|
Appunti superiori |
|
Visite: 2482 | Gradito: | [ Grande appunti ] |
Leggi anche appunti:SingaporeSingapore Repubblica (Republik Singapura) dell'Asia meridionale, costituita Bolivia, Morales nazionalizza gas e petrolioBolivia, Morales nazionalizza gas e petrolio La Paz, 2 mag. (Adnkronos/Ign) New YorkNew York 1) INTRODUCTION 2) |
Le analisi di stabilità sono state condotte con metodologie differenti riconducibili al tipo di schematizzazione assunta per l'ammasso roccioso quali i metodi del continuo equivalente o del discontinuo scelta a seconda della scala del problema esaminato e della qualità dell'ammasso roccioso stesso.
Tale scelta è stata dettata dalla necessità di valutare sia le condizioni di stabilità locali, sia quelle globali: per le prime è più utile un approccio del discontinuo che verifica localmente la possibilità che si formino cinematismi su discontinuità preesistenti; nel secondo caso si deve analizzare globalmente lo stato tensionale indotto dall'interazione tra gli scavi delle cave e lo stato tensionale naturale.
In particolare sono stati analizzati gli imbocchi, le pareti e i pilastri con il metodo del blocco chiave per verificare il possibile distacco di blocchi lungo discontinuità preesistenti ed è stato impiegato il metodo degli elementi finiti per l'analisi dei singoli pilastri e dell'intera coltivazione.
Le analisi condotte con il metodo del blocco chiave portano all'individuazione dei volumi potenzialmente instabili e delle forze necessarie per la loro stabilizzazione. Di tali blocchi è stato poi analizzato il percorsi di caduta per verificare le zone di accumulo degli stessi.
Le analisi di stabilità dei cumuli di discarica posto al piede dei pilastri sono state svolte separatamente utilizzando il metodo dell'equilibrio limite globale.
I risultati delle analisi globali dell'insieme dei pilastri e delle solette condotte con il metodo degli elementi finiti sono state poi confrontate con le misure di stato tensionale effettuate in sito tramite i martinetti piatti per stimare le condizioni di stabilità globale delle coltivazioni.
Parte essenziale della teoria dei blocchi (Shi & Goodman, 1981) è l'analisi dei sistemi di discontinuità esposte sulle superfici di scavo. Queste ultime, intersecando le discontinuità, originano solidi di varia configurazione che, in rapporto sia alle forze esterne applicate, sia alle resistenze mobilitabili, possono distaccarsi dalla parete di scavo ed essere quindi in condizioni critiche per la stabilità. Scopo della teoria è quindi l'identificazione di quei blocchi critici che, in mancanza di un adeguato contrasto, liberano altri blocchi presenti in prossimità dello scavo ed innescano il collasso della struttura rocciosa. Il blocco posto nella posizione più pericolosa, quindi il primo blocco che si staccherà, è definito «blocco chiave». Se il blocco potenzialmente pericoloso (blocco chiave) viene individuato prima che il movimento inizi, e se viene assicurata la sua stabilità, non vi saranno movimenti di altri blocchi. La teoria del blocco chiave trova quindi applicazione nell'analisi preventiva della stabilità di pareti rocciose. Utilizzando questa teoria è possibile pianificare schemi di rinforzo e scegliere opportune orientazioni per scavi che minimizzano o eliminano completamente la necessità di sostegni artificiali.
L'applicazione del metodo può essere eseguita sia con un procedimento di calcolo vettoriale, sia con un procedimento grafico. Per quanto riguarda il procedimento grafico, il metodo utilizza per la rappresentazione di linee e piani la proiezione stereografica equiangola. Tale tipo di proiezione rappresenta una particolare forma di prospettiva in cui esiste un unico fuoco di proiezione che si fa coincidere con uno dei due poli della sfera di proiezione, in questo caso il polo inferiore. Caratteristiche principali di questo metodo sono: i piani che proiettano come cerchi e le linee che si hanno come intersezioni di questi ultimi che proiettano come punti; la proiezione conserva inoltre gli angoli tra i piani.
La figura 1 riporta il meccanismo di proiezione stereografica di un piano e della sua normale (a-b), di un vettore e del suo opposto (c-e).
Figura 1. Rappresenta la sezione della sfera di riferimento, disegnata lungo il piano di massima inclinazione; AB è il diametro della circonferenza ottenuta dall'intersezione tra la sfera di riferimento e il piano di proiezione. I punti A e B proiettano, rispetto al fuoco F, in A0 e B0, rispettivamente dentro e fuori dal cerchio di riferimento. N.B. Tutte le direzioni che intersecano la semisfera superiore vengono proiettate all'interno della sfera di riferimento, mentre le direzioni che intersecano la semisfera inferiore proiettano fuori (da Cravero e Giani, 1988).
I presupposti su cui si
fonda il metodo sono: superfici di discontinuità perfettamente piane, continue
almeno all'interno dei blocchi e caratterizzate da orientamento definito a
priori; blocchi indeformabili; possibilità di movimento senza interferenze di
blocchi adiacenti. Il metodo dei blocchi
distingue i blocchi interni alla massa rocciosa (JB) dai blocchi che si
affacciano sulle superfici di scavo (JP). Questi ultimi si suddividono a loro
volta in blocchi finiti e blocchi infiniti. Vengono definiti come infiniti quei
blocchi in cui la regione di direzioni comuni dei piani di discontinuità non
giace interamente nella SP (space pyramid, cioè il semispazio esterno al
fronte), mentre sono finiti quei blocchi in cui la regione di direzioni comuni
dei piani di discontinuità giace interamente nella SP. I blocchi finiti a loro
volta possono essere rimuovibili o non rimuovibili. I blocchi rimuovibili sono
ulteriormente suddivisibili in: blocchi comunque stabili, blocchi stabili
grazie alla resistenza a taglio sulle discontinuità e blocchi instabili (key
blocks). Se i piani di discontinuità sono ad esempio 4, i blocchi saranno
definiti da 4 cifre che possono essere 0 o
BLOCCO
FINITO BLOCCO
INFINITO
Figura 2.a. Due possibili tipi di intersezione tra la traccia della superficie di scavo e la traccia dei 2 giunti;
Figura 2.b. Intersezione dei piani in un'origine comune (da Cravero e Giani, 1988).
Blocchi infiniti (i giunti non si intersecano all'interno della massa rocciosa) e finiti. I blocchi sono caratterizzati da 2 giunti e da una superficie di scavo.
Per comprendere se un blocco è finito o infinito, i giunti vengono fatti traslare verso un'origine comune. Si definiscono:
SP (Space Pyramid): spazio libero o vuoto esterno alla superficie di scavo (direzioni verso lo spazio libero al di fuori della massa rocciosa)
EP (Excavation Pyramid): spazio occupato dalla massa rocciosa (direzioni all'interno della massa rocciosa)
La piramide del blocco BP può essere ottenuta dall'intersezione () della piramide delle discontinuità JP con la piramide di scavo EP:
BP = JP EP
Un blocco è finito se e solo se:
JP EP = 0
Questa condizione equivale a dire che un blocco è finito se, e solo se, la piramide dei giunti è interamente contenuta nella SP, cioè:
JP SP
La rimuovibilità di un blocco viene definite dalle seguenti condizioni:
un blocco convesso è rimovibile se la sua BP è vuota e la sua JP non è vuota;
un blocco convesso è non rimovibile se la sua BP è vuota e la sua JP è pure vuota , cioè non ci sono direzioni comuni.
Esempio di blocchi rimovibili e non rimovibili.
Figura 3.a. il blocco A è rimovibile; Figura 3.b. il blocco B è non rimovibile (da Shi eGoodman, 1985).
Proiezione sul piano N -S -E -W
Una piramide dei giunti appartenente ad una determinata piramide del blocco, è definita in una proiezione stereografica da una regione racchiusa entro porzioni di grandi cerchi. Anche in questo caso i blocchi FINITI e RIMUOVIBILI sono definiti come:
JP
JP SP
1) Sulla proiezione compaiono solo NR regioni:
NR = n (n - 1) + 2
dove:
n è il numero di sistemi di discontinuità, cioè solo i blocchi rimuovibili
(JP
Semispazio inferiore 1
Semispazio superiore 2
2) Il secondo criterio richiede che per la
rimuovibilità
Regioni di equilibrio
Al fine di definire le condizioni di stabilità di un blocco finito e rimuovibile è necessario confrontare le forze agenti con quelle reagenti. A tal fine può essere applicata una procedura grafica, al fine di determinare il valore dell'angolo di attrito in grado di mantenere stabile la piramide dei giunti, in relazione ad una potenziale condizione di scivolamento.
Figura 4. Scivolamento piano (da Shi e Goodman, 1985)
Il programma utilizzato per l'analisi e il calcolo dei blocchi, come detto precedentemente, è ROCK 3D.
Nella valutazione delle condizioni di stabilità dei fronti rocciosi presenta particolare difficoltà la determinazione delle caratteristiche geometriche dei blocchi potenzialmente instabili, che possono assumere forme tridimensionali piuttosto complesse.
Le discontinuità strutturali non hanno infatti un'estensione infinita, ma presentano una persistenza molto variabile, dipendente dal tipo litologico e dalla storia dello stato tensionale dell'ammasso roccioso. L'approccio classico, che consiste nella determinazione del massimo cuneo rimovibile che può formarsi a partire da una coppia di famiglie di discontinuità, usualmente adottato nelle analisi convenzionali con il metodo dell'equilibrio limite può, in presenza di una adeguata caratterizzazione geologico strutturale, essere integrato da una procedura che fornisca un maggior dettaglio della morfologia dei blocchi potenzialmente instabili anche al fine di ottenere più affidabili indicazioni sul dimensionamento degli eventuali interventi di sostegno. Tali solidi sono costituiti dall'unione dei poliedri elementari che soddisfano le condizioni di rimuovibilità secondo la 'key block theory' di Goodman e Shi descritta precedentemente.
Il programma è stato progettato per offrire la massima flessibilità, ed è perciò in grado di operare in svariate condizioni, potendo analizzare sia il semplice versante roccioso che i gradoni di cava ed i tetti piani di cavità sotterranee.
È possibile verificare sia la tirantatura individuale dei singoli poliedri di roccia, sia la chiodatura sistematica dell'intera opera. ROCK3D permette infine la costruzione stocastica di mappe di tracce di discontinuità a partire dalla distribuzione delle caratteristiche strutturali delle famiglie di discontinuità: in tal modo è possibile analizzare il comportamento del profilo finale di scavo incorporando le informazioni ottenute dal rilievo geostrutturale di dettaglio effettuato su un versante naturale o su una parete di scavo a cielo aperto o in sotterraneo.
La prima parte del programma è destinata all'introduzione dei dati iniziali necessari al calcolo.
L'acquisizione dei dati viene effettuata introducendo la giacitura delle discontinuità e le coordinate (x,y) degli estremi delle tracce da essa prodotte. Gli altri dati sono calcolati automaticamente conoscendo la geometria del fronte, del gradone o del cavo sotterraneo. Occorre inoltre inserire le caratteristiche geotecniche dell'ammasso roccioso, ed in particolare i parametri di resistenza al taglio lungo le discontinuità, necessarie per le valutazioni di stabilità e per la progettazione delle opere di rinforzo.
Dopo aver descritto le discontinuità è prevista una fase di clustering (analisi dei gruoppi di discontinuità effettuato attraverso procedure di aggregazione gerarchiche e non gerarchiche) che permette il riconoscimento delle famiglie principali. Questa operazione è necessaria per la successiva fase di elaborazione, in quanto il riconoscimento dei cinematismi è basato su un approccio teorico che presume la presenza di famiglie di discontinuità subparallele.
Utilizzando la teoria dei blocchi di Goodman e Shi vengono riconosciuti i possibili cinematismi dei blocchi instabili e valutate le condizioni di stabilità, in termini di equilibrio limite, associate a ciascuno di essi. Questa analisi è basata sull'ipotesi che ad ogni cinematismo (distacco, scivolamento su uno o due piani) sia possibile associare, qualora la geometria del reticolo di discontinuità lo consenta, un ben definito volume di roccia, anche di forma complessa.
Per il cinematismo selezionato il programma determina, in base alle tracce delle discontinuità rilevate sul versante, sul gradone o sul tetto della cavità sotterranea, i massimi contorni chiusi, non connessi tra loro, utilizzando solo le discontinuità connesse compatibili con il cinematismo in esame. Questa fase dell'analisi e la successiva devono essere ripetute per ogni possibile cinematismo, ricercando così le condizioni di instabilità più gravose.
Il programma opzionalmente genera una mappa di discontinuità pseudocasuali che rispetta la distribuzione statistica delle frequenze e delle persistenze misurate sul versante naturale. In tal modo è possibile effettuare un certo numero di simulazioni per prevedere il comportamento di fronti rocciosi prima di eseguire i lavori di sbancamento.
La fase successiva dell'elaborazione è indirizzata alla completa ricostruzione geometrica dei blocchi complessi. Il programma determina il solido derivato dall'unione di tutti i poliedri elementari contenuti entro i contorni chiusi, eventualmente anche separati, identificati nella sezione precedente. Di ciascuno blocco complesso ROCK3D calcola quindi i volumi e le superfici.
Selezionando questo comando viene presentata la proiezione stereografica sulla semisfera superiore delle discontinuità introdotte tramite il comando Rilievo Geostrutturale del menu Edizione, indicando i cluster con cerchi di diametro proporzionale al logaritmo del numero di piani aventi al stessa giacitura.
Per il riconoscimento delle famiglie vengono utilizzate procedure di aggregazione gerarchica e non gerarchica. Questa operazione, essendo utilizzata la sola giacitura, può essere eseguita anche qualora non siano stati introdotti i valori relativi alla posizione ed alla lunghezza delle discontinuità. Essa è peraltro necessaria alle successive fasi di elaborazione in quanto il riconoscimento dei cinematismi è basato su un approccio teorico che presume la presenza di famiglie di discontinuità subparallele.
Il clustering è una tecnica di analisi multidimensionale che permette lo studio di un insieme di campioni ed in particolare il riconoscimento all'interno di esso dei 'cluster', cioè di gruppi di campioni con caratteristiche omogenee.
Esistono fondamentalmente due tecniche di clustering: il clustering gerarchico ed il clustering non gerarchico. Il clustering gerarchico consiste nella costruzione di un 'albero' attraverso un processo di aggregazione di cluster; nell'analisi di un insieme di 'n' campioni si assume come condizione iniziale la presenza di 'n' cluster contenenti ciascuno un singolo campione.
Ogni passo di elaborazione permette di aggregare i due cluster correntemente più vicini in un unico cluster; iterando 'n' volte questa operazione si giunge ad ottenere un unico grande cluster contenente 'n' campioni. Il passo successivo consiste nell'analisi dell'albero e nella scelta di un livello di aggregazione soddisfacente.
Questo risultato può essere ottenuto normalmente in due modi: selezionando un numero minimo di cluster oppure scegliendo una distanza massima accettabile. Si osservi infatti che, per il principio stesso di aggregazione impiegato, ogni nuovo passo associa due cluster più distanti di quanto lo fossero i due aggregati immediatamente prima.
Uno dei problemi fondamentali consiste nella scelta di un algoritmo per il calcolo della distanza tra i cluster; infatti, mentre la distanza tra due campioni può essere definita in modo univoco (cartesiana o angolare nel caso specifico di questo programma), la distanza tra gruppi di campioni è un concetto soggetto ad interpretazione.
In questo programma sono stati introdotti tre metodi diversi:
Media di Gruppo (Group Media): consiste nel calcolare la distanza tra le coppie di campioni che costituiscono il prodotto cartesiano dei due cluster, e quindi calcolarne il valore medio; è una metodologia che restituisce cluster piuttosto equilibrati spazialment, e dà buoni risultati per applicazioni di tipo generico.
Vicino Prossimo (Near Neighbour): tra tutte le coppie di campioni viene scelta quella la cui distanza è minima, e questa distanza viene utilizzata come distanza tra i cluster; questa metodologia permette di riconoscere cluster anche molto allungati, in quanto l'aspetto determinante per l'aggregazione è la regolarità della distribuzione lungo l'asse del cluster.
Vicino Lontano (Far Neighbour): tra tutte le coppie di campioni viene scelta quella la cui distanza è massima e questa distanza viene utilizzata come distanza tra i cluster; questa metodologia permette di riconoscere cluster piuttosto tozzi, in quanto l'elemento determinante nell'aggregazione non è tanto la regolarità della distribuzione, quanto il diametro della circonferenza che racchiude i cluster da aggregare.
Gli ultimi due metodi sono piuttosto 'estremi' e devono essere utilizzati con attenzione.
L'approccio del clustering non gerarchico è basato sulla iterazione di procedure volte ad 'ottimizzare' la distribuzione di cluster noti in modo approssimativo.
La metodologia utilizzata è basata sui seguenti passi:
definizione di un angolo limite: rappresenta un limite di 'accettabilità' dei singoli campioni all'interno dei cluster;
calcolo del centroide del cluster come correntemente definito;
verifica degli elementi: si controlla, in base alla distanza angolare limite dal centroide calcolato, quali poli appartengano al cluster.
Si ripetono i passi (2) e (3) fino a quando nessuno dei cluster viene più modificato, cioè si è raggiunta la convergenza. Questo calcolo viene naturalmente eseguito in parallelo su tutti i cluster, in quanto un campione appartiene potenzialmente al cluster il cui centroide è più vicino e vi appartiene effettivamente se la distanza angolare da esso è inferiore a quella limite; è quindi possibile che durante l'iterazione della procedura alcuni campioni vengano esclusi da qualunque cluster, mentre altri semplicemente migrino dall'uno all'altro.
L'importanza di questo approccio, in particolare nelle applicazioni geomeccaniche dove un polo può rappresentare un gruppo talora numeroso di discontinuità iso-orientate, consiste nel fatto che, mentre il clustering gerarchico è una procedura puramente geometrica, quello non gerarchico tiene conto anche della densità dei poli e quindi permette la migrazione del centroide verso le zone più dense.
Per contro lo svantaggio del clustering non gerarchico è l'approccio 'isotropo' al problema, in quanto non tenendo conto di sviluppi approssimativi lineari esso tende a ridurre gli effetti dell'aggregazione gerarchica, in particolare qualora sia stato usato il metodo del Vicino Prossimo.
Un problema generale assai importante nel clustering è quello dei cosiddetti 'outsider'; si tratta di campioni apparentemente non appartenenti a nessun cluster o a cluster molto piccoli rispetto a quelli principali. Questi campioni dovrebbero essere sottoposti ad accurate analisi per valutarne la provenienza e l'importanza: oltre che da eventuali errori di lettura e trascrizione possono infatti costituire una sorta di 'rumore di fondo', ad esempio nel caso geomeccanico potrebbero essere costituiti da discontinuità disposte in modo casuale che, in quanto tali non sono ripetute e sono insignificanti ai fini di eventuali successive elaborazioni. Essi però possono anche essere un indicatore di fenomeni importanti e significativi quantunque singolari, un classico esempio nei rilievi geostrutturali è quello delle faglie.
In ogni caso il programma non ammette la presenza di outsider ma richiede che tutte le discontinuità siano aggregate ad una famiglia.
Si seleziona quindi un livello di aggregazione introducendo, nella finestra di dialogo che compare sulla sinistra del sul monitor, il numero di cluster da cui si desidera partire: viene riproposto il raggruppamento corrispondente che può essere incrementato o decrementato facendo click sulle frecce Aumenta e Riduci presenti nella finestra che compare sulla destra del monitor.
La fase successiva permette di effettuare la scelta dei cluster di cui tenere effettivamente conto.: facendo click sulle frecce Aumenta e Riduci il programma evidenzia i cluster in ordine decrescente di numero di punti di appartenenza; nella finestra presente sulla sinistra dello schermo vengono riportati il numero di gruppi considerati ed il numero di discontinuità appartenenti al cluster. Per confermare una configurazione è sufficiente digitare click sulla freccia OK. Il programma elabora quindi un centroide per ogni famiglia, terminando così la fase di clustering gerarchico.
Viene chiesta infine l'introduzione del valore dell'angolo che definisce l'apertura del cono all'interno del quale possono giacere i poli; sulla base di questo nuovo dato viene ricalcolato un nuovo centroide per ogni famiglia considerata fino a giungere ad una condizione di equilibrio. I centri vengono ricalcolati tenendo conto della densità dei cluster, ma in modo iterativo. Introducendo un valore pari a zero la fase di clustering non gerarchico viene saltata e la configurazione dei cluster resta immutata.
A questo punto è possibile confermare la selezione eseguita facendo click sul pulsante <Conferma> oppure eseguire invece nuove prove facendo click sul pulsante <Ritorna>, che riporta alla scelta del livello di aggregazione.
Il programma trascrive quindi i parametri caratteristici delle famiglie riconosciute all'interno nella tabella visualizzabile con il comando Parametri Famiglie del menu Edizione per permetterne la modifica.
Selezionando questo comando vengono riconosciuti, utilizzando la teoria dei blocchi di Goodman e Shi, tutti i possibili cinematismi dei blocchi instabili. Questa analisi è basata sull'ipotesi che ad ogni cinematismo (distacco, scivolamento su uno o due piani) sia possibile associare, qualora la geometria del reticolo di discontinuità lo consenta, un ben definito volume di roccia, anche di forma complessa.
Il processo di analisi utilizzato in questa fase è articolato in tre diverse fasi:
riconoscimento di tutte le piramidi di roccia create dall'intersezione dei piani delle famiglie di discontinuità;
riconoscimento di quelle che, in ragione delle forze esterne applicate, sono soggette a possibili movimenti;
riconoscimento fra queste ultime dei blocchi rimuovibili che, in ragione della loro posizione, possono essere in condizioni critiche per la stabilità.
Il programma utilizza per la rappresentazione grafica di linee e piani la proiezione stereografica equiangola sulla semisfera superiore. Questa proiezione, come è noto, utilizza un unico fuoco di proiezione coincidente con uno dei due poli della sfera di proiezione, in questo caso il polo inferiore. Le tracce degli oggetti da proiettare vengono quindi riportate sul piano equatoriale, utilizzato come piano di proiezione. Caratteristici di questo tipo di proiezione sono i piani che proiettano come cerchi, le linee di intersezione dei piani che sono i punti di intersezione dei cerchi; la proiezione conserva inoltre gli angoli tra i piani. Tutte le direzioni che intercettano la semisfera superiore proiettano entro il cerchio di proiezione mentre tutte le direzioni che intercettano la semisfera inferiore proiettano all'esterno. Si può quindi evidenziare un fatto fondamentale per la teoria dei blocchi: tutte le direzioni uscenti dal centro della sfera, che giacciono all'interno della circonferenza di riferimento, sono rivolte verso l'alto, tutte le direzioni esterne alla circonferenza sono rivolte verso il basso.' (Giani, 1988)
Elaborata la proiezione il programma propone a video il relativo diagramma per permettere la selezione della piramide dei blocchi di cui si desidera analizzare i possibili cinematismi.
Nei diagrammi si utilizzano le seguenti convenzioni:
- il cerchio puntinato rappresenta il cerchio di riferimento;
- il cerchio tratteggiato rappresenta la proiezione del fronte;
- i cerchi costruiti con linee continue rappresentano le proiezioni dei piani delle famiglie;
- a ciascun piano è associato un numero progressivo contenuto all'interno di un quadratino.
Con il termine di Joint Pyramid (JP) o piramide dei giunti si intende la sequenza dei semispazi creati dai piani di discontinuità che definiscono delle piramidi di roccia che si affacciano sulle superfici di scavo. Se a queste piramidi, le cui facce si estendono indefinitamente, si aggiunge la superficie di scavo si ottiene la piramide dei blocchi o Block Pyramid (BP).
Come già detto nella prima fase il programma determina tutte le piramidi di roccia (JP) che vengono create in base all'intersezione dei piani calcolati, verificando nella seconda fase se esse siano rimovibili in base alla direzione della forza applicata, che in questo caso è la sola forza di gravità ed è pertanto rivolta verso il basso.
Sono definite come rimuovibili quelle piramidi che per effetto della forza di gravità tendono ad un distacco o ad uno scivolamento in direzione del loro vertice.
Nella figura 5 è riportato un esempio di rappresentazione grafica delle famiglie di discontinuità sulla sfera con proiezione stereografica equiangola: il cerchio puntinato rappresenta il piano equatoriale della sfera di rappresentazione mentre il cerchio tratteggiato il piano del fronte. I punti di intersezione delle circonferenze che proiettano i piani di discontinuità rappresentano le rette di intersezione dei piani.
Figura Esempio di rappresentazione grafica delle famiglie di discontinuità sulla sfera con proiezione stereografica equiangola. (da Cravero e Giani, 1988)
In queste due fasi il programma, lavorando su piramidi di roccia e non su blocchi astrae, nella determinazione delle piramidi rimovibili, dalla posizione del fronte.
Con l'introduzione nel calcolo della variabile definita dalla giacitura del fronte si inizia l'ultima fase: vengono quindi analizzate tutte le piramidi rimuovibili per determinare quali fra queste vengano tagliate dal piano del fronte in modo tale che si possa generare un blocco con un possibile sfogo verso la superficie libera.
Al codice della JP si aggiunge quindi una ulteriore cifra; anche in questo caso il codice da usare è 0 (zero) se la BP è posizionata al disopra del semispazio definito dal piano del fronte, 1 (uno) se si trovi al disotto.
Sono rimovibili tutte le JP aventi almeno un vertice che fuoriesce dal cerchio di riferimento, mentre sono stabili quelle con tutti i vertici contenuti nel cerchio di riferimento. Perché la BP sia rimovibile è necessario che tutti i vertici della base siano:
- contenuti all'interno del cerchio rappresentante il fronte nel caso in cui la roccia si trovi al di sotto del fronte stesso;
- esterni al cerchio rappresentante il fronte nel caso in cui la roccia si trovi al di sopra del fronte (fronte aggettante).
Nell'esempio riportato nella figura precedente si è analizzato il caso di un fronte a tetto: in questo caso devono essere analizzate, in quanto rimuovibili, tutte le JP (formate dall'intersezione delle circonferenze proiettate dai piani di discontinuità) completamente esterne al cerchio di rappresentazione del fronte (cioè le JP. 1111, 1011 e 1101).
Poiché la roccia si trova nel semispazio al di sopra del fronte il codice da utilizzare per la chiusura della JP (e la conseguente trasformazione in BP) sarà il codice 0.
Le BP da analizzare saranno pertanto la 11110, la 10110 e la 11010 (figura 6).
Il programma presenta quindi il secondo diagramma elaborato, del tutto simile al precedente tranne che per i codici utilizzati per distinguere le BP: in questo caso, infatti, a ciascuna di esse sarà associato il codice del cinematismo ovvero il piano, od i piani, sui quali avviene il possibile scivolamento. È inoltre utilizzato il codice 0 (zero) per indicare il distacco senza scivolamento, ad esempio un distacco e caduta di un cuneo dal tetto di una cavità sotterranea. L'assenza di codici indica una condizione di non rimuovibilità cinematica, sempre in riferimento alla direzione della forza applicata.
Figura 6. Indicazione delle piramidi dei blocchi (da Cravero e Giani, 1988)
Il codice di calcolo permette la generazione delle mappe delle discontinuità reali. Partendo dai dati del rilievo geostrutturale il programma elabora la mappa delle tracce, ipotizzando il parallelismo delle discontinuità appartenenti alla medesima famiglia, ed evidenzia, per la BP scelta, i massimi contorni chiusi dei blocchi rimuovibili.
Per poter eseguire questo comando è ovviamente necessario che siano stati indicati, in sede di introduzione dei dati, la disposizione e la lunghezza delle singole discontinuità.
A questo punto è possibile passare alla fase di calcolo dei volumi dei blocchi oppure scegliere una diversa piramide dei blocchi, utilizzando i relativi comandi di questo stesso menu.
Il codice di calcolo permette la generazione di mappe delle discontinuità casuali. Partendo dai dati del rilievo geostrutturale il programma elabora una mappa di tracce pseudocasuali sulla base del numero di discontinuità note e della loro lunghezza, mappa che rispetta quindi la distribuzione statistica delle frequenze e delle persistenze misurate sul versante naturale.
Per ogni discontinuità viene calcolata una nuova posizione, parallela a quella reale nel caso in cui non sia stata precedentemente modificata la giacitura del fronte. Qualora si modifichino i parametri generali del fronte prima dell'esecuzione di questo comando, non saranno ovviamente mantenuti tali presupposti di parallelismo per le nuove posizioni casuali. Nel caso in cui non siano note le lunghezze esse saranno determinate arbitrariamente dal programma.
Viene innanzitutto chiesto di definire un nuovo nome per la serie di dati generati casualmente, così che non vengano sovrascritti i dati relativi alla mappa reale.
Per l'ultimo cinematismo selezionato il programma determina, in base alle tracce delle discontinuità, i massimi contorni chiusi, non connessi tra loro, utilizzando solo le discontinuità connesse compatibili con il cinematismo in esame. Questa fase dell'analisi e la successiva devono essere ripetute per ogni possibile cinematismo, ricercando così le condizioni di instabilità più gravose.
A questo punto è possibile passare alla fase di calcolo dei volumi dei blocchi oppure scegliere una diversa piramide dei blocchi, utilizzando i relativi comandi di questo stesso menu. In quest'ultimo caso è necessario ricordare che, per analizzare tutti i possibili cinematismi della mappa creata, occorre utilizzare nei calcoli dei restanti cinematismi il comando 'Calcoli su Mappe Reali' e non il comando 'Calcoli su Mappe Casuali' che porterebbe alla generazione di una nuova mappa.
La produzione di diverse mappe casuali permette di valutare, ipotizzando ovviamente la continuità delle caratteristiche della roccia, un vasto numero di distribuzioni delle discontinuità all'interno dell'ammasso, operazione particolarmente utile nel caso in cui si debbano progettare interventi di sostegno su di un fronte non ancora a vista.
Il programma determina il solido derivato dall'unione di tutti i poliedri elementari contenuti entro i contorni chiusi, eventualmente anche separati, identificati nella sezione precedente. Di ciascun blocco complesso calcola quindi il volume e le superfici di ciascuna faccia, a cui viene associata la famiglia di appartenenza ed il fattore di sicurezza in condizioni naturali. L'analisi della stabilità prescinde dalla possibile rotazione dei blocchi.
L'elaborazione prosegue con il calcolo della tirantatura, sistematica o individuale per ciascun poliedro elementare, necessaria al conseguimento delle condizioni di stabilità desiderate. In alternativa è possibile ipotizzare una tirantatura sistematica e verificarne quindi l'efficienza; questa opzione si rivela particolarmente utile allorché, essendo state generate mappe di discontinuità pseudocasuali, non sia possibile o non risulti conveniente progettare la tirantatura individuale dei singoli blocchi.
L'area oggetto di studio è caratterizzata da numerose fratture per le quali, durante la prestazione di consulenza, sono state compilate apposite schede descrittive che ne riassumono tutte le caratteristiche principali.
Per la Cava Danzi sono state rilevate discontinuità a direzione prevalente NNE - SSW e media N-S ad elevato angolo di inclinazione associato ad un insieme a direzione media ESE - WNW nella parte settentrionale dell'area variante a E - W / ENE - WSW nella parte meridionale sempre ad elevata inclinazione
Come primo passo sono
stati individuati sulla tavola autocad (Figura 7), rappresentante le principali
discontinuità presenti nella cava, tre aree circolari di
In seguito si sono aggiunti tre riquadri, di dimensioni diverse fra loro, che rappresentano il tetto di ciascuna entrata. Il problema considerato è infatti il caso di un fronte a tetto, quindi tutte le fratture analizzate sono quelle che si trovano all'interno dei sopra citati riquadri. L'analisi è stata eseguita con il programma Rock 3D che, come prima operazione, prevede l'introduzione dei dati necessari al programma per le analisi di stabilità. Inizialmente è stata compilata la scheda del rilievo geostrutturale con la quale si è effettuata l'archiviazione dei dati geometrici e geomeccanici, inserendo, per ogni discontinuità, l'inclinazione, espressa in gradi rispetto all'orizzontale, la direzione di immersione, in gradi, indicata in senso orario rispetto al Nord, entrambe ricavate dalle schede descrittive, e la posizione della discontinuità nel fonte (ascissa e ordinata). Il programma prevede che sia utilizzato un sistema cartesiano di coordinate locali (riquadri rossi presenti in Figura 7) con l'origine posta nell'angolo in basso a sinistra del fronte; l'asse X segue la base del fonte stesso mentre l'asse Y segue il lato sinistro qualunque sia la sua inclinazione. Per definire la posizione delle discontinuità, all'interno del fronte, è stato necessario indicare il punto di partenza: per le discontinuità subverticali tale punto deve essere obbligatoriamente il più basso, nel caso di tracce parallele all'asse X il punto di partenza è all'estremità sinistra del riquadro. In ultimo sono state inserite le lunghezze delle discontinuità, definite in metri, l'angolo d'attrito e la coesione.
Successivamente sono stati individuati i parametri geomeccanici delle famiglie provenienti dalla fase di analisi dei cluster eseguita dal programma; di ogni famiglia vengono riportati la giacitura e i parametri geomeccanici medi, derivati dalle informazioni presenti nella scheda del rilievo geostrutturale.
L'analisi di stabilità è stata condotta per cinematismi generati da 4 e 5 famiglie a seconda di come, dalla distribuzione statistica dei poli, risultava più opportuno l'aggregazione.
In fine sono state definite le caratteristiche geometriche del fronte (peso del volume naturale della roccia in kN/m3, inclinazione e immersione in gradi, larghezza misurata orizzontalmente alla base e l'altezza misurata nel piano verticale parallelamente al fronte) sul quale sono state rilevate le tracce delle discontinuità.
Figura 7. Posizione degli imbocchi analizzati nella cava Danzi.
Imbocco Basso Cava Danzi
Dimensioni riquadro: - altezza
Diametro circonferenza :
Tabella 1. Dati relativi alle fratture analizzate (imbocco basso)
N° discontinuità |
Inclinazione |
Dir. immers. |
Ascissa |
Ordinata |
Lunghezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Caratteristiche giunti
Tabella 2. Caratteristiche giunti imbocco basso (5 famiglie).
Spaziatura |
Distanza |
Persistenza |
Inclinazione |
Direzione d'immersione |
Denominazione famiglia |
|
|
|
|
|
A |
|
|
|
|
|
B |
|
|
|
|
|
C |
|
|
|
|
|
D |
|
|
|
|
|
E |
Tabella 3. Caratteristiche giunti imbocco basso (4 famiglie).
Spaziatura |
Distanza |
Persistenza |
Inclinazione |
Direzione d'immersione |
Denominazione famiglia |
|
|
|
|
|
F |
|
|
|
|
|
G |
|
|
|
|
|
H |
|
|
|
|
|
I |
Figura 8. Diagrammi di ugual frequenza di poli rilevati nella Cava
Figura 9. Cerchi meridiani e poli delle famiglie di discontinuità individuate mediante l'analisi dei cluster
Imbocco Centrale Cava Danzi
Dimensioni riquadro: - altezza
Diametro circonferenza :
Tabella 4. Dati relativi alle discontinuità analizzate (imbocco centrale).
N° discontinuità |
Inclinazione |
Dir immers. |
Ascissa |
Ordinata |
Lunghezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Caratteristiche giunti
Tabella 6. Caratteristiche giunti imbocco centrale (5 famiglie).
Spaziatura |
Distanza |
Persistenza |
Inclinazione |
Direzione d'immersione |
Denominazione Famiglia |
|
|
|
|
|
L |
|
|
|
|
|
M |
|
|
|
|
|
N |
|
|
|
|
|
O |
|
|
|
|
|
P |
Tabella 7. Caratteristiche giunti imbocco centrale (4 famiglie).
Spaziatura |
Distanza |
Persistenza |
Inclinazione |
Direzione d'immersione |
Denominazione Famiglia |
|
|
|
|
|
Q |
|
|
|
|
|
R |
|
|
|
|
|
S |
|
|
|
|
|
T |
Figura 10. Diagrammi di ugual frequenza di poli rilevati nella Cava Danzi imbocco centrale
Figura 11. Cerchi meridiani e poli delle famiglie di discontinuità individuate mediante l'analisi dei cluster
Imbocco Alto Cava Danzi
Dimensioni riquadro: - altezza 34 -
larghezza
Diametro circonferenza :
Tabella 8. Dati relativi alle fratture analizzate (imbocco alto).
N° discontinuità |
inclinazione |
dir. immers. |
ascissa |
ordinata |
lunghezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Caratteristiche giunti
Tabella 9. Caratteristiche giunti imbocco alto (5 famiglie).
Spaziatura |
Distanza |
Persistenza |
Inclinazione |
Direzione d'immersione |
Denominazione Famiglia |
|
|
|
|
|
U |
|
|
|
|
|
V |
|
|
|
|
|
Z |
|
|
|
|
|
W |
|
|
|
|
|
Y |
Tabella 10. Caratteristiche giunti imbocco alto (4 famiglie).
Spaziatura |
Distanza |
Persistenza |
Inclinazione |
Direzione d'immersione |
Denominazione Famiglia |
|
|
|
|
|
X |
|
|
|
|
|
A1 |
|
|
|
|
|
B1 |
|
|
|
|
|
C1 |
Figura 12. Diagrammi di ugual frequenza di poli rilevati nella Cava Danzi imbocco alto
Figura 13. Cerchi meridiani e poli delle famiglie di discontinuità individuate mediante l'analisi dei cluster
Calcolo dei potenziali blocchi instabili: Cava Danzi Imbocchi
Adottando la procedura precedentemente illustrata sono stati trattati separatamente i dati rilevati in corrispondenza di ogni imbocco, sono stati individuati i cinematismi e per ogni cinematismo individuato il programma ha determinato, in base alla tracce delle discontinuità rilevate sul tetto, i massimi contorni chiusi, non connessi tra loro, utilizzando solo le discontinuità compatibili con il cinematismo in esame. Questa fase e la successiva sono state ripetute per ogni possibile cinematismo, ricercando così le condizioni di instabilità più gravose.
Sono state in seguito generate mappe di discontinuità pseudocasuali che rispettano la distribuzione statistica delle frequenze e delle persistenze misurate sul tetto.
Successivamente si è svolta la completa ricostruzione geometrica dei blocchi complessi; il programma ha determinato il solido derivato dall'unione di tutti i poliedri elementari contenuti entro i contorni chiusi e per ciascuno di questi ha calcolato i volumi e le superfici.
Di seguito sono stati riportati tre esempi, uno per ogni imbocco, di analisi dei blocchi con il programma ROCK 3D. Di seguito viene riportato a titolo di esempio il caso di fronte a tetto dell'imbocco basso di cava Danzi. Successivamente sono riportate schematizzati i risultati ottenuti in tutti e tre gli imbocchi.
Nel caso di seguito descritto, sono state analizzate, in quanto removibili, tutte le JP formate dall'intersezione delle cerchi meridiani proiettate dei piani di discontinuità completamente esterne al cerchio di rappresentazione del fronte cioè le JP 10111, 11111, 11011, 01011, 10011, 00111. Poiché la roccia si trova nel semispazio al di sopra del fronte il codice utilizzato per la chiusura della JP è stato il codice 0.
Il programma ha realizzato un secondo diagramma simile al precedente tranne, che per i codici utilizzati, per distinguere le piramidi dei blocchi, ossia le piramidi dei giunti alle quali sono state aggiunte la superficie di scavo; in questo caso infatti a ciascuna di esse è stato associato il codice del cinematismo ovvero il piano, o i piani, sui quali avviene il possibile scivolamento.
Successivamente ROCK 3D partendo dai dati del rilievo geostrutturale ha elaborato una mappa di tracce pseudocasuali sulla base del numero di discontinuità note e della loro lunghezza, mappa che rispetta la distribuzione statistica delle frequenze e delle persistenze misurate.
Questa fase dell'analisi sono state ripetute per ogni possibile cinematismo, ricercando così le condizioni di instabilità più gravose.
A questo punto è stata ricostruita la geometria dei blocchi complessi e ne è stato calcolato il volume. Il programma ha determinato il solido derivato dall'unione di tutti i poliedri elementari contenuti entro i contorni chiusi trovati nella fase precedente. Di ciascun blocco è stato calcolato il volume e le superfici di ciascuna faccia a cui viene associata la famiglia di appartenenza e il fattore di sicurezza in condizioni naturali.
Figura 14. In alto a sinistra rappresentazione dei pian idi discontinuità in proiezione sferica; in alto a destra rappresentazione dei piani di discontinuità in proiezione equiangola e individuazione dei cinematismi, Tracce dei piani di discontinuità misurate in un rilievo, illustrazione esemplificativa di una piramide dei blocchi delimitata da più piani di discontinuità.
Terminata la fase relativa al calcolo dei blocchi si è analizzato per ciascun imbocco le direzioni di scivolamento (angolo di direzione e di immersione) dei blocchi potenzialmente instabili, il loro fattore di sicurezza ed il volume potenzialmente instabile.
Di seguito, nella tabella 11, sono riportati i risultati delle analisi di stabilità ottenuti per i tre imbocchi di Cava Danzi, considerando cautelativamente l'angolo d'attrito pari a 25° e coesione nulla. Per ogni imbocco si sono considerate aggregazioni a 4 e a 5 famiglie rispettivamente.
Tabella 11. Caratteristiche geometriche dei cinematismi individuati
imbocco |
n° cinematismi |
volume instabile [m3] |
n° blocchi |
Direzione di scivolamento |
Tipo di scivolamento |
FS |
|
basso 5 famiglie |
|
|
|
|
|
|
|
|
cinematismi |
vol. blocchi (m^3) |
n° blocchi |
|
|
|
|
|
|
|
|
A(56,65°/273,22°) |
B(87,97°/343,36°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
B(87,97°/343,36°) |
C(62,41°/234,89°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
A(56,65°/273,22°) |
|
2D |
<1 |
TOT |
|
|
|
|
|
|
|
basso 4 famiglie |
|
|
|
|
|
|
|
|
cinematismi |
vol. blocchi (m^3) |
n° blocchi |
|
|
|
|
|
|
|
|
F(56,65°/273,22°) |
I(87,97°/343,36°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
F(56,65°/273,22°) |
I(87,97°/343,36°) |
3D |
<1 |
TOT |
|
|
|
|
|
|
|
centrale 5 famiglie |
|
|
|
|
|
|
|
|
cinematismi |
vol. blocchi (m^3) |
n° blocchi |
|
|
|
|
|
|
|
|
O(88°/300°) |
P(44,89°/225,44°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
M(63,25°/243,51°) |
P(44,89°/225,44°) |
3D |
>1 |
TOT |
|
|
|
|
|
|
|
centrale 4 famiglie |
|
|
|
|
|
|
|
|
cinematismi |
vol. blocchi (m^3) |
n° blocchi |
|
|
|
|
|
|
|
|
R(55,62°/237,3°) |
O(88°/300°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
R(55,62°/237,3°) |
O(88°/300°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
R(55,62°/237,3°) |
O(88°/300°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
R(55,62°/237,3°) |
O(88°/300°) |
3D |
<1 |
TOT |
|
|
|
|
|
|
|
alto 5 famiglie |
|
|
|
|
|
|
|
|
cinematismi |
vol. blocchi (m^3) |
n° blocchi |
|
|
|
|
|
|
|
|
V(78,53°/340,21°) |
Z(78°/240°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
V(78,53°/340,21°) |
|
2D |
>1 |
|
|
|
|
U(16,22°/197,29°) |
W(85,77°/286,31°) |
3D |
>1 |
|
|
|
|
V(78,53°/340,21°) |
Z(78°/240°) |
3D |
<1 |
TOT |
|
|
|
|
|
|
|
alto 4 famiglie |
|
|
|
|
|
|
|
|
cinematismi |
vol. blocchi (m^3) |
n° blocchi |
|
|
|
|
|
|
|
|
A1(85,77°/286,31°) |
C1(78°/240°) |
3D |
<1 |
|
|
|
|
C1(78°/240°) |
|
2D |
<1 |
TOT |
|
|
|
|
|
|
|
Sono state inoltre condotte numerose analisi parametriche allo scopo di valutare l'influenza delle caratteristiche di resistenza delle discontinuità.
E' necessario evidenziare come le prove di taglio effettuate sulle discontinuità abbiano evidenziato valori di angolo di resistenza al taglio di picco e residuo rispettivamente di 54° e 41° circa e i rilievi effettuati abbiano evidenziato la presenza di discontinuità con persistenza inferiore al 100%.
I valori di alcuni parametri di resistenza al taglio come quelli dovuti alla dilatanza e alla resistenza delle asperità delle superfici rugose a contatto non sono stati considerati nell'assunzione del valore dell'angolo d'attrito pari a 25°, che è quindi da considerarsi come residuo. Questi incrementi alla resistenza a taglio offerti dalla dilatanza e dalla resistenza delle asperità non sono liberi da effetti di scala e dipendono dalle dimensioni delle aree delle superfici a contatto. Per tener conto di questi fattori l'analisi parametrica parte da un valore inferiore dell'angolo d'attrito e cresce fino a raggiungere il presumibile valore di picco in corrispondenza di blocchi più piccoli con superfici a contatto rugose.
Cava Danzi Imbocco basso
Di seguito sono riportati i diagrammi che rappresentano l'andamento del fattore di sicurezza in funzione della variazione di coesione (in questo caso la coesione ha il significato di apparente in quanto tiene conto della dilatanza e della resistenza delle asperità), con angolo d'attrito fissato (25°), e della variazione dell'angolo d'attrito, con coesione nulla (è questo il caso in cui entrano in gioco la dilatanza e la resistenza delle asperità). La presenza della coesione è stata analizzata per valutare l'effetto di discontinuità non completamente persistenti.
Per ogni retta ottenuta è stata poi trovata l'equazione di regressione.
Blocco 11011
Tabella 12. Verifica di stabilità del blocco 11011
coesione |
angolo d'attrito |
Volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 1 Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 16. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 10011
Tabella 13. Verifica di stabilità del blocco 10011
coesione |
angolo d'attrito |
Volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 17. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 18. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 01011
Tabella 14. Verifica di stabilità del blocco 01011
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 19. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 20. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 0111
Tabella 1 Verifica di stabilità del blocco 0111
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 21. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 22. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1111
Tabella 16. Verifica di stabilità del blocco 1111
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 23. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 24. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Cava Danzi Imbocco Centrale
Blocco 11010
Tabella 17. Verifica di stabilità del blocco 11010
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 2 Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 26. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 10010
Tabella 17. Verifica di stabilità del blocco 10010
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
Distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 27. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 28. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1001
Tabella 18. Verifica di stabilità del blocco 1001
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 29. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 30. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1000
Tabella 19. Verifica di stabilità del blocco 1000
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 31. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 32. Variazione del fattore di
sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1100
Tabella 20. Verifica di stabilità del blocco 1100
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 33. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 34. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1001
Tabella 21. Verifica di stabilità del blocco 1001
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 3 Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 36. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Cava Danzi Imbocco Alto
Blocco 10001
Tabella 22. Verifica di stabilità del blocco 10001
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 37. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 38. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 11000
Tabella 23. Verifica di stabilità del blocco 11000
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 39. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 40. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 11011
Tabella 24. Verifica di stabilità del blocco 11011
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 41. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 42. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 11001
Tabella 2 Verifica di stabilità del blocco 11001
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 43. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 44. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1110
Tabella 26. Verifica di stabilità del blocco 1110
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 4 Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 46. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Blocco 1010
Tabella 27. Verifica di stabilità del blocco 1010
coesione |
angolo d'attrito |
volume |
distanza dal fronte |
fattore di sicurezza |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Figura 47. Variazione del fattore di sicurezza al variare della coesione
Figura 48. Variazione del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Di seguito è riportato un esempio di diagrammi rappresentanti l'andamento del fattore di sicurezza in funzione di:
confrontando in ogni grafico tutti i blocchi appartenenti all'imbocco centrale nell'ipotesi di clustering in 4 e 5 famiglie di discontinuità.
I primi sono stati ottenuti ricavando, dall'equazione di regressione tra fattore di sicurezza e coesione, i valori previsti di coesione con fattore di sicurezza variante nell'intervallo [0,5;2] con passo 0, I secondi si sono ricavati dall'equazione di regressione fra fattore di sicurezza e angolo d'attrito, calcolando i valori previsti di angolo d'attrito con fattore di sicurezza variante nell'intervallo [0,5;2] con passo 0,
Ipotesi 5 sistemi - Imbocco centrale cava Danzi
Figure 49.a) Andamento fattore di sicurezza al variare della coesione 49.b Andamento del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Ipotesi 4 sistemi Imbocco centrale cava Danzi
Figure 50.a) Andamento fattore di sicurezza al variare della coesione 50.b Andamento del fattore di sicurezza al variare dell'angolo d'attrito
Analisi dei possibili cinematismi presso Cava Danzi Imbocco Basso
Le tabelle seguenti si riferiscono all'esame di possibili cinematismi ritrovati assumendo che tutte le discontinuità rilevate possano essere suddivise in 4 famiglie.
Tabella 28. Volumi potenzialmente instabili.
blocco |
m3 |
blocco 0111 |
|
blocco 1111 |
|
Tabella 29. Fattore di sicurezza = 1.
angolo d'attrito (φ) |
coesione |
|
|
|
|
Tabella 30. Fattore di sicurezza = 1,3.
angolo d'attrito (φ) |
coesione |
|
|
|
|
Figura 51. Carta della stabilità.
Dal diagramma si deduce che, al di sotto del valore di angolo d'attrito pari a 53,72°, si ha una condizione di instabilità. L'area di inviluppo, dove è presente l'equilibrio geometrico, ma non quello previsto da normativa, è compresa fra i valori di angolo d'attrito pari a 53,72 e 68,65 e fra i valori di coesione compresi fra 8,10 e 13,56. Al di sopra di un valore di angolo d'attrito pari a 68,65 si ha la condizione di equilibrio stabile con fattore di sicurezza maggiore uguale a 1,3.
Analisi dei possibili cinematismi presso Cava Danzi Imbocco Centrale
Le tabelle seguenti si riferiscono all'esame di possibili cinematismi ritrovati assumendo che tutte le discontinuità rilevate possano essere suddivise in 4 famiglie.
Tabella 31. Volumi potenzialmente instabili.
Blocco |
m^3 |
blocco 1001 |
|
blocco 1000 |
|
blocco1100 |
|
Tabella 32. Fattore di sicurezza = 1.
angolo d'attrito (φ) |
coesione |
|
|
|
|
|
|
Tabella 33. Fattore di sicurezza = 1,3.
angolo d'attrito (φ) |
coesione |
|
|
|
|
|
|
Figura 52. Carta della stabilità.
Dal diagramma si deduce che al di sotto del valore di angolo d'attrito pari a 44,51 si ha una condizione di instabilità. L'area di inviluppo, dove è presente l'equilibrio geometrico ma non quello previsto da normativa, è compresa fra i valori di angolo d'attrito pari a 44,51 e 56,65 e fra i valori di coesione compresi fra 30,38 e 32,92. Al di sopra di un valore di angolo d'attrito pari a 56,65 si ha la condizione di equilibrio stabile con fattore di sicurezza maggiore uguale a 1,3.
Dai risultati ottenuti e considerando le resistenze a taglio misurate tramite le prove di laboratorio condotte si può affermare che i blocchi considerati non sono in condizioni di stabilità nel caso di discontinuità completamente persistenti e cioè prive di coesione sia con angolo di attrito di picco che residuo.
Lo studio condotto sulla stabilità e verifica dei potenziali blocchi instabili si è osservato che:
è ben riconoscibile un sistema principale di discontinuità a direzione media variante da NNW-SSE a NNE-SSW, generalmente ad inclinazione elevata o prossima alla verticale con spaziatura plurimetrica, a cui si associa una famiglia a direzione media E-W anch'essa ad elevata inclinazione;
per quanto concerne i fenomeni di carsificazione associati alle fratture si nota che le discontinuità del sistema a direzione E-W, pur essendo in numero ridotto, sono in larga parte carsificate, mentre per quanto riguarda le fratture a direzione N-S la carsificazione é concentrata in genere limitatamente alla porzione settentrionale della cava;
nella porzione NE dell'area coltivata le fratture con direzione N-S delimitano una porzione di soletta sensibilmente ruotata; le fratture concentrate in tale area sono quelle in cui, in caso di precipitazioni intense e/o prolungate, si ha la circolazione idrica più rilevante con risposte quasi immediate all'evento.
Figura 53. Diagramma di ugual frequenza di concentrazioni polari
Figura 54. Proiezione stereografica delle discontinuità rilevate in cava Beltrami. I settori circolari rappresentano le aree in cui devono cadere le intersezioni dei piani affinchè possa verificarsi un cinematismo di scivolamento.
Lo studio si è articolato in tre fasi: una prima fase nella quale sono state considerate tutte le fratture presenti nella cava Beltrami, al fine di avere un quadro generale e complessivo delle possibili instabilità presenti, una seconda fase nella quale è stata condotta l'analisi di stabilità della parete e del pilastro, ed una terza fase più complessa, durante la quale è stata analizzata soltanto l'area in corrispondenza dell'imbocco, focalizzando quindi l'attenzione su di un'area più ristretta perché è quella maggiormente fratturata.
I dati descrittivi del fronte relativamente alla parete e al pilastro sono riportati di seguito:
Tabella 34. Descrizione del fronte (parete).
Peso di volume naturale della roccia (kN/m3) |
|
Inclinazione fronte (gradi) |
|
Immersione fronte (gradi) |
|
Larghezza del fronte (m) |
|
Altezza del fronte (m) |
|
Tabella 3 Descrizione del fronte (pilastro).
Peso di volume naturale della roccia (kN/m3) |
|
Inclinazione fronte (gradi) |
|
Immersione fronte (gradi) |
|
Larghezza del fronte (m) |
|
Altezza del fronte (m) |
|
La terza fase del lavoro, nella quale è stato preso in esame il tetto della cava in corrispondenza dell'area maggiormente fratturata, è stata eseguita come le precedenti con il programma ROCK 3D.
Le verifiche di stabilità sono principalmente relative agli imbocchi e alle zone di tetto della cava.
Poiché i dati di inclinazione e direzione d'immersione delle fratture analizzate non erano riportati nelle schede delle discontinuità in modo completo e univoco in quanto non tutte accessibili direttamente, prima di iniziare l'analisi con il programma Rock 3D è stato necessario eseguire una fase preliminare con il programma DIPS, attraverso il quale, seguendo la stessa procedura manuale usata con gli stereogrammi, è stato possibile individuare 5 famiglie di discontinuità per ognuna delle quali sono stati forniti i valori di dip e dip direction dei piani medi. Le discontinuità presenti all'interno del riquadro in esame sono state ricondotte a tre di queste famiglie individuate, ritenute le più persistenti (l'analisi è stata infatti condotta per cinematismi generati da 3 famiglie). L'analisi è stata eseguita 13 volte: la prima inserendo i valori dei piani medi, le restanti 12 considerando le variabilità dei 4 estremi dell'ellissoide per ognuna delle tre famiglie, ottenendo complessivamente 13 combinazioni. Le caratteristiche di resistenza considerate sono di attrito pari a 25° per l'angolo di resistenza a taglio e coesione variabile tra 0 e 300 kN/m3.
Tabella 36. Dati dei sistemi di discontinuità considerati nelle analisi
Famiglia |
Dip [°] |
Dip direction [°] |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Tabella 37. Dati relativi ai sistemi più persistenti e variabilità considerate.
Famiglia |
Dip [°] |
Dip direction [°] |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Di seguito sono riportati i
dati di descrizione del fronte relativi alla porzione di tetto della cava e le
13 combinazioni rappresentanti i dati di descrizione delle fratture individuate
all'interno del riquadro di
Tabella 38. Descrizione del fronte.
Peso di volume naturale della roccia (kN/m3) |
|
Inclinazione fronte [°] |
|
Immersione fronte [°] |
|
Larghezza del fronte [m] |
|
Altezza del fronte [m] |
|
Dopo aver inserito le caratteristiche geomeccaniche dell'ammasso roccioso, come illustrato nel precedente capitolo, è stata realizzata una fase di clustering che ha permesso il riconoscimento delle famiglie principali, cioè di gruppi di campioni con caratteristiche omogenee. Sono stati poi riconosciuti, utilizzando la teoria dei blocchi di Goodman e Shi, tutti i possibili cinematismi di instabilità dei blocchi.
Questa fase e la successiva sono state ripetute per ogni possibile cinematismo, ricercando così le condizioni di instabilità più gravose.
Sono state in seguito generate mappe di discontinuità pseudo-casuali, nelle quali è possibile riconoscere eventuali blocchi instabili presenti. Partendo quindi dai dati del rilievo geostrutturale il programma ha elaborato una mappa di tracce pseudocasuali sulla base del numero di discontinuità note e della loro lunghezza. Per quanto riguarda le prime due fasi del lavoro, cioè l'analisi del tetto e l'analisi di stabilità della parete e del pilastro, sono stati individuati potenziali blocchi instabili tranne che per il pilastro, per il quale non è stata individuata instabilità alcuna legata a instabilità lungo discontinuità preesistenti. Per quanto riguarda la terza fase, delle 13 combinazioni analizzate soltanto 5 hanno portato all'individuazione di blocchi rimovibili. Di seguito è stato riportato un esempio di analisi dei blocchi con il programma Rock 3D, fino all'individuazione del blocco instabile; il risultato finale, cioè la ricostruzione geometrica del blocco rimovibile è riportata nel capitolo successivo. L'esempio di seguito riportato è relativo all'analisi del tetto.
Dall'analisi di stabilità globale si sono rilevati 7 blocchi rimovibili, (piramide dei blocchi 1011). Nella tabella che segue sono riportate solo le informazioni relative alle facce dei blocchi caratterizzate da scivolamento.
Tabella 39. Caratteristiche geometriche dei blocchi di cui si è effettuata la verifica di stabilità.
Blocco |
Volume [m3] |
Faccia |
Area (m2) |
Angolo d'inclinazione |
Angolo d'immersione |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Il
blocco N° 2 della tabella 39 è il più grande in termini di dimensioni. Infatti
esso ha un volume pari a
L'analisi di stabilità che è stata condotta ha prodotto risultati che possono essere sinteticamente riassunti nel seguente modo:
Tabella 40. Analisi tetto.
BLOCCHI FINITI E RIMUOVIBILI |
BLOCCHI INSTABILI |
VOLUME MASSIMO BLOCCO INSTABILE [m3] |
VOLUME MEDIO BLOCCO INSTABILE [m3] |
--- 1111 |
|
|
|
Tabella 41. Analisi parete.
BLOCCHI FINITI E RIMUOVIBILI |
BLOCCHI INSTABILI |
VOLUME MASSIMO BLOCCO INSTABILE [m3] |
--- 1011 |
|
|
Delle 13 combinazioni studiate solo 5 hanno portato all'individuazione di blocchi rimovibili. Di queste è stato possibile solo individuare il blocco potenzialmente instabile, senza procedere alla ricostruzione geometrica di quest'ultimo probabilmente perché di dimensioni molto ridotte.
Per quanto
riguarda infine l'analisi condotta per il pilastro di
In corsivo si riportano le osservazioni effettuate in sito e riportate sulla relazione messa a punto dal Politecnico di Milano. I risultati ottenuti permettono di evidenziare, per le due cave in esame, quanto segue:
CAVA DANZI
Per le solette:
ammasso roccioso fratturato presso l'imbocco basso, in cui l'interazione fra le famiglie di discontinuità (N-S, E-W, superfici di stratificazione) determina la formazione di più elementi tabulari e prismatici a rischio di distacco e crollo.
Per l'imbocco centrale:
blocchi svincolati e
ribaltati presso il ponte in roccia (foto 6) unitamente a potenziali distacchi
di lastre dalla soletta di elementi di volume fino a
Per l'imbocco basso:
Numerosi blocchi, di volume variabile fra 10 e 15 dm3, sono "incastrati" nelle fratture e potenzialmente soggetti a crollo in seguito ad eventuali allargamenti delle fratture.
Si segnala, infine, la presenza di grossi blocchi di volume anche di svariati m3 crollati dalla parete e accumulatisi alla base della stessa.
Le analisi effettuate hanno mostrato che dalle solette di entrambe le cave si possono distaccare blocchi instabili di diverse dimensioni, variabili tra pochi decimetri cubi fino ad alcuni metri cubi. La loro stabilità può essere temporaneamente garantita dalla presenza di ponti di roccia dovuta alla non completa persistenza rilevata in sito e simulata nei calcoli da valori di coesione presenti sulla discontinuità.
Valori modesti di coesione sono infatti capaci di garantire la stabilità dei blocchi ma fenomeni evolutivi quali la carsificazione presente in questi ammassi può portare alla disgregazione dei ponti di roccia con la conseguente instabilità dei blocchi. Si ritiene quindi necessario provvedere alla consolidazione dei blocchi finiti e rimuovibili.
CAVA BELTRAMI
Le analisi effettuate con il metodo del blocco chiave hanno permesso l'individuazione di possibili instabilità del tetto determinate dall'intersezione delle discontinuità. In particolare il cinematismo più probabile appare essere quello definito e cioè delimitato da due piani appartenenti alle famiglie sub verticali. Tale blocco può assumere dimensioni variabili fino ad alcuni mc e la sua localizzazione appare realistica sull'imbocco in quanto sono presenti discontinuità appartenenti a tali sistemi. Si sottolinea che la persistenza delle discontinuità non permette di localizzare esattamente blocchi sul tetto in quanto non si può escludere, dalle tracce rilevate, una propagazione delle discontinuità presenti con identificazione di potenziali blocchi instabili
Pilastri di entrambe le cave:
Anche i pilastri di sostegno delle varie camere di coltivazione sono stati oggetto di un'analisi specifica.
Dall'analisi effettuata si evidenzia che:
le strutture di sostegno prossime al perimetro esterno della zona di coltivazione mostrano evidenze di rotture con distacco di elementi lastriformi soprattutto per l'azione del carico litostatico, in quanto le discontinuità non sono riconducibili alle famiglie di discontinuità rilevate nell'esecuzione dei rilievi geomeccanici;
fenomeni di distacco di lastre dalla faccia dei pilastri per l'azione del carico litostatico, nelle zone interne della cava, si riscontrano in modo evidente in corrispondenza del lato S del pilastro 16 della Cava Beltrami;
lastre in condizioni di equilibrio limite, completamente svincolate dall'intersezione della stratificazione con famiglie aventi direzione media di immersione N-S ed E-W (questi ultimi generalmente piuttosto fitti), si evidenziano soprattutto lungo i lati meridionali dei pilastri 15-16-18 della Cava Beltrami.
Le analisi di stabilità condotte hanno evidenziato come i sistemi presenti non determinano blocchi finiti e rimuovibili le instabilità osservate sembrano infatti dovute all'elevato carico agente analizzato successivamente dalle analisi ad elementi finiti.
Il metodo degli elementi finiti (Bathe e Wilson, 1982) è stato impiegato per svolgere analisi sforzi-deformazioni che hanno considerato: i singoli pilastri, più sezioni della cava, l'intera cava Danzi nella sua parte superiore.
Nel primo caso sono stati modellati singolarmente in campo tridimensionale tutti i pilastri dell'area in esame.
Le strutture rocciose discretizzate sono vincolate alla base e sono soggette ad una pressione verticale distribuita sulla sommità dei pilastri.
I carichi applicati sono quelli litostatici e tengono conto delle aree di influenza dei singoli pilastri.
Nel secondo caso i modelli messi a punto sono bidimensionali e rappresentano le strutture rocciose costituite da pilastri e solette attraversate da quindici sezioni verticali.
Nell'ultimo caso il modello è tridimensionale e discretezza l'intera massa rocciosa scavata con tutti i pilastri e le solette della cava Danzi nella parte superiore.
La legge di comportamento assunta per l'ammasso roccioso è elastica perfettamente plastica.
I modelli ad elementi finiti vengono validati attraverso il confronto tra i risultati del calcolo e le misure delle tensioni verticali effettuate sulle pareti dei pilastri con il metodo dei martinetti piatti.
Ricostruzione geometrica
I pilastri di cui è stata ricostruita la geometria sono situati in due cave, la cava Danzi-Bianchi-Pellagatta-Buzzi e la cava Danzi-Monti-Catella. Ognuno di essi è stato numerato e analizzato nell'ambito dello studio condotto sono stati analizzati i pilastri che sono stati numerati con numero variabile dal 19 al 73.
La ricostruzione geometrica dei pilastri viene effettuata mediante l'utilizzo di due programmi necessari per la ricostruzione tridimensionale degli elementi di sostegno delle camere. Il programma Autocad che ha permesso di ricostruire i pilastri in due dimensioni mentre e il Solid Edge ha reso possibile la ricostruzione dei volumi.
L'inizio del lavoro si è basato sul rilievo topografico, di seguito riportato, in cui sono collocati i pilastri all'interno delle camere; inoltre sono stati analizzati le solette di copertura e i piani alla base.
Figura 5 Planimetria dell'area di cava
Di seguito sono riportate le ricostruzioni di alcuni dei pilastri rilevati all'interno delle cave oggetto di studio.
Figura 56. Ricostruzione geometrica del pilastrio19.
Figura 57. Ricostruzione geometrica del pilastro 20.
Figura 58. Ricostruzione geometrica del pilastro 21.
Figura 59. Ricostruzione geometrica del pilastro 22.
Figura 60. Ricostruzione geometrica del pilastro 23.
Figura 61. Ricostruzione geometrica del pilastro 24.
Figura 62. Ricostruzione geometrica del pilastro 2
Figura 63. Ricostruzione geometrica del pilastro 26.
Figura 64. Ricostruzione geometrica del pilastro 27.
Figura 6 Ricostruzione geometrica del pilastro 28.
I modelli ad elementi finiti che rappresentano sezioni verticali della cava e quello tridimensionale sono state realizzate a seguito delle misure topografiche effettuate per determinare in più punti le altezze delle camere e le distanze tra i pilastri.
Il programma Autocad è stato poi utilizzato per avere poi una rappresentazione globale dell'insieme dei pilastri e delle solette.
Il codice di calcolo impiegato per le analisi FEM è il programma Abaqus.
Le simulazioni effettuate si sono svolte in diverse fasi.
Nel caso di analisi di un singolo pilastro la struttura discretizzata è stata prima soggetta al suo peso e poi ai carichi distribuiti che rappresentano il peso di competenza della massa rocciosa sovrastante.
Nel caso dei modelli piani e di quello tridimensionale la struttura è inizialmente costituita dalla massa rocciosa prima che venga scavata.
In una prima fase si assegna peso alla roccia in modo da ricostituire lo stato tensionale preesistente. Dal momento che i vuoti non sono a grande profondità, il modello geometrico si estende fino alla superficie di campagna.
Successivamente, come seguendo lo sviluppo della coltivazione, le camere sono state scavate lasciando in posto soltanto i pilastri nella loro configurazione geometrica attuale.
La figura 66 rappresenta la disposizione dei pilastri che sono stati abbandonati.
Come si può notare la disposizione geometrica dei pilastri è casuale ed il tetto e la soletta degli scavi hanno una lieve inclinazione rispetto all'orizzontale. Per questo motivo si è ritenuto necessario svolgere modellazioni numeriche così complesse dal punto di vista geometrico in quanto non esistono soluzioni analitiche utilizzabili.
Figura 66. Rappresentazione 3d dei pilastri
Analisi condotte con il programma di calcolo Abacus
L'analisi dei carichi agenti sui pilastri permette la successiva analisi dello stato tensionale di ogni singolo pilastro.
Lo studio è stato condotto per ogni singolo piedritto, di seguito tuttavia sono riportati a titolo d'esempio solo le analisi condotte sul pilastro 23 e 40.
Le caratteristiche di deformabilità e resistenza utilizzate per le analisi FEM sono quelle già riportate nel capitolo 4, relativo alla caratterizzazione geomeccanica dell'ammasso roccioso e sono riportate nella tabella seguente:
Caratteristiche meccaniche |
Valori numerici |
Modulo di deformazione |
7.83x109 [Pa] |
Rapporto di Poisson |
|
Peso specifico della |
27 [kPa/m] |
Legge di comportamento |
Elasto plastica |
Criterio di resistenza al taglio |
Mohr Coulomb |
Angolo di attrito |
|
Coesione |
3.00x105 [Pa] |
Tabella 42 Caratteristiche di deformabilità e resistenza dell'ammasso roccioso |
PILASTRO 23
Area pilastro = 4,58 = 458
Area d'influenza = 191,75 = 19175
Peso della soletta = 758,50
Quindi il carico agente sul pilastro 23 è dato da:
PILASTRO 40
Area pilastro = 5,145 = 514,5
Area d'influenza = 69,67 = 6967,00
Peso della soletta = 621,61
Quindi il carico agente sul pilastro 40 è dato da:
Figura 67. Discretizzazzione del pilastro 23
La fase successiva consiste nell'assegnazione delle caratteristiche geomeccaniche al solido: l'elasticità, il modulo di Young e il coefficiente di Poisson precedentemente determinati.
Successivamente si vanno ad inserire quelli che il programma chiama BCS e cioè i vincoli, che noi applichiamo soltanto alla base del pilastro, e i carichi precedentemente calcolati considerandoli come forze concentrate sul tetto del pilastro.
Figura 68. Rappresentazione dei vincoli applicati al pilastro 23
A seguito della definizione delle caratteristiche geomeccaniche il programma determina lo stato tensionale dell'elemento studiato. L'elaborazione ci permette di determinare quali sono i pilastri più sollecitati e quelli su cui è richiesto un intervento di messa in sicurezza
Figura 69. Curve di ugual valore della tensione verticale.
Figura 70. Curve di ugual valore della tensione orizzontale.
Le figure 67 e 68 riportano il reticolo ad elementi finiti, le condizioni di vincolo e quelle di carico assegnato del pilastro 23. Le figure 69 e 70 riportano i diagrammi di ugual valore delle tensioni verticali e orizzontali rispettivamente. Dall'esame di queste ultime due figure si può notare come la sollecitazione agente nel pilastro sia di presso-flessione in particolare la tensione verticale nel pilastro varia da un valore minimo pari a 0.12 MPa ad un valore massimo di 72 MPa con un valore medio pari a 3.92 MPa che rappresenta la tensione verticale che si sarebbe calcolata se il pilastro fosse stato verticale.
I risultati di un modello così messo a punto sono influenzati dal fatto che il carico agente su ogni singolo pilastro è relativo all'area di influenza calcolata senza tener conto di come possono distribuirsi gli sforzi a seguito della complessa morfologia degli scavi.
Figura 71. Planimetria della cava con indicazione delle sezioni di analisi
La figura 71 riporta la planimetria della cava e le sezioni che sono state esaminate con i modelli 2D FEM.
Per valutare lo stato di tensione globale nei pilastri sono stati messi a punto 16 modelli piani ad elementi finiti che discretizzano la massa rocciosa attraversata dalle 16 sezioni riportate nella planimetria 71. La tabella 43 riporta i numeri dei pilastri che sono stati considerati nei modelli FEM piani.
Sezione |
Pilastri attraversati dalla sezione |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Tabella 43 Pilastri attraversati dai modelli FEM
I risultati dei modelli FEM sono stati analizzati in modo da valutare i valori delle tensioni verticali calcolati nei corrispondenti punti in cui sono state condotte le prove con il martinetto piatto.
La tabella 44 di seguito riporta il confronto tra i dati misurati con le prove di martinetto piatto e i risultati delle tensioni verticali calcolati nei punti di misura con i modelli 2D.
I risultati mostrano un buon accordo con i dati sperimentali anche se il modello piano non ci permette di cogliere alcuni aspetti quali quelli della pressoflessione del pilastro e la maggior concentrazione di sforzi sulle parti di scavo dei pilastri. Il fenomeno della pressoflessione dei pilastri è già esaminato nei modelli che discretizzavano le singole strutture rocciose. L'aspetto della tridimensionalità del fenomeno verrà successivamente analizzato con dei modelli 3D che discretizzano intere parti di cava.
Location |
Pressure Recovery Flat jack tests [Mpa] |
Numerical Model outcomes [Mpa] |
State |
Pillar 13 |
|
|
Compression |
Pillar 23 |
|
|
Compression |
Pillar 40 |
|
|
Unloaded |
Pillar 54 |
|
|
Compression |
Pillar 63M |
|
|
Compression |
Pillar 63V |
|
|
Unloaded |
Pillar 65V |
|
|
Compression |
Tabella 44 Confronto tra tensioni verticali misurate e calcolate |
Allo scopo di esaminare anche le distribuzioni di tensioni sui tetti e sulle solette si fa riferimento in particolare alle sezioni 11, 12, 13 e 14. Le sezioni 11-12- 13 hanno direzione lungo lo sviluppo della cava mentre la 14 è ad esse perpendicolare.
Dall'esame delle tensioni verticali si può notare come sui tetti e sulle solette le tensioni verticali sono tendenzialmente più basse in quanto quasi perpendicolari alle facce di scavo. Le tensioni verticali sono maggiori sulle pareti, in particolare quando la parete è anch'essa verticale. I pilastri nella sezione 11 sono fortemente sollecitati al contatto con il tetto.
Nella zona di contatto tra soletta e pilastro la tensione verticale diminuisce. Nel caso della sez. 11 i pilastri collaborano alla stabilità.
Figura 72. Diagramma delle tensione verticale nella sezione 11.
Nella sezione 12 si può notare come le tensioni verticali assumono valori maggiori sulle pareti e nei due pilastri. Sul tetto e sulla soletta i valori maggiori delle tensioni verticali si hanno logicamente al contatto con i pilastri. Si noti come a causa della anisotropia dei carichi due pilastri sono probabilmente crollati e il modello rappresenta solo loro base che è completamente scarica.
Figura 73. Diagramma delle tensione verticale nella sezione 12
Figura 74. Diagramma delle tensione verticale nella sezione 13
Figura 72. Diagramma delle tensione verticale nella sezione 14
Gli stessi fenomeni descritti per le sezioni 11 e 12 si ripetono nelle sezioni 13 e 14.
Da notare che nella sezione 14 un pilastro molto vicino alle pareti di scavo è caricato fino a valori superiori a 5 MPa. Questo eccesso di carico è dovuto al fatto che tre pilastri, dei quali è visibile nella sezione soltanto la base sono crollati e hanno trasferito il loro carico al pilastro adiacente ancora in piedi. Si può infine notare che nella zona centrale del modello nella parte compresa tra la soletta e la superficie di campagna le tensioni verticali tendono a valori molo bassi raggiungendo pericolosamente, in alcuni punti valori di trazione.
Si può mettere in evidenza come il valore di 5 MPa, pur essendo ampiamente al valore della compressione monoassiale di 100 MPa, può essere considerato critico sulle pareti di scavo dove la coesione valutata è soltanto di 0.36 MPa.
Modello agli elementi finiti 3D della cava
Un modello 3D agli elementi finiti è stato messo a punto con lo scopo di valutare anche gli effetti di concentrazione di tensione nei pilastri e nelle solette. Il modello riportato di seguito discretezza la parte alta della cava considerando le sezioni 1,2 e 3 ed estendendosi fino alla vicinanza con la sezione 4.
Il modello ha come confini la superficie di campagna e quattro piani laterali e un piano verticale messi ad una distanza tale dal piano di scavo da non avere effetti di bordo.
L'analisi dello stato di tensione e deformazione è stata svolta in due successivi passi di calcolo: il primo per la ricostruzione dello stato tensionale, il secondo per la simulazione di tutta l'attività di scavo che ha portato alla configurazione geometrica attuale. La figura 73 riporta sul reticolo agli elementi finiti le tensioni verticali in termini di frecce aventi un'intensità proporzionali al valore della tensione calcolata.
Figura 73. Reticolo agli elementi finiti e tensioni verticali.
Figura 74. Curve di ugual livello della tensione verticale nella sezione 1
Figura 7 Curve di ugual livello di tensione verticale nella sezione 3
La figura 74 riporta le curve di ugual valore della tensioni verticali nella sezione 1, mentre la figura 75 riporta le curve di ugual valore della tensioni verticali nella sezione 3.
Poiché
la sezione 3 contiene il pilastro
La
sezione taglia il pilastro 13 che divide due grosse camere di forma
ellisoidica. Il pilastro
La tensione verticale gravitativa, alla quota del centro del pilastro è di circa 2 MPa per cui la concentrazione di sforzi porta a dei valori di tensione verticali circa 2,3 volte di quelli gravitativi. Sulle pareti del pilastro le tensioni verticali sono decisamente inferiori a quelle del centro e sono nell'ordine di grandezza inferiori ai 2 MPa come misurato con i martinetti piatti. Questo decremento di tensione verticale dal centro alla parete del pilastro è dovuto alla plasticizzazione della roccia in superficie.
Il fenomeno della plasticizzazione non è significativamente esteso in quanto la maggior parte della sezione orizzontale del pilastro lavora in campo elastico.
Sulle pareti e sulle solette non ci sono plasticizzazioni significative e le tensioni verticali sono leggermente ridotte, a causa dello scavo mentre incrementano quelle orizzontali.
Per quanto riguarda la stabilità globale i coefficienti di sicurezza tenderanno ovviamente a ridursi a causa del progredire dell'alterazione dell'ammasso roccioso e dei fenomeni carsici.
Dal calcolo si evidenzia che la stabilità globale dei vuoti sia garantita non sipuò escludere come del resto visto dall'analisi dell'equilibrio limite che si abbiano distacchi sia dalla pareti dei pilastri sia da quelle delle solette e dei tetti.
Un metodo altrettanto importante per la modellazione di pilastri in cave sotterranee è fondamentalmente basato su formule empiriche che non prendono in considerazione la qualità dell'ammasso roccioso come un parametro di ingresso. Questo rende difficile applicare, in altri tipi di campi che sono diversi da questo, queste formule empiriche.
Per evitare questo inconveniente sono state esaminate tali formule e proposte delle modifiche aggiustando la resistenza dei pilastri sulla base della RMR (Bieniawski's Rock Mass Rating).
I pilastri possono essere definiti come ammassi rocciosi in-situ tra due o più aperture sotterranee. Dunque la costruzione di cave sotterranee creerà pilastri e stanze di geometria variabile.
La questione della stabilità associata con questo tipo di scavi sotterranei in rocce dure può:
Coinvolgere ampi tipi di fratture dal tetto alla base della cava. Così le rotture sono trovate generalmente in aree come camere, intersezioni di tunnel o tunnel con pareti del soffitto dritti.
Come in sito, aumenta la pressione, le fratture naturali si stringono e i processi di rottura diventano fragili e sono dominati da nuove fratture che nascono parallele ai confini degli scavi.
Uno dei fattori chiave che caratterizzano le rotture in rocce dure è la dimensione della pressione richiesta per iniziare e propagare le fratture. Inizialmente, a una profondità intermedia, queste regioni fratturate sono localizzate vicino all'apertura del perimetro ma alle grandi profondità le fratture coinvolgono la maggior parte della cava.
La seconda richiede la conoscenza di tre variabili:
La pressione in sito nelle condizioni di confine
La resistenza degli ammassi rocciosi
La geometria della cava.
La resistenza della roccia intatta è determinata da test di laboratorio su piccoli cilindri e la resistenza dell'ammasso roccioso è determinata usando approcci empirici.
Noi andremo a studiare la stabilità dei pilastri rispetto ad un meccanismo di rottura:
Rottura a compressione
Il progetto di pilastri in ammassi rocciosi può seguire tre approcci:
Simulare numericamente il processo di lastrificazione usando appropriati modelli;
Valutare la caratteristica della roccia e calcolare la durezza del pilastro insistendo sul rapporto dei modelli continui;
Usare le formule empiriche.
Due fattori primari sono usati in queste formule empiriche:
Fattore di forma: un termine geometrico che rappresenta la forma dei pilastri;
Fattore di scala: un termine di resistenza che include la resistenza degli ammassi di roccia in sito.
Le formule empiriche coinvolte sono generalmente di due tipi:
rappresenta la resistenza a compressione del pilastro
=rappresenta la resistenza a compressione del campione di roccia intatta
e =rispettivamente sono l'altezza e l'ampiezza del pilastro
,a e b sono parametrici empirici.
Applichiamo adesso tali formule ai due pilastri studiati precedentemente con Abaqus, in cui la resistenza a compressione della roccia intatta è rispettivamente:
per il pilastro 23 = 7,7 MPa
per il pilastro 40 = 6,3 MPa
Quindi:
Sp23 = 7,7∙ = 2,58 MPa
Sp40 = 6,3∙ = 2,51 MPa
Tali valori sono stati calcolati anche attraverso numerose prove su vari provini attraverso l'utilizzo del martinetto piatto.
Le prove con martinetto piatto semplice sono basate sulla misura degli spostamenti indotti dal rilascio tensionale nell'intorno di un taglio eseguito perpendicolarmente alla direzione di indagine.
Il rilascio delle tensioni comporta, in caso di stato tensionale di compressione, una richiusura del taglio rilevabile attraverso misure di convergenza tra più coppie di punti posti in posizione simmetrica rispetto ad esso.
Mediante l'utilizzo di uno speciale martinetto piatto inserito all'interno del taglio e pressurizzato in modo da annullare la convergenza (ripristinando così, nell'intorno del taglio lo stato tensionale originario) è possibile la misura delle tensioni agenti nella struttura nell'area di prova.
Appunti su: analisi a cluster sistemi di discontinuitC3A0, blocchi infiniti e blocchi finiti meccanica rocce, calcolo analisi di stabilitC3A0, |
|
Appunti Meteorologia | |
Tesine Agricoltura agraria | |
Lezioni Idrologia | |