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La Paz, 2 mag. (Adnkronos/Ign) - Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha firmato il decreto per la nazionalizzazione delle risorse energetiche. ''E' arrivato il giorno storico in cui la Bolivia riassume il controllo assoluto delle sue risorse naturali'', ha dichiarato il presidente in un discorso pronunciato ieri a Carapari, annunciando l'invio dei ''militari accompagnati da battaglioni di ingegneri a occupare tutti i giacimenti di idrocarburi''.
Tecnicamente, il decreto annulla la precedente disposizione secondo cui lo Stato rinuncia ai diritti su gas e petrolio una volta estratti dal sottosuolo. I soldati sono effettivamente arrivati nel sito dato in concessione alla brasiliana Petrobras, il maggior investitore straniero in Bolivia, che come le altre compagnie straniere ha ora 180 giorni di tempo per rinegoziare i suoi contratti di sfruttamento con la compagnia pubblica Yacimentos Petroliferos Fiscales Bolivianos a cui è stato assegnato il controllo di tutti i giacimenti. Ma come ha annunciato il vice presidente, Alvaro Garcia, sono 56 i siti in cui sono stati inviati i militari.
Morales aveva fatto della nazionalizzazione delle risorse energetiche il tema principale della sua campagna elettorale, ma tale decisione sarà ''solo l'inizio'', come ha chiarito lo stesso presidente. ''Se abbiamo iniziato a nazionalizzare gli idrocarburi - ha infatti detto - domani saranno le miniere, le risorse forestali e tutte le risorse naturali''.
E l?azione contro il colosso brasiliano rischia ora di aprire una crisi con il governo di Lula, considerato un alleato nel ?nuovo fronte comune? del Sudamerica creatosi da qualche anno. Il presidente brasiliano ha infatti convocato una riunione urgente del consiglio dei ministri, dopo aver discusso la questione con il presidente della Petrobras, con il ministro dell'energia Silas Rondeau e il consigliere per la sicurezza nazionale Marco Aurelio Garcia. Oltre a Petrobras, sono presenti in Bolivia la spagnola Repsol, la francese Total, l'americana Exxon e la britannica British Gas. Anche l?Agenzia internazionale per l?energia (Aie) ha dichiarato che il decreto Morales rischia di allontanare gli investitori dalla Bolivia. E lo stesso timore è condiviso anche dalla banca d'affari Bear Stearns, secondo cui il decreto Morales potrebbe contribuire a una riduzione se non a una virata degli afflussi di fondi azionari nella regione, che in questi ultimi mesi sono stati molto forti.
La Commissione europea ha intanto espresso ''preoccupazione'' per la decisione di Morales e si ''rammarica'' che le autorità di La Paz non abbiano avviato un processo di consultazioni preventivo con tutte le parti coinvolte prima di attuare una tale misura. Lo ha detto Johannes Laitenberger, portavoce del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso a Bruxelles. Ferran Tarradellas, portavoce del commissario europeo all'Energia Andris Piebalgs, ha comunque osservato che la nazionalizzazione decisa in Bolivia ''non avrà un impatto sulla sicurezza degli approvvigionamenti dell'Ue, ma potrebbero esserci conseguenze negative sui mercati che sono già sottoposti a forti tensioni sui prezzi''.
Inquietudine anche in Spagna, dove il ministro per l'Industria, Josè Montilla ha dichiarato: ''La decisione ci preoccupa moltissimo''. Brusco calo in borsa intanto per il titolo della Repsol, che sulla piazza madrilena è arrivata a perdere in mattinata oltre il 2% prima di riprendersi leggermente. Nell'azienda petrolifera ispano-argentina si è respirata oggi aria di incredulità mista a ''costernazione'' e i vertici hanno dichiarato che non è escluso un ritiro dalla Bolivia. La statunitense ExxonMobil dal canto suo ha annunciato che la compagnia sta studiando una strategia da seguire. ''Stiamo analizzando la situazione'' ha dichiarato un portavoce del colosso petrolifero americano, proprietario del 34% del giacimento boliviano di Itau, dove lo sfruttamento è affidato alla francese Total.
La Bolivia possiede la seconda maggior riserva di gas naturale del Sud America, dopo il Venezuela, anche se secondo i dati della Aie, la produzione è limitata a 7.200 milioni di metri cubi, inferiore a quella dell'Argentina, terzo produttore dell'America Latina.
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