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L'invecchiamento è sostanzialmente dovuto alla mancata riproduzione delle cellule. Si ritiene che ciò rifletta il fatto che il programma genetico iscritto negli acidi nucleici preveda un numero limitato di sostituzioni alle cellule morte.
A seconda delle cellule tali programmi prevedono maggiori o minori sostituzioni. Il caso limite è costituito dalle cellule nervose, le quali non possono essere mai riprodotte.
Nell'età senile aumentano i rischi di malattia e di disfunzione. Nel complesso l'organismo è più debole e perciò aumentano i fattori di rischio. Anche la forza muscolare progressivamente diminuisce.
Con il passare degli anni, nel nostro organismo, avvengono alcuni cambiamenti, soprattutto dal punto di vista fisiologico, che possono destare nell'anziano l'insorgere di paure, ansie, frustrazioni, esclusione dalla vita sociale e forme lievi di depressione. In queste situazioni se non si interviene prontamente, questi sintomi possono degenerare in vere e proprie patologie gravi.
Tra i principali cambiamenti fisiologici, vediamo che il primo di essi avviene nella donna, si tratta della menopausa, cioè la cessazione del ciclo mestruale e si verifica indicativamente tra i 45 e i 50 anni. Da questo momento la donna cessa di essere fertile e quindi di poter procreare, poiché il suo apparato riproduttivo non produce più gli ovuli, fondamentali per la procreazione. Questo fenomeno, se si verifica in un momento non particolarmente felice o positivo nella vita della donna, o se non accettato e vissuto come fenomeno naturale e quindi inevitabile, può creare la nascita di sentimenti negativi quali il sentirsi inutili, non più desiderate dal partner .
Altre trasformazioni che avvengono nel nostro corpo con l'avvento della vecchiaia sono le incontinenze, sia fecali che urinarie. Questo fenomeno si verifica nel momento in cui l'individuo non è più in grado di controllare i muscoli sfinterici, della capacità di controllare l'emissione delle feci e dell'apparato urinario. L'insorgenza di questi fenomeni, diffusissimi nel modo degli anziani, determinano spesso l'isolamento di questi a causa della consapevolezza del problema che crea la formazione di cattivi odori, prevede di ricorrere a forme di prevenzione quali l'uso del pannolone o nei casi più gravi di un catetere vescicale a permanenza. In moltissimi casi tutto ciò crea situazioni di disagio e di forte imbarazzo che compromettono inevitabilmente i rapporti interpersonali dell'anziano, sia in ambito famigliare che sociale.
Come abbiamo potuto vedere fino ad ora, nella vecchiaia le cose tendono effettivamente a complicarsi. Dopo i 75 anni si passa spesso ad una condizione nuova, a volte rifiutata con fierezza, si ha bisogno sempre più di frequente degli altri. Ad esempio proprio di quei figli verso i quali si aveva cercato di avere fino a quel momento un atteggiamento caratterizzato dal dare; ora si è nella condizione di che deve ricevere.
È possibile vivere una vecchiaia serena, ma sono necessarie almeno due condizioni: una certa umiltà nell'accettazione dei propri limiti e qualcosa che non dipende solo dall'individuo e cioè una disponibilità altrui.
Nella fase avanzata della vecchiaia, (quindi dopo i 65 anni circa) si verifica molto spesso una lenta, ma progressiva, perdita della funzione motoria, che in molti casi giunge fino al suo completo esaurimento.
Fra i 20 e i 90 anni diminuisce gradatamente, fino al 15%, la velocità di conduzione delle fibre nervose e ciò corrisponde ad un forte allungamento dei tempi di reazione.
Anche la vista può essere ridotta a causa di malattie come la cataratta, il glaucoma, degenerazione maculare.., in questo momento della vita il cristallino aumenta, aggiungendo via via degli strati uno dopo l'altro, poiché ciascuno degli strati ha del pigmento, la quantità di luce che raggiunge la retina diminuisce progressivamente in quanto è sempre maggiore la parte assorbita.
L'udito è quasi sempre deficitario. Per quanto riguarda la diminuzione delle capacità uditive, varie ricerche evidenziano che essa è dovuta sia a fattori fisiologici che esperienziali, cioè la perdita sarà più significativa tanto più il soggetto è stato esposto a rumori molto intensi nel corso della vita.
Tutto ciò avviene sia coinvolgendo le abilità motorie utili per l'esecuzione delle attività di base della vita (come ad es. mangiare, camminare autonomamente, vestirsi, lavarsi) e ricade nel ampio capitolo delle aprassie (la sequenza del gesto non è corretta e non viene finalizzata), sia coinvolgendo la funzione motoria più importante per l'autonomia cioè la capacità di deambulare e di mantenere la posizione eretta.
Le stereotipie motorie (cioè i gesti ripetitivi e privi di finalità che mimano talvolta i gesti dell'attività lavorativa domestica e non) caratterizzano il comportamento dell'anziano, soprattutto se stanno comparendo i primi segni della demenza senile; alcuni di questi gesti possono essere mantenuti nella fase avanzata della vecchiaia, soprattutto i gesti di sfregamento e lisciamento delle mani, manipolazione di porzioni corporee, di superfici o tessuti o oggetti.
I piccoli incidenti, le cadute domestiche, rappresentano secondo i dati statistici, la quinta causa di morte nei soggetti ultrasessantacinquenni, ed in particolare le cadute sono responsabili di circa 1/3 di tutti i decessi accidentali. Molto spesso, dopo la caduta, può frequentemente residuare nell'anziano, un forte senso di insicurezza nella deambulazione, con uno stato ansioso e timore che l'evento possa ripetersi ( post-fall sindrome).
I motivi che favoriscono l'evento caduta in età avanzato sono molteplici. In primo luogo bisogna considerare alcune modificazioni indotte nell'organismo dal processo di invecchiamento; a livello del sistema nervoso centrale, ad esempio, si realizza un mutamento dell'equilibrio e della deambulazione. Gli anziani camminano tendenzialmente chinati in avanti, per lo più con piccoli passi. Si ritiene che ciò sia dovuto ad un'alterazione e compromissione degli stimoli che dal cervelletto giungono alle vie di connessione con il sistema nervoso periferico.
La precaria funzionalità articolare, l'insorgenza di disturbi quali l'osteoporosi, la debolezza muscolare., aumentano anch'esse il rischio di caduta.
Altri fattori che possono favorire e aumentare il rischio della perdita delle funzioni motorie fondamentali possono essere:
- un'abitazione posta ai piani alti senza l'ascensore, con le scale a gradini alti e a volte sconnessi, l'anziano che si trova a vivere in queste situazioni tenderà a ridurre sempre di più le uscite e di conseguenza la possibilità di fare movimento;
- ambienti poco illuminati, se l'anziano non ha una visione completa degli ambienti in cui si deve muovere tende ad evitare movimenti insicuri che potrebbero causargli problemi di vario genere;
pavimenti scivolosi, la presenza di tappeti
condizioni climatiche sfavorevoli, come pioggia, neve, ghiaccio.;
- la solitudine
I disturbi della memoria rappresentano uno dei motivi che più frequentemente inducono l'anziano a rivolgersi ad un geriatra. Tuttavia spesso ciò avviene solo quando la smemoratezza è tale da interferire pesantemente con la possibilità di una vita autonoma; in questo caso, abitualmente, il paziente non è consapevole delle proprie disabilità e sono i familiari a richiedere l'aiuto di un esperto.
È ancora troppo diffusa, infatti, la convinzione che l'età comporti, inesorabilmente, una riduzione più o meno evidente della memoria; è così che disturbi lievi, ritenuti, erroneamente, inevitabili ed incurabili, vengono spesso trascurati.
È opportuno chiarire fin d'ora una regola generale che si applica a numerose malattie tipiche dell'anziano: l'efficacia di un intervento terapeutico, e quindi la possibilità di ottenere una guarigione o comunque un controllo adeguato, è condizionata dalla tempestività con la quale si riconosce una malattia.
La memoria è, accanto all'intelligenza, una delle funzioni più complesse dell'attività umana e può essere definita come la capacità di riprodurre nella propria mente un'esperienza precedente; in altri termini, è quell' insieme di funzioni localizzate nel cervello che ci consentono di registrare messaggi o informazioni grazie alla collaborazione degli organi di senso (udito, vista, tatto, gusto, olfatto) e di rievocarli quando lo desideriamo. Quotidianamente, tramite i nostri sensi, il cervello riceve enormi quantità di segnali di vario genere, dei quali siamo più o meno consapevoli, la maggior parte dei quali non lascia traccia. I sensi sono essenziali per l'acquisizione di nuove informazioni, che poi vengono immagazzinate nella memoria.
Ad esempio, una persona che soffre di presbiacusia (cioè della incapacità di sentire i suoni di frequenza elevata) può con facilità non sentire lo squillo del telefono, può avere difficoltà nell'ascoltare la voce delle persone, specialmente delle donne, e può avere problemi nell'interpretare le parole ricche di consonanti come F, S e Z. Le persone affette da questo disturbo possono sembrare 'smemorate', quando, invece, il vero problema è la mancanza di corrette informazioni. In modo analogo anche i disturbi della vista possono provocare, seppure indirettamente, deficit della memoria.
Il buon funzionamento della memoria dipende oltre che dal livello di integrità degli organi di senso, anche dal grado di attenzione che il soggetto rivolge ad un dato evento, dalla risonanza affettiva che quest' ultimo esercita, nonché dalle circostanze in cui l'evento deve essere richiamato. Una persona può, per esempio, avere a disposizione un tempo adeguato per richiamare un' informazione o essere forzato a rispondere molto rapidamente; può essere rilassato oppure trovarsi in uno stato di apprensione o ansia, che influenzano negativamente la memoria; e ancora può trovarsi in un ambiente accogliente e distensivo oppure affollato, caotico e ricco di distrazioni.
La memoria è influenzata dalla presenza di malattie (endocrine, infettive, tumori), la cui cura consente un completo recupero delle capacità di ricordare. Anche l'uso improprio di farmaci, per esempio i sonniferi, può compromettere il buon funzionamento della memoria.
La depressione e l'ansia costituiscono una causa frequente, potenzialmente reversibile, di disturbo della memoria. A loro volta la depressione ('l'esaurimento nervoso' del gergo popolare) e l'ansia possono essere scatenate o favorite dalla riduzione dei rapporti sociali, dal pensionamento, dalla perdita di persone care, oppure da condizioni di malattia che limitano l'autonomIa o provocano dolore.
Una percentuale minoritaria di anziani (6-8% degli ultra6Senni) soffre di disturbi della memoria progressivamente sempre più gravi e tali da comportare la perdita dell' auto sufficienza; in queste situazioni la causa è da attribuire, nella maggioranza dei pazienti, alla Malattia di Alzheimer oppure alla demenza vascolare (in passato definita arteriosclerotica). È opportuno però sottolineare che oltre il 90% degli anziani non è demente ed ha un cervello in grado di funzionare a patto che lo tenga in allenamento.
Negli anziani l'apprendimento e le capacità di memoria nel loro complesso rimangono relativamente normali. Alcuni studiosi ritengono che la memoria inizi a diminuire poiché una persona cessa di usare i metodi utilizzati in passato per ricordare meglio. L'abilità non sfruttata viene perduta. Quando una persona presenta disturbi di memoria che interferiscono con la capacità di vita indipendente o che riguardano informazioni importanti è opportuno consultare il medico curante. È opportuno sottolineare che in alcuni soggetti anziani normali si può manifestare un disturbo della memoria connesso all' età che però non compromette le abituali attività quotidiane; è pertanto importante non drammatizzare. Si tratta di sintomi non patologici, come lo sono la presbiopia e la diminuzione della forza muscolare.
Con il termine di demenza si indica una malattia del cervello che comporta la compromissione delle funzioni cognitive (quali la memoria, il ragionamento, il linguaggio, la capacità di orientarsi, di svolgere compiti motori complessi), tale da pregiudicare la possibilità di una vita autonoma. Ai sintomi che riguardano 'le funzioni cognitive si accompagnano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che possono essere comunque di entità piuttosto varia nel singolo paziente. Tra questi i più caratteristici sono sintomi psichici (quali ansia, depressione, ideazione delirante, allucinazioni), irritabilità o vera aggressività (più spesso solo verbale, raramente fisica), insonnia, apatia, tendenza a comportamenti ripetitivi e senza uno scopo apparente, riduzione dell' appetito e modificazioni del comportamento sessuale.
Ai deficit cognitivi e ai sintomi non cognitivi, uniti alle malattie del corpo che sono frequenti, si associa una progressiva alterazione dello stato funzionale. Nelle fasi iniziali si assiste al deterioramento della funzioni relazionali più complesse nelle quali è maggiore la competenza cognitiva (sono le cosiddette funzioni strumentali, quali gestire le finanze, utilizzare i mezzi di trasporto e di comunicazione, gestire la casa ed i farmaci) e con la progressione della demenza vengono compromesse anche le attività quotidiane di base (igiene personale, abbigliamento, bagno e mobilità, continenza).
Nelle fasi avanzate compaiono complicanze, quali cadute, malnutrizione, infezioni, che compromettono ulteriormente lo stato funzionale e che possono essere fatali al paziente.
La demenza ha una durata variabile, generalmente comunque intorno a 10-12 anni, nel corso dei quali, in modo spesso graduale, o invece con bruschi peggioramenti alternati a lunghe fasi di stabilità, si assiste alla progressione dei sintomi.
La demenza rappresenta un problema rilevante, in particolare nella popolazione anziana la cui numerosità, rispetto alla popolazione generale, è sensibilmente aumentata nel corso degli ultimi decenni.
Fino alla seconda metà di questo secolo, tuttavia, l'interesse per gli aspetti diagnostici e clinici è restato piuttosto scarso e la demenza è stata considerata sia la via finale comune di svariate condizioni, che un processo inevitabile legato alla senescenza. La maggiore disponibilità di tecniche di studio del funzionamento del sistema nervoso centrale, in vivo e in modelli sperimentali, una più chiara conoscenza dei processi neuropsicologici ed una maggiore disponibilità di strumenti di analisi psicometrica e psicologica, l'avanzamento delle tecniche e conoscenze neuropatologiche hanno portato, a partire dagli anni '60, ad una maggiore caratterizzazione clinica delle demenze ed alla loro distinzione sia dalle psicosi in generale che dalle modificazioni delle funzioni cognitive riscontrabili con l'invecchiamento.
L'introduzione di criteri clinici definiti ha rappresentato un ulteriore avanzamento nella caratterizzazione clinica della demenza, permettendo una più chiara e riproducibile differenziazione dalle altre condizioni patologiche nelle quali è possibile riscontrare un decadimento cognitivo
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