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Ecosistema adolescenza ovvero il difficile rapporto tra ambiente e adolescenza




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ECOSISTEMA ADOLESCENZA

ovvero

IL DIFFICILE RAPPORTO TRA AMBIENTE E ADOLESCENZA










Vorrei che non ci fosse età di mezzo
fra i dieci e i ventitré anni,
o che la gioventù dormisse tutto questo intervallo;
poiché non c'è nulla in cotesto tempo
se non ingravidare ragazze
vilipendere gli anziani, rubare e darsi legnate.

W. Shakespeare, Il racconto d'inverno.

















Introduzione

 L'adolescenza viene considerata ancor oggi una fase dello sviluppo umano nel corso della quale l'individuo si trova ad attraversare una fase di transizione fra l'infanzia e l'età adulta.
L'adolescente, che deve poter superare tutte le difficoltà per diventare SOGGETTO, si trova a dover affrontare anche una situazione relazionale, familiare e sociale complessa, caotica, disturbante e frustrante ed è evidente che le sue possibilità di superare tutti gli ostacoli, a questo punto, diventano veramente esigue.

In tutte le adolescenze il protagonista deve affrontare una gran mole di problemi: a volte le situazioni difficili sono distribuite lungo il percorso e possono essere affrontate una dopo l'altra con risultati validi altre volte invece le situazioni si presentano più complesse,e rendono assai difficile, a volte quasi impossibile, la risoluzione di essi.
Non c'è adolescenza senza problemi anche se nella maggior parte dei casi possono essere risolti. I problemi, d'altronde, non sono entità fatali e incomprensibili che capitano a caso. Sono sempre in rapporto con il contesto culturale e sociale in cui l'adolescente vive, con le relazioni che egli ha con il suo ambiente più prossimo, con la sua storia.

Nel percorso adolescenziale il protagonista non è mai del tutto solo: egli è sempre in compagnia di altri (genitori, insegnanti, coetanei, altre persone significative) che possono offrirgli una guida sicura e comprensiva, oppure richieste incomprensibili tali da svalorizzare il senso del suo impegno, o al limite dargli indicazioni frammentate e contraddittorie che aggiungono confusione alla mancanza di esperienza. Ed è proprio in questo 'ecosistema' estremamente fragile che l'ambiente fisico (isola o città) e quello relazionale (padri, amici, parenti) diventano protagonisti e definiscono il passaggio dall'infanzia, all'età adulta.






















EQUILIBRI PRECARI



Arturo, Zazie, Ralph, Jack e Piggy: ragazzi che vivono la precarietà di un'età complicata, dove le persone, gli ambienti, i pensieri e i desideri compongono un ecosistema dall'equilibrio fragile, dove basta un niente perchè tutto si rovesci.

Un difficile equilibrio che caratterizza anche il periodo storico nel quale gli autori di questi tre romanzi si trovano a vivere.




















Un sogno, un'ombra o l'ombra di un'ombra

ZAZIE DANS LE METRO'

Zazie, una ragazzina ribelle e insolente, arriva nella Parigi degli anni '50 dalla provincia. Il suo sogno è vedere il metró; ma se uno sciopero glielo impedisce, nessuno può trattenerla dal salire su quella giostra vorticosa che per lei diviene Parigi. Fugge disinvolta dall'olezzo dello zio, ballerino travestito, per incontrare, grazie alla sua vitalità straripante, una galleria eterogenea di personaggi: un conducente di taxi, diabolici flic, la dolce Marceline, una vedova consolabile, un calzolaio malinconico e un querulo pappagallo. Il romanzo piú famoso di Raymond Queneau è una brillante favola moderna e insieme un romanzo di formazione contratto, tarlato dalla prismatica invenzione verbale dell'autore e dal turpiloquio irriverente della protagonista.

  L'INCIPIT

Doukipudonktan, se demanda Gabriel excédé. Pas possible, ils se nettoient jamais. Dans le journal, on dit qu'il y a pas onze pour cent des appartements à Paris qui ont des salles de bains, ça m'étonne pas, mais on peut se laver sans. Tout ceux-là qui m'entourent, ils doivent pas faire de grands efforts. D'un autre côté, c'est tout de meme pas un choix parmi les plus crasseux de Paris. Y a pas de raison. C'est le hazard qui les a réunis. On peut pas supposer que les gens qu'attendent à la gare d'Austerlitz sentient plus mauvais que ceux qu'attendent à la gare de Lyon. Non vraiment, y a pas de raison. Tout de meme quelle odeur. Gabriel extirpa de sa manche une pochette de soie couleur mauve et s'en tamponna le tarin.

- Qu'est-ce qui pue comme comme ça? Dit une bonne femme à haute voix.  

Elle pensait pas à a elle en disant ça, elle était pas egoïste, elle voulait parler du parfum qui émanait de ce messieu.

Après avoir lu quelques passages du roman «Zazie dans le métro», on se pose naturellement pas mal de questions. La plus importante est pour le moment la suivante: Quelle est l'intention de l'auteur?

C'est bien facile, on doit seulement réfléchir un peu et on va constater que Raymond Queneau nous présente des images différentes de Paris.

Paris n'est qu'un songe, Gabriel n'est qu'un rêve ( charmant), Zazie le songe d'un rêve (ou d'un cachemar) et toute cette histoire le songe d'un songe, le rêve d'un rêve, à peine plus qu'un délire tapé a la machine par un romancier idiot (oh! Pardon).

Il y a l'image de la petite Zazie pour laquelle la ville est un grand terrain d'aventures où on peut s'amuser beaucoup. Elle veut (on ne peut plus dire: elle voudrait) voir le métro, et cette partie de Paris semble être l'image centrale de la ville. 

Mais il n'existe pas seulement l'image de Zazie, mais aussi celle des touristes, qui voient d'abord les monuments et puis la vie nocturne («Paris by night»). C'est une image-cliché. Finalement, il y a l'image des employés ou des habitants pour lesquels Paris est une ville-labyrinthe chaotique. Par exemple pour Gabriel, l'oncle de Zazie, et son ami Charles, un chauffeur de taxi (!) qui ne savent ni où ils se trouvent à un moment donné ni où ils habitent.

Raymond Queneau voudrait nous monter qu'on ne peut pas décrire une ville comme Paris avec quelques mots ou une phrase parce que Paris a beaucoup de côtés. Chacun de nous a une autre image de la ville. Une possibilité d'exprimer cela, c'est d'utiliser les différents niveaux de style, parce qu'il y a aussi différents types dans ce Paris romanesque qui voient la ville chacun d'une autre façon. 

Et maintenant, c'est à nous de collecter des informations pour créer une nouvelle image de Paris, la nôtre.On peut comparer cette image avec celle de Baudelaire qui posséda Paris comme peu le firent. La vie du poète s'inscrit tout entière en citadin de la capitale, et la vision qu'il propose de la ville moderne est empreinte d'un sentiment profond d'attachement pour ses lieux et places. Pour nous décrire les foules d'ombres de l'agitation parisienne, Baudelaire nous livre le Spleen de Paris. Ce recueil amasse et brasse nombre de réflexions, reliées par l'unité sous-jacente du lieu.

Le poète est sans aucun doute le témoin le plus averti des ambiances parisiennes de l'époque, pour l'expression si personnelle qu'il nous en livre dans ses écrits. Et le Paris de Baudelaire n'est pas forcément si différent de celui des citadins du XXIème siècle; précurseurs, ses écrits sont les premiers symptômes du trouble des habitants des grandes métropoles de notre siècle, silhouettes anonymes égarés dans une masse de consommation et de capitaux.


Baudelaire éprouve pour Paris deux aspirations: une fascination profonde, attractive, séduisante car séductrice, mais aussi une sensation d'étouffement, une éternelle insatisfaction.

Nell' opere di Balzac (La Comedie humaine) Parigi non fa da semplice sfondo alle complicate vicende narrate, ma ne e' un elemento fondante. E' la Parigi tra il 1830 e il 1840, quella Parigi che vive ancora nel ricordo del 'grande imperatore', delle guerre napoleoniche ed e' popolata da uomini distintisi sul campo di battaglia che fremono dell'inoperosita' attuale.
Ma Parigi e' anche la capitale del denaro e della bella vita, delle donnine belle e di facili costumi che raggirano uomini facoltosi i quali, travolti dalla passione, dimenticano famiglia, onore e ricchezze. Il rapporto di Balzac con questa citta' e' passionale: ne esalta la bellezza, ma il suo amore non gli impedisce di coglierne i lati negativi e mostrarli. 

Nel libro di Queneau Zazie demarca uno spazio, quello del giudizio sulla città che intende visitare, mediante stereotipi personali (solitamente congruenti con l'idea che gli adulti siano tutti dediti a deconner) e mediante l'insistenza sull'agire interrogativo: domanda per porre in difficoltà o in aperta contraddizione l'interlocutore, per demistificare con il suo punto di osservazione fantasioso la logica, che certo nel romanzo non appare ferrea, degli adulti.

Zazie sembra impersonare in maniera esemplare il tipo di opposizione che viene definito con il termine di 'tattica', contrapposto a sua volta a un sapere organizzato che risponde al nome di 'strategia'. La definizione precisa di 'tattica' è la seguente: «l'azione calcolata che determina l'assenza di un luogo proprio []. Si sviluppa di mossa in mossa. Approfitta delle 'occasioni' dalle quali dipende, senza alcuna base da cui accumulare vantaggi, espandere il proprio spazio e prevedere sortite [].

Questo non luogo le permette indubbiamente una mobilità, soggetta però all'incognita del tempo, per cogliere al volo le possibilità che offre un istante. Deve approfittare, grazie a una continua vigilanza, delle falle che le contingenze particolari aprono nel sistema di sorveglianza degli adulti, attraverso incursioni e azioni di sorpresa, che le consentono di agire là dove uno meno se l'aspetta». 

Zazie usa una comunicazione tagliente, spiazzante, dell'esibita volontà di attuazione del suo modus a dimensione di ragazzina. Il quotidiano e le oscillazioni dell'identità dell'adolescente come del significato della parola 'famiglia' vengono affidati a un occhio sempre mobile, a una proiezione che dissolve nel riso continuo - nella creazione di scenari paradossali - la tentazione della fissità, di un giudizio definito una volta per tutte sul mondo rappresentato.

Se al centro dell'interpretazione dei personaggi sta la discussione sull'identità dello zio Gabriel/Gabrielle, ballerino en travesti al Mont-de-Pitié (e su di lui il pressing di Zazie si manifesta nell'angosciante interrogativo su cosa sia un hormosessuel), nondimeno è l'essenza della città stessa, o meglio ancora, di una nazione postbellica rappresentata dalla sua capitale, a essere messa in discussione nei suoi riti fondativi, nella sua ragione monumentale: si ricorderà l'esilarante corsa in taxi ad inizio di romanzo dove Gabriel discute di continuo con l'autista e proprietario del mezzo, l'amico Charles, sull'individuazione - sempre da entrambi sventatamente azzardata e sempre frustrata dalla verità dei fatti - dei singoli luoghi monumentali di Parigi.

Zazie giustamente prende in giro l'ignoranza dei due, irrompe nel continuum di una descrizione dell'allure parigina con il rigore oppositivo di chi contesta e impugna le regole del gioco: la città dovrà essere da lei ridisegnata secondo un modus vivendi alternativo. Così, per denegare la virtualità di una sua formazione culturale, la giovinetta risponde allo zio che si perita di asserire la veridicità delle sue informazioni storiche e spaziali nel modo seguente:

- Zazie [], si ça te plait de voir vraiment les Invalides et le tombeau véritable du vrai Napoléon, je t'y conduirai.
- Napoléon mon cul.

Ma se Zazie appare uno strumento nelle mani di Queneau per vedere simili moderni tableaux parisiens, la realtà vivente dell'organismo urbano, è altrettanto vero che attraverso di lei si vedono la storia, la letteratura, immancabilmente deformate. Nel proseguire la sua visita allo zio, Zazie fugge, da casa come dall'ascesa alla Tour Eiffel, imprimendo al racconto una velocità di azione e una fluidità nella derivazione di un episodio da quello precedente delle quali Louis Malle, nel visualizzare per immagini il romanzo, non potrà non tenere conto, rievocando poi in un'intervista il carattere avventuroso, frenetico e oltremodo giovane, della sua pellicola.

L'esplorazione di Zazie si incarica di localizzare eventi, associazioni di luoghi e di persone, come avviene per il confusionario pullman di turisti francofili che rapisce Gabriel per essere poi raggiunto dalla ragazzina nei pressi di un'altra meta monumentale, la Sainte-Chapelle - e tutto questo grazie all'incontro fortunoso con il timido vigile Trouscaillon, che non si rivelerà essere altri se non il presunto satiro che le ha acquistato in mattinata, al Marché aux puces, un paio di seducenti bloudjinnzes! Ma, accanto alla localizzazione, e dunque a un processo di messa a fuoco, di esplicitazione delle singole icone nazionali come motivi organizzatori del racconto, si verifica un procedimento di continua delocalizzazione, di rifacimento discorsivo degli ancoramenti spaziali minimi della vicenda: il lettore è condotto a perdersi, a smarrire la certezza dei percorsi stabiliti per seguire il moto spiazzante della coscienza-Zazie, la quale a sua volta tende a rivestire un ruolo utopistico: le sue domande su Parigi restano inevase, come pure la sua quest moderna per il métro, bloccato dallo sciopero. Allora, il suo risulta essere meno un tourbillon che un détour, un continuo aggirare gli ostacoli, le resistenze dell'opinione comune per affermare la legittimità del proprio modo di collezionare idee sul mondo.









L'ISOLA DI ARTURO


Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra, fu tutto

Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra,
fu tutto
.
E non sarà mai rubato quest'unico tesoro
ai tuoi gelosi occhi dormienti.
Il tuo primo amore non sarà mai violato.
Virginea s'è rinchiusa nella notte
come una zingarella nel suo scialle nero.
Stella sospesa nel cielo boreale
eterna: non la tocca nessuna insidia.
Giovinetti amici, più belli d'Alessandro e d'Eurialo,
per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo.
L'insegna paurosa non varcherà mai la soglia
di quella isoletta celeste.
E tu non saprai la legge
ch'io, come tanti, imparo,
- e a me ha spezzato il cuore:
fuori del limbo non v'è eliso.
(E. MORANTE, L'Isola di Arturo, Dedica, 1957)



 L'adolescente Arturo Geraci  deve attraversare un 'percorso iniziatico' per approdare, attraverso prove difficili e dolorose, all'età adulta, un percorso attraverso lo spazio-isola  che tende fin dall'inizio ad acquistare un valore metaforico e  che significativamente si accentua nei momenti chiave della vicenda.

Dal Cap. I, L'isola

Intorno al porto, le vie sono tutte vicoli senza sole, fra le case rustiche, e antiche di secoli, che appaiono severe e tristi, sebbene tinte di bei colori di conchiglia, rosa o cinereo. Sui davanzali delle finestruole, strette quasi come feritoie, si vede qualche volta una pianta di garofano, coltivata in un barattolo di latta; oppure una gabbietta che si direbbe adatta per un grillo, e rinchiude una tortora catturata. Le botteghe sono fonde e oscure come tane di briganti.

L'ambiente è un elemento importante nel romanzo. L'isola è il luogo dell'infanzia, delle certezze assolute, un Eden felice, è uno spazio chiuso, autosufficiente.

L'isola,  per Arturo che racconta ormai adulto, è il 'luogo' solare  e allo stesso tempo malinconico dell'infanzia, delle certezze assolute, un paradiso felice e inconsapevole, ma anche il simbolo di una civiltà non alienata e autentica, libera e serena. Procida è fortemente connotata come spazio chiuso, autosufficiente; essa è dominata dal Penitenziario, luogo chiuso per eccellenza. Ma la stessa «Casa dei guaglioni» è chiusa, prima alle donne e poi a tutti. Nella visione di Arturo solo il padre-eroe varca i confini dell'isola verso un 'altrove' fascinoso e leggendario. Allontanarsi dall'isola si configura, nelle fantasticherie «eroiche» di Arturo, come il varco di un limite, di una frontiera proibita (« Avevo sempre rimpianto che, ai tempi moderni, non ci fosse più sulla terra qualche limite vietato, come per gli antichi le Colonne d'Ercole, perche mi sarebbe piaciuto di oltrepassarlo io per primo, sfidando il divieto con la mia audacia»).

Arturo gode sull'isola di un'assoluta libertà nella dimensione magica dell'infanzia come momento irripetibile. E come esperienza dove lo spazio è quello rassicurante e ispiratore della 'madre' e il tempo è la sicurezza immobile dell'esistere. Alcuni luoghi mitici dell'isola attraggono il protagonista: la casa-castello avvolta dal mistero, il penitenziario sulla sommità che attrae e sgomenta e poi il mare che a riguardarlo palpita come un innamorato. 

Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei di essere uno scorfano, ch'è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell'acqua.

Il narratore è proprio Arturo, adulto e lontano, che tira le fila della storia nel recupero del ricordo.

La prima parte del romanzo introduce il personaggio, narrandone le vicende dalla nascita fino al quattordicesimo anno di età e delimita geograficamente il teatro dell'azione: l'isola di Procida con le sue spiagge, i suoi vicoli assolati, le case e il sovrastante penitenziario. Il giovane protagonista, Arturo Gerace, è figlio di Wilhelm, a sua volta frutto di un amore illegittimo tra un emigrante procidano e una maestrina tedesca. Giunto nell'isola in giovane età, richiamatovi dal padre, Wilhelm ha sposato una donna toscana, morta poi di parto nel dare alla luce Arturo. 


Arturo ama la madre, mai conosciuta, attraverso una fotografia ingiallita

Di lei, in realtà, io ho sempre saputo poco, quasi niente: giacché essa è morta, all'età di nemmeno diciotto anni, nel momento stesso che io, suo primogenito, nascevo. E la sola immagine sua ch'io abbia mai conosciuta è stata un suo ritratto su cartolina. Figurina stinta, mediocre, e quasi larvale; ma adorazione fantastica di tutta la mia fanciullezza.

E  le dedica queste parole

'Io come non credevo in Dio e nelle religioni, così non credevo neppure nella vita futura e negli spiriti dei morti. Per lei credevo addirittura in un paradiso. Che cos'altro era,difatti, quella specie di tenda orientale, alzata fra il cielo e la terra, e portata dall'aria in cui lei dimorava sola, oziosa e contemplante, con gli occhi al cielo, come una trasfigurata? Essa era uno degli incantesimi dell'isola'

Arturo trascorre l'infanzia con il balio, Silvestro, un napoletano semplice che entrerà, a sorpresa, in campo alla fine del romanzo e con il padre sempre in viaggio e che comunque campeggia nella mente del bambino per presenza e per bellezza:

 'La mia infanzia è come un paese felice, del quale lui è l'assoluto regnante! Egli era sempre di passaggio, sempre in partenza; ma nei brevi intervalli che trascorreva a Procida, io lo seguivo come un cane. Dovevamo essere una buffa coppia, per chi ci incontrava! Lui che avanzava risoluto, come una vela nel vento, con la sua bionda testa forestiera, le labbra gonfie e gli occhi duri, senza guardare nessuno in faccia. E io che gli tenevo dietro, girando fieramente a destra e a sinistra i miei occhi mori, come a dire: 'Procidani, passa mio padre!'

Per tutta l'infanzia il padre e' l'eroe bello, buono e vincente; il tipico eroe che campeggia nella mente dei bambini. Sull'isola di pescatori, dagli ambienti ingessati, dai paesaggi quasi fissi e immobili,  Arturo passa un'infanzia spensierata, acquisendo, pur nella semplicità e nella primitività della vita, un atteggiamento distaccato e di superiorità nei confronti dei procidani. 

I Procidani sono scontrosi, taciturni. Le porte sono tutte chiuse, pochi si affacciano alle finestre, ogni famiglia vive fra le sue quattro mura, senza mescolarsi alle altre famiglie. L'amicizia, da noi, non piace. E l'arrivo d'un forestiero non desta curiosità, ma piuttosto diffidenza. Se esso fa delle domande, gli rispondono di malavoglia; perché la gente, nella mia isola, non ama d'essere spiata nella propria segretezza.

Lo svelamento della realtà e della vita, l'abbandono dell'infanzia  ha fatalmente inizio con l'arrivo a Procida della giovanissima sposa del padre, Nunziatina, figura di madre-amante-bambina, definita dalla critica «una delle immagini più vive e sorprendenti del nostro romanzo contemporaneo».

L'adattamento a Nunziata è lento ma naturale; l'avversione iniziale lascia spazio a  sentimenti e visioni contrastanti  e si trasforma lentamente, fino a diventare attrazione sessuale. E questo rientra nella naturale scoperta della sessualità.

'-Artù, in questi pochi giorni ti sei fatto più alto

A tali sue parole (sia che davvero, durante la breve malattia, io fossi cresciuto un altro poco, o sia piuttosto che lei, scalza com'era, mi si svelasse più piccola del solito) io mi accorsi allora, per la prima volta, che la sopravanzavo ormai di statura. Questo mi parve il segno di una potestà anziana, fiera e gioiosa; e intanto ella si andava discostando impercettibilmente da me: ciò era come confessarmi che le batteva il cuoreAll'improvviso la strinsi, baciandola in bocca.

Intorno alle sue palpebre ammorbidite s'era sparso un pallore debole e attonito. Le sue labbra, da fredde, s'erano fatte brucianti. E allora io sentii nella bocca un gusto di dolcezza sanguinosa che in un attimo distrusse nella mia mente tutti i pensieri.

La sua paura di mio padre, sempre rimasta nel mio ricordo, era un'angoscia, che sembrava agghiacciarle tutte le membra; mentre che la sua presente paura (specie strana e nuova, mai vista in lei), sembrava contraddirsi in se stessa, e ardere in questa contraddizione. Nel momento stesso che la sua volontà disperata ripudiava il mio bacio, il suo corpo (che all'improvviso mi si faceva riconoscere, come se l'avessi visto ignudo), mi implorava, all'opposto, di ribaciarla ancora!  Questa implorazione palpitante e selvaggia attraversava tutte le membra, dai piedi rosa alle punte del petto,che sporgevano acute sotto la maglia. E nei suoi occhi spaventati trasaliva ancora quello sguardo umido, meraviglioso, intinto di un vapore azzurro, che vi avevo intravisto poco prima mentre la baciavo'.


Ma la vera, dolorosa fine dell'infanzia, con tutte le sue leggende e le sue illusioni, avviene con il crollo del mito paterno. Uno dei tanti amici di Wilhelm (che nelle fantasie del figlio venivano rivestiti di grandezza e di mistero al pari del padre) giunge sull'isola: ma è solo un delinquente comune, Tonino Stella, costretto a trascorrere qualche anno nel penitenziario di Procida. Il carcere è un altro dei luoghi centrali del romanzo: «feudo lugubre e sacro» costituisce il lato buio dell'isola luminosa, la «terra murata» dove il bene più prezioso per ogni essere vivente, la libertà, è irrimediabilmente negato; è anche l'unico territorio interdetto al ragazzo, che ha il ricordo delle rare visite fatte con il padre come di «traversate d'una regione assai lontana dalla mia isola».

 E' il tempo in cui Arturo inizia a modificare i suoi sentimenti verso il padre, a sgombrare il campo da eroi e da modelli e a scontrarsi con la realtà.

Arturo segue Wilhelm nelle sue spedizioni notturne al carcere e scopre che il suo idolo manda messaggi disperati all'amico detenuto fino a che  Stella esce dal carcere e passa la notte nello stanzone annesso alla loro casa; qui Arturo s'incontra e si scontra verbalmente  con il padre


'Mio padre mi dette un'occhiata di sbieco, sovrastandomi col suo splendore corrusco:

- Io, - mi rispose, - parto con chi mi pare. Con buona sopportazione de Usted.

Sentivo ch'egli adesso si pavesava della sua peggior superbia contro di me anche per brillare meglio agli occhi di Stella: forse anche per vendicarsi su di me, con la sua padronanza, dell'infima servitù in cui Stella lo teneva! Stella medesimo sembrava capire questa cosa: e lo guardava di sott'occhi, ironico, senza nessun apprezzamento. Ma egli non s'avvedeva di quell'ironia, tanto era feroce, nel suo fuoco teatrale'.


A questo punto il distacco è avvenuto : Arturo  è costretto ad abbandonare la sua infanzia, i suoi miti, le sue  certezze, un'infanzia, che per tutti, dai romantici, ai decadenti, ai contemporanei, è lo stadio della costruzione fantastica e delle grandi proiezioni e come tale, unica, speciale, straordinaria.

Quando si esce da quest'età incantata, eroica e mitica, ogni cosa (bella o brutta) riprende la

propria collocazione nel quadro della quotidianità e ci si deve adeguare cambiando il modo di rapportarsi ad essa. La fuga è solitamente  l'apertura di una nuova fase, anche anagrafica: non ci sono più eroi che appartengono all'infanzia, non ci sono più modelli che appartengono all'adolescenza, quando si cresce esiste il proprio Io, che deve combattere, sognare, amare, vivere per sé, contando sulle proprie forze, forte del bagaglio di esperienze, sedimentate nella coscienza.

Il distacco da Procida, sofferto perché 'un incanto disperato mi tratteneva lì', porta alla consapevolezza della vita (con l'unico riferimento temporale del romanzo: la seconda guerra mondiale alla quale Arturo decide di partecipare), del suo crescergli dentro e quindi allo svelamento di un sogno. L'isola non è più fortezza reale, ma incantesimo spezzato, luogo della mente, simbolo, paesaggio interiore.

'Come fui sul sedile accanto a Silvestro, nascosi il volto sul braccio, contro lo schienale. E dissi a Silvestro: - Senti. Non mi va di vedere Procida mentre s'allontana, e si confonde, diventa come una cosa grigia Preferisco fingere che non sia esistita. Perciò, fino al momento che non se ne vede più niente, sarà meglio ch'io non guardi là. Tu avvisami, a quel momento.

E rimasi col viso sul braccio, quasi in un malore senza alcun pensiero, finché Silvestro mi scosse con delicatezza, e mi disse:

- Arturo, su, puoi svegliarti.

Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L'isola non si vedeva più.'







LE TEORIE PSICANALITICHE SULL'ADOLESCENZA

SIGMUND e ANNA FREUD

La psicoanalisi all'inizio si occupò poco degli adolescenti.
La ricerca di Sigmund Freud si è focalizzata principalmente sulla comprensione e
spiegazione degli avvenimenti dell'infanzia, periodo evolutivo fondamentale per
comprendere la strutturazione psichica dell'individuo adulto. Tuttavia nella sua opera non mancano contributi importanti per la comprensione delle problematiche della fase adolescenziale di sviluppo.
In 'Tre saggi sulla teoria sessuale' (1905), Freud afferma che la sessualità non
emerge come si è sempre creduto, durante la pubertà, ma già nel bambino
osserviamo una intensa vita sessuale le cui avversità sono fondamentali per la
strutturazione della personalità individuale. In questo contesto l'adolescenza viene considerata come la fase di transizione dalla sessualità infantile perversa e polimorfa all'organizzazione psico-sessuale adulta, che Freud denomina 'genitalità'. Nel periodo adolescenziale l'individuo è chiamato, secondo Freud a rivivere le vicende infantili nel tentativo di elaborare una soluzione soddisfacente ai conflitti relativi alle prime fasi di sviluppo.

 L'adolescenza è quindi il periodo deputato alla sintesi delle diverse fasi dello sviluppo libidico e al superamento del complesso edipico. Solo attraverso questo lavoro è possibile chiudere i conti con l'infanzia e assicurarsi l'ingresso alla maturità .

Si può affermare, quindi, che per Freud l'adolescenza è una fase della vita
particolarmente significativa per i cambiamenti che porta con sé, ma anche che le caratteristiche di questo periodo dello sviluppo siano da mettere in stretta relazione con le fasi precedenti. In questo senso, ciò che avviene nell'adolescenza è determinato dalle esperienze infantili ed è a queste precedenti esperienze che bisogna riferirsi per comprendere le manifestazioni di questo periodo del ciclo di vita. Gli eventi adolescenziali possono essere interpretati solo alla luce delle vicende pulsionali infantili.
Il fondatore della psicoanalisi utilizza poco il termine 'adolescenza' e si riferisce soprattutto alla pubertà.
Per molto tempo, gli psicoanalisti non hanno approfondito il tema dell'adolescenza.
La prima analisi sistematica dell'adolescenza è dovuta alla figlia di Freud, Anna.

 Anna Freud nei suoi scritti sull'adolescenza considera questo periodo 'come un disturbo evolutivo' che determina l'interruzione di una crescita pacifica e vede questo particolare momento della vita come uno 'stato disturbato, un periodo di squilibrio psicologico'. E' stata fra i primi psicanalisti a riconoscere i cambiamenti qualitativi che caratterizzano la pubertà: nell'adolescenza l'individuo è conteso tra l'energia istintuale che si risveglia in lui ma, contemporaneamente, il suo io fa di tutto per controllare e trattenere le forze pulsionali. 
Questo conflitto porta alla formazione del carattere.
I meccanismi di difesa sono dei processi di cui l'IO si avvale per risolvere i conflitti interni quali essere all'altezza del suo compito, evitare pericoli, l'angoscia e il dispiacere .
Legato al processo di separazione dai legami infantili è il distacco dai genitori e quindi la perdita del tipo di relazione protettiva e con precisi punti di riferimento. L'adolescente si scontra tra il desiderio di crescita e di autonomia e il senso di abbandono, la paura di allontanarsi dalla famiglia .
Dice Anna Freud in 'L'adolescenza come disturbo evolutivo':
'In primo luogo, mi ha sempre colpito come fatto sfavorevole che il periodo del tumulto adolescenziale coincida con richieste fondamentali come quelle che si pongono agli adolescenti di rendimento nello studio, di scegliere una professione, di maggiore responsabilità sociale e finanziaria in generale. Molti fallimenti sotto questo riguardo, spesso con tragiche conseguenze, sono dovuti non a un'incapacità dell'individuo in quanto tale, ma semplicemente al fatto che le richieste gli sono poste in un momento della vita in cui tutte le sue energie sono impegnate nella soluzione di altri problemi di fondo, vale a dire quelli che gli sono posti dalla propria crescita e dal proprio sviluppo sessuale'.

Anna Freud considera la turbolenza del comportamento adolescenziale come un indice di sviluppo della personalità e sottolinea il tema dei conflitti che portano all'uso di meccanismi di difesa tipici dell'adolescenza come l'ascetismo e l'intellettualizzazione.
Con questi meccanismi di difesa l'IO cerca di risolvere i conflitti interni quali essere all'altezza del suo compito, evitare pericoli, l' angoscia e il dispiacere . L'intellettualizzazione è un processo caratterizzato dal rifugiarsi in attività intellettuali per esercitare un controllo su conflitti affettivi e ridurre l'ansia e la tensione. Esempi: speculazioni filosofiche e religiose come tentativo di regolare e limitare intense sensazioni corporee e profondi conflitti interni (è una forma di isolamento degli affetti).

L'ascetismo è il rifiuto di qualsiasi tipo di istinto e viene esteso, più o meno indiscriminatamente, a molti aspetti della vita. Esempio: rifiutare un qualsiasi invito mondano, ridurre al minimo il bisogno di alimentarsi. Questo meccanismo è prevalente in preadolescenza, momento in cui si verifica un aumento della libido, dei desideri e delle fantasie. Talvolta accanto all'ascetismo si assiste ad uno slittamento verso l'eccesso opposto in cui, tutto ad un tratto, l'adolescente si concede tutto quello che prima aveva considerato proibito.
L' interpretazione dell'adolescenza come crisi naturalmente ha ricevuto delle critiche: non tutti gli adolescenti vivono situazione emotive riconducibili al concetto di crisi.
Enfatizzando questo periodo solo per gli aspetti critici di si rischia infatti di sottovalutare la distinzione tra aspetti normali e patologici e di minimizzare l'esistenza di una patologia quando e dove fosse presente.












LORD  OF THE FLIES

An attempt to trace the defects of society back to the defects of human nature

'The head remained there, dim-eyed, grinning faintly, blood blackening between the teeth.[]There were no shadows under the trees but everywhere a pearly stillness, so that what was real seemed illusive and without definition. The pile of guts was a black blob of flies that buzzed like a saw. After a while these flies found Simon. Gorged, they alighted by his runnels of sweat and drank. They tickled under his nostrils and played leapfrog on his thighs. They were black and iridescent green and without number; and in front of

Simon, the Lord of Flies hung on his stick and grinned. At last Simon gave up and looked back; saw the white teeth and dim eyes, the blood-and his gaze was held by that ancient, inescapable recognition.'

Un terzo conflitto mondiale, un incidente aereo e un gruppo di ragazzini inglesi che si ritrovano su un'isola deserta, paradisiaca. Inizia così il Signore delle mosche, l'opera più nota del premio nobel William Golding.

Nella narrazione avventurosa (marinaresca) l'isola è la mèta di una quest. In quanto tale, l'isola rappresenta uno spazio mitico ed euforico. Il Signore delle mosche di William Golding è in gran parte una parodia di questa idea di isola. In realtà non parla di un'isola negativa: parla dell'illusione di chi vuol credere nei mostri e in mitiche isole negative per non riconoscere il male che è dentro di lui.

Golding crea un luogo utopico, una specie di Inghilterra 'rovesciata', dove un gruppo di bambini naufraga in un'isola deserta, mentre nel resto del mondo è esploso un conflitto nucleare. Il gruppo deprivato della guida degli adulti, che muoiono tutti nell'incidente, intraprende l'avventura con spirito; il tutto ha quasi il sapore di una piacevole vacanza: l'isola, infatti, è ricca di alberi da frutto e molti luoghi si prestano al gioco e all'avventura.

La trama del romanzo si sviluppa in modo piuttosto semplice, lineare: un gruppo di ragazzi, in seguito ad un disastro aereo, si ritrova su un'isola deserta senza la presenza di nessuno adulto e dunque di alcuna forma di controllo sociale, mentre là fuori, oltre i confini dell'isola, il pianeta è coinvolto in un conflitto di notevoli dimensioni ma di cui Golding non precisa più di tanto i dettagli. L'autore si diverte così ad immaginare quali possano essere gli eventuali esiti di questo embrione societario, in cui mancano le perversioni , le 'alienazioni', gli eccessi e i contorti meccanismi relazionali degli adulti e dove l'uomo sembra essere tornato agli albori della civiltà, quasi avesse ricevuto una seconda possibilità di sviluppo e magari di riscatto. Inizialmente sembra che le cose procedano per il verso esatto, in direzione di una umanità più spontanea, giusta con se stessa, forse persino migliore. Ma Alla prima società gerarchizzata e ben ordinata che i bambini, ancora memori dei precetti educativi, mettono spontaneamente in atto, succede una seconda società, tirannica e selvaggia, organizzata attorno al totem del 'Signore delle mosche', uno dei tanti nomi con cui si identifica la figura del diavolo.

Ben presto tutte le rosee aspettative si tingono di viola, di marcio, irrancidiscono,e il gruppo di ragazzi diviene vittima delle spinte centrifughe dei singoli che tendono irrimediabilmente, per natura, a salvaguardare la propria individualità, spesso anche a scapito della comunità e di tutto ciò che può farne parte.

I giovanissimi naufraghi provano l'ebbrezza dell'assenza di adulti e di costrizioni: nuotano, giocano, stanno al sole e si divertono.


' Things are breaking up. I don't under stand why. We began well; we were happy. And then-then people started getting frightened.'

I cacciatori nel tentativo di scongiurare la naturale paura, che nei sogni fa gridare i più piccoli nella notte, introducono dei riti, attorno al fuoco. Questa comunità, adora 'Signore delle mosche',un totem che incarna la malvagità e la violenza dell'animo umano.

Nasce piano una sorta di culto, che si avvale di feticci e di simboli magici. Le leggende iniziano a proliferare. I cacciatori boicottato le istituzioni assembleari ed iniziano ad ignorare le regole.

Fondano un campo caccia che presto si trasforma in un 'castello', intraprendono una strategia del terrore che si avvale di punizioni sempre più sadiche e soprattutto della diffusione di storie di bestie e di mostri terribili. Non uccidono più solo gli animali ma, una volta ucciso per sbaglio uno di loro, imparano l'omicidio come strumento per eliminare gli avversari.


Tale contesto fa emergere marcatamente tre individualità:

'There was a stillness about Ralph as he sat what marked him out: there was his size, and attractive appearance'

Ralph, eletto democraticamente dai suoi simili per via della sua bellezza e del suo naturale carisma: a lui spetta l'organizzazione della difesa del fuoco, affidata ai gemelli Sammeric, la creazione dei rifugi, la scelta delle leggi e la prima parola nelle assemblee, che vengono annunciate da una conchiglia marina, al contempo simbolo di potere e strumento 'democratico'.

Fin dall'inizio si capisce però che conta su una leadership piuttosto labile e la sua autorità viene messa in discussione da un altro ragazzino, Jack.

'[Jack was] tall, thin, and bonyhis hair was red beneath the black cap. His face wasfreckled, and ugly without silliness.'

Jack, è quello che affascina, ha carisma: è la metà oscura di Ralph, è espressione dell'istintualità più violenta e repressa dell'animo umano; dapprima ambisce a divenire leader della comunità; in seguito al fallimento dell'obiettivo prefissatosi, organizza con i vecchi compagni del coro un clan di cacciatori, ribelli nei confronti delle leggi di Ralph; inoltre erige il totem del 'Signore delle Mosche' durante una battuta di caccia. È 'l'assassino' della pace ed è il mandante delle uniche morti del romanzo.

Piggy è l'intellettuale del gruppo. Fisicamente poco prestante, come intuibile dal nome, asmatico e miope, è il primo consigliere ed il primo amico di Ralph, nonostante sia spesso oggetto di umiliazioni e insolenze. È la 'mente pensante' della compagnia: è infatti l'unico ad avere almeno tracce di conoscenze scientifiche.

Elemento simbolico da non sottovalutare sono le lenti dei suoi occhiali che i ragazzi utilizzano per accendere il fuoco. Piggy è dunque un personaggio chiave. Non è forse un caso che la sua sorte sia una delle più tristi.

L'invidia, la violenza, l'odio e la sopraffazione esplodono nello scenario ospitale ma selvaggio dell'isola fino a renderla allegoria fantastica di un mondo crudele e cupo.
La metafora del testo si presta a numerose interpretazioni: da quella religiosa, dato che 'il signore delle mosche', il totem adorato dai seguaci di Jack, è anche il nome del diavolo in ebraico, a quella dell'eterna lotta umana fra il bene e il male anche in relazione alla guerra, all'avvento del nazismo ed alla figura di Hitler che molti ritrovano in Jack, il capo despota e violento. La sfiducia dell'autore nella natura umana ci restituisce la concezione di un uomo violento, cattivo, sia nei rapporti sociali che umani ricorrendo a un espediente letterario caro alla letteratura inglese: l'isola deserta, che troviamo già in opere come La tempesta di Shakespeare, I viaggi di Gulliver di Swift, L'isola del tesoro di Stevenson e Robinson Crusoe di Defoe, nei quali l'isola diventa luogo ipotetico ma facilmente riconducibile alla realtà dell'Inghilterra, isola anch'essa. Questo romanzo, come tutti quelli di Golding, si articola sui temi fondamentali del realismo e del modernismo del periodo letterario a cui appartiene. Il modernismo è riconoscibile per il grande uso di metafore ed il realismo nella descrizione di una storia completamente inventata ma verosimile, lasciando trasparire alla fine un certo tentativo di cupo ottimismo s L'uomo nuovo che Golding aveva costruito inizialmente finisce per aderire sempre più al prototipo umano che già qualcuno in precedenza aveva suggerito. Darwin, un po' di tempo prima, c'aveva detto che l'uomo, come tutti gli animali, ubbidisce alla legge universale della selezione naturale, per la quale non esite il concetto di 'buono' o 'cattivo' ma solo di più idoneo alla vita, ovvero di più forte..Anche Freud, con tutta la sua psicanalisi, era venuto a dirci che l'uomo è un essere fondamentalmente egoista e per il quale la società è solo un mezzo utile a soddisfare i propri bisogni, un ambiente atto a sopperire la 'non-autosufficienza' di un soggetto fortemente limitato..E se poi vogliamo tornare ancora più indietro nel tempo, possiamo ripensare alle sconfortanti parole di un filosofo del 1600, Thomas Hobbes, per il quale 'homo homini lupus est' e secondo cui, un po' alla maniera freudiana, 'ogni associazione spontanea nasce o dal bisogno reciproco o dall'ambizione, mai dall'amore o dalla benevolenza verso gli altri'ullo scetticismo dell'autore. 
In definitiva, i bambini non sono immuni dal male perché i bambini sono gli uomini del domani, quelli che come i loro genitori non si preoccuperanno di dar sfogo alle loro smanie di guerra, di potere, di prevaricazione dei diritti umani. Con questo romanzo Golding sembra quasi che voglia asserire (e ammettere) che l'innocenza infantile è solo un mito, o meglio una fantasia prodotta dalla società per credersi ancora capace di dar al mondo una umanità nuova, una generazione migliore rispetto a quelle precedenti dei padri. I bambini sono innocenti come gli adulti, l'innocenza quindi non esiste: esiste solo l'innocenza antropologica, quella dettata dall'istinto, che porta a uccidere e organizzarsi in tribù per far la guerra, quindi la guerra fra simili giustifica la vita, la morte, e soprattutto la sopravvivenza. E la sopravvivenza è crudele.
Quella di Golding è necessariamente una riflessione pessimista sull'essenza e sul destino del'uomo che riesce forse il risultato più semplice dell'amarezza e del dolore delle due guerre (ricordo che il libro è stato pubblicato nel 1954) e che non lascia spazio ad alcun buonismo o speranza in generale. In realtà, l'utopia in negativo di Golding potrebbe anche essere il risultato della scarsa capacità dell'uomo di immaginarsi in maniera diversa e di provare con la fantasia a prospettare un mondo differente da quello che è sempre stato o magari potrebbe rappresentare la reale radiografia della nostra naturaforse

Il capolavoro di Golding divenne il simbolo di un'intera generazione, quella che nacque tra i locali psichedelici della Londra fine anni '60 (in piena contestazione giovanile), che si ispirava alle esperienze di alterazione di coscienza derivanti dall'uso delle droghe, lo stesso Syd Barret, mitico chitarrista e fondatore dei Pink Floyd (che in seguito lascerà per problemi con l'LSD) si dice abbia preso ispirazione per alcune sue prime canzoni dalla lettura del Signore delle Mosche.

LA GUERRA FREDDA

Alla fine della guerra, le truppe inglesi, francesi e sovietiche occuparono il suolo tedesco, una parte del quale fu ceduto alla Polonia. Le zone di occupazione furono ben delimitate. Fra il 1947 e il 1949 USA, Gran Bretagna e Francia unificarono le rispettive zone, mentre nella sua zona l'URSS dava il via a misure economiche e politiche miranti alla costituzione di una repubblica tedesca comunista. La Germania veniva quindi nel 1949 divisa in due parti ben distinte: ad ovest veniva costituita la Repubblica Federale Tedesca (con capitale Bonn), mentre ad est si formava la Repubblica Democratica Tedesca (con capitale Berlino). L'aspetto che la Germania andava assumendo rispecchiava una situazione più generale: attorno alle due grandi potenze vincitrici si erano formati due blocchi di stati. Ad Occidente, Francia e Gran Bretagna erano economicamente dipendenti dal colosso USA, che inoltre faceva sentire il suo peso su paesi come l'Italia, da esso liberati. Ad Oriente invece,nei paesi liberati dall'Armata Rossa, nascevano i regimi comunisti.

La Francia e l'Inghilterra diedero atto al processo di decolonizzazione, che indebolì il loro ruolo di potenza. Usciti vittoriosi dalla seconda guerra mondiale, Unione Sovietica e Stati Uniti, al contrario, costituivano ormai le due maggiori potenze del mondo. A causa della diversità dei loro sistemi politici ed economici, non potevano però riuscire a trovare un accordo. I governi americani, nella loro visione, consideravano l'Occidente come il "mondo libero". Secondo gli americani, il mondo intero sarebbe diventato "mondo libero" quando i paesi del blocco sovietico fossero stati "liberati" dalla schiavitù comunista.
 Inoltre essi temevano l'espansione del dominio sovietico in Europa e perciò favorirono l'allontanamento dei partiti socialisti, ma soprattutto comunisti, da tutti i governi degli stati dell'Europa occidentale. Il 5 giugno del 1947 gli USA dettero avvio a un vasto piano di assistenza economica ai paesi europei fidati, il cosiddetto Piano Marshall. Questi aiuti, oltre a permettere ai paesi beneficiari il superamento delle gravi difficoltà economiche dovute al tremendo impegno della ricostruzione, consentivano politicamente il rafforzamento dei regimi democratici e per contro l'indebolimento delle aspirazioni irrealizzabili filosofiche o rivoluzionarie dei partiti comunisti occidentali. Nel 1949 gli Stati Uniti stabilirono con alcuni paesi europei, tra cui l'Italia, la Francia e l'Inghilterra, un'alleanza difensiva che prese il nome di NATO (North Atlantic Treaty Organization). Dal canto suo il governo sovietico, temendo l'espansione degli Stati Uniti in Europa, operò affinché in tutta l'Europa orientale si formassero governi comunisti. Tra il '47 ed il '48, dalla Polonia alla Bulgaria, si instaurarono governi di tipo comunista strettamente legati all'URSS di Stalin e i partiti d'opposizione furono sciolti. Questi stati stabilirono con l'Unione Sovietica un'alleanza militare, il Patto di Varsavia. La formazione di questi due blocchi militari, uno dipendente dall'USA e uno dipendente dall'URSS, diedero inizio a quella che viene definita "Guerra Fredda". Il termine "Guerra Fredda" sintetizza in modo efficace la situazione che si presentò negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale. In un pianeta dominato da due potenze, entrambe in lizza per il primato e per l'egemonia mondiale, e radicalmente contrapposte sul piano ideologico, il conflitto sembrava inevitabile. Ma entrambi i contendenti avevano armamenti tali che un nuovo conflitto avrebbe avuto conseguenze deleterie anche per il "vincitore". Si determinò così una situazione di "guerra fredda": Guerra, perché la contrapposizione tra i contendenti sembrava un vero e proprio conflitto, e perché all'interno dei paesi coinvolti andava delineandosi una mobilitazione militare, economica e psicologica "di guerra"; Fredda, perché le armi, che continuavano ad essere prodotte e accumulate, non potevano essere usate. Si può definire come "guerra fredda" tutto l'assetto mondiale dall'immediato dopoguerra fino alla fine degli anni ottanta.

Si può dividere questo lungo periodo in 3 fasi: la prima di "guerra fredda"vera e propria, durata dal 1947 ai primi anni sessanta; la seconda, detta la fase di "distensione", negli anni sessanta e nei primi anni settanta; quindi, dopo il 1973, una nuova fase di tensione internazionale basata però su strumenti in parte nuovi.

Entrambe le potenze disponevano di potentissime armi nucleari e di armamenti sempre più distruttivi e sofisticati, che avrebbero avuto la possibilità di annientare l'intero pianeta, e di arsenali militari, per poter proseguire l'eventuale conflitto dopo il "primo colpo" dato dalla bomba atomica.

Le armi atomiche corrisposero a una funzione di "dissuasione" (minacciare l'avversario in modo da impedirgli qualsiasi mossa aggressiva). Accanto alla "dissuasione" la guerra fredda prevedeva l'uso di strumenti di "persuasione" e di "sovversione". Strumento fondamentale di "persuasione" era naturalmente la diplomazia; con lo sviluppo degli organismi internazionali, i canali diplomatici, negli anni successivi al 1945, conobbero un arricchimento e una crescita di complessità tali da provocare uno spostamento graduale degli equilibri, nel corso dei decenni: da un prevalere dell'influenza americana si passò alla crescita dei paesi decolonizzati spesso disponibili ad accordi con l'URSS. Altro grande strumento di persuasione apparve l'azione propagandistica: l'età della guerra fredda fu anche l'età di un uso spregiudicato, dall'una e dall'altra parte, di mezzi di comunicazione di massa, in primo luogo della radio, per condizionare l'opinione pubblica del paese avversario. Inoltre la "sovversione": ovvero l'uso di strumenti clandestini, fino al terrorismo, per infiltrarsi nell'area dell'avversario, minandone la capacità di controllo. Dalla parte occidentale ne furono esempio le azioni della CIA e dalla parte sovietica, gli interventi del KGB.

Negli anni della guerra fredda USA ed URSS cercarono di estendere le proprie zone di influenza, sostenendo governi a loro favorevoli in diverse parti del mondo. Per questo entrarono più volte in contrasto, sfiorando l'esplosione di una guerra vera e propria.

La prima crisi riguardò Berlino. Controllata in parte dalle potenze occidentali, Berlino si trovava nella Germania comunista. Nel giugno 1948 così i sovietici decisero di bloccare ogni via di accesso alla città. Gli americani allora rifornirono Berlino, che era completamente isolata, con un ponte aereo. I Russi non osarono impedire questi rifornimenti aerei per timore di una nuova guerra, ma la tensione tra i due blocchi si fece altissima.

Nel 1960 nuove speranze a livello internazionale furono destate dall'elezione di John F. Kennedy (poi assassinato a Dallas nel 1963) a presidente degli Stati Uniti: un presidente giovane, che non faceva mistero di voler dare avvio ad una rinascita americana, che avrebbe coinciso con un periodo di pace per tutto il mondo.

A cuba un movimento comunista, guidato da Fidel Castro ed Ernesto che Guevara, abbatté il vecchio regime legato agli americani (1959). Castro si avvicinò all'Unione Sovietica e concesse ai Russi di installare sull'isola dei missili che potevano colpire il territorio statunitense. Nell'ottobre 1962, appena informato dai servizi americani della presenza dei missili, il presidente Kennedy dispose un blocco navale intorno a Cuba e impose all'URSS di ritirare le armi atomiche dall'isola. I Sovietici cedettero e i missili furono smantellati, ma il mondo era stato per alcuni giorni sull'orlo della guerra atomica.

Un altro episodio aveva già portato i rapporti USA-URSS al limite della rottura: la costruzione da parte dei sovietici di un muro nella città di Berlino, così da dividere il settore orientale da quello occidentale. Questa drastica e improvvisa misura (il muro fu costruito quasi tutto nella notte del 12 agosto 1961) mirava a metter fine alle numerose fughe di Tedeschi dal settore russo all'altro.

Sotto la presidenza di Kennedy, gli Stati Uniti intensificarono il loro impegno militare nel Vietnam. Nel 1964, con un nuovo presidente, decisero di dare il via ai bombardamenti sul territorio del Nord Vietnam. Ma la forza militare americana non riuscì a piegare la resistenza vietcong, che poteva contare sull'appoggio dell'Unione Sovietica e della Cina. Le proteste dell'opinione pubblica americana contro quella che era considerata una «sporca guerra» e gli insuccessi militari spinsero gli USA a disimpegnarsi dalla regione nel 1973. L'intero Vietnam cadde così sotto il controllo nordvietnamita. La Cambogia (indocina) fu coinvolta nella guerra del Vietnam, in seguito alle operazioni militari statunitensi, che provocarono la formazione di gruppi di guerriglieri di idee comuniste, i Khmer rossi. Dopo il ritiro statunitense essi si impadronirono del potere ed eliminarono tutti coloro che potevano rivelarsi avversari politici. Milioni di cittadini furono costretti a trasferirsi nelle campagne, a causa del loro piano che prevedeva tutta la popolazione ai lavori agricoli, sotto un controllo spietato, per cui ogni minima disobbedienza era punita con la morte. I trasferimenti forzati, le esecuzioni, la tremenda carestia causata dal fallimento della politica economica del governo, provocarono la morte di almeno due milioni di persone. Solo l'intervento dell'esercito vietnamita (1978) mise fine al governo dei Khmer rossi.

Nell'area del Medio Oriente, la tensione tra Israele e gli stati arabi fu appoggiata da USA e URSS.

Il 14 maggio 1948 venne proclamato lo stato d'Israele, inglobando la maggior parte della Palestina, mentre la striscia di Gaza fu occupata dall'Egitto. Determinante fu l'appoggio degli Stati Uniti e, in misura minore dell'Unione Sovietica, poiché credevano vantaggiosa la creazione di uno stato di cultura occidentale in un mondo arabo che diveniva strategicamente sempre più importante a causa delle immense riserve petrolifere. Gli stati arabi intervennero militarmente, dopo la formazione dello stato, ma la guerra, come la maggior parte di quelle successive, si risolse a favore di Israele che ne uscì controllando un territorio più vasto. Altre guerre si ebbero nel '56, '67, '73 determinate dal desiderio dei profughi di ritornare alle loro case, dalla volontà dei palestinesi di avere un loro stato, dal rifiuto d'Israele ad accogliere le loro richieste, dal rifiuto degli stati arabi di riconoscere Israele. In particolare la guerra del '67 rimane una delle principali poiché Israele si impadronì di territori tolti alla Giordania e all'Egitto. Dopo il '73 si aprì uno spiraglio di speranza grazie agli accordi tra Israele ed Egitto che, con la mediazione americana si conclusero con l'accordo di Camp David nel 1978 -L'Egitto riconosceva lo stato d'Israele, e quest'ultima restituì il Sinai-. Ma lo stato di guerra continuò e palestinesi e israeliani continuarono a morire.

Israele continua comunque ad essere sostenuto dalle numerose comunità ebraiche nel mondo, sia economicamente e che politicamente, dagli Stati Uniti, che hanno sempre visto Israele come una sorta di presenza occidentale nel Medioriente e dall'Unione Sovietica, che all'inizio aveva favorito la nascita d'Israele, in seguito però si schierò con i suoi avversari.

I Palestinesi, fin dagli anni '60, sono organizzati in molte formazioni, che si riuniscono e si confrontano in un'organizzazione, l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) il cui leader è stato fino a poco tempo fa Yasser Arafat. Alcuni gruppi palestinesi, spinti dalla disperazione, scelsero l'adozione di un metodo di lotta terroristico. La strategia terrorista venne adottata apertamente solo da alcune formazioni palestinesi, ma trovò il consenso dei vertici dell'OLP e dello stesso Arafat. I metodi usati andavano, e vanno, dai dirottamenti aerei alla cattura di ostaggi, fino all'assalto di "commando" suicidi contro obiettivi militari e civili.

Nel 1973 si riaccese un nuovo conflitto fra Israele e i paesi arabi. La guerra del Kippur. Essa si concluse con la sconfitta dell'Egitto e dimostrando l'incapacità dei paesi arabi di sconfiggere Israele.

La questione dei Palestinesi che abitano nei territori occupati da Israele è sfociata nella cosiddetta Intifada, una situazione di rivolta permanente, ad opera soprattutto dei giovani, contro gli Israeliani. Solo il 13 settembre 1993 i ministri Peres e Rabin per Israele ed Arafat per l'OLP, hanno firmato a Washington un accordo, alla presenza del presidente americano Bill Clinton, anche se la situazione palestinese, a causa dei gruppi terroristici, sembra non aver mai fine.

Nel corso degli anni Ottanta il blocco comunista entrò progressivamente in una grave crisi. Le proteste e le rivolte interessarono dapprima la Polonia, soprattutto dopo che un polacco, Karol Wojtyla, divenne papa (Giovanni Paolo II, 1978-2005). Ma fu con l'avvento alla guida dell'Unione Sovietica di Michail Gorbaciov che la crisi maturò. Gorbaciov, rendendosi conto degli immensi problemi del suo paese, cercò di riformare il sistema comunista, rendendo meno rigido il controllo sull'economia e concedendo libertà civili e religiose. Egli propose ai Sovietici l'obiettivo della perestrojka (che in italiano significa ristrutturazione): cioè un vasto programma di riforme per combattere la corruzione e le inefficienze e preparare il paese alla democrazia. La politica di Gorbaciov dette fiato a tutte le forze che negli Stati satelliti combattevano il sistema comunista, ormai vicino al collasso. Nel settembre del 1989 in Polonia nacque un governo formato non soltanto da comunisti. Contemporaneamente i comunisti delle Germania Est lasciarono il potere ai riformisti e tra il 9 e il 10 novembre 1989 migliaia di Tedeschi poterono abbattere il Muro di Berlino e riunificate la Germania. Il simbolo della guerra fredda non esisteva più.

Gorbaciov non riusciva ad imporre le sue riforme perché era bloccato dall'opposizione contrapposta dei conservatori e dei progressisti. Nell'agosto del 1991 i conservatori tentarono un colpo di stato e destituirono Gorbaciov. Il colpo di stato fallì perché non ebbe l'appoggio dell'esercito e per la reazione popolare guidata dal radicale Boris Eltsin. Gorbaciov ormai non aveva più nessuna autorità. Nel dicembre 1991 così i presidenti delle repubbliche sovietiche, sciolsero l'Unione Sovietica. Nacque così la Comunità di Stati Indipendenti (CSI) che respingeva i principi del comunismo. Il 25 dicembre 1991 la bandiera rossa che sventolava sul Cremino venne sostituita con l'antica bandiera russa. Era la fine del comunismo in Russia e quindi la fine della "guerra fredda".












L'ARTE COME SCONTRO E PROVOCAZIONE

I GRAFFITI

Nell'etimologia simbolica della parola graffito emergono due significati in contrasto fra loro: quello dell'eternità del disegno che trascende i limiti temporali dell'uomo, e quello della fugacità dell'opera, effimera, caduca, indebolita dalle intemperie del tempo.
Non sono i muri che vengono graffiati con le moderne tecniche pittoriche, ma l'attenzione e i sensi del fruitore dell'opera.

La tecnica del graffito nasce in California, a Los Angeles, dove era pratica diffusa tra i lustrascarpe della città apporre una sigla sul muro della propria zona di lavoro, per evitare l'occupazione dello spazio da parte di altri concorrenti.
Le gang di cultura ispanica cominciarono successivamente a dipingere il loro nome sui muri delimitanti i quartieri di appartenenza, come dimostrazione di potenza e controllo sul territorio nei confronti di gang rivali, dando l'avvio ad un'usanza che ben presto si diffuse a macchia d'olio nel resto d'America fino a New York: lì per la prima volta un giovane writer firmò la sua opera grafica con il proprio nome, senza associarlo a quello della gang di appartenenza, dimostrando così la propria autonomia in questa attività che fino ad allora era stata ritenuta al limite del vandalismo e conferendole le caratteristiche di volontario ed individuale prodotto artistico, non più di semplice sigla identificativa.


I writers tracciano la propria firma sui muri (ma anche sulle fiancate delle carrozze del treno o del metro) dapprima in opere monocrome, poi con l'uso di tre colori spray fino a giungere all'utilizzo di più colori, perfezionando la grafica, disegnando le lettere del proprio nome o del gruppo di appartenenza con effetto tridimensionale, aggiungendo l'effetto sfondo, fino a raggiungere forme espressive complesse, in molteplici stili, talvolta di particolare accuratezza esecutiva. Scrivono espressioni gergali o piccole frasi provocatorie di primo acchito incomprensibili.

Caratteristica fondamentale del graffitismo é stata quella di produrre un'arte fuori dagli schemi e realmente rivoluzionaria, con la peculiarità di essere un'arte non vendibile (essendo realizzata su supporti quali i vagoni ferroviari o le pareti urbane) e quindi anomala, sottratta al diffuso strapotere delle leggi del mercato, tipiche di un sistema economico che a suo piacimento crea, celebra e distrugge singoli artisti e correnti.


In secondo luogo, un'altra caratteristica peculiare è quella di aver instaurato un dialogo diretto tra l'artista ed il pubblico, coinvolto anche suo malgrado, in manifestazioni visive di creatività spontanea, al di fuori degli ambienti canonici di musei o gallerie ed escludendo i normali canali di diffusione dell'arte, critici, mercanti collezionisti, anche se, in molti casi, il sistema dell'arte, con le sue lusinghe economiche, ha finito per assorbire il significato di questo rito metropolitano, privilegiando gli esiti e le espressioni individuali di alcuni artisti, trascinandoli nelle gallerie e nei musei e in qualche modo decretando la conclusione della parabola artistica del fenomeno, o per lo meno, compromettendola irrimediabilmente.


Infatti l'imprevisto successo ha sconvolto la natura stessa del graffitismo, nato in clandestinità come spontanea e implicita protesta contro il sistema sociale ed economico, e ha travolto i protagonisti della prima ora, ragazzi dei ghetti impreparati all'impatto con la competizione artistica, patentemente inadatti alle inaugurazioni di mostre "à la page" cui prendono parte intellettuali e stelle dello spettacolo. La logica del profitto generò rivalità e individualismi che divorarono la prima generazione di graffitisti, destinata ad autodistruggersi e ad essere rapidamente dimenticata.


KEIT HARING : Il bambino raggiante

Attorno al 1978 emerge una seconda generazione di artisti del graffito, meno selvaggia ma più consapevole, in grado di integrarsi nell'articolato sistema dell'arte newyorchese.
Gli spazi più importanti nei quali questo gruppo matura, fino a dar vita, nel 1980, all'epocale mostra Times Square Show, sono Fashion Moda e CoLab, a Manhattan. In questi spazi artisti di ogni genere, anonimi membri delle gang metropolitane si trovano ad esporre accanto a maestri di fama internazionale i quali, più o meno episodicamente, intendono sperimentare le forme espressive del graffito. 

Tra questi spicca la presenza di alcune opere di Keith Haring, giovane artista da poco giunto a New York ma destinato a diventare in breve tempo il più celebre tra tutti gli autori riconducibili alla graffiti art: il mercato dell'arte e gran parte della critica gli affidano quasi immediatamente il ruolo di icona della street art e, ancora oggi, il pubblico internazionale lo venera come il campione assoluto del graffitismo.


La rapidità con la quale avviene una simile investitura e la celerità con la quale la luminosa figura di Haring mette in ombra gran parte degli altri graffitisti (con la sola eccezione di Basquiat) sono stupefacenti.

La nascita in provincia, l'appartenenza etnica, l'estrazione sociale e la formazione artistica, maturata in contesti scolastici e accademici particolarmente evoluti, pongono Haring in posizione palesemente eccentrica rispetto all'anima più originale del graffitismo. Mancano in lui le esperienze della povertà e della discriminazione razziale, la dimensione comunitaria delle gang dei ghetti, la rabbia profonda e l'ingenuità artistica comuni a quasi tutti gli altri esponenti del movimento.

A differenziare nettamente Haring dagli altri artisti del graffito non è solamente la vicenda biografica; ben più significativo è il fatto che la natura più profonda e le modalità di sviluppo della sua pittura denotano elementi di sostanziale alterità rispetto a quanto accade per il resto degli esponenti della graffiti art. La produzione di Haring, infatti, nasce in studio, non ai bordi delle strade: per anni il suo repertorio non si manifesta su muri, vagoni ed elementi di arredo urbano, ma si concretizza esclusivamente su carta. Anche le prime esperienze maturate dall'artista nell'ambito della pittura all'aperto e in spazi pubblici si sviluppano sulla base della sua predilezione per la carta. Il suo obiettivo iniziale, infatti, è rappresentato dai cartelloni della pubblicità ubicati nelle stazioni della metropolitana di New York. Haring approfitta del fatto che, allo scadere delle concessioni pubbliche, i manifesti vengono coperti con fogli neri dall'amministrazione comunale: tra una concessione e l'altra essi si offrono così come gigantesche lavagne, sulle quali egli sceglie di disegnare usando gessetti bianchi.

Buona parte delle sue opere vengono create in loco, sui muri dei vicoli ciechi di New York, sui manifesti, nel cuore della vita cittadina, in mezzo al suo frastuono, e tutto questo non fa che e saltare il mito di Haring che, pur essendo di carattere un solitario, riesce a sviluppare un linguaggio visivo fatto d'immagini semplici, quasi infantili, ma espressivo e comprensibile non solo dal singolo individuo ma anche da vari strati di popolazione.

A simboli intuitivamente riconducibili ad oggetti ed eventi della vita reale e virtuale Haring affianca segni elaborati che inducono l'osservatore ad un processo d'identificazione con l'immagine: la televisione, il computer, il cane, l'essere umano, la morte, la gioia, la paura, il sesso, la fede, sono solo alcuni dei vocaboli che Haring utilizza nel suo universo linguistico pulsante in cui un uomo, adulto o bambino, lotta per la sopravvivenza. I suoi personaggi sono sagome bidimensionali e dai colori squillanti.

Tra questi simboli, alla fine, compare anche il trademark di Haring: The Radiant Child come lo definisce il poeta Renè Ricard, 'il bambino raggiante' così detto perché sembra emanare dal proprio corpo dei raggi ( i tratti dipinti in nero), forse allusione al tema scottante e attuale della radioattività.

L'impegno sociale di Haring e le sue preoccupazioni circa il destino della società crescono in modo significativo dopo il 1985: a partire da tale data le sue opere parlano sempre più spesso di violenza, dolore e alienazione. Parallelamente, il suo segno si fa più aggressivo e aggrovigliato. L'evoluzione in senso drammatico dell'arte e della visione del mondo di Haring è legata soprattutto al terrore del pittore per la diffusione dell'AIDS, malattia che in questo periodo colpisce un gran numero di suoi amici.  

Nel 1988 a Haring viene diagosticato l'AIDS; nel medesimo anno muore per overdose l'amico graffitista Jean-Michel Basquiat. L'angoscia che, in seguito a questi eventi, si impadronisce dell'artista si trasmette in modo immediato alla sua opera. L'iconografia si drammatizza e si riempie di draghi che divorano croci, di scheletri e serpenti, di cadaveri e mostri meccanici disegnati con tratto ansioso, quasi criptico; in ogni dipinto si può leggere il tormento della battaglia vana e disperata combattuta contro il progredire del male.
Keith Haring muore a New York nel febbraio 1990.






ZAZIE DANS LE METRO

RAYMOND QUENEAU : un linguiste révolutionnaire


Raymond Queneau nasce il 21 febbraio 1903 a Havre, dove i suoi genitori hanno una merceria. Rimarrà figlio unico. Il ragazzo riceve un'educazione cattolica,ma perde rapidamente la fede. Dall'età di otto anni si interessa alle lingue antiche e nel 1915 comincia a imparare il greco. In questo stesso anno inizia a scrivere romanzi, pezzi teatrali e poemi. Nel 1916 scopre l'arabo,l'ebreo e l'ittita, ma frequenta ugualmente i cinema della città ed ha una particolare passione per i film di Chaplin. Si interessa alle scienze naturali e alla chimica. Nel 1917 scopre la matematica, che coltiverà per tutta la sua vita. Nel 1918 distrugge i suoi già numerosi manoscritti. Si diploma nel 1920 e si iscrive all'università della Sorbona in filosofia. Alla fine di quello stesso anno, per permettere al giovane Raymond di studiare, la famiglia si trasferisce alla periferia di Parigi,luogo che influenzerà molti dei suoi libri. Si appassiona,nel 1921, alle opere di Marcel Proust e René Guénon. A partire dal 1924 frequenta André Breton e i suoi amici e partecipa attivamente alle attività del gruppo surrealista. I suoi rapporti con i surrealisti saranno oggetto della sua opera, Odile, che uscirà nel 1937.

Odile

Odile narra fatti della metà degli anni venti: Marocco, Parigi, Grecia; la guerra del Rif, le premonizioni del futuro Fronte Popolare, le avanguardie dell'epoca (con al centro la figura carismatica di An-glarès = Andre Breton, amata e ironizzata insieme), la straordinaria Parigi dei caffè, degli alberghetti sgangherati, dei poliziotti, dei macrò e delle prostitute, delle piccole sette intellettuali e politiche, delle sedute mediani-co-proletarie con evocazioni in chiave stalinista dello spirito di Lenin Chi vive e osserva tutto questo è Roland Travy, giovane matematico, disgustato delle proprie origini borghesi e attratto dal surrealismo e dal bolscevismo. Queneau ne racconta le peripezie con distacco ironico che si scioglie solo di fronte al personaggio di Odile, il cui saldo profilo morale (non moralistico: la borghese Odile è anche occasionalmente prostituta) si contrappone al velleitarismo e al vacuo vitalismo - intrecciato di opportunismi e viltà piccolo-borghesi ~ di tutti gli altri. Odile, concreta, vera, pienamente donna, è anche delineata in opposizione alla Nadja di Breton, che era invece la riproposta romantica e irrazionalistica del mito della femminilità. Questa figura di donna, secondaria nella narrazione, ma suo vero perno, si rivela il punto d'arrivo della ricerca di autenticità per il giovane autore.


Dal 1925 al 1927, Raymond assolve all'obbligo di leva in Algeria, e partecipa alla guerra del Rif in Marocco. Riceve in questo periodo un certificato di lingua inglese per corrispondenza. La sua conoscenza dell'inglese lo fa accedere alla letteratura anglosassone, della quale tradurrà numerose opere. Nel 1927, tornato alla vita civile, si stabilisce a Parigi, e qui frequenta il gruppo "de la Rue du Chateau", dove fa la conoscenza di Prévert, del pittore Yves Tanguy e di Marcel Duhamel. Nel luglio del 1928 sposa Janine Kahn, la cui sorella, Simone, è la moglie di André Breton. Nel 1929 litiga con Breton ed è allora che scopre l'Ulysse di Joyce.



Nel 1930 Queneau lavora su "Fous Littèraires". Dalle sue ricerche nascerà l'Encyclopèdie des sciences inexactes, alcuni frammenti della quale saranno inclusi nell'opera Les Enfants du limon. Stringe l'amicizia con George Bataille. Nel 1932 intraprende un percorso di psicoanalisi che andrà avanti per dieci anni. Nello stesso anno, durante un viaggio in Grecia,scriverà il suo primo romanzo, Le chiendent, che verrà pubblicato da Gallimard nel 1933. Nel 1934 nasce il suo primo figlio, Jean-Marie, che diventerà pittore e pubblicherà Gueule de pierre, che farà parte di un trittico sulla città natale, che comprende anche Les temps mêlés(1941) e Saint Glinglin(1948). Nel 1936,anno in cui viene pubblicato il libro Les Derniers Jours, Queneau si trasferisce a Neuilly, dove rimane per il resto della sua vita. Nel 1937 pubblica il romanzo in versi Chêne en Chien, e Raymond deve affrontare la dolorosa scomparsa della madre. Nel 1939 esce Un rude Hiver, un romanzo ambientato durante la guerra del 1914. Diventa segretario generale delle edizioni Gallimard nel 1941, e l'anno successivo vede la luce il romanzo Pierrot mon ami. La prima raccolta di poesie di Raymond Queneau esce nel 1943 con il titolo Les Ziaux. L'anno successivo esce la sua prima pièce di teatro,En Passant.


Nel 1947 esce la prima edizione di Exercices de style, novantanove variazioni su un piccolo racconto.

Exercices de style

La trama del fatto è semplice e banale: verso mezzogiorno, su un autobus, un uomo si lamenta con chi lo spinge di continuo e, appena trovato un posto libero, lo occupa. Il narratore, due ore dopo, lo rivede da un'altra parte con un amico, che gli dice di far mettere un bottone sulla sciancratura del soprabito.Più che la trama sono le novantanove varianti stilistiche ad interessare il lettore: ci sono quelle puramente enigmistiche (anagrammi, apocopi, aferesi, permutazioni delle lettere, lipogrammi), quelle retoriche (litoti, metafore, apostrofe, ), quelle con i linguaggi settoriali (geometrico, gastronomico, , botanico, ), quelle con i gerghi e le lingue maccheroniche (con anglicismi, francesismi, volgare, ingiurioso) e le varianti di tipi testuali (testo teatrale, tema scolastico, interrogatorio, poesiatanka, sonetto, telegrafico).


Sotto lo pseudonimo di Sally Mara pubblica On est toujours trop bon avec les femmes. Nel 1948 diventa membro della Société Mathématique de France, e pubblica l'Instant Fatal. Nel 1950 pubblica la Petite cosmogonie portative; nello stesso anno esce Batons,chiffres et lettres, una raccolta sulla lingua francese e sulle tecniche del romanzo. Nell'anno successivo viene eletto all'accademia Goncourt. Nel 1951 nasce Le Dimanche de la vie e Si tu t'imagines. Accetta nel 1954 la direzione de l'"Encyclopédie de la Pléiade" e diventa membro della giuria del premio Alphonse Allais. Scrive di dialoghi del film di René Clément,Monsieur Ripois, e del film Mort en ce jardin, di Luis Buñuel, entrambi del 1955. Il 1959 è l'anno di Zazie dans le Métro, che ottiene un grande successo nelle librerie, e dal quale,nel 1960, Louis Malle trae un film. Nel 1961 appaiono i Cent mille milliards de poèmes. Nel 1963 Queneau diventa membro della American Mathematical Society. Sua moglie Janine muore nel 1972 e lui ne è duramente colpito. Nel 1975 pubblica Morale élémentaire. Muore a Parigi il 25 ottobre del 1976.






L'ISOLA DI ARTURO

ELSA MORANTE: La necessità di appartarsi

Dalla cronologia di Cesare Garboli

(pubblicata in appendice a Menzogna e sortilegio, Einaudi 1994)


Elsa Morante nasce a Roma il 18 agosto 1912; è figlia di Irma Poggibonsi - moglie di Augusto Morante - e Francesco Lo Monaco. La madre, ebrea originaria di Modena, è maestra alle scuole elementari; il padre anagrafico è istitutore al riformatorio romano «Aristide Gabelli». Ad alcuni mesi dalla sua nascita, la famiglia Morante si trasferisce nel quartiere Testaccio. Elsa non frequenta le scuole elementari, e per qualche tempo viene ospitata in una villa del quartiere Nomentano dalla madrina, donna Maria Guerrieri Gonzaga: «ero una bambina anemica; la mia faccia, fra i riccioli color 'ala di corvo', era pallida come quella di una bambola lavata, e i miei occhi celesti erano cerchiati di nero. Venne un giorno una lontana parente, che aveva per sua sorte favolosa sposato un conte ricchissimo. Ella mi guardò con pietà e disse: 'La porto a vivere con me, nel mio giardino'».

I quaderni risalenti a questo periodo già contengono, tra i disegni, storie, poesie e dialoghi.


La famiglia Morante si trasferisce nel quartiere Monteverde Nuovo, dove EIsa si iscrive dapprima al ginnasio, poi al liceo. Verso i diciotto anni, dopo aver conseguito il diploma, lascia la famiglia e va a vivere per conto proprio. Per la mancanza di mezzi economici abbandona l'università (facoltà di lettere) a cui si era iscritta e si mantiene dando lezioni private di italiano e latino, aiutando gli studenti a compilare tesi di laurea e pubblicando poesie e racconti su riviste.


Inizia a collaborare al «Corriere dei piccoli» e a «I diritti della scuola» sul quale dal 1935 esce a puntate il romanzo Qualcuno bussa alla porta. Comincia la collaborazione al «Meridiano di Roma» con i racconti L'uomo dagli occhiali, Il gioco segreto, La nonna e Via dell'angelo poi raccolti nei volumi Il gioco segreto e Lo scialle andaluso. Nel 1936 conosce Alberto Moravia con il quale inizia di lì a un anno una relazione.





Il 14 aprile 1941, Elsa sposa Alberto. Ha inizio nel frattempo la stesura del romanzo Menzogna e sortilegio originariamente intitolato Vita di mia nonna; in esso la saga di una famiglia del Sud italiano è raccontata e ricostruita da un membro dell'ultima generazione, Elisa, che ha scelto di confinarsi nella propria stanza. Essendo Moravia accusato di attività antifasciste, la coppia si sposta verso Sud, stabilendosi a Fondi, un paese di montagna della Ciociaria, in attesa della liberazione.

Nel 1947, tramite Natalia Ginzburg, manda Menzogna e sortilegio in lettura all'Einaudi che lo pubblicherà l'anno successivo.


Menzogna e sortilegio

La vicenda è quella della decadenza di una famiglia gentilizia del sud, attraverso la ricostruzione allucinata che ne fa una giovane donna sempre rinchiusa nella sua stanza. Il romanzo precisa la poetica favolosa e magica di Morante nei termini di angosciosa separazione dalla realtà. L'autrice narra in prima persona la storia della propria famiglia. La storia ha inizio con il matrimonio di Cesira, nonna di Elisa (la narratrice), con Teodoro Massia discendente di una ricca casata aristocratica presso cui Cesira lavorava come istitutrice. Dalle nozze nasce Anna, che trascorre la propria fanciullezza coltivando il mito del bel cugino Edoardo, tenebroso capriccioso e irascibile figlio di Concetta, la più ricca sorella di Teodoro. Il loro primo fortuito incontro fa nascere nella ragazza un ambiguo sentimento che appare ben presto ricambiato. Anna e Edoardo vivono un singolare rapporto di 'cuginanza', dietro cui si nascondono profondi affetti, che il giovane sembra voler ripetutamente rimuovere. Durante gli studi Edoardo conosce Francesco Di Salvo, figlio di contadini che si fa passare per aristocratico, con cui si lega in stretta amicizia. Francesco ha come amante la bella Rosaria, esuberante e sempre in bilico tra vitalità e volgarità, al cui fascino Edoardo cede. Molte le peripezie, durante le quali le due coppie soffrono di gelosie, inganni, risentimenti. Francesco sposa Anna e mette al mondo Elisa. Edoardo è colpito con sempre maggiore frequenza dalla malattia che lo accompagna dalla giovinezza: chiuso nel suo mondo di paure fantasmi e tenebrosi presentimenti, va verso la morte. Rosaria fa una vita di orgogliosa solitudine. A distanza di anni, stringe amicizia con Elisa, e diventa per lei una specie di maestra di vita. Francesco muore in un incidente sul lavoro. Anna è consumata dalla malattia, mentre insegue misteriose lettere un tempo scambiate con l'amato cugino. Elisa, con accanto la forte presenza di Rosaria, affronta la vita.

Nella primavera del 1952 comincia la stesura di L'isola di Arturo, pubblicato da Einaudi nel 1957, con il quale vincerà il Premio Strega. La storia della difficile maturazione di un ragazzo che vive quasi segregato nel paesaggio immobile dell'isola di Procida, accanto all'imponente presenza del penitenziario.


Nel settembre del 1959 parte per New York e Washington dove si trattiene fino alla fine di ottobre. Durante il viaggio incontra Bill Morrow, un giovane pittore newyorkese con il quale instaura un'intensa amicizia. Qualche tempo dopo Morrow lascia gli Stati Uniti per trasferirsi a Roma.


Nel 1962, presentato da Moravia, Bill Morrow inaugura una mostra personale alla galleria 'La nuova pesa' di Roma. Nell'aprile dello stesso anno, tuttavia, dopo aver fatto ritorno a New York, Bill Morrow perde tragicamente la vita precipitando nel vuoto da un grattacielo.



Compone i poemi e le canzoni che andranno a formare Il mondo salvato dai ragazzini, edito da Einaudi nel 1968. Una raccolta di poemi e canzoni diretta «all'unico pubblico che oramai sia forse capace di ascoltare la parola dei poeti», i ragazzi, ingenui custodi dell'unica felicità possibile, quella dell'innocenza astorica e barbara.

Il mondo salvato dai ragazzini (1968

Articolato in testi dalla forma prevalentemente poematica, con strutture strofiche che ricordano gli esperimenti della neoavanguardia di quegli anni, accosta organismi letterari di segno diverso, dal dramma alla satira, dal 'manifesto' al documento ideologico. Elemento unificante è una specie di tensione vitalistica che libera i fantasmi della sofferenza claustrale nel credo quasi giocoso dell'anarchismo e del pauperismo, nella fiducia accordata ai «ragazzetti celesti», ingenui portatori dell'unica possibile felicità, quella dell'innocenza astorica e divinamente barbarica.


Tra la fine del 1970 e l'inizio del 1971 Elsa comincia a formulare l'idea de La Storia, un'«Iliade dei giorni nostri», nata in seguito alla lettura dei greci ritrovati tra le pagine dei quaderni di Simone Weil. La stesura del romanzo la impegnerà fino al 1973. Uscito nel 1974, incontrando un immenso successo popolare ma anche la violenta opposizione dell'establishment, il libro racconta l'odissea bellica dell'Italia e del mondo, opponendo alla Storia l'umile microcosmo di una famiglia romana, composta da una donna insicura, un ragazzo, un bambino e un paio di cani.

La storia

Racconta l'odissea bellica dell'Italia e del mondo nel periodo 1941-1947, riflessa nell'umile microcosmo di una famigliola romana, composta da una donna spaurita e immatura, da un ragazzotto, da un bambino e da un paio di cani. Siamo nella Roma devastata dalla guerra e poi avviata in una incerta ricostruzione. Un soldato tedesco smarritosi nel quartiere di San-Lorenzo, incontra Ida Ramundo, una maestra elementare vedova che vive con il figlio Nino. In un fuggevole rapporto, viene concepito Giuseppe, che porterà una nota di allegria nella misera vita della donna e del primo figlio. Sotto i bombardamenti Nino fa le sue prime esperienze di ardimentoso giovanetto, e Giuseppe apre gli occhi su un mondo singolare. La loro casa è distrutta dalle bombe. Si trasferiscono a Pietralata, in un grande rifugio per i senza tetto. Nino esaltato da discorsi e desideroso di abbandonare la sua povera esistenza, si arruola nelle camice nere. Passano mesi senza dare notizie. Torna improvvisamente, partigiano, assieme a Carlo Vivaldi «anarchico non violento» che in seguito si rivelerà essere l'ebreo David Serge. Il dopoguerra è difficile. Carlo va al nord per un breve lavoro in fabbrica. Nino rifiuta il ritorno alla normalità e ritiene di dover continuare la lotta armata contro il nuovo ordine: muore in un conflitto a fuoco. La disperazione di Ida si placa solo davanti al vitalismo di Useppe (= Giuseppe). Intanto David torna a Roma, vive in una baracca, forse malato. E' divenuto grande amico del bambino. Un giorno viene trovato morto nella sua povera casa, ucciso dalla droga. Useppe è minato dall'epilessia: Ida lo assiste impotente. Alla crisi fatale, Ida impazzisce, rimanendo a vigilare immobile, il corpo del figlio. Accusato di ripristinare anacronisticamente messaggi poetico-consolatori, il romanzo esplicita uno 'scandaloso' rifiuto della storia, opponendo problematicamente il mondo 'fanciullo' e 'povero' al mondo fittizio, generatore di morte e di scempi.


Nel 1982 viene pubblicato  Aracoeli. Presto però la salute di Elsa subisce un peggioramento impedendole di camminare: trascorre le proprie giornate a letto e nell'aprile del 1983 tenta il suicidio aprendo i rubinetti del gas. Viene trovata priva di sensi dalla domestica e trasportata in ospedale dove, diagnosticatale una idroencefalia, è sottoposta a un intervento chirurgico. Le cure non danno tuttavia i risultati sperati ed Elsa non lascerà più la clinica. Il 25 novembre 1985, verso mezzogiorno, Elsa Morante muore d'infarto.


WILLIAM GOLDING: l'uomo produce il male come le api producono il miele

William Golding nacque a St. Colomb Minor, in Cornovaglia il 19 Settembre 1911, frequentò le scuole a Marlborough dove suo padre era insegnante di scienze, proseguì gli studi a Oxford (Brasenose College), dove studiò dapprima scienze naturali, seguendo più le aspirazioni paterne che le proprie e, dopo due anni, passò allo studio della letteratura e della filosofia. Nell'autunno del 1934 Golding pubblicò la sua prima raccolta di poesie dal titolo 'Poems'.

Maestro elementare di simpatie steineriane, condusse una vita piuttosto sregolata fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, che combatté in qualità di ufficiale della Marina britannica dove prese parte al supporto navale durante lo sbarco in Normandia e all'invasione di Walcheren.
La partecipazione alla guerra influenzò tutta la sua produzione pervadendola di una visione tragica della realtà umana e dalla convinzione che il male trionfi sempre sul bene e sull'innocenza:William Golding, amò riconoscersi e riassumersi in questa frase: 'L'uomo produce il male come le api producono il miele'.
Nel 1952 cominciò a scrivere un romanzo intitolato 'Strangers from Within' che spedì a diversi editori ottenendo solo risposte negative, ma finalmente, due anni dopo, il romanzo venne pubblicato con il titolo 'Lord of the flies' (Il signore delle mosche) ottenendo un grande successo che fu amplificato dall'edizione economica pubblicata negli Stati Uniti nel 1959, che divenne un vero e proprio oggetto di culto soprattutto tra i giovani della Beat Generation.
Dopo 'Il Signore delle Mosche' che gli consentì di abbandonare il lavoro e di ritirarsi a vivere ed a lavorare in campagna, Golding scrisse numerosi romanzi, fra cui 'Gli eredi' (The inheritors, 1955), 'Le due morti di Christopher Martin' (The two deaths of Christopher Martin, 1956), 'Caduta libera' (Free fall, 1959), 'La piramide' (The pyramid, 1967). 'Oscuro visibile' (1979), e la trilogia costituita da 'Riti di passaggio'(1980), 'Calma di vento' (1987), 'Fuoco sotto coperta' (1989) e il dramma teatrale 'Farfalla d'ottone' (1958).

I romanzi di William Golding sono favole morali i cui protagonisti, in situazioni di estremo isolamento fisico o spirituale, si trovano faccia a faccia con i propri istinti più oscuri, con le leggi primordiali dell'esistenza e della convivenza. Il minuzioso esame dei comportamenti di personaggi spogli delle convenzioni della civiltà diventa un conflitto, quasi mitico, tra potenze del bene e del male. Esso fa affiorare, violenta e torbida, l'inquietudine metafisica.
Nel 1983 ottenne il premio Nobel per la letteratura, nel 1988 fu nominato baronetto. Nel dicembre del 1992 gli venne asportato un melanoma maligno sul volto, la mattina del 19 giugno 1993, morì, sempre in Cornovaglia, a Falmouth ,a causa di un attacco cardiaco.















BIBLIOGRAFIA

Zazie dans le métro - Raymond Queneau, Folioplus classiques

Lord of the flies - William Golding , Penguin classics

L'isola di Arturo - Elsa Morante - Einaudi

L'adolescenza come disturbo evolutivo. In Opere 1945-1964- Anna Freud, Boringhieri

Ideogrammi per il tempo presente. Haring - Art e Dossier  n. 162 (dicembre 2000)- Giunti

Morante -  Luigi De Bellis https://digilander.libero.it/letteratura/Novecento/morante.htm

e   https://xoomer.alice.it/brdeb/opere/morante02.htm





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