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Sommario
La natura morta
Osserviamo l'opera di. Paul Cézanne
Guardare disegnando
Analisi della forma
La linea di contorno
La semplificazione della forma
La struttura della forma
Le proporzioni (la griglia di riferimento, rapporti e direzioni)
Gli spazi negativi
Il volume
Rappresentare ed interpretare
La visione d'insieme
La forma
La linea e la superficie
Il colore
Il volume
Le proporzioni
Scomporre e ricomporre
Angolature e dettagli
La natura morta in Europa tra Cinquecento e Seicento
Natura morta di Juan Sanchez Cotàn
Natura morta di Fede Galizia
Natura morta di Caravaggio
Natura morta di Giovan Battista Ruoppolo
Natura morta di Jan Brueghel
Natura morta di Pieter Claesz
Natura morta di Panfilo Nuvolone
Natura morta di Evaristo Baschenis
Natura morta di Mario Nuzzi
Natura morta di Giovan Battista Recco
Il Settecento e l'Ottocento
Il Novecento
La natura morta è la rappresentazione pittorica di oggetti inanimati, in genere fiori, frutta, ortaggi, strumenti musicali ed altre curiosità botaniche e zoologiche. In Italia, la nascita della natura morta come genere a se stante si ebbe intorno al 1600, favorita in parte dalla rivoluzione culturale laica, ed in parte dalle nuove condizioni di gusto dettate dal naturalismo: nuovo orientamento artistico che ebbe la massima espressione nella pittura di Caravaggio e dalla sua folta schiera di seguaci. Il primo artista a dare dignità di opera compiuta a un soggetto inanimato fu proprio Caravaggio, con la sua "Canestra di frutta" (figura in basso) commissionatagli dal cardinale Federico Borromeo per la propria collezione. In questo quadro notiamo una resa naturalistica dei particolari, con un'attenzione speciale al Realismo e alla veridicità nella riproduzione, al punto che dipinge anche le foglie rinsecchite e la mela bacata, così come le gocce di rugiada sulla frutta e sulle foglie. Eppure, nella realtà, capiterà raramente di vedere un cesto di frutta così sapientemente composto. La frutta è disposta nel canestro secondo la figura geometrica di un triangolo isoscele. Il colore dei frutti è steso per raggiungere un effetto cromatico equilibrato. Si staccano dallo schema triangolare della frutta le loro foglie, che spiccano in controluce sullo sfondo: Caravaggio trasforma immagini reali in un insieme di figure naturali ideali. I pittori fiamminghi, sviluppano e ampliano la natura morta nei temi: jan Bruegel il Vecchio (1568-1625), per esempio, si specializzò in mazzi di fiori multicolori, tra cui spiccano minuscoli insetti, conchiglie, monete e gioielli; sono piccoli inserti che conducono l'osservatore a riflettere sulla parvenza della realtà e sull'esistenza di un livello più profondo, non sempre visibile a un primo sguardo. Il tema dell'illusione dell'apparenza sottintende un particolare tipo di natura morta definita "vanitas", che si diffonde nel XVI secolo. L'espressione "Natura Morta", fu introdotta in Italia soltanto allo scadere del 1800, per tradurre dall'olandese: "Still Leven" (natura immobile), termine che già nel 1650 indicava la rappresentazione pittorica di soggetti inanimati.
Osserviamo l'opera di.Paul Cézanne
L'opera "Natura morta con cipolle, bottiglia, bicchiere e piatto" (fig. 1) è di Paul Cézanne; il primo aspetto che ci colpisce visivamente è la scelta dei colori: l'artista con il verde dello sfondo e il bianco del panneggio esalta il tono caldo e vivo delle cipolle; con il colore scuro evidenzia bene la forma della bottiglia. Possiamo dividere il quadro con tre linee verticali suggerite dalla caduta del panneggio, dal piatto con le cipolle e dall'asse mediano della bottiglia. Un'altra divisione è costituita dalla linea orizzontale che attraversa a metà l'immagine: sotto, appoggiati sul tavolo in modo apparentemente disordinato, troviamo la maggior parte degli oggetti; sopra spicca solo la bottiglia. Si possono evidenziare anche due importanti linee oblique: la prima si ottiene seguendo l'angolo del tavolo, l'inclinazione della cipolla nel piatto e di quella dietro il bicchiere, fino a giungere al vertice della bottiglia. La seconda è determinata dall'inclinazione del coltello e dalla piega del panneggio sopra al piatto. La caduta del panneggio e la bottiglia costituiscono i due punti d'equilibrio della composizione. Notiamo che l'artista ha reso la profondità spaziale con tre modalità:
- lo spigolo del tavolo che <<penetra>> nella superficie del dipinto aiutato dall'inclinazione del coltello;
- la sovrapposizione degli elementi della natura morta;
- l'accostamento della linea orizzontale che delimita il piano del tavolo alla linea che divide il muro di sfondo dal pavimento.
Ma cos'è che rende vive e attraenti le cipolle? L'artista ne ha disegnato fedelmente il contorno, interessandosi anche al movimento delle foglie, ottenuto con pieghe e torsioni della linea. Pennellate chiare e scure o di colore complementare, insieme a tratti di linea più marcati, rendono le luci e le ombre, quindi il volume degli oggetti. Ogni cipolla è resa unica attraverso la diversità della forma, del colore, della disposizione, della dimensione, ed è valorizzata dal rapporto che la lega con le altre. Un altro elemento che ha attirato lo sguardo dell'artista è il bicchiere. La sua trasparenza è resa sbalzando la linea della foglia di cipolla dietro di esso e variandone appena il colore. Accostando il bianco del panno il pittore ha potuto tracciare la linea scura (sfumata verso l'interno) che disegna la forma del bicchiere: questa <<cornice>> bianca esalta che per il suo stesso materiale, si sarebbe mimetizzato con il resto del dipinto.
Guardare disegnando
Cipolla, bottiglia, bicchiere e piatto avrebbero potuto essere rappresentati in tanti altri modi; sono molto diversi, infatti, i modi di guardare e di interpretare. Paul Cézanne ha reso questi oggetti in modo unico e personale. Osservando il suo dipinto, siamo guidati ad imparare quanto è ricca e interessante la realtà più quotidiana quando è guardata e amata dall'occhio appassionato dell'artista. Uno sguardo sulle cose è il punto di partenza per ogni opera. Pensando ad un oggetto di uso comune, cogliamo per un istante la sua forma reale in una situazione vissuta. Volendolo rappresentare senza averlo davanti agli occhi inevitabilmente operiamo una sintesi grafica: riusciamo a disegnarne gli aspetti più evidenti, trascurando i particolari, la struttura, le proporzioni, il volume, il rapporto con lo spazio, il tipo di superficie. tutto ciò che realmente lo caratterizza. Disegnando dal vero lo stesso oggetto rappresentato a memoria, tutto ciò che avevamo dimenticato si propone ai nostri occhi. Quando guardiamo le forme attorno a noi, ci accontentiamo di riconoscerle e di dare loro un nome. A volte siamo colpiti da qualche elemento: un bel colore, una superficie interessante, una forma piacevole e originale, ma raramente ci soffermiamo a percorrere le linee dei contorni confrontando le inclinazioni, a considerare le proporzioni, a osservare la forma delle ombre.
Analisi della forma
Una forma va guardata non solo per quello che rappresenta, ma anche per la sua struttura composta da linee, spazi pieni e vuoti, ecc. Capovolgere l'immagine ci aiuta in questo. Guardando un'immagine capovolta difficilmente ne riusciamo a capire subito il contenuto. Siamo portati più facilmente a notarne la forma: vediamo con maggior chiarezza l'andamento, le inclinazioni e il rapporto tra le linee che la compongono. Anche copiare un'immagine capovolta risulta più facile perché siamo più attenti al fatto che le linee tracciate dalla nostra mano corrispondano a ciò che vediamo e non all'idea che abbiamo in mente di quel soggetto.
La linea di contorno
Guardando un qualsiasi oggetto, osserviamo la linea che circonda la forma con una grande attenzione come percorrendola nel buio con una luce piccola ma violenta. Questa linea di contorno è il bordo della forma cioè la divisione tra il fuori e il dentro di un fiore o tra un petalo e l'altro. E' molto complessa un'immagine vegetale per quel movimento vitale della linea spesso irregolare e per quella sua unicità che rende ad esempio tutte diverse le rose rosse di uno stesso mazzo. Questa complessità stimola le nostre capacità e ci permette di ottenere dei risultati sorprendenti: vedere come non avevamo mai visto prima.
La semplificazione della forma
Dobbiamo guardare in modo particolareggiato le linee che formano un <<oggetto>>. Ciò risulta molto più semplice se l'oggetto è capovolto o complicato. Anche saper sintetizzare la forma, però, è importante. Sintetizzare la forma significa semplificarla scoprendo le linee immaginarie che la costituiscono. Le linee di semplificazione servono per meglio impostare un disegno nella sua globalità e per prevenire gli errori che possono verificarsi concentrandosi solo sul particolare. Inoltre imparare a sintetizzare le forme aiuta a comprendere e a memorizzare la struttura degli oggetti.
La struttura della forma
Quando un soggetto ha una forma articolata e non presenta linee rette, è difficile valutare bene le inclinazioni delle varie parti. E' necessario, quindi, individuare assi immaginari e tracciarli con segno leggero ma deciso sul foglio. Individuare questi assi equivale a scoprire la struttura portante di un oggetto, il suo scheletro, ciò su cui si costruisce tutta la figura. Questa operazione, come la semplificazione delle forme, aiuta nel disegno a memoria e nel disegno veloce con cui spesso possiamo rendere visibili le nostre idee.
Le proporzioni
La griglia di riferimento
Quando cerchiamo di ridurre una forma, spesso la disegniamo sproporzionata. Le proporzioni sono i rapporti che esistono tra le diverse parti che compongono gli oggetti e risulta più facile rispettarle se stabiliamo dei punti di riferimento. Lo studio delle proporzioni è la base sia per la progettazione di un'opera d'arte in generale, sia per un'opera architettonica, sia per un marchio. Lo studio del simbolo della Regione Lombardia parte da un'immagine di riferimento per arrivare alla forma definitiva. Per introdurci al problema possiamo imparare a ricopiare un'immagine disegnando su di essa una griglia che utilizzeremo anche sul nostro foglio. Come nella scacchiera di una battaglia navale osserviamo in quale riquadro si trovano i punti principali e riportiamoli sul nostro foglio. Completiamo poi aggiungendo i particolari. E' chiaro che con questo sistema possiamo variare o deformare le misure complessive del disegno, ingrandendo o rimpicciolendo la scacchiera sul nostro foglio.
Rapporti e direzioni
Come si insegna nelle scuole d'arte, usiamo la matita come strumento per misurare le proporzioni e valutare le inclinazioni. Tendiamo bene il braccio che regge la matita, chiudiamo un occhio e guardiamo facendo coincidere la matita con le linee, proprie o di semplificazione dell'oggetto. Facendo scorrere il pollice prendiamo la misura della sua altezza e confrontiamola con quella degli altri oggetti. Tenendo la matita orizzontale o verticale, verifichiamo l'inclinazione delle varie linee degli oggetti, ad esempio quella della linea del piano di appoggio, valutando il tipo di angolo che si viene a formare (acuto, ottuso, retto). Eseguiti questi controlli, schizziamo con la matita leggera la struttura essenziale di ciò che abbiamo davanti; tracciamo prima le altezze segnandole con linee orizzontali, poi gli assi degli oggetti, poi le linee di profondità e i vari incroci. Procediamo poi con il chiaroscuro o il colore.
Gli spazi negativi
Quando guardiamo un soggetto da copiare, siamo portati ad osservare con attenzione lo spazio positivo e sorvoliamo sullo spazio <<vuoto>> dello sfondo che lo circonda. Per questo il disegno risulta spesso mal proporzionato, troppo grande o troppo piccolo rispetto allo spazio del foglio. Immaginiamo di guardare il soggetto attraverso il mirino di una macchina fotografica. Spostandoci, possiamo inquadrarlo in vari modi. Se consideriamo lo spazio compreso tra le linee dell'inquadratura e l'oggetto abbiamo gli spazi negativi. Disegnare la forma di questi ultimi ci aiuta trovare la forma dello spazio positivo, cioè del soggetto e a considerare l'immagine nella sua totalità.
Il volume
Lo scultore Giacomo Manzù ci propone gli oggetti così come sono, con le loro ombre reali, prodotte dalla luce. Ci accorgiamo quindi che ogni oggetto occupa uno spazio ed è caratterizzato da ombre, proprie o portate, cioè proiettate sul piano di appoggio, sullo sfondo o su un oggetto vicino. Quando lavoriamo su una superficie piana, come un foglio, e dobbiamo rappresentare il volume, utilizziamo la tecnica del chiaroscuro: questa tecnica è infatti molto efficace nel rappresentare una natura morta. Per quanto riguarda la profondità possiamo facilmente osservare che:
se l'oggetto è cilindrico, la forma dell'ovale, che sta alla base, cambia in dipendenza dell'altezza da cui si guarda l'oggetto;
se l'oggetto è un solido regolare le facce si possono rappresentare leggermente convergenti verso il punto di fuga;
se l'oggetto è irregolare, come ad esempio un frutto, dovremo osservare con molta attenzione gli elementi che indicano lo scorcio.
Rappresentare e interpretare
<<Il pittore non deve soltanto dipingere ciò che vede davanti a sé, ma ciò che vede in sé. Se però in sé non vede nulla, tralasci pure di dipingere ciò che vede in sé>> diceva il pittore romantico D. Friedrich per sottolineare come non esista una vera differenza nell'arte tra rappresentare ed interpretare poiché anche la rappresentazione più realistica è comunque una scelta interpretativa dell'artista. Osservando l'affascinante natura morta di Baschenis (fig. 2) vediamo che l'artista rappresenta gli strumenti musicali posti in varie posizioni con la loro superficie di legni pregiati lucida, opaca, zigrinata. Possiamo dire che l'opera ha un duplice valore. Il primo, formale, è dato dai calcolati rapporti di spazio che l'artista crea tra gli oggetti, dall'armonia di forme e colori. Il secondo è simbolico: è dipinto uno spazio senza tempo dove nel silenzio grandeggiano gli strumenti musicali velati di polvere. Da questo modo di intendere la pittura prenderà avvio un genere pittorico che si chiamerà "trompe d'oeil" e cioè, letteralmente "imbroglia l'occhio". Esiste anche una corrente di pittura contemporanea che riprende, pur con un altro significato, questo modo di rappresentare e interpretare: l'Iperrealismo. Vediamo ora come artisti, osservando la realtà con "punti di vista" diversi, possono indicare dei percorsi interpretativi e guidarci nella ricerca di una nostra personale interpretazione.
La visione d'insieme
Osserviamo la semplice natura morta del 1984 di Paul Cézanne (fig. 3) per ricavare un metodo di lavoro che serve per tutte le interpretazioni.
L'equilibrio compositivo: l'artista, disegnando tutto l'insieme, cerca un equilibrio tra le figure e con lo sfondo senza preoccuparsi troppo dei particolari dei particolari.
Il contorno (bruno o blu di Prussia): sostiene la forma e la mette in evidenza secondo lo stile Cézanne e poi quasi scompare al termine della pittura.
I colori naturali: sono proposti con piccoli cambi di tono ottenuti con pennellate trasversali visibili.
Il volume. le luci e le ombre proprie e portate vengono evidenziate con colori scuri e <<colpi di luce>>; gli oggetti sono rappresentati di scorcio e si sovrappongono creando profondità.
I riflessi: un colore rimanda raggi colorati su quello che ha vicino e viceversa. Questo viene evidenziato variando sia le luci che le ombre.
La forma
Nella "natura morta su fondo nero" (fig. 4) Paul Klee semplifica la forma, la rende piana come i vasi o la sintetizza come i fiori, e la deforma rendendola misteriosa. Alcuni elementi, come lo sfondo nero, il sole e l'angelo disegnato sul foglio (come fosse lo schizzo di uno degli angeli che l'autore disegnò prima di morire quasi come preparazione al distacco finale) contribuiscono a sostenere questo mistero. Le Corbusier costruisce gli oggetti secondo una loro semplicità architettonica (le Corbusier è infatti anzitutto un grande architetto). Le forme trasparenti sono rappresentate secondo la loro struttura geometrica (fig. 5). Questo artista fa parte di una corrente pittorica che si chiama il "Purismo".
La linea e la superficie
In Matisse tutto è trasformato in superfici piane in cui la decorazione ricca e vivace diventa il soggetto del quadro (fig. 6). Gustave Moureau, suo maestro, diceva che il colore deve essere pensato, sognato, immaginato; proprio così fa l'artista: le cose da rappresentare sono solo il punto di partenza per realizzare l'opera. Non c'è rappresentazione di profondità, ma tutto diviene una grande decorazione. La natura morta di Picasso (fig. 7) è un'incisione su lastra di linoleum; i colori sono ottenuti incidendo successivamente la stessa matrice. La linea molto definita costruisce le forme e poi, con tratti più delicati, ne fa vibrare le superfici. Debuffet, invece, lavora la superficie secondo andamenti svariatissimi, dando al banale bicchiere d'acqua un valore tutto determinato dalla fantasia e dal gusto dell'artista (fig. 8).
Il colore
Il piccolo dipinto di Manet (fig. 9) mostra proprio come non sia il soggetto - un limone - che può essere molto semplice, ma la qualità della pittura a far diventare interessante un'opera. Il colore è utilizzato con grande abilità per costruire le vibrazioni di luce che rendono vivi gli oggetti e danno loro volume. Van Gogh mette in evidenza la grande variazione di tonalità del marrone con pennellate visibili rendendo significativi dei poveri oggetti. Crea poi un contrasto tra la tonalità calda delle scarpe e le tonalità fredde del blu dello sfondo (fig. 10). Nell'opera di Guttuso (fig. 11), il colore è deciso, pieno di contrasti che sono sottolineati da una linea forte di contorno; si tratta di una linea che disegna, ma che nello stesso tempo deforma con grande decisione, gli oggetti. Si sente che l'artista mette tutto il suo vivace carattere in questa rappresentazione che diviene così molto espressiva.
Il volume
Recalcati costruisce e deforma i vasi di terracotta togliendoli dal loro uso domestico per farli diventare sculture-testimonianza del gesto creativo dell'artista. L'oggetto viene deformato dal materiale usato, secondo la sua scelta espressiva (fig. 12). Oldenburg demolisce l'oggetto mitico del giornalismo, la macchina da scrivere, costruendolo in materiale soffice e facendolo diventare grottesco (fig. 13).
Le proporzioni
In Magritte gli oggetti sono rappresentati in modo realistico, ma con una proporzione totalmente insolita: essi ci conducono in un mondo diverso. Si tratta di un'opera surrealista (fig. 14); le cose assumono un valore simbolico introducendoci del mondo del sogno o dell'inconscio. Abbiamo imparato a considerare la forma e la struttura di un oggetto in rapporto anche all'insieme in cui è posto. La variazione della proporzione conosciuta degli oggetti permette di liberarli dal loro valore pratico per crearne una nuova immagine. Questa operazione fantasiosa permette la creazione di nuove suggestioni.
Scomporre e ricomporre
Severini, seguendo la lezione di Picasso e di Braque, osserva gli oggetti dal vero, disegna la forma con luci e ombre, la scompone e la ricompone in modo personale creando una composizione a due dimensioni. Osserviamo, ad esempio, la carta da gioco in cui si sovrappongono vari "semi" o anche il portafrutta che è costruito con la forma della luce e quella dell'ombra e il relativo sfondo invertito (fig. 15). Folon scompone le forme, ricordando anch'egli il cubismo e, giocando con la trasparenza dell'acquerello e il colore delle carte fissate a collage, le ricompone, donandoci una chitarra da sogno sospesa nel cielo (fig. 16).
Angolature e dettagli
L'angolatura inusuale con cui si rappresenta un oggetto, o il forte ingrandimento di un particolare, ci fanno scoprire forme inaspettate e originali. Warhol rappresenta l'oggetto di consumo in modo realistico e con tecniche industriali viene proposto come opera d'arte. E' visto da molto vicino con un'angolatura inusuale, che gli fa assumere un valore estetico ben diverso da quello con cui viene utilizzato (fig. 17).
La natura morta in Europa tra Cinquecento e Seicento
Il Seicento è il secolo nel quale si afferma la natura morta come genere a se stante. La messa in posa degli oggetti, il più delle volte umili e quotidiani, è caratterizzata da notevoli valenze simboliche. Il frutto, il fiore, l'arredo ben definito, assumono un significato esclusivamente moraleggiante. Il ciclo delle stagioni, la fragilità, la caducità, l'annientamento, sono le tematiche che il pittore affronta tramite una descrizione "minuziosa e appassionata" elevando tecnicamente e qualitativamente ogni singolo componente dell'opera. I fiori, proprio perché di breve durata, meglio esprimono la fugacità e la transitorietà della vita umana. L'insetto, invece, è simbolo di decomposizione.
Gli inizi nel nord Europa
La natura morta ebbe origine nel nord dell'Europa, dove l'interesse del pubblico per questo genere di pittura fu determinato da una varietà di motivi dovuti al clima culturale proprio dell'ambiente fiammingo. Già dalla seconda metà del Cinquecento vi era un diffuso interesse per la flora, per la fauna e altri aspetti della natura e una grande passione per gli studi naturalistici. Gli artisti cercavano di corrispondere a questo orientamento del gusto e ciò comportò una graduale attenzione a fiori, frutta, tavole imbandite nei quadri con altri temi. Negli ultimi decenni del Cinquecento, invece, il genere cominciò invece ad incontrare il favore del pubblico e questi soggetti conquistarono una loro completa autonomia interno del dipinto.
La committenza borghese
Altro elemento che nel nord Europa favorì lo sviluppo della natura morta fu la presenza di una nuova committenza. Si trattava della ricca borghesia mercantile, calvinista e luterana che, come reazione alla religione cattolica che prevedeva nell'arte la raffigurazione di immagini sacre, preferì orientarsi verso temi non religiosi. La natura morta fu il soggetto preferito, considerato uno spunto di riflessione della caducità delle cose e, allo stesso tempo, un modo per celebrare il loro benessere; i quadri di natura morta, infatti, venivano apprezzati anche per arredare armadi, pareti di ville o abitazioni situate in campagna. Tale fu il successo incontrato da questo genere che il pubblico , sempre più ampio e uniforme nel gusto, costringeva i pittori a far addirittura repliche dei quadri più richiesti.
La diffusione nei paesi cattolici
L'ammirazione che la pittura fiamminga suscitava nei vari paesi europei e la presenza degli stessi pittori fiamminghi nei maggiori centri, portò ad una diffusione del genere pittorico che si trasformò adattandosi alle varie tradizioni locali, trovando nei paesi cattolici, soprattutto in Spagna e in Italia, la sua piena affermazione nel Seicento e nel clima culturale della Controriforma. Le ricche composizioni di fiori, oltre ad un valore puramente decorativo, assunsero un significato morale perché ai fiori venivano attribuiti alcuni significati simbolici: ad esempio, il garofano era il simbolo della passione di Cristo, il giglio di purezza, le violette di umiltà e la loro rappresentazione sollecitava a riflettere su alcuni valori del cristianesimo. La natura morta si diffuse in tute le regioni italiane, anche se con maggiore ampiezza e più nette caratterizzazioni in Lombardia, a Roma e Napoli.
La committenza ecclesiastica e la vanitas
Nei paesi cattolici, il favore del genere fu dovuto anche alle richieste di una committenza ecclesiastica che usava decorare con nature morte la propria cella nei conventi. Il soggetto assumeva il significato di vanitas, cioè una riflessione sulla caducità dei beni terreni in confronto all'eternità di quelli celesti. Proprio per dare il significato di vanitas alle composizioni, i pittori inserivano nei quadri fiori, insetti, lucertole, che con la brevità della loro esistenza sono segni evidenti dello scorrere inesorabile del tempo che tutto dissolve. In quest'ottica, anche una candela o la clessidra diventavano simboli del tempo che passa, il teschio quello della morte, le foglie cadute o i petali sciupati di un fiore segni della corruzione dovuta al tempo.
La natura morta in Lombardia
In Lombardia, la natura morta si distinse per l'unitarietà e la semplicità della composizione e per il significato morale che le venne dato. Protagonisti assoluti furono Panfilo Nuvolone e Fede Galizia, con soggetti talmente simili da far supporre lo scambio di modelli fra l'uno e l'altro. Sempre in Lombardia, completamente autonoma nei soggetti fu, invece, la pittura di Evaristo Baschenis attivo a Bergamo, città in cui la Controriforma cattolica trovò applicazione severa e rigorosa improntata alle idee di Carlo Borromeo. E' probabile dunque che i quadri di Baschenis, quasi tutti impostati sul medesimo tema degli strumenti musicali o di altri oggetti di studio, abbiano avuto un'intenzionalità simbolica e religiosa.
Natura morta di Juan Sanchez Cotàn
Nel genere "natura morta" si distinguono per la loro austerità i bodegon spagnoli con la raffigurazione di ambienti umili, ortaggi comuni, oggetti di semplice terracotta disposti senza esibizioni. Il bodegon (fig. 18) è una natura morta che raffigura un angolo di cucina in cui venivano conservati i cibi nelle abitazioni più modeste. Gli oggetti si stagliano contro un fondo scurissimo per effetto della luce laterale, che mette in evidenza il loro volume e la differente qualità degli ortaggi o degli oggetti. Sono raffigurazioni di ambienti modesti, analizzati con occhio attento e curioso che non trascura alcun particolare e che tende a valorizzare la natura e le cose, anche quelle più semplici e modeste. Sono allusivi alla riforma dei costumi e al clima rigoroso voluto dalla Controriforma cattolica. Oltre che un ornamento della parete per i commensali un monito o un invito alla semplicità e all'abbandono delle ricerche materiali. Sembrano essere quasi una condanna allo spreco e un invito alla povertà evangelica.
Natura morta di Fede Galizia
L'alzata con frutta (fig. 19) è uno dei motivi ricorrenti nella pittura di Fede Galizia. E' proprio del suo stile, infatti, porre la composizione al centro, su un fondo scuro e osservarla da un punto di vista leggermente rialzato che dà il massimo risalto alla frutta. Il dipinto è stato realizzato nel 1602 circa.
La natura morta a Roma
A Roma ebbe grande favore la pittura di fiori, certamente influenzata da quella fiamminga e, in particolare, da Brueghel, che vi soggiornò verso la fine del Cinquecento. Contemporaneamente a Brueghel era giunto nella città, proveniente dalla Lombardia, un altro artista interessato a dipingere con il medesimo intento naturalistico: Michelangelo Merisi da Caravaggio, che creò alcune realistiche composizioni di frutta dando l'avvio a questo nuovo genere. Egli abbandonò subito questi temi, che furono però ripresi da una folta schiera di pittori, suoi seguaci e imitatori.
La committenza romana
A Roma, la funzione dei quadri era prevalentemente decorativa, in risposta alla richiesta di una committenza sempre più allargata, formata non solo dalle grandi famiglie principesche come in precedenza, ma, soprattutto dopo la metà del Seicento, da una ricca borghesia (medici, avvocati, monsignori) desiderosa di arredare in maniera semplice ed economica una serie di stanze nei propri palazzi. Le pitture divennero perciò semplici oggetti di arredamento i cui temi preferiti erano le grandi decorazioni di fiori e frutta. Ciò portò alla specializzazione da parte dei pittori che, dedicandosi ad un solo tema, lo ripetevano con infinite varianti e con sempre maggior maestria. La maggior parte delle opere romane sono anonime e ripetono con piccole variazioni dei soggetti ormai di moda e assai richiesti, il che ne faceva perdere l'originalità, ma semplificava la produzione.
A Napoli: una scuola pittorica
Nel Seicento, la natura morta mostrò a Napoli grande vitalità e ricchezza inventiva tanto che la produzione napoletana è considerata la più grande d'Italia. Napoli era un centro culturalmente assai vivace e la città aveva rapporti con tutto il resto d'Europa per cui anche la pittura fu influenzata dai temi e dalle tendenze proprie dei maggiori centri italiani e stranieri. In particolare vi erano rapporti attivi fra Roma e Napoli e fin dalla prima metà del Seicento gli influssi della pittura caravaggesca furono determinati. I temi derivarono da quelli fiamminghi e da quelli caravaggeschi, rielaborati in modo personale da intere famiglie di pittori, fra cui dei Recco e dei Ruoppolo. I soggetti più richiesti, erano anche le composizioni con cacciagione e con pesci. Il soggetto con i pesci era un tema assai familiare in una città di mare, ma anche la rappresentazione di animali, bottino di caccia o di pesca, era molto richiesta. A Napoli il mercato era guidato da un collezionismo principesco, di gusto vivace, attento alle novità internazionali, che usava i quadri per la rappresentazione dei propri palazzi, ma soprattutto per arricchire le proprie collezioni. A differenza delle città del nord, le dimensioni dei quadri divennero perciò monumentali per adeguarsi alla grandiosità dei palazzi principeschi. I pittori più noti erano circondati da allievi e da imitatori e ciò condusse ad unità e continuità di stile che diede alla pittura napoletana il carattere di una vera e propria "scuola" pittorica.
Natura morta di Caravaggio
Questo quadro, intitolato "Canestro di frutta" (fig. 20) è la sola natura morta autonoma di Caravaggio che aveva inserito frutta e cesti in altre sue opere. Il canestro di frutta è ripreso in primo piano su un tavolo, contro uno sfondo chiaro, valorizzato nelle sue qualità cromatiche, raffigurato in modo realistico. In primo piano sono evidenti la mela bacata, le foglie che iniziano a rinsecchirsi e ad accartocciarsi, i numerosi fori provocati dagli insetti. Il quadro è dipinto su una tela di recupero della maglia assai irregolare, su cui il pigmento è steso corposo, in modo da coprire le irregolarità e dare la naturalezza alla raffigurazione. Il dipinto è stato realizzato nel 1596.
Natura morta di Giuseppe Recco
Questo quadro, intitolato "Pesci" (fig. 21), è un tipico soggetto napoletano. In primo piano, raggruppati in modo non studiato, quasi fossero usciti dalla rete di un pescatore, ci sono numerose varietà di pesci, che si accendono di riflessi fosforescenti per effetto della luce dopo il tramonto. Accanto ai pesci si intravedono frutti di mare e rami di rosso corallo su uno sfondo naturale, un paesaggio marino appena delineato, ma sufficiente a creare l'atmosfera ambientale che accompagna il ritorno di un pescatore.
Natura morta di Giovan Battista Ruoppolo
Il grande maestro della natura morta napoletana viene considerato Giovan Battista Ruoppolo. Nel quadro (fig. 22) la frutta abbondante è disposta su più piani, così da occupare tutta la superficie del dipinto. Una grande anguria aperta domina la composizione; numerose varietà d'uva, fichi maturi, mele accompagnate da rami di foglie riempiono completamente la superficie, stagliandosi con il loro rilievo contro lo sfondo. La luce, quasi frontale, mette in evidenza la diversa consistenza e la varietà dei colori. I quadri di Ruoppolo sono autentici "trionfi" vegetali, composizioni ricche di colore. Sono una festa per gli occhi, che sollecita il piacere per la bellezza della natura e fa percepire l'abbondanza di chi li possiede.
Le nature morte nelle Fiandre
Nelle Fiandre i temi più in uso nei quadri di natura morta furono sia i fiori che le tavole imbandite, raffigurati entrambi con criteri di grande fedeltà e di accurata descrizione. Questi temi si presentavano a decorare esteticamente le sale da pranzo, ma volevano anche comunicare in modo simbolico alcuni concetti. I fiori recisi intendevano evocare la caducità della bellezza e la fragilità dell'apparenza; si offrivano dunque sulla differenza esistente fra la parola divina che fiorisce in eterno e i fiori della terra che hanno una breve stagione. L'abbondanza del cibo poteva essere un augurio o un auspicio di benessere, ma anche un monito alla riflessione sulle possibilità di una carestia e sulla miseria, una sollecitazione morale, dunque, alla morigeratezza da opporre alla ricchezza che la committenza borghese metteva in mostra nelle proprie abitazioni.
Natura morta di Jan Brueghel
Il quadro (fig. 23) risale alla fine del Cinquecento ed è opera di un pittore fiammingo, Jan Brueghel. Vi è raffigurato un mazzo di fiori composto da una varietà di specie: narcisi, garofani, giacinti, roselline, su cui dominano alcuni splendidi tulipani. Era infatti propria dell'economia olandese la produzione di questi fiori, che venivano messi a punto da laboratori botanici del paese per rispondere ad una richiesta sempre più allargata, interna ed estera. I fiori sono collocati in un vaso di vetro posto su un tavolo coperto da un panno scuro; sui fiori e sul piano vi sono piccoli insetti: alcune coccinelle variopinte, farfalle dalle ali socchiuse. Ogni elemento è descritto in modo minuzioso, con una raffigurazione di tipo realistico. La disposizione dei fiori è alquanto innaturale poiché nessuno è nascosto, nemmeno parzialmente: ciascuno si offre integralmente all'osservato che può apprezzare la qualità della forma, le diverse trasparenze, le varietà cromatiche e tattili, la vitalità ancora presente nei fiori recisi. L'impasto cromatico è brillante e luminoso nei fiori e da loro risalto contro il fondo scuro e uniforme. La brillantezza e la setosa morbidezza dei petali è dovuta sia alla scelta dei colori, che alla tecnica usata: la pittura a olio data con sfumature filamentose su un supporto di rame. Ciò da particolare lucentezza al pigmento. Per queste sue capacità pittoriche l'autore del quadro venne chiamato anche "Brueghel dei Velluti". La composizione occupa interamente la superficie del quadro, perfettamente centrata e distribuita. Si presenta all'osservatore equilibrata e ordinata, ma non monotona, per la varietà dei fiori che la compongono.
Natura morta di Pieter Claesz
Ancora di origine ambiente fiammingo, ma di epoca più tarda, è il quadro dipinto da Pieter Claesz (fig. 24). L'autore è un'esponente della cosiddetta scuola di Haarlem, chiamata così dalla città olandese in cui fin dai primi decenni del Seicento si è sviluppato questo tipo di pittura. Nel quadro è raffigurata una tavola imbandita di cibi, ma non apparecchiata per il pranzo; fa pensare piuttosto ad una di quelle tavole di appoggio o di servizio, usate per disporvi i cibi e le suppellettili che vengono poi utilizzati durante il pasto. Il tavolo è ripreso solo in parte ed è coperto da una tovaglia bianca su cui si colgono con gran realismo perfino le pieghe dovute alla stiratura. La raffigurazione è ripresa frontalmente, da un punto di vista centrale che fa convergere lo sguardo verso il cibo in primo piano. E' una scena realistica, ricca di vitalità pur nella descrizione di oggetti inanimati. Anche se non vi è raffigurato l'uomo, numerosi sono i segni della sua presenza, dall'abbondanza dei cibi all'uso delle suppellettili. La tavola è l'immagine dell'abbondanza: prosciutto semiaffettato, pane, limone pronto per l'uso, vino già versato in raffinati bicchieri posti su un vassoio, suppellettili di metallo preziosamente lavorate e in parte reclinati perché ormai vuote. La descrizione realistica è favorita dall0uso della pittura a olio usata con una tecnica a velature che ha consentito passaggi graduati di chiaroscuro, ombreggiature, riflessi luminosi. Sembra di percepire la diversa qualità dei materiali dei vasi e dei vassoi, la loro lavorazione a sbalzo e a cesello, la trasparenza del vetro, la consistenza del tessuto.
La natura morta in Italia
Nella storia della natura morta italiana può essere considerata una data importante il 1593, quando il pittore Jan Brueghel venne in Italia in un viaggio lungo la penisola che comprese Roma, Napoli, la Sicilia e Milano. La presenza di Brueghel in Italia e la sua amicizia con il cardinale Carlo Borromeo, dal 1595 arcivescovo di Milano, fu determinante per l'affermarsi di questo genere pittorico e poi rapidamente in tutto il territorio italiano con temi e caratteri diversificati nelle varie regioni. In Italia, la natura morta si sviluppò con una varietà di temi che privilegiarono "il ritratto" della natura, ma non esclusero gli oggetti che fanno parte della vita dell'uomo. Frutta, strumenti musicali, prodotti della caccia e della pesca entrarono a far parte del repertorio dei pittori, con preferenze di carattere regionale per l'uno o per l'altro soggetto. In tutti comunque, vi fu una ferma adesione al dato naturalistico, ma mentre nel nord Europa si privilegiava l'analisi accurata e anche enumerativa di fiori e suppellettili enumerativa di fiori e suppellettili, la natura morta italiana dava grande rilievo alla ricchezza compositiva, così da raggiungere fini sempre più ornamentali. La natura morta italiana si differenziò, inoltre, per una maggiore naturalezza che fa percepire la naturalità e il turgore di frutta, fiori e ortaggi e la vivacità delle situazioni con grande realismo.
Natura morta di Panfilo Nuvolone
Di Panfilo Nuvolone, pittore lombardo, è riprodotta una natura morta formata da una fruttiera in cui sono collocate alcune pesche disposte in modo equilibrato (fig. 25). La composizione è completata da due uccellini morti adagiati sul tavolo. Questo tipo di natura morta che si caratterizza per la presenza centrale della fruttiera e per l'atmosfera ferma, è propria dell'ambiente lombardo dove, con alcune variazioni, si trova in numerosi quadri, molti dei quali anonimi. frutti, animali, foglie sono rappresentati in modo un po' convenzionale, ma con grande realismo, tanto che si avverte l'idea della polpa matura e della pelle vellutata delle pesche. Si notano le piccole imperfezioni delle foglie bucate dagli insetti, la cui presenza è testimoniata dalla coccinella in alto. Accuratissima è la descrizione della fruttiera, sbalzata con motivi tipici del Rinascimento, di cui è resa in modo manifesto la preziosità del metallo e della sua lavorazione. La composizione della frutta è collocata su un fondo scuro, quasi nero, ed è centrata nel quadro, ma la disposizione dei frutti e delle foglie che la compongono non è perfettamente simmetrica. L'equilibrio è raggiunto attraverso l'accurato dosaggio di chiari e scuri bilanciati dall'aggiunta di pochi tratti sul tavolo e di un rametto di foglie che si allarga a sinistra in alto.
Natura morta di Evaristo Baschenis
L'opera riprodotta nella figura (fig. 26) è di un pittore bergamasco, un sacerdote che si era specializzato in composizioni costituite da oggetti musicali, raffigurati su un fondo scuro, all'interno di un ambiente non definito. Il quadro è un dipinto ad olio su tela ed è stato realizzato verso la metà del Seicento. Su un tavolo coperto da un tappeto rosso di damasco su cui si vede solo una parte, sono poggiati vari strumenti musicali: liuti, un violino, una spinetta da tavolo insieme alla carta da musica con le pagine sgualcite e arrotolate dall'uso. Gli oggetti sono raffigurati con una esattezza tale da raggiungere addirittura l'inganno ottico e nel liuto in primo piano lo strato di polvere che lo vela sembra essere stato segnato dal passaggio di una mano che vi ha lasciato la traccia delle dita. La luce è moderata e frontale, proveniente appena dall'alto. Sembra coincidere con il punto di vista dell'osservatore. Alcuni libri legati in pelle sono posti l'uno su l'altro completando la composizione che viene così ad essere distribuita nell'intera fascia centrale del quadro. Gli oggetti sono accostati con grande cura per l'effetto compositivo: un equilibrio di volumi nello spazio, che dà alla scena il senso dell'immobilità delle cose. La raffigurazione è accuratissima, con grande attenzione ad ogni aspetto, anche il più minuto. Si percepiscono le varietà del legno con cui sono fatti gli strumenti, il disegno e la pesantezza del broccato che copre il tavolo, gli effetti della luce, le ombre, i segni minuti della notazione musicale sullo spartito aperto. Per raggiungere un risultato così preciso nella raffigurazione della trama dei tessuti, il pittore ricorreva a procedimenti "a stampo", premendo sulla tela un tessuto damascato impregnato di colore. L'osservatore è coinvolto nell'atmosfera silenziosa e malinconica che caratterizza l'ambiente. La poetica composizione di oggetti, unita alla polvere che li copre, al loro senso di abbandono sembra sollecitare una riflessione spirituale sul tempo che passa e sulla vanità delle cose.
Natura morta di Mario Nuzzi
La natura morta nella figura (fig.27) è stata dipinta verso il 1660 su una grande specchiera dalla sontuosa cornice dorata. E' opera di Mario Nuzzi, un pittore romano chiamato anche "Mario de' Fiori" perché specializzato in questo tipo di raffigurazione. Lo specchio si trova nella Galleria del Palazzo Colonna, a Roma, ed è frutto della collaborazione con un altro pittore, Carlo Maratta, che vi ha dipinto i putti. Al centro domina un grande vaso di fiori di numerose specie. La centralità della composizione è centrata dalla complessa disposizione dei fiori, articolati con grande libertà. La varietà nella scelta dei fiori e la ricchezza dei colori danno a questa composizione un grande effetto decorativo. La luce dà risalto ai singoli fiori, studiati attentamente in ogni particolare. Il pittore è riuscito a rendere la materialità di ciascuno attraverso le sfumature di colore, i contrasti fra luce e ombre, la stesura appropriata dei pigmenti sulla liscia superficie del vetro. Tre piccoli putti disposti in modo asimmetrico sulle diagonali del campo producono andamenti obliqui che contribuiscono ad animare l'opera e ad accentuarne la libertà compositiva.
Natura morta di Giovan Battista Recco
L'autore del dipinto (fig. 28) è Giovan Battista Recco, un pittore napoletano. Anche questa è una natura morta, in quanto raffigura animali non più vivi adagiati sul tavolo. Il quadro, di medio formato, è dipinto a olio su tela. L'immagine sembra essere un vero e proprio trofeo di caccia esposto sul rustico tavolo di legno, quasi a sollecitare l'ammirazione di chi guarda. Sembra di vedere una moderna fotografia ricordo fatta da un vanitoso cacciatore. Dominano per la loro collocazione una lepre dal pelo lucente e due fagiani irrigiditi dalla morte. Altri uccelli sul tavolo e dentro la cesta completano la composizione con le loro macchie di colore che risaltano contro il fondo scuro. Tutto è raffigurato in modo accurato, realistico, attento a mette in risalto ogni particolare: dalla diversa consistenza delle piume e del pelo, alle imperfezioni del legno del tavolo o della paglia del cesto.
Il Settecento e l'Ottocento
Già dalla metà del 1600, la natura morta iniziò a risentire dello spirito barocco e si allontanò rapidamente dai contenuti simbolici e dalle caratteristiche rappresentative. Col passare degli anni prevalsero toni decorativi e sfarzosi: gli artisti sperimentarono nuove concezioni compositive e spaziali in sintonia con lo spirito barocco. Accanto alla ricerca artistica globale, dominarono anche gli altri generi come il ritratto, paesaggio e la rappresentazione di scene quotidiane. La natura morta risentì anche dello stile neoclassico: prevalsero gli schematismi di composizione, la sintesi e le superfici brillanti. In questo lungo periodo, le nature morte diventarono standardizzate a livello compositivo, ed in molti casi i caratteri qualitativi non raggiungevano livelli elevati. Durante l'Ottocento, l'affermazione definitiva dei processi di stampa seriale favorirono l'illustrazione naturalistica. Contemporaneamente, la natura morta cessò di essere un genere a se stante, poiché nell'epoca romantica prevalse la libertà creativa dell'artista.
Il Novecento
Per tutto il Novecento, la storia della natura morta si inserisce nella multiformità e nella diversificazione delle arti visive. Ogni artista -chi più, chi meno- utilizzerà la natura morta per sperimentare le nuove ricerche. Di volta in volta, la natura morta sarà la palese manifestazione di una determinata avanguardia storica. L'opera, come atto individualizzante, non risponde ad alcuna gerarchia estetica e non è funzionale ad una determinata fascia di committenza. Esprime invece la ricerca individuale del singolo artista, il quale rivolge le sue attenzioni verso nuove concezioni spaziali, nuovi livelli di analisi strutturale e cromatica, l'iconicità, l'astrazione e tutta la molteplicità di aspetti che caratterizzano le singole avanguardie.
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