaneamente. Ma l'ipnosi non è affatto un sonno, in essa avvengono mutamenti e si conseguono prestazioni psichiche che non si verificano nel sonno normale.
Freud sostiene che la caratteristica dell'ipnosi più interessante è l'atteggiamento dell'ipnotizzato nei confronti di chi lo ipnotizza. Mentre generalmente l'ipnotizzato nei confronti del mondo esterno si comporta come una persona che dorme, per l'ipnotizzatore egli è sveglio, vede e sente solo questo, lo capisce e gli risponde. Questo fenomeno, che nel caso dell'ipnosi viene chiamato rapport, corrisponde al modo di dormire di certe persone.
E', comunque, importante sottolineare, secondo Freud, che può accadere che l'ipnotizzato divenga arrendevole nei confronti dell'ipnotizzatore, ubbidiente e credulo, e, nel caso di un alto grado di ipnosi, in modo quasi illimitato.
Il risveglio dall'ipnosi si verifica facilmente con l'ingiunzione dell'ipnotizzatore: «Si svegli». Nei livelli più alti non si ricorda niente di quanto si è provato sotto l'influsso dell'ipnotizzatore durante l'ipnosi. Altri ipnotizzanti ricordano vagamente qualcosa ed altri ricordano tutto, ma sostengono di essersi trovati in uno stato di costrizione psichica alla quale non si poteva resistere.
In genere, sostiene Freud, si ricorre al trattamento ipnotico solo dopo il fallimento di tutti gli altri rimedi e quando ormai il paziente è avvilito. A questo punto il paziente abbandona il proprio medico che non conosce o non pratica la tecnica ipnotica, per affidarsi ad un medico estraneo che solitamente non sa fare altro che ipnotizzare. Il medico di famiglia dovrebbe conoscere la tecnica ipnotica e, se pensa che sia il caso sia la persona siano idonei, applicarla sin dall'inizio. Come afferma Freud, l'ipnoterapia non può essere usata solo nei vari stati nervosi e nei disturbi immaginari ma anche per parecchie malattie organiche, perfino infiammatorie, in cui, nonostante vi sia il male di fondo, c'è la possibilità di rimuovere quei sintomi che fanno soffrire in particolar modo il malato (Freud, 1987).
I.5.2 Ipnosi: la tecnica
Importante per Freud è sottolineare che il medico che intenda praticare l'ipnosi deve imparare il metodo da una persona esperta di questa tecnica e solo con molta pratica personale potrà ottenere buoni risultati che non si limitino a pochi casi sporadici. Diventato un ipnotizzatore esperto, egli svolgerà il suo compito con l'atteggiamento serio e deciso di chi è consapevole di fare qualcosa di utile, anzi, in alcuni casi, di necessario.
Secondo Freud si deve partire dal principio di non imporre mai ad un malato il trattamento ipnotico. Il pregiudizio che l'ipnosi sia un intervento pericoloso è parecchio diffuso tra la gente. Quindi, quando c'è una forte resistenza contro l'ipnosi, è più opportuno farne a meno sperando che, in seguito ad altre informazioni, il paziente accetti l'idea di farsi ipnotizzare. Invece, continua Freud, il fatto che un paziente sostenga di non aver paura dell'ipnosi ma di non credere in essa, o di credere di non poterne trarre alcuna utilità, non costituisce un fatto negativo. Per alcune persone l'ostacolo al cadere in ipnosi è costituito proprio dal loro intenso desiderio di essere ipnotizzate.
Freud chiarisce anche per quali malattie è opportuno utilizzare l'ipnosi; stabilire le indicazioni per l'ipnosi è più difficile che per gli altri metodi terapeutici, in quanto nell'ipnoterapia l'importanza delle reazioni del singolo individuo è quasi pari a quella del tipo di malattia debellare. Secondo Freud, generalmente, è meglio evitare l'impiego dell'ipnosi per sintomi di origine puramente organica, ed invece è bene servirsene per i disturbi di carattere esclusivamente funzionale, per i disturbi nervosi, per quelli d'origine psichico, per le tossicomanie e le altre specie di assuefazione. Freud asserisce che si deve tener presente che con l'ipnosi si può influire anche su molti sintomi di malattie organiche, e che le alterazioni organiche possono sussistere senza il disturbo funzionale che da esse deriva.
Una volta conosciuto il paziente e stabilita la diagnosi, nasce il problema se intraprendere il trattamento ipnotico direttamente, o se sia piuttosto il caso di richiedere la presenza di un'altra persona di fiducia. In questo modo, secondo Freud, si otterrebbe di salvaguardare il paziente da un abuso di ipnosi, ed il medico dall'accusa di questo abuso, cosa che accade spesso. Ma ciò non è sempre possibile. Il fatto che un'amica, il marito, ecc., siano presenti, spesso imbarazza molto la paziente e diminuisce notevolmente l'influenza del medico, e le suggestioni comunicate nello stato ipnotico non sempre si prestano ad essere riferite ad una terza persona, intima della paziente. Freud sostiene che la presenza di una altro medico non presenterebbe questi svantaggi, ma rende più difficile il trattamento, al punto che generalmente non vi si può fare ricorso; infatti il medico, che deve anzitutto aiutare il paziente con l'ipnosi, solitamente rifiuterà la presenza di un'altra persona, sebbene incorra nel pericolo sopra citato, che si aggiungerà agli altri pericoli che la sua professione comporta. Da parte sua il paziente si guarderà bene dal farsi ipnotizzare da un medico in cui non abbia la massima fiducia.
Invece è molto importante per Freud che prima di farsi ipnotizzare, il paziente veda altre persone in stato ipnotico, ed impari, per imitazione, come deve comportarsi, apprendendo da altri quali sensazioni si provino sotto ipnosi. Il paziente che ancora non ha nessun esperienza dell'ipnosi, può, per un po' di tempo, osservare come i pazienti più esperti si addormentino, come ubbidiscano nello stato ipnotico e come, dopo il risveglio, riconoscano la scomparsa dei loro sintomi. Tutto ciò lo predispone psichicamente, e, quando viene il suo turno, gli permette di addormentarsi profondamente sotto ipnosi. Secondo Freud, questo trattamento presenta lo svantaggio che i disturbi di ogni soggetto vengono discussi davanti a parecchie persone, cosa indesiderabile per i pazienti di elevate classi sociali. Ma un medico che intenda usare l'ipnosi non deve fare a meno di questo sistema così utile e, non appena ciò sia possibile, deve fare in modo che il paziente si auto-ipnotizzi per imitazione non appena glielo si ordina, si può sempre scegliere tra vari procedimenti per provocare in lui l'ipnosi; questi procedimenti hanno in comune il fatto di ricordare, attraverso determinate sensazioni corporee, il processo dell'addormentarsi. (Freud, 1987)
Freud sostiene che il migliore sistema è questo: si invita il paziente a sedersi comodamente, gli si raccomanda di fare molta attenzione e, a partire dal quel momento, di non parlare più, cosa che gli impedirebbe di addormentarsi. Lo si invita a liberarsi di quegli indumenti che possono esercitare una costrizione e si disporranno le persone presenti in modo che il paziente non possa vederle. Si fa in modo che la camera sia oscura e silenziosa. Eseguiti questi preparativi, ci si pone davanti al soggetto e lo si invita a fissare due dita della mano destra del medico, facendo attenzione alle proprie sensazioni. Dopo un brevissimo lasso di tempo, all'incirca due minuti, si inizia a provocare nel soggetto la sensazione dell'addormentarsi. Così inizia il processo della "suggestione", come viene chiamato questo tipo di persuasione esercitato nell'ipnosi.
Freud afferma che si può ipnotizzare una persona anche solo indicendola a fissare, nella quale, cioè, basta la stanchezza degli occhi causata dalla tensione dell'attenzione, che viene distratta da qualsiasi altra impressione, a provocare una condizione simile al sonno. Prima di tutto il volto assumerà un'espressione fissa, si avrà una respirazione profonda, gli occhi cominceranno a lacrimare chiudendosi e riaprendosi più volte, si verificheranno uno o più movimenti di deglutizione, ed infine le pupille si muoveranno in alto ed in basso, le palpebre diventeranno pesanti e si stabilisce l'ipnosi.
Freud dichiara che ci sono molti casi di questo tipo; quando ci si rende conto di avere a che fare con uno di questi soggetti, è meglio tacere, o limitarsi ad aiutarlo ogni tanto con una suggestione, dato che altrimenti si otterrebbe solo di disturbare il soggetto che già si sta auto-ipnotizzando, e se le sue sensazioni non si svolgono secondo l'ordine delle suggestioni che gli vengono comunicate, si provocheranno in lui contraddizioni. Comunque, di solito è meglio non stare ad aspettare che l'ipnosi insorga da sola, ma facilitarla con la suggestione, che deve essere comunicata in tono deciso e rapidamente. Il soggetto non deve avere il tempo di riflettere, di verificare la corrispondenza alla realtà di quanto gli viene detto. Perché egli chiuda gli occhi, continua Freud, sono sufficienti da due a quattro minuti, e nel caso che ciò non si verifichi spontaneamente, gli devono essere chiusi con una pressione della mano, senza dimostrare di essere meravigliati o contrariati perché non si sono chiusi da sé. A questo punto, se gli occhi restano chiusi, in genere significa che si è arrivati ad un determinato grado d'influsso ipnotico. Questo momento è decisivo per tutto ciò che segue.
Freud afferma che la suggestione che viene comunicata durante l'ipnosi costituisce il reale valore terapeutico di questa. Con questa suggestione si contesta decisamente la presenza del disturbo che il malato accusa, o si assicura che egli può compiere una certa azione, o gli si richiede di fare qualcosa. Se, invece di limitarsi semplicemente di assicurare o negare, si pone un rapporto tra la guarigione sperata ed una nostra azione o intervento durante l'ipnosi, si ottiene un effetto più efficace. Ad esempio, secondo Freud, possiamo dire: «Lei non prova più nessun dolore in questo punto, io vi appoggio la mano ed il male scompare». Se, durante l'ipnosi, si strofina e si preme la mano sulla parte dolente, la suggestione effettuata a parole viene fortemente rinvigorita. E non si deve evitare di spiegare al malato il carattere della sua malattia, di chiarirgli in che modo il dolore scompaia, ecc.; infatti, generalmente non si ha davanti un automa psichico, ma un essere che ha facoltà critiche e possibilità di giudizio, in cui si può solo provocare un'impressione più forte che nello stato di veglia.
Scopo della suggestione, sostiene Freud, può essere o un effetto immediato, come accade soprattutto nella cura delle paralisi, delle contratture, ecc., o un effetto post-ipnotico, destinato cioè ad attuarsi in un determinato momento dopo il risveglio.
La durata dell'ipnosi deve essere stabilita secondo le esigenze pratiche; un'ipnosi piuttosto lunga, anche di parecchie ore, non pregiudica certo un esito positivo. Si provoca il risveglio con un'esortazione del tipo: «Basta per sta volta». Secondo Freud non bisogna trascurare di assicurare al paziente che venga ipnotizzato per la prima volta che al risveglio non avrà affatto mal di testa, che sarà di buon umore e in buona salute. Tuttavia a volte si osserva che molti soggetti si destano da un'ipnosi leggera con una sensazione di peso alla testa e di stanchezza, se l'ipnosi era stata troppo breve: si può dire che essi non hanno dormito sufficientemente.
Non sempre il successo di un'ipnosi corrisponde alla sua profondità; infatti, afferma Freud, in un'ipnosi molto lieve si possono ottenere modificazioni radicali ed invece anche con uno stato sonnambolico si può avere un risultato assolutamente negativo. Se dopo poche ipnosi non si raggiunge l'esito desiderato, emerge un'altra difficoltà che questo metodo comporta. Mentre nessun malato si spazientisce se dopo venti sedute elettriche o venti bottiglie di acqua minerale non è ancora guarito, nel caso del trattamento ipnotico sia il medico sia il paziente si spazientiscono molto prima, il che deriva dalla differenza tra le suggestioni, di carattere volutamente ottimistico e il grigiore della realtà (Freud, 1987).
1.5.3 Un caso brillante di trattamento ipnotico
Freud si interessò a un caso clinico che riguardava una giovane donna, tra i venti ed i trent'anni, che conosceva fin da bambina; per le sue capacità, il suo equilibrio, la sua spontaneità, nessuno, compreso il suo medico personale, avrebbe potuto considerarla un soggetto nervoso. Egli riteneva che fosse un'isterica occasionale. Quando stava per nascere il primo figlio dal suo felice matrimonio, la paziente sembrava intenzionata ad allattare da sé il bambino. Nonostante fosse di costituzione sana, la donna non riuscì ad essere per il bambino una buona nutrice: aveva poco latte, la suzione provocava dolore, aveva scarso appetito, si manifestò un violento fastidio per i cibi, passava notti insonni; perciò, per evitare altri rischi alla madre ed al figlio, dopo quindici giorni si rinunciò al tentativo di allattamento e si affidò il bambino alla nutrice; da allora, tutti i disturbi della madre sparirono rapidamente.
Dopo tre anni nacque un altro bambino, e questa volta il ricorso ad una balia sembrava necessario anche per altri motivi. I tentativi di allattamento da parte della madre risultavano abbastanza negativi, e si ripresentavano disturbi anche più gravi che nella volta precedente. La giovane donna rigettava qualunque cibo avesse ingerito, quando vedeva che le portavano il cibo a letto si irritava, non riusciva assolutamente a dormire, ed era tanto dispiaciuta per la sua impotenza.
La donna era a letto, aveva il volto congestionato ed era arrabbiata per la sua incapacità ad allattare il bambino, incapacità che combatteva con tutte le sue forze. Durante tutto il giorno non aveva preso niente per calmare il vomito. Freud venne ricevuto con diffidenza e non si aspettava una grande fiducia. Cercò subito di provocare l'ipnosi con il sistema della fissazione e ricordando ininterrottamente, a parole, gli elementi del sonno. Tre minuti dopo la paziente si addormentò profondamente con un'espressione tranquilla sul volto. Freud lottò con tutte le paure della paziente e le sensazioni che erano alla base di queste, servendosi della suggestione. Poi la malata continuò a dormire per qualche minuto e, al risveglio, dimostrò di non ricordare nulla.
La sera la donna aveva mangiato senza alcun fastidio, poi si era addormentata tranquillamente, e anche la mattina aveva mangiato e allattato il bambino senza disturbi. Ma il pranzo, molto abbondante, era stato di troppo per lei. Appena le fu presentato il pranzo la donna provò nuovamente lo stesso fastidio di prima, il vomito si manifestò prima ancora che assaggiasse qualcosa, e non riuscì a tenere il bambino al seno; quando arrivò Freud tutti i sintomi oggettivi si ripresentavano esattamente come la sera prima. Così provocò la seconda ipnosi, ed anche questa portò subito al sonnambulismo; stavolta il suo comportamento fu più energico e più deciso.
La terza sera, all'arrivo di Freud, la donna non volle sottoporsi ad un altro trattamento. Non le serviva nulla; le era tornato l'appetito, aveva abbondante latte per il bambino ed allattarlo non le causava più nessuna difficoltà, ecc. La donna continuò ad allattare il bambino per otto mesi. Un anno più tardi ci fu di nuovo bisogno di Freud, quando un terzo figlio richiedeva dalla madre cose che neanche stavolta lei poteva dare. Le condizioni della donna erano le stesse dell'anno prima e anche questa volta era arrabbiata con se stessa perché non sapeva vincere il disgusto per i cibi e gli altri sintomi. Il primo trattamento ipnotico rese la madre ancora più disperata. Dopo la seconda ipnosi il sintomo scomparve nuovamente del tutto e la donna potè continuare tranquillamente ad allattare questo bambino.
Successivamente la donna confessò a Freud che si era vergognata per aver avuto bisogno dell'ipnosi per una cosa che non era riuscita a vincere con la propria volontà (Freud, 1987).
1.6 MILTON ERICKSON: L'IPNOSI NATURALISTICA
L'importanza dell'opera di Milton Erickson (1902-1980), psichiatra e ipnoterapeuta, è attribuita soprattutto al notevole contributo fornito nell'ambito dell'ipnosi e da un approccio nuovo ed originale nel rapporto con i pazienti.
La nuova ipnosi si basa su due concetti innovativi: l'utilizzazione, intesa come "filosofia di intervento" ma anche come tecnica, con cui si mette al centro dell'induzione ipnotica la relazione ipnotista-ipnotizzato, e il "tayloring" (cucire su misura un abito) grazie al quale si esce da un approccio standard e ripetibile di induzione e di ipnoterapia per preferire una modalità tecnica di ipnosi elastica e adattabile alle caratteristiche di ogni individuo.
Il cambiamento nelle tecniche di induzione è stato molto evidente: laddove l'operatore utilizzava nell'ipnosi tradizionale la fascinazione e il rilassamento, nella nuova ipnosi, nel modello ericksoniano, si seguono alcuni principi che l'ipnotista deve tenere a mente perché sono l'ovvia ricaduta dell'approccio naturalistico e di utilizzazione (Del Castello, Casilli, op. cit., p.37).
Nel paragrafo successivo vengono analizzati i principi del modello ericksoniano.
I.6.1 Metodo, tecnica, strumenti
Guidare l'attenzione. Solitamente nell'ipnosi tradizionale si tendeva a restringere il campo di coscienza "consigliando" al soggetto di fissare lo sguardo su un punto e concentrare la propria attenzione sulla voce dell'ipnotista. Poi, col soggetto concentrato su uno o pochi contenuti, si suggeriva di sviluppare una fantasia, spesso guidata dall'ipnotista stesso. Con la nuova ipnosi avvengono dei cambiamenti nella procedura. Ad esempio con persone che hanno bisogno di controllare è possibile lasciarle con gli occhi aperti in modo che la loro attenzione diffusa rimanga tale o venga paradossalmente esasperata.
Costruire la responsività ai segnali minimi. Il vero nodo innovativo dell'induzione ipnotica ericksoniana consiste proprio nell'evitare di essere diretti, con suggestioni tipo «sollevi il suo braccio» oppure «il suo braccio si solleverà», ma di costruire nel paziente, durante l'arco dell'intera induzione, una capacità a cogliere i segnali minimali: l'obiettivo è che la persona risponda a segnali sempre meno evidenti e indiretti della comunicazione ipnotica "a più livelli". Riuscire in questo significa per l'ipnotista anche essere certo di avere la collaborazione inconscia del paziente e di avere risposte ipnotiche genuine. Troppo spesso, però, si tende a minimizzare l'importanza dell'induzione ipnotica e ad usare ad esempio una metafora, prima di aver fatto realmente un'induzione, credendo erroneamente di essere proprio per questo "ericksoniani". Da ricordare è che solo il segnale dell'ipnotista deve essere sempre meno evidente, mentre invece le risposte del soggetto devono essere evidenti, visibili e specifiche, ed è importante che l'ipnotista sia certo di aver ottenuto delle risposte, anche se dovesse lavorare per diverse sedute a questo obiettivo. (Del Castello, Casilli, op. cit., p.38)
Usare la confusione. La confusione è parte essenziale di ogni induzione. La tecnica della confusione, sia essa adottata in modo consapevole o inconsapevole dall'ipnotista, è essenziale perché permette di destabilizzare l'atteggiamento conscio e l'orientamento abituale alla realtà per facilitare un nuovo atteggiamento.
Guidare le associazioni. L'essenza della tecnica indiretta consiste nell'essere coscienti dall'aspetto ingiuntivo della comunicazione e nell'utilizzarlo per guidare i soggetti verso nuove associazioni. Infatti, nella nuova ipnosi, e ipnoterapia ericksoniana, non si dice mai al soggetto-paziente cosa debba o non debba pensare o sentire: si guidano le sue associazioni in modo che la risposta data non sia una semplice collaborazione, un seguire acriticamente alcune direttive, ma un lavoro di scoperta di significati, di associazioni e di evocazioni di cui il soggetto è autore attivo.
L'ipnotista non ripete più le suggestioni di benessere che pensa siano appropriate per il tipo di soggetto e di patologia, ma lo orienta a guidare le proprie associazioni verso schemi mentali in cui il problema lamentato si risolve o si dissolve, attivando quindi risorse che sono proprie del soggetto e non "prese in prestito" dall'ipnotista.
Promuovere la dissociazione. Per promuovere la dissociazione ci sono alcune tecniche; tuttavia anche un approccio "conversazionale" o "immaginativo" soprattutto se proposti all'interno di un contesto ipnotico spinge ad un vissuto dissociativo. Il vissuto dissociativo è poi molto forte quando si vive l'esperienza classica di suggestione e cioè che i fenomeni della trance ipnotica avvengano spontaneamente, senza cioè coinvolgimento diretto della consapevolezza o della volontà.
Instaurare la regressione. L'ipnosi è essenzialmente una regressione nel ruolo sociale, per cui l'operatore si trova in una posizione one-up e il soggetto in una posizione one-down. Il processo formativo in atto durante una induzione non rimanda ad un atteggiamento manipolativo, ma ad una risposta consapevole rispetto ad una richiesta fatta dal soggetto-paziente di un intervento sulla propria esperienza.
Favorire cambiamenti nello schema percettivo. Cambiare sempre lo schema di riferimento, essere imprevedibili, usare continuamente la confusione sono modi per non consentire al soggetto di mantenere il proprio equilibrio. L'ipnosi fa questo, oltre che con tecniche induttive specifiche, proponendo al soggetto di fare un'esperienza di distorsione dello schema corporeo, di modificazioni momentanee e funzionali della memoria, delle percezioni, dei comportamenti. Quando il soggetto fa esperienza dei vari elementi dell'ipnosi allora fa esperienza di modificazione, di cambiamento, di differenze e diversità. Questo è uno dei motivi per cui l'ipnosi è di per sé un'esperienza terapeutica.
Avere accesso alle motivazioni. Questo principio nasce dalla constatazione che a nessuno piace sentirsi dire cosa deve fare. E' per questo che l'ipnotista ericksoniano fornisce suggestioni all'interno del quale il soggetto si sente motivato alla responsività. In alcuni casi, inoltre, trovare o ribadire la motivazione a seguire una determinata suggestione, anche in modo esplicito, è un modo dell'ipnotista per assicurarsi una maggiore aderenza al progetto induttivo e ipnotico.
Definire la situazione come ipnosi. Questo aspetto riguarda soprattutto il contesto. Recarsi a "fare un'esperienza" o "una terapia" presso un centro di ipnosi, o presso un professionista che è conosciuto come ipnotista, o presso uno studio dove sono chiari i rimandi all'ipnosi riformula molte delle esperienze che si vivono in quel contesto come "ipnotiche". Il contesto ipnotico consente di utilizzare tutto quello che accade in una seduta, anche una semplice chiacchierata, come ipnosi e "costringe" il soggetto a lavorare sui vari livelli di significato e sulla consapevolezza dello stato di coscienza di quel movimento.
Ratificare le risposte come ipnosi e lavorare da subito con l'ipnosi. Anziché pensare all'ipnosi come qualcosa di "diverso", "staccato" dall'incontro o dalla seduta è necessario che l'ipnotista sia da subito orientato a cogliere le risposte ipnotiche del soggetto, a seminare fenomeni ipnotici, a indurre la trance anche mediante una semplice conversazione. Allo stesso modo è importante che la seduta di ipnosi sia evidenziata facendo sì che il soggetto colga l'attimo in cui l'ipnosi è in atto o è finita: se è "visibile" o è finita vuol dire che c'è o che c'è stata. Per questo, durante la seduta, è importante che ogni risposta del soggetto sia sempre riferita ad "un altro livello di funzionamento mentale".
Induzione e preinduzione. La preinduzione nella tecnica ipnotica ericksoniana fa parte della valutazione della responsività e dello stile ipnotico del soggetto. Quindi, soprattutto, è imprescindibilmente legata all'osservazione, ed è già induzione. Parlare di ipnosi e descriverne i fenomeni, soprattutto quelli che accadono nelle esperienze della comune "trance quotidiana", è infatti un modo per evocarli.
Prima di iniziare l'induzione con un soggetto che è alla sua prima esperienza è sempre positivo correggere le credenze e le idee sbagliate sull'ipnosi; in questo modo è anche possibile comunicare al soggetto cosa ci si aspetta che lui faccia o senta, e anche come ci si aspetta che lui reagisca.
Le credenze e le idee sbagliate sull'ipnosi possono emergere sotto forma di reazione emotiva (paura), o sotto forma di curiosità (domande); alcuni soggetti invece, su richiesta dell'ipnotista, semplicemente descrivono quello che sanno dell'ipnosi. Altre volte, invece, emergono come rifiuto di farsi ipnotizzare.
Conclusa la fase di preinduzione l'ipnotista inizia a sottolineare un cambiamento, una transizione, da uno stato di coscienza ad un altro. Lo fa modificando il tono della voce e facilitando i classici "ingressi" per la trance: fissazione dello sguardo, chiusura degli occhi, rilassamento. (Del Castello, Casilli, op. cit., p.40)
Appunti su: |
|
Appunti Medicina | |
Tesine Logica | |