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AMMINOACIDI E PROTEINE
Il 'dogma centrale' della biologia molecolare riguarda la sintesi delle proteine (che comprendono gli enzimi) ed il trasferimento dell'informazione, cioè la sequenza dei nucleotidi negli acidi nucleici e quella degli amminoacidi nelle proteine, da una generazione di cellule ad un'altra e dai geni alle proteine. Proteine ed acidi nucleici sono macromolecole ad alta informazione, costituite rispettivamente da amminoacidi e da nucleotidi in sequenze specifiche che ne determinano l'attività biologica.
Anabolismo (formazione di molecole complesse partendo da molecole più semplici con richiesta di energia) e catabolismo (demolizione di molecole complesse con cessione di energia) sono le vie del metabolismo che implicano migliaia di reazioni in serie. Tali vie necessitano di un controllo accurato; le cellule controllano gli equilibri tra vie anaboliche e cataboliche sia sotto il profilo energetico, sia sotto quello della velocità di reazione. In particolare quest'ultimo parametro viene controllate tramite la produzione di catalizzatori specifici, gli enzimi, senza i quali le reazioni metaboliche non potrebbero avvenire se non con velocità molto lente, incompatibili per la vita delle cellule stesse.
Gli enzimi sono costituiti da proteine e la maggior parte delle proteine, ma non tutte, sono enzimi. Le proteine sono costituite da una o più catene polipeptidiche, non ramificate, ciascuna composta solitamente da centinaia di monomeri, gli amminoacidi. Comunemente nelle proteine sono presenti da 18 a 20 tipi diversi di amminoacidi, ma esistono anche aminoacidi non proteici (nelle piante sono oltre 100). Ognuno dei venti amminoacidi proteici è codificato dal codice genetico. Tutti gli amminoacidi sono caratterizzati da un gruppo carbossilico COOH (o COO-) ed uno amminico NH2 (o NH+3) legati ad un atomo di C (carbonio α) al quale sono legati anche un atomo di H e la parte restante della molecola, R, che differisce per ciascuno degli amminoacidi.
Nome |
natura elettrica del gruppo R |
tipo di amminoacido |
peso molecolare (g mole-1) |
alanina |
non polare |
alifatico |
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valina |
non polare |
alifatico |
|
leucina |
non polare |
alifatico |
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isoleucina |
non polare |
alifatico |
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prolina |
non polare |
eterociclico |
|
fenilalanina |
non polare |
aromatico |
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triptofano |
non polare |
eterociclico |
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metionina |
non polare |
contenente zolfo |
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glicina |
polare privo di carica |
alifatico |
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serina |
polare privo di carica |
ossidrilato |
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treonina |
polare privo di carica |
ossidrilato |
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cisteina |
polare privo di carica |
contenente zolfo |
|
tirosina |
polare privo di carica |
aromatico |
|
asparagina |
polare privo di carica |
ammide dell'ac. aspartico |
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glutamina |
polare privo di carica |
ammide dell'ac. glutammico |
|
lisina |
polare con carica positiva |
basico |
|
arginina |
polare con carica positiva |
basico |
|
istidina |
polare con carica positiva |
eterociclico |
|
acido aspartico |
polare con carica negativa |
acido |
|
acido glutammico |
polare con carica negativa |
acido |
|
La presenza del gruppo carbossilico e di quello amminico determina le caratteristiche anfotere agli amminoacidi (in soluzione a pH 7 neutralizzano sia l'aggiunta di basi che di acidi) e - tranne che per la glicina nella quale R è rappresentato da un altro atomo di H - l'asimmetria del carbonio α consente l'esistenza di 19 coppie di stereoisomeri, levogiri (L) e destrogiri (D). A tale proposito è da precisare che gli amminoacidi proteici sono quasi tutti levogiri, anche se proprio nei vegetali e nei batteri sono state ritrovate proteine con D-isomeri (D-alanina e D-acido glutammico nei proteoglicani delle pareti cellulari batteriche). La diversità dei gruppi R conferisce ai diversi amminoacidi proprietà diverse relativamente alla solubilità in acqua, che risulta minore negli aminoacidi con catene alifatiche o aromatiche. Due particolari amminoacidi, l'acido glutammico e l'acido aspartico che possiedono due gruppi carbossilici, si presentano nelle proteine anche sotto forma di ammidi (glutammina e asparagina), provviste di un secondo gruppo NH2 legato ad un gruppo carbonilico. Nel complesso gli amminoacidi possono essere distinti in: alifatici, basici, acidi, contenenti zolfo, ossidrilati, eterociclici, aromatici; possono essere altresì distinti in amminoacidi con gruppo R non polare, con gruppo R polare privo di carica, con gruppo R polare e carica positiva e con gruppo R polare con carica negativa (a pH 6-7). Il comportamento degli amminoacidi può variare in relazione al pH del mezzo nel quale si trovano.
Gli amminoacidi (e le ammidi) possono unirsi fra loro con legami peptidici tra il gruppo amminico di un amminoacido e il gruppo carbossilico dell'amminoacido successivo con eliminazione di H2O, (condensazione) formando un dipeptide, un tripeptide o una catena polipeptidica a seconda del numero di amminoacidi coinvolti, che -salvo eccezioni- non supera i 300. Il peso molecolare medio di un amminoacido è 120 e quello dei polipeptidi varia da 10.000 a oltre 1.000.000 D. Nei polipeptidi le cariche di ciascun amminoacido dei gruppi dei gruppi -NH2 e -COOH coinvolti nel legame peptidico si annullano tranne che per un gruppo amminico iniziale ed uno carbossilico terminale. In una proteina la sequenza lineare degli amminoacidi legati fra loro ne rappresenta la struttura primaria. Le possibili combinazioni nelle sequenze sono innumerevoli; in una catena di 300 monomeri con tutti i 20 amminoacidi sono 20300, un numero superiore al numero di tutti gli atomi esistenti. In natura, pur con proteine di oltre 1000 unità amminoacidiche, il numero delle combinazioni, anche se elevatissimo, è ben distante dal massimo delle possibilità (nelle piante il numero delle singole proteine è stato stimato in circa 40.000). Questa ampia possibilità di combinazioni è anche corresponsabile della biodiversità specifica, cioè, in definitiva, dell'esistenza di un numero elevatissimo di specie animali e vegetali. La quantità di determinati amminoacidi in una proteina determina la presenza ed il numero di cariche su questa e spesso la sua funzionalità; per esempio, proteine ricche di acido glutammico o acido aspartico hanno solitamente al pH cellulare una carica netta negativa, mentre proteine ricche di arginina o lisina hanno una carica netta positiva. Per ciascuna proteina, comunque, esiste un punto isoelettrico (a pH intermedio) in corrispondenza del quale le cariche positive e quelle negative si compensano e la solubilità della proteina stessa è minima (ciò permette la precipitazione delle proteine con opportuni solventi). Proteine con carica positiva netta sono, per esempio, gli istoni che nei cromosomi bilanciano, con effetto stabilizzante, le cariche negative del DNA (vedi oltre). Una proteina può essere formata da una o più catene polipeptidiche; in alcune proteine sono presenti catene polipeptidiche identiche, in altre due o più catene diverse. Il peso molecolare di un polipeptide è compreso in genere tra 15.000 e 100.000 D, ma una proteina può avere anche un peso di diversi milioni di dalton. La struttura primaria di una proteina ne determina anche la sua conformazione tridimensionale ed il ruolo nella cellula ed è strettamente collegabile alla sequenza dei nucleotidi nei geni che la codificano. La modificazione anche di un solo amminoacido nella struttura primaria di una proteina può provocare gravissime alterazioni nell'organismo in cui avviene (la grave malattia dell'anemia falciforme è dovuta alla sostituzione di un residuo di acido glutammico con uno di valina in posizione 6 fra i 146 amminoacidi di una delle quattro catene dell'emoglobina). Ciò non è però la regola; in molte proteine si possono verificare numerose sostituzioni di amminoacidi senza che ne venga compromessa minimamente la funzionalità; naturalmente, tali sostituzioni avvengono in regioni non
critiche delle catene. Nelle catene polipeptidiche esistono pertanto alcuni amminoacidi relativamente 'più importanti', che sono quelli che determinano la conformazione tridimensionale delle proteine (le quali sono molecole rigide e più compatte rispetto alla o alle catene lineari dalle quali sono formate). Nelle proteine si può riconoscere quindi una struttura secondaria risultante dalle interazioni fra alcuni amminoacidi vicini fra loro e una struttura terziaria determinata dalle interazioni fra amminoacidi relativamente distanti. La struttura secondaria può esprimersi in forma di α elica in seguito a legami secondari (ponti idrogeno) che interessano l'ossigeno (=CO) coinvolto in un legame peptidico e l'idrogeno (=NH) coinvolto in un altro, ma può esprimersi anche in una forma β a foglietti ripiegati con ponti idrogeno fra legami peptidici vicini appartenenti a porzioni ripiegate della stessa catena o fra catene parallele. La struttura terziaria è determinata soprattutto dalle interazioni fra le catene laterali (R) degli amminoacidi (che essendo differenti portano ad un avvolgimento irregolare e apparentemente casuale delle catene) anziché dallo scheletro costituito dai legami peptidici. Ripiegamenti e spiralizzazioni della struttura terziaria sono determinati non solo da ponti H, ma anche da ponti disolfuri (S-S), legami ionici elettrostatici e forze idrofobiche. Le proteine presentano solitamente tratti nei quali predomina la struttura secondaria (α elica o foglietti ripiegati o altra conformazione) e tratti irregolarmente ripiegati nei quali prevale la struttura terziaria. La struttura quaternaria deriva invece dal coinvolgimento di più catene polipeptidiche legate da legami deboli e talora da altre componenti a formare una singola proteina. Alcune proteine sono omopolimeri (per esempio la fosfoenolpiruvato carbossilasi o PEP carbossilasi), costituiti da più polipeptidi uguali, altre sono eteropolimeri costituiti da polipeptidi differenti (per esempio la ribulosio bifosfato carbossilasi o Rubisco). In base alla conformazione esterna, si possono distinguere due categorie principali di proteine, quelle globulari e quelle fibrose; gli enzimi sono proteine globulari. La conformazione di una proteina, in particolare quella termodinamicamente più stabile, derivante dalle sue strutture (I, II, III e IV) è essenziale per la sua funzionalità e nella cellula è determinata, oltre che dalla sequenza amminoacidica, dalle condizioni di pH, temperatura, dalla forza ionica e dalle caratteristiche di eventuali molecole interagenti con la proteina stessa. Gli amminoacidi maggiormente idrofobi tendono a concentrarsi verso l'interno della proteina, al contrario di quelli maggiormente idrofili. Nelle proteine di membrana i residui di amminoacidi idrofobici sono per lo più associati agli acidi grassi mentre quelli idrofili sono rivolti verso l'esterno, a contatto con l'acqua. La maggior parte degli enzimi prende il nome dal substrato al quale possono legarsi o dalla reazione che catalizzano con l'aggiunta del suffisso -asi (lipasi, proteasi, fosfatasi, saccarasi, carbossilasi, transferasi, perossidasi, ecc.). Diversi enzimi, oltre alle catene polipeptidiche, contengono una porzione non proteica, più piccola, chiamata gruppo prostetico e talora legata a uno ione metallico (ferro, rame, molibdeno), indispensabile all'attività enzimatica; in qualche caso il gruppo prostetico è rappresentato da un pigmento (nelle deidrogenasi per esempio vi può essere la flavina). Alcune proteine enzimatiche, prive di gruppi prostetici, necessitano per la loro attività della collaborazione di uno ione metallico (ferro, zinco, calcio, manganese, potassio) e/o di un particolare composto organico, non precisamente legato all'enzima stesso come i gruppi prostetici; si tratta di coenzimi o, nel caso degli ioni, di attivatori metallici o cofattori. Alcuni coenzimi o gruppi prostetici sintetizzati dalle piante sono vitamine utilizzate sia dai vegetali che dagli animali. Generalmente i coenzimi vengono indicati con sigle risultanti dall'abbreviazione di nomi complessi: NAD, FAD, ecc. e sono nucleotidi (vedi oltre). In altri casi si può avere attività enzimatica solo se il substrato sul quale agisce l'enzima è legato a particolari ioni, come il Mg2+. Alcune proteine sono legate a carboidrati e danno luogo a glicoproteine, generalmente più resistenti agli attacchi delle proteasi e talora, nelle membrane, con ruoli di riconoscimento e comunicazione inter- ed intra-cellulare. Le proteine con gruppi prostetici o comunque altri componenti sono definite proteine coniugate e comprendono lipoproteine (con lipidi), glicoproteine (con zuccheri), cromoproteine (con pigmenti), fosfoproteine (con fosforo), nucleoproteine (con acidi nucleici). Tra le cromoproteine, particolarmente studiato è il citocromo c nel quale la proteina è coniugata con una sostanza colorata gialla, l'eme; il citocromo c è presente in tutti i mitocondri di tutte le cellule degli esseri viventi e presenta differenze non sostanziali, che non riguardano le particolari sequenze dei siti attivi (vedi oltre), nelle diverse specie, anche se si tratta di specie evolutivamente molto distanti (per esempio funghi e uomo). In diversi casi si ritrovano enzimi funzionalmente molto simili, in grado di catalizzare le medesime reazioni, ma differenziati per alcune sequenze amminoacidiche o per una o più catene polipeptidiche e per le capacità. Queste forme, chiamate isozimi, sono codificate da geni differenti, sono spesso localizzate in comparti diversi della cellula o in tessuti diversi e, poiché differiscono anche nella loro risposta ai diversi fattori esterni (temperatura, pH, ecc.), rappresentano un indubbio vantaggio nei confronti delle variazioni ambientali. Il meccanismo di azione degli enzimi è strettamente dipendente dalla loro conformazione spaziale tanto che sin dal 1884 il chimico Emil Fischer propose il modello 'chiave-serratura' per rappresentare il complesso enzima-substrato, modello attualmente solo in parte modificato. La parte dell'enzima che si lega momentaneamente al substrato (o ai substrati) o ai prodotti si chiama sito attivo e non ha una forma rigida, ma subisce una modificazione (adattamento indotto) quando il substrato o i prodotti sono in prossimità di esso; in qualche caso l'adattamento determina anche mutamenti nella struttura del substrato. Tra enzimi e substrati si possono realizzare legami di natura diversa, covalenti, ionici, idrogeno, ecc., che coinvolgono i gruppi laterali (R) degli amminoacidi e non lo scheletro dei legami peptidici. L'attività degli enzimi ha carattere di elevata specificità: ogni enzima catalizza una particolare reazione perché la sua conformazione è specifica per un determinato substrato ed avviene a determinate condizioni ambientali; in realtà il livello di specificità è relativo, vi sono enzimi che agiscono solo su uno stereoisomero di una molecola, ma altri svolgono un tipo di reazione su substrati diversi anche se con velocità diverse (per esempio l'esochinasi catalizza la fosforilazione del glucosio, ma anche con minore velocità, quella di altri esosi)). La conformazione tridimensionale delle proteine può venire alterata da diversi fattori esterni (pH, luce, temperatura); tale alterazione prende il nome di denaturazione e talora può essere irreversibile; negli enzimi la denaturazione determina la perdita di attività catalitica. La denaturazione può avvenire a causa di temperature eccessivamente alte o basse, oppure a causa di sostanze ossidanti o riducenti o di cationi di metalli pesanti (Ag+, Hg++, Pb++) che interagiscono coi gruppi -SH. Proteine disidratate sono meno sensibili ai fattori denaturanti; pertanto i semi o le spore o gli organi di resistenza (gemme o altro) che contengono proteine disidratate possono sopportare indenni ampie escursioni termiche. In alcuni casi anche le diverse lunghezze d'onda della luce svolgono un ruolo importante nella attivazione ed inattivazione delle proteine (secondo alcuni autori nel fitocromo si tratta di variazioni reversibili che comprendono forme allosteriche molto diverse della parte proteica della stessa molecola [isomeria di posizione]). Le proteine possono inoltre essere demolite da enzimi proteolitici che scindono il legame peptidico; fra questi enzimi si può ricordare la papaina, la bromelina, ecc.
Come accennato, le funzioni delle proteine possono essere diverse: enzimatiche, di comunicazione e riconoscimento fra cellule, di trasporto, strutturali, di riserva. Proteine con funzione strutturale sono localizzate principalmente nelle membrane e nel citoscheletro; in quest'ultimo troviamo in particolare (a seconda del tipo di cellula) tubulina, actina, spectrina, miosina, cheratina (questa solo in cellule animali), vimentina, ecc. Nelle piante si ritrovano alcune proteine strutturali localizzate anche nelle pareti cellulari. Diverse proteine di membrana attuano il trasporto di molecole attraverso le membrane stesse o sono coinvolte nei meccanismi di comunicazione inter- o intra-cellulare (riconoscimento). Nei tessuti di riserva, principalmente nell'endosperma e nei cotiledoni, dei semi (anche oltre il 40% del peso secco) viene accumulata la maggior parte delle proteine disidratate (ordeina, globuline diverse, glutelina, ecc.) che costituiscono una fonte di azoto (in particolare di amminoacidi) importante per lo sviluppo del seme in germinazione; tali proteine sono concentrate in particolari organuli cellulari, chiamati corpi proteici o granuli di aleurone e rappresentano anche per l'alimentazione umana una delle principali fonti di azoto.
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