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La scuola della società e la perdita dei valori
Quali sono "le motivazioni originarie, subdole, ma grandiose, che avevano spinto i suoi remoti predecessori (professori) a sobbarcarsi lo sforzo immane di costruire un edificio scolastico grande abbastanza da contenere tutta l'umanità?"si chiede Scurati. La ricerca di un modo "per tutelare l'ordine borghese dalla minaccia portata dalle masse popolari, sradicate e inurbate con la violenza della modernità, un'ideologia conservatrice si era allora inventata l'idea progressista dell'istruzione universale. Tutti a scuola, a imparare l'ordine sociale. Al principio del secolo successivo, quello stesso slogan, <tutti a scuola!>, era stato poi urlato anche dal fronte opposto, era risuonato anche in cima alle barricate. L'acculturazione delle masse era divenuto un momento fondamentale della coscienza di classe, passaggio indispensabile dell'emancipazione dall'oppressione di quello stesso ordine sociale che nelle intenzioni dei borghesi doveva, invece, servire. La rivoluzione adesso viaggiava sulla punta delle picche e tra le righe degli abbecedari. La rivoluzione era il fucile sulla spalla dell'operaio e il libro nella tasca della sua giubba rossa. Infine, dopo la metà di quello stesso secolo, quando la marcia della storia aveva smesso il passo dell'oca per adottare quello dell'ubriaco, del suo grande avvenire alla scuola era rimasto soltanto il compito servile di fungere da improprio ammortizzatore sociale. Adesso doveva fare da parcheggio temporaneo per milioni di ragazzi, in modo da ritardare il loro ingresso nelle liste di disoccupazione."
Ad una società sempre più tecnologica è rivolta la critica di Galimberti (oltre che di Marcuse) che rivaluta quello che erano "i tratti dell'uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi inscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee proprie e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva." Dice Marcuse:"Nel verso e nella prosa di questa cultura pretecnologica è il ritmo di color che vanno a zonzo o viaggiano in carrozza, che hanno il tempo ed il piacere di pensare, di contemplare, sentire e narrare." Conclude Galimberti: "L'età della tecnica ha abolito questo scenario umanistico, e le domande di senso restano inevase non perché la tecnica non è ancora abbastanza perfezionata, ma perché non rientra fra le sue competenze trovar risposte a simili domande. La tecnica, infatti, non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità: la tecnica funziona. E siccome il suo funzionamento diventa planetario, finiscono sullo sfondo, incerti nei loro contorni corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia di cui si era nutrita l'età pre-tecnologica, e che ora, nell'età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dismessi, o rifondati dalle radici."
La perdita dei valori alla quale oggi molto spesso la nostra società attribuisce le diverse forme di disagio giovanile, è in realtà un frutto del totalitarismo descritto da Marcuse. "Mescolando armoniosamente, e spesso in modo inavvertibile, arte, politica, religione e filosofia con annunci pubblicitari, le comunicazioni di massa riducono questi regni della cultura al loro denominatore comune - la forma di merce. La musica dell'anima è anche la musica del venditore." Ecco quindi i giovani educati da questa società a diventare solo dei buoni consumatori. Ideali e valori vengono appiattiti, sviliti dalla cosiddetta "società dei consumi" che li utilizza per veicolare i messaggi pubblicitari, messaggi che perdono nel corso della trasformazione la maggior parte della loro verità. E così abbiamo che il valore della famiglia si perde nella propaganda di biscotti e prima colazione, l'amore si consuma nell'acquistare cioccolatini o diamanti, l'arte e la musica nel design di un'automobile o un vestito o nella pulizia della casa, il coraggio e l'altruismo in un sorso di qualche superalcolico, e via dicendo. Marcuse prosegue poi affermando: "Nel regno della cultura il nuovo totalitarismo si manifesta precisamente in un pluralismo armonioso, dove le opere e le verità più contraddittorie coesistono pacificamente in un mare di indifferenza."
Ma c'è ancora di più, "la perdita di coscienza dovuta alle libertà di gratificazione concesse da una società non libera dà origine ad una <coscienza felice > che facilita l'accettazione dei misfatti di questa società. La coscienza è assolta dalla reificazione, dalla generale necessità delle cose. In questa necessità generale non c'è posto per la colpa. Un uomo è capace di dare un segnale che annienta centinaia di migliaia di persone, poi di dichiarare di essere immune da ogni pena di coscienza, e di vivere dopo di allora felice e contento." E "vivere felice e contento" è proprio quello che fanno i giovani alienati descritti da Galimberti, quelli di una generazione "senza intelligenza emotiva", che non provano alcuna risonanza emotiva per le azioni compiute, anche le più criminose. Sono ad esempio i ragazzi del cavalcavia, quelli dei gesti "senza movente", che così per passare il tempo gettano sassi sulle automobili che sfrecciano sull'autostrada sottostante. Ma sono anche le ragazze che hanno ucciso una suora "per gioco", per "provare un'emozione". O quelli che regolarmente negli stadi ripetono il rito della violenza per allontanare la noia incombente.
Nessun senso di colpa per le vite distrutte, neppure "la logica del perdono li può raggiungere, perché il perdono ha senso in chi riconosce la colpa di un gesto provocato da un movente, da un movente qualsiasi, fosse pure il più terribile degli odii. Ma loro non dispongono neppure di questo movente." (Galimberti)
E che dire di Vitaliano Caccia, l'alunno pluri-omicida del romanzo di Scurati? E' il professor Marescalchi stesso a fare l'analisi del gesto efferato e riconoscerne le radici nell'essenza stessa della società nichilista descritta nelle sue lezioni di storia.
"Per un professore di storia, maggio è il più crudele dei mesi. Sebbene il nuovo programma ministeriale preveda che l'intero ultimo anno sia dedicato allo studio del XX secolo, la prolissità della vicenda umana e gli arretrati dell'anno precedente congiurano sempre affinché non si riesca mai a doppiare il capo di Buona Speranza della seconda guerra mondiale. E allora, verso la metà di maggio dell'ultimo anno di scuola superiore, impigliandosi nel filo spinato dei campi di concentramento, lo studio della storia dell'umanità si riduce alla spuntatura di una lista di stermini."
La lista dei genocidi commessi è molto lunga: un milione e mezzo circa di armeni morti per le deportazioni o massacrati dai turchi tra il 1915 e il 1923. Trentamila morti per la Rivolta dei boxers nel 1900 in Cina, e poi 48 milioni di cinesi caduti sotto il regime di Mao. 20 milioni i russi eliminati durante gli anni del terrore comunista di Stalin. e altri 10 milioni di russi sterminati dall'esercito tedesco nella seconda guerra Mondiale. Sei milioni di persone annientate durante l'olocausto del popolo ebraico. Quasi un milione di indonesiani eliminati dalle forze governative tra il 1965 e il 1967, duecentocinquantamila persone abbattute a Timor est, 1 milione di cambogiani uccisi dai khmer rossi, un milione e novecentomila civili deceduti per il blocco agli aiuti nel Sudan, ottocentomila civili ruandesi massacrati nel conflitto civile, lo stesso nel Burundi. Oltre un milione le vittime sudamericane dei regimi dittatoriali, ottocentomila indios morti in Amazzonia, un milione di iracheni morti a tutto il 1998 per l'embargo e la politica di Saddam. E tante altre vittime, di cui non si conoscono ancora i numeri dai conflitti in Iugoslavia, Liberia, Sierra Leone, Angola, ecc.
Scurati rievoca e descrive, attraverso questo lungo elenco di efferatezze commesse dalla società del XX secolo, quello che è il dolore delle generazioni di ragazzi che devono crescere all'ombra di questi genocidi e con il terribile presentimento che il XXI secolo li riproporrà in maniera ineluttabile, così come la storia glieli ripropone nel corso degli anni di studio. Una "storia che non passa" come descrive Scurati anche in un articolo comparso recentemente sul settimanale "Internazionale" a proposito della schedatura di una parte della popolazione italiana su base meramente etnica: il provvedimento relativo agli "zingari italiani" in atto a Milano presso il campo nomadi di via Impastato, che ci rimanda indietro di sessant'anni alla promulgazione delle leggi razziali. Una "storia che non passa" e che nel nuovo millennio già conta i suoi massacri: 5.264 palestinesi e 1.078 israeliani uccisi, vittime della seconda Intifada dal 28 settembre 2000 ad oggi, e 92.004 iracheni, 4094 soldati americani e 313 soldati di altre nazionalità uccisi nel conflitto in Iraq dal 19 marzo 2003 ad oggi, che si aggiungono ai 3.000 morti dell'11 settembre alle torri gemelle. E tante altre vittime che passano sotto il silenzio voluto dalla stampa stessa, in quanto "non fa più notizia".
"Appena ho terminato la lezione conclusiva del mio triennio di insegnamento della storia dell'umanità nell'epoca medievale, moderna e contemporanea con questa lista della spesa per il pasto cannibalico del XX secolo, Vitaliano è insorto. Era comprensibilmente agitato. Fino al suono della campanella ha continuato a ripetere che non potevo fermarmi lì, che dovevo pur aggiungere un commento, che non poteva certo finire così, che si doveva pur poter dire qualcosa. La sua argomentazione era al tempo stesso inconsistente e ineccepibile. Tradotta in termini logici, ai quali l'emotività debordante di Vitaliano la rendeva giustamente estranea, si riduceva a questo: non si può lasciare l'ultima parola al massacro. <Se le cose stanno come dice lei, che si fa professore?> mi ha chiesto Vitaliano, con occhi spiritati, mentre i suoi compagni già sfollavano verso l'uscita. Non ho saputo consigliargli niente di meglio che di farci una tesina per l'argomento a piacere della prova orale dell'esame di Stato.
Dunque è andata così, le mie parole sui genocidi del XX secolo sono risuonate nei timpani convulsivi di Vitaliano con tono di angoscia profetica. Il mio insegnamento della storia dell'umanità, di questa lugubre, ripetitiva sciarada di immani distruzioni, . ha funzionato da annuncio nefasto che si è adempiuto per tramite di Vitaliano nella strage di fine anno scolastico. Stando al mio insegnamento, il XX secolo si sarebbe chiuso sulla strage come sulla sua ultima parola. Per il mio giovane allievo, il XXI si annunciava, quindi, all'insegna del massacro. Sterminando i suoi professori in quella palestra, l'allievo non ha fatto altro che tradurre in pratica la lezione del maestro. In un certo senso, è stato davvero il mio allievo più perspicace." (Scurati)
Il nichilismo, ovvero il momento in cui "i valori supremi perdono il loro valore", è l'ospite che si insinua nella formazione dei giovani, schiavi dell' "età della tecnica" (Heidegger). L'induzione alla violenza nichilista è oggettivamente insita nello studio della storia. "Inutile scacciarlo, quell'ospite, dice Nietzsche, bisogna guardarlo in faccia."
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