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Le linee essenziali del pensiero
La sua filosofia si pone come una radicale critica alla filosofia di Hegel:
alla ragione universale hegeliana Kierkegaard contrappone il SINGOLO Il Singolo è la categoria attraverso la quale debbono passare, dal puntodi vista religioso, il tempo, la storia,l'umanità.In Kierkegaard l'affermazione della superiorità dell'individuo (rispetto alla collettività) va di pari passo con l'affermazione della sua religiosità. Nel senso cioè che la religione viene usata da Kierkegaard come occasione per distaccare l'individuo dal contesto sociale, rendendolo un 'eletto di dio' (Nietzsche farà la stessa cosa ma servendosi dell'ateismo, dimostrando così la sua superiorità su Kierkegaard).
alla riflessione sull'essenza contrappone la considerazione dell'ESISTENZA, del modo di essere proprio del singolo uomo. EX-sistere significa emergere dal nulla ed esporsi sul confine precario tra l'essere e il non essere, sul piano dell'esistenza tutto è POSSIBILE
Alla necessità hegeliana contrappone la POSSIBILITA', dimensione fondamentale dell'esistenza, intesa tanto nel suo aspetto positivo, quanto in quello negativo, che come tale implica la minaccia del nulla, dà all'esistenza del singolo una condizione di radicale instabilità.
la dialettica hegeliana, come conciliazione e sintesi degli opposti (et.et), è per Kierkegaard impossibile sul piano dell'esistenza, dove le contraddizioni sono inconciliabili, gli opposti costituiscono i termini di un'alternativa radicale, di un AUT.AUT, tra i quali il singolo deve scegliere. L'individuo non è quello che è, ma diviene quello che sceglie di essere 'Esistere è scegliere' e nella scelta il singolo gioca tutto se stesso, l'intera sua esistenza.
Le infinite possibilità davanti alle quali si trova il singolo vengono riassunte in tre forme di esistenza, esse si presentano nella scelta sempre a due a due e non sono legate da alcun processo di tipo dialettico. Il passaggio tra una forma di vita e l'altra tuttavia comporta sempre il rischio di cadere nel nulla.
Vita Estetica: Forma di vita di chi 'sceglie di non scegliere' e così facendo mantiene sempre aperta l'infinità delle possibilità. Simbolo di questa esistenza è il Don Giovanni, che passa da una donna all'altra senza legarsi nessuna di esse. Si generano però contraddizioni che portano al superamento della Vita Estetica: in primo luogo scegliendo di 'non scegliere' vi saranno dei terzi che sceglieranno al posto dell'individuo ed in secondo luogo il Don Giovanni con il suo cambiar donne rischia di cadere nella temuta ed inevitabile noia degli eventi.
Vita Etica: Forma di vita di chi sceglie di assumersi le responsabilità ed i doveri, il Don Giovanni legandosi ad una donna si fa in questa vita Marito e si prende cura della famiglia. Assumendosi le responsabilità di questa nuova veste alla lunga il soggetto rischia di farsi schiacciare dal senso di colpa derivante dall'eccessiva responsabilità; si determina così un nuovo passaggio.
Vita Religiosa: Forma di vita che non libera l'uomo dal tormento ma anzi lo mantiene in questa condizione, essa scuote le coscienze facendo render loro conto dell'abisso del nulla. Questa esistenza porta alla solitudine del soggetto, ben rappresentato dalla figura di Abramo, personaggio biblico che disponendosi, per fede, a sacrificare il figlio, sarebbe stato condannato ed isolato tanto dalla morale quanto dal tribunale degli uomini. Proprio per questo paradosso di non razionalità, la vita religiosa implica la solitudine.
Da questa ultima forma di vita emergono molti elementi, in ambito religioso, che ben sottolineano la dura posizione di Kierkegaard a tal riguardo. La Fede viene in questo modo considerata come la massima dispensatrice della drammaticità dell'esistenza che, tramite l'evento emblematico del peccato originale, genera nell'uomo le condizioni di Angoscia e Disperazione. L'Angoscia è il sentimento provato di fronte all'infinità delle possibilità mentre la Disperazione è il sentimento provato dal singolo per sé stesso poiché conscio che scegliendo di essere 'sé stesso' ha fatto una scelta inadeguata e precaria. Dio diventa così il 'termine di paragone' con cui l'uomo si raffronta e così facendo non fa altro che rendersi ancor di più conto della nullità del proprio essere. La critica verso le religioni positiviste si riassume nella icona del Cristo morente in croce, che evidenzia come ogni religione, appunto, non sia nient'altro che una sofferenza.
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