La
rivoluzione psicoanalitica: il crollo dell'unità dell'Io
Abbiamo già detto che l'impatto di Freud sul contesto
culturale degli anni Venti fu incredibile, al punto di poter essere considerato
una vera e propria "rivoluzione". Molto spesso, però, si erra nel comprendere cosa Freud abbia rivoluzionato: è
infatti comune credere che egli abbia del tutto negato la razionalità della
psiche umana, affermandone al contrario l'indipendenza da ogni e qualsiasi
principio logico. In realtà, questo errore risulta anche piuttosto grossolano,
dal momento che lo stesso medico austriaco si propone di studiare proprio con
mezzi razionali anche i lati più oscuri della psiche. Semmai, è possibile
affermare che Freud noti come non tutta la psiche umana obbedisca alle leggi
che regolano la sfera conscia, e che piuttosto esistano funzioni che seguono
tutt'altra logica; ma il loro funzionamento è comunque improntato ad una certa
logica, per quanto essa sia diversa da quella conscia, e pertanto alla ragione
è possibile indagare questi sistemi "nascosti" attraverso questa logica. Ecco
dunque la vera rivoluzione operata da Freud, ovvero quella di rifiutare una
concezione ormai millenaria che vedeva l'Io umano come un principio
assolutamente unitario, che obbedisse in
toto alle leggi che regolano il funzionamento della sua parte cosciente. Un
simile sconvolgimento è chiaramente evidente nella formazione delle cosiddette
"topiche", in cui viene analizzata la struttura dei sistemi che compongono
l'unità complessa della psiche; questi sistemi sono mostrati come se fossero
dei veri e propri luoghi psichici- ed ecco dunque spiegato il nome "topica".
La prima topica divide l'Io in tre ambiti, a seconda del
grado di coscienza con cui sono elaborati i pensieri in ciascuno di essi: si ha
dunque il Conscio, quindi la sfera preconscia, in cui esistono ricordi che sono
momentaneamente inconsci ma che con un adeguato lavoro possono emergere e farsi
consci, e l'Inconscio vero e proprio, in cui si trovano come "affastellati" gli
episodi della vita del soggetto che hanno subito un processo di rimozione per
il proprio carattere sconvolgente. Generalmente, il preconscio è costituito da
manifestazioni simboliche del materiale inconscio, che così riesce a
riemergere, ma in modo non eccessivamente perturbante per l'equilibrio psichico
del soggetto. Dal 1920 in
poi, e quindi proprio nel periodo di cui ci stiamo occupando, Freud elabora la
seconda topica, in cui vengono individuate tre istanze psichiche, ognuna delle
quali con proprie specifiche caratteristiche: l'Es, la forza pulsionale che
risponde unicamente al principio di piacere; il SuperEgo, che consiste di tutte
le imposizioni morali derivanti dal mondo esterno, e l'Ego, entità chiamata a
mediare tra queste due posizioni contrapposte. Proprio dall'attività mediativa
dell'Ego e dai suoi insuccessi possono nascere i sintomi nevrotici e gli
scompensi della personalità.
Un altro aspetto sconvolgente per i contemporanei di Freud fu
la teorizzazione della sessualità infantile. Il passaggio, infatti, del bambino
da individuo assolutamente puro e slegato da qualsiasi pulsione sessuale ad
"essere perverso polimorfo" fu scioccante per gran parte dell'opinione pubblica
del tempo, ed attirò al medico austriaco non poche critiche. Forse l'aspetto
più conosciuto di questa teoria è il cosiddetto "complesso di Edipo", ovvero un
sentimento d'amore che il bambino prova durante la cosiddetta "fase fallica"
verso la madre, e che lo porta ad odiare il padre ed a cercare un confronto con
esso. È questo il periodo in cui si manifesta il "fantasma di castrazione", in
cui il bambino ha sogni ricorrenti di essere inseguito da una figura maschile
(rappresentante il padre) che brandisce armi allungate, a simboleggiare il
pene. Tendenzialmente, comunque, questa fase della vita del bambino si conclude
con l'accettazione da parte del bambino dell'impossibilità di possedere la
madre, e quindi con il riconoscimento dell'autorità del padre; si verifica quindi
una certa identificazione del bambino proprio nella figura paterna. Freud fece
riferimento per denominare questo complesso all'Edipo della tragedia greca; ma,
come vedremo nel capitolo seguente, non tutti i filologi sono stati d'accordo
con questa denominazione.