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Tettonica delle placche




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TETTONICA DELLE PLACCHE


Secondo Wegener, nitorno a 200 milioni di anni fa, sarebbe esistito un "supercontinente" detto pangea che, smembrandosi, originò la distribuzione attuale delle terre emerse. Egli ipotizzava che le aree continentali si spostavano come zattere a bassa densità su di un involucro a densità elevata, grazie all'attrazione mareale del Sole e della Luna che contrastava la rotazione verso Est della Terra. Contemporaneamente si avevano movimenti delle masse continentali provocati dalla forza centrifuga dai poli verso l'equatore. Wegener portò prove geofisiche, geologico-strutturali, paleontologiche e paleoclimatiche:


Prove di tipo geofisico, erano noti il principio dell'isostasia e accertati i movimenti verticali.

Prove di tipo geologico, dalla corrispondenza delle serie geologiche affioranti lungo il Sudamerica e l'Africa.

Prove di tipo geologico-strutturali, unendo i continenti divisi dall'Oceano Atlantico, si denota una certa unitarietà nelle catene montuose formatesi nel Paleozoico.

Prove di tipo paleontologico, dal riscontro di faune paleozoiche ed in particolare un rettile, il mesosaurus, con forme identiche sia in Brasile che in Africa meridionale, ovvero le aree separate dall'oceano sarebbero state unite da "ponti continentali".

Prove di tipo paleoclimatico, osservando depositi glaciali (morene e tilliti) e depositi carboniferi con la loro distribuzione, si notavano condizioni climatiche precise, ovvero un'area unica glacializzata prossima al polo Sud, detta gondwana, con i continenti al Nord riuniti vicino all'equatore, come testimoniato da una ricca flora tropicale che ha originato i depositi carboniferi).


Dopo le critiche, Holmes ipotizzò che il "motore" di tutti gli spostamenti fosse originato da moti convettivi in un involucro sottostante, intuendone solamente l'esistenza.

Si ebbero quindi ulteriori teorie, per la non completa indiscutibilità di queste affermazioni: le "teorie fissiste" con i continenti immobili ma con dei ponti continentali che si spostavano verticalmente, giustificando in questa maniera i sollevamenti delle catene montuose, dovuto a contrazioni da raffreddamento della superficie terrestre; la teoria di Wegener e la "teoria attuale". Con lo sviluppo degli studi oceanografici e dei fondi oceanici si giunse alla definizione di aree caratterizzate da:

Bacini, con un'estensione notevole a profondità media di 4000-5000 metri di profondità, una morfologia subpianeggiante. Sono presenti rilievi di origine vulcanica, quali i monti sottomarini (seamounts) e i guyots. I primi darebbero luogo ad isole vulcaniche se emergessero, i secondi si distinguono per la loro forma a tronco di cono e la superficie esterna piatta, dovuta all'erosione delle onde in movimento oppure forme originarie non erose.

Dorsali oceaniche, aree rilevate che formano un sistema lungo i 60 mila Km e si elevano dal fondo marino sino a 1500-2000 metri. Lungo l'asse delle dorsali oceaniche corre una depressione detta rift valley di ampiezza tra i 20-40 Km, interessata da fratture (faglie dirette) rendendo il profilo simile ad una gradinata. Tutto il sistema è interessata da fratture trasversali che tendono a spostare l'asse delle dorsali (faglie trasformi) con movimenti in senso opposto che determina un'intensa attività sismica, che si attenua ad una certa distanza dall'asse. Quindi queste hanno ipocentri superficiali, un flusso di calore elevato (di tipo profondo) e delle anomalie di gravità positive (200-250 mgal).

Fosse oceaniche, depressioni strette ed allungate (anche migliaia di Km) che generalmente limitano aree continentali (ad esempio, fossa del Cile) o degli archi insulari. Hanno una forma "a V asimmetrica", cioè con un versante più acclive rivolto verso l'area continentale ed un versante meno acclive rivolto verso l'Oceano. Queste possono essere riempite da sedimenti, specialmente lungo i continenti, di prevalenza torbiditica. Va detto come le fosse oceaniche che limitano i rilievi ne sono prive. Alle fosse oceaniche è associata una attività magnetica ripercuotendosi sul continente (se lo bordano) oppure tra le fosse e il continente originando gli archi insulari composti in prevalenza da isole vulcaniche. Il magmatismo è di tipo andesitico (magmi neutri) ma si possono trovare anche magmi basaltico-andesitici o ancora più basici. Caratterizzate anche da forte sismicità con ipocentri di profondità massima di 720 Km, e da un limite di omogeneità dei materiali e quindi di attrito tra masse rigide.


Relazioni fra dorsali e fosse.

Hess nel 1962 ipotizzò che a seguito di moti convettivi nell'involucro sottostante la litosfera (astenosfera) ci fossero delle zone di risalita in corrispondenza delle quali si ha uno stiramento e rigonfiamento della litosfera, con un conseguente assottigliamento, fratturazione e fuoriuscita di materiale allo stato fuso. Ciò portava ad un'apertura ed espansione dei fondali oceanici delle dorsali e veniva riassorbito dalle fosse, anche se una parte sarebbe risalita sotto forma di emissione vulcanica.

Questo processo è detto subduzione, ovvero ciò che si origina dalle dorsali viene riportato in profondità in corrispondenza delle fosse. Inoltre, si è notato che una distribuzione a profondità variabili secondo un piano inclinato a partire dalla fossa tende ad immergersi verso il continente che ha determinato il piano di Benhioff, dove la distribuzione degli eventi sismici sono sempre più profondi allontanandosi dalla fossa, fino a 720 Km in cui il materiale subdotto viene riassorbito dal mantello. Vine e Matthews integrarono questa teoria, grazie al contributo del paleomagnetismo, confermando questa teoria (la cosiddetta "prova indipendente"). Infatti, nei fondali oceanici, le anomalie magnetiche risultano distribuite in fasce, di valore alternativamente positivo e negativo, disposte parallelamente alla dorsale. In pratica si ha che:

I profili delle anomalie magnetiche nei vari oceani sono correlabili, da qui l'inversione del campo magnetico terrestre è un fenomeno globale.

L'età dei fondi oceanici è inferiore ai 200 milioni di anni, aumentandosi allontanandosi dall'asse.

Allontanandosi dalle dorsali aumenta lo spessore dei sedimenti e la profondità dei fondali.

Le anomalie di gravità nelle dorsali sono positive, ma minori di quelle dei bacini contigui.

La sismicità nelle dorsali è superficiale.

In prossimità delle fosse, la distribuzione sismica ha come limite inferiore i 720 Km, in accordo con l'ipotesi di litosfera in subduzione.

Le caratteristiche delle faglie trasformi concordano con i meccanismi di espansione.


Si è giunti così alla tettonica delle placche, cioè al movimento di placche di litosfera di spessore variabile, lungo la superficie terrestre. L'individuazione delle placche avviene attraverso la distribuzione areale delle zone sismiche: sismicità superficiale delle dorsali, zone sismiche legate a faglie con movimenti orizzontali trascorrenti con ipocentro superficiale, non associati ad attività vulcanica, fosse oceaniche e archi vulcanici associati sede di terremoti superficiali collegati a postumi di spinte orogeniche o ad un riequilibrio isostatico. Inizialmente le placche erano sei (americana, eurasiatica, africana, indiana e antartica) poi ne sono state aggiunte sedici, di dimensioni variabili che sorreggono frammenti di crosta oceanica e/o crosta continentale.

Ogni placca è delimitata da margini che possono essere:

Costruttivi, lungo i quali si costruisce nuova litosfera (dorsali);

Distruttivi, dove viene distrutta litosfera attraverso il processo di subduzione (fossa oceanica);

Conservativi, dove lungo i quali, lembi di litosfera scorrono l'un l'altro in direzioni opposte, con fenomeni di metamorfismo e forte attività  sismica, ma senza variazioni nel volume della litosfera (faglie trasformi).

La placca africana e antartica sono circondate da margini costruttivi e la loro superficie aumenta nel tempo; la placca sudamericana è circondata da dorsali e fosse, con stazionarietà o modificazioni della superficie nel tempo. I movimenti relativi sono complessi (cfr. pag.273 - Casati): dal teorema di Eulero, "un oggetto posto su una superficie sferica si può spostare in un'altra posizione effettuando un'altra rotazione", il che avviene intorno l'asse passante per il centro della Terra, e per ricavare il punto di emergenza sulla superficie terrestre è necessario considerare per ciascuna placca gli eventuali margini trasformi. La direzione della faglia trasforme indica la direzione del movimento relativo tra le due placche e tracciando le normali ai margini trasformi otteniamo i meridiani di rotazione e il loro punto d'incontro è detto polo di espansione della singola placca (la velocità lineare delle placche cresce all'avvicinarsi all'equatore e diminuisce verso i poli di espansione).

Gli spostamenti vengono misurati dal rapporto tra la distanza dell'asse di I inversione con la frequenza delle inversioni definito tasso di espansione annuo (secondo il metodo Vine e Matthews).

Altro metodo è quello topografico, per il rilievo che in 70 milioni di anni si è avuto un abbassamento dei fondali oceanici di 3 Km e facendo la differenza con l'attuale profondità possiamo rilevare l'attuale età del fondale.

Un metodo geodetico si basa su misure trigonometriche, oppure esistono metodi satellitari, astronomici; merita attenzione quello che si basa sull'analisi dei punti caldi, ovvero le risalite di magma dall'interno del mantello che si verificano in aree continentali estranee a dorsali o a margini distruttivi, in zone asismiche, con attività di tipo basaltico. I punti caldi originano fenomeni vulcanici superficiali che possono spostarsi nel tempo assieme alla placca (un punto caldo noto nell'Oceano Pacifico è il Kilauea, attivo con i fondali oceanici attorno che presentano isole vulcaniche inattive e continue verso Nord - Nord Est assieme a dei rilievi sommersi). Attraverso il periodo di attività del Kilauea (circa un milione di anni) dall'età delle isole Midway (20 - 25 milioni di anni) e della catena dell'Imperatore (75 milioni di anni) si può calcolare la velocità di spostamento della placca, la sua direzione e un'eventuale variazione della stessa (cfr. fot. 43).


Ruolo dei continenti nella dinamica.

I margini dei continenti, in funzione del loro comportamento sono:

Margini di tipo passivo (o atlantico), si formano ai bordi di oceani in fase di allargamento, o meglio, in presenza di aree di risalita delle celle convettive, per cui avviene una separazione, un'apertura e una formazione di un nuovo oceano (fot.44). Tutto ciò avviene in tre stadi:

Stadio embrionale o di inarcamento iniziale, in cui la crosta continentale viene sollevata dai moti convettivi del mantello: si ha uno stiramento e un assottigliamento che provoca fratture e che origina le caratteristiche strutture a graben (fosse tettoniche, fot. 44). Si formano gradinate con un drenaggio centrifugo rispetto alla parte rilevata che presenta caratteristiche di aridità. Le aree della Rift Valley sono di tipo continentale e all'interno di queste aree si depositano i prodotti erosi dei rilievi che si vanno formando. Tali rilievi costituiscono dei salti morfologici, per cui i prodotti dell'erosione di queste parti rilevate si depositano nelle aree depresse, fungendo da bacino di sedimentazione per conglomerati, spesso associati a rocce vulcaniche risalite dalle fratture. In questo stadio, si trovano tutte le fosse tettoniche che caratterizzano l'Africa orientale.

Stadio del golfo proto-oceanico o giovanile, in cui le fratture sono molto profonde ed il materiale lavico si espande facilmente in superficie. Può accadere che si abbia un'ingressione di mare continentale, con l'allontanamento dei due blocchi continentali e una copertura parziale della crosta continentale. All'aumentare del battente d'acqua si instaurano ambienti carbonatici e quindi piattaforme carbonatiche (ad esempio, il Mar Rosso).

Stadio di maturità, in cui si ha la separazione definitiva delle due masse continentali con la formazione di una dorsale che produce crosta oceanica. In questo stadio si nota una depressione, rispetto ai primi inarcamenti, dovuta alla subsidenza termica che dura 70 milioni di anni. All'apertura di un nuovo oceano in genere si ha l'accumulo di sedimenti in quantità elevatissime dalle zone limitrofe interessate. A partire del continente si ha una zona di piattaforma, a pendenza modesta, sede di massima deposizione, raccordandosi ai fondali con la scarpata alla cui base troviamo il rialzo continentale. Nella piattaforma, i materiali sono terrigeni gradati verso il largo. La scarpata, invece, non è luogo di sedimentazione e sarà incisa da canyon sottomarine, luogo di frane dove il materiale si depositerà lungo il rialzo continentale (correnti di torbida). L'insieme dei prodotti, parte della crosta oceanica e di quella continentale è definita prima sedimentario; questo rappresenta tutto il materiale che si deposita lungo i margini passivi. Questi materiali rappresentano una deposizione geosinclinale, considerando la miogeosinclinale come il materiale deposto sulla crosta sommitale (eugeosinclinale indica il materiale deposto sulla crosta oceanica).

Margini di tipo trasforme, derivati da un'iniziale deviazione, disturbo dell'apertura originaria. Sono caratterizzati da una brusca scarpata che fronteggia l'oceano con fondali profondi (margine africano tra la Liberia e il Camerun e tra Guyana e Recife in Sudamerica).

Margini di tipo attivo (o pacifico), sono le aree più instabili della Terra, con terremoti a magnitudo elevate (ad esempio, il Cile), ad ipocentri variabili (da pochi Km fino a 700 Km); bordano l'Oceano Pacifico, dove si concentrano le fosse. Vi sono due tipi di margini, dal punto di vista morfologico: uno americano, dove dalla fossa oceanica si passa rapidamente alla terra emersa con catene montuose e vulcanismo (Ande), uno asiatico, dove oltre alle fosse si ha un arco vulcanico - insulare (separato dalle fosse da un bacino di avanarco ed un complesso di subduzione), un bacino di retroarco (marginale) e la terra emersa (sistema definito arco-fossa costituito da un rialzo periferico, una fossa, un complesso di subduzione, un bacino di avanarco, un arco vulcanico, un bacino marginale). Il rialzo periferico dista 150 - 200 Km dalla fossa, ha un rilievo rispetto al fondale di 500 metri, conseguenza degli sforzi che si generano nella fossa di subduzione, punto di massimo piegamento. I sedimenti delle fosse (che si hanno solamente se queste bordano i continenti) sono costituiti da materiali pelagici e torbiditi, che rendono il nome di mélanges, se finiscono in subduzione, e assieme alla parte non subdotta costituisce il complesso di subduzione che si accumula verso l'alto. Il bacino di avanarco, che spesso borda i continenti, si estende per centinaia di Km ed ha una profondità che varia da alcuni metri fino a centinaia di metri o essere emergente. Vi si possono trovare depositi neritici, di tipo fluvio - deltizio o di pianura alluvionale, se emerso. Gli archi vulcanici sono caratterizzati da un vulcanismo particolare, con prodotti toleitici (lave basaltiche o andesitiche) che caratterizzano gli archi giovani o i prodotti alcalini o calcalcalini, per gli archi maturi. Secondo il Ringwood, la fusione del materiale può essere provocata da un aumento della temperatura  o della tensione di vapore. Quest'ultima si può avere perché l'acqua oceanica può essere trasportata lungo il piano di subduzione e aumentando di profondità si hanno le basi per cambiamenti di fase dei minerali, divenendo instabili, per poi trasformarsi e disidratarsi. In particolare, a meno di 100 Km, l'anfibolite si trasforma in eclogite. La produzione di acqua porta alla fusione parziale della pirolite, componente dell'astenosfera, che per differenziazione di densità durante la risalita origina magmi toleitici. Nel caso della produzione di vulcaniti calcalcaline, la fusione avviene dalla disidratazione delle serpentiniti (rocce metamorfiche derivate dall'alterazione dei materiali della crosta oceanica), che arrivate a certe pressioni si disidratano (essendo maggiore la distanza degli edifici vulcanici dalle fosse). Poi si avrà la fusione parziale di eclogite quarzifera, un mescolamento di prodotti, la fusione di pirolite e una risalita dei materiali prodotti, originando andesiti o rioliti (acide), in base alla diversificazione dei magmi in funzione della profondità. Gli archi possono essere di tipo continentale (associati ad una massa continentale e alle loro spalle, verso il continente, si hanno zone di bacino dette di avampaese. Questi archi presentano delle faglie inverse o sovrascorrimenti sul margine verso il continente. I bacini di avampaese sono su crosta continentale con spessori di sedimenti maggiori in prossimità dell'arco che non in prossimità dell'avampaese; al posto dei bacini si possono avere terre emerse), oppure di tipo ultraoceanico (con alle spalle un bacino di retroarco, mobile nel tempo, caratterizzati da un vulcanismo che "migra" verso il continente lasciando abbandonati gli altri rilievi).


Nella zona di fossa le anomalie gravimetriche sono negative, legate alla differenza di densità dei materiali subdotti. I terremoti con ipocentri superficiali sono legati a fratture distensive, derivati dalla trazione - distensione che si verifica nella zona stessa, quelli più profondi sono legati a forte attriti fra la placca che tende a scendere ancora rigida e il materiale circostante. I terremoti più profondi sono legati a deformazioni che avvengono all'interno della placca, in conseguenza delle alte pressioni. La placca ha una temperatura relativamente bassa rispetto alla profondità (vedi isoterme fot.45), e un aumento di essa è determinabile da una velocità di subduzione, forti attriti (la crosta oceanica è caratterizzata da elementi radioattivi), trasmesso dall'astenosfera circostante, legato all'andamento di pressione. In questa zona, difatti, si ha un metamorfismo di alta pressione lungo la zona di subduzione a bassa temperatura (facies a zeoliti) e scendendo si avrà la facies a scisti blu e la fase a eclogiti. Nella zona dell'arco vulcanico - insulare si ha un metamorfismo di alta temperatura e alta pressione, che forma le zone metamorfiche appaiate, e che insieme alle sequenze ofiolitiche, riscontrabili lungo catene montuose all'interno di un'area continentale, segnano l'orogenesi, a seguito di collisioni tra masse continentali successive alla chiusura di un oceano.

La subduzione della litosfera oceanica avviene secondo due modalità: subduzione cilena, col piano di subduzione debolmente inclinato e forti terremoti provocati da una placca oceanica discendente e la placca continentale in direzione della fossa. Quando il sistema arco-fossa evolve verso il continente ampliandosi, si ha una subduzione del tipo delle Marianne, con il piano di Benhioff verticalizzato e alle spalle dell'arco si crea una sorta di depressione con risalita di materiale dal mantello con possibilità di apertura di tipo oceanico (cfr. fot. 47).

I processi orogenici sono ricollegabili ai margini continentali attivi dove si verificano i fenomeni di subduzione.


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