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Stati Uniti d'Amèrica, in ingl. United States of America (USA), repubblica federale di tipo presidenziale, che si estende nel continente nordamericano, fra il Canada a nord e il Messico a sud, per 9.372.614 km²; 248.709.873 ab. Cap. Washington. Città principali: New York, Chicago, Los Angeles, Filadelfia, Detroit, Houston, Baltimora, Dallas, Indianapolis, Cleveland, Milwaukee, San Francisco, San Diego, San Antonio, Boston, Memphis, Saint Louis, Nuova Orleans, Phoenix. L'Unione è formata da 50 Stati, di cui 49 continentali (compresa l'Alasca, separata dagli altri Stati delle province canadesi della Columbia Britannica e dello Yukon), e uno insulare, l'arcipelago delle Hawaii, situato nell'Oceano Pacifico, oltre 4.500 km a SO di San Francisco; amministrato direttamente dal Congresso è il distretto di Columbia, sede della capitale. Altri territori legati agli Stati Uniti con status particolari sono: Portorico, le isole Vergini Americane, Guam, le Samoa Americane od Orientali, le Marianne Settentrionali, le Marshall, le Caroline orientali (Stati Federati di Micronesia) e alcune altre isole del Pacifico.
Geografia
Rilievo
Le grandi regioni orografiche sono disposte nel senso dei meridiani e da est a ovest si distinguono quattro grandi zone: 1. la pianura costiera atlantica, molto frastagliata, stretta a nord, si allarga man mano che si procede verso sud, per dilatarsi infine nella penisola della Florida; 2. gli Appalachi sono un massiccio ercinico di origine molto antica, che è stato ringiovanito da un sollevamento recente; 3. le grandi pianure centrali (Great Plains) costituiscono una vastissima regione che si estende dai Grandi laghi fino al golfo del Messico, per oltre 1.000 km di lunghezza e che varia da est a ovest, elevandosi da 500 a 1.500 m dalla riva destra del Mississippi fino ai piedi delle Montagne Rocciose; 4. il grande sistema costituito dalle Montagne Rocciose e dalle Catene occidentali, che occupa circa un terzo della superficie degli S.U., è anch'esso disposto nel senso dei meridiani. La sezione più orientale del sistema è costituita dalle Montagne Rocciose, che con le loro vette superiori ai 4.000 m dominano le Great Plains; al centro si snoda tutta una serie di altipiani, che variano da un'altezza di 1.200-1.500 m (altopiano del Gran Bacino) ad altezze superiori anche ai 2.000 m (altipiani dell'Arizona, del Nuovo Messico e del Colorado); a ovest degli altipiani interni si elevano poderose catene: catena delle Cascate a nord, Sierra Nevada a sud. Ancora più a ovest, infine, parallelamente alla costa pacifica, corre la Catena Costiera; poco elevata e più recente, è collegata alla catena delle Cascate dai monti Klamath e separata dalla Sierra Nevada mediante la profonda depressione della Great Valley, limitata da una serie di scarpate di faglia e percorsa dai fiumi Sacramento e San Joaquin.
Idrografia e clima
Se si eccettua il San Lorenzo, i principali fiumi statunitensi hanno corso longitudinale, ossia diretto da nord a sud. Interrotti da rapide e cascate, i corsi d'acqua che scendono dagli Appalachi all'Atlantico (Connecticut, Hudson, Delaware, Potomac, Savannah) sono sfruttati per la produzione di energia idroelettrica. Il golfo del Messico riceve tramite il Mississippi, le acque di uno dei più estesi bacini fluviali del mondo; fra gli altri numerosi tributari del golfo, che non appartengono al bacino Mississippi-Missouri, i più importanti sono il Rio Grande e il Colorado. Il territorio statunitense presenta anche numerosi bacini lacustri: il più importante della zona occidentale è il Grande Lago Salato, mentre lungo il confine canadese si stende la regione dei Grandi laghi: Superiore, Michigan, Huron, Erie, Ontario. Vero mare interno, questi laghi, situati a diverse altitudini, sono collegati fra loro da corsi d'acqua formanti rapide e cascate (Sault Sainte Marie, Niagara). Il clima, di tipo continentale, è strettamente legato alla disposizione delle varie unità geografiche. Il 100° meridiano costituisce una linea di distinzione approssimativa fra due grandi regioni climatiche: l'Ovest, generalmente arido, comprende una vasta regione steppica, che si stende dalla zona pedemontana delle Montagne Rocciose fino alla Catena Costiera. Le precipitazioni sono ovunque scarse (da 250 a 500 mm annui), ma esistono alcune «isole» con caratteristiche climatiche differenti: le catene montuose, che ricevono precipitazioni più abbondanti (da 500 a 1.000 m annui); la costa settentrionale, che ha clima temperato-umido; infine la California, dove a zone che godono di mite clima mediterraneo, si affiancano zone desertiche (Gran Lago Salato, bacino del Colorado). L'Est, umido, è caratterizzato invece da zone climatiche a fasce parallele. A sud la Florida ha clima tropicale-umido, con abbondanti piogge concentrate nei mesi estivi (2.000 mm annui). Dal golfo del Messico fino alla valle dell'Ohio il clima è continentale con precipitazioni estive (da 1.000 a 2.000 mm annui).
Popolazione
Fatta eccezione per il sostrato indiano, il popolo americano si è costituito attraverso l'immigrazione. In epoca coloniale si trattò soprattutto di Britannici, ai quali si aggiunsero Olandesi, Tedeschi e Scandinavi. La grande immigrazione iniziò verso il 1840 e s'intensificò dopo la guerra di Secessione, per toccare il culmine tra il 1900 e il 1914. L'immigrazione coatta di schiavi neri continuò fino alla guerra di Secessione: i loro discendenti costituiscono oggi il 12,4% della popolazione complessiva. Alla fine del XIX sec. giunsero sulla costa occidentale Cinesi e Giapponesi. Negli S.U. viene parlato un inglese che si è via via modificato, scostandosi dalla lingua dei primi colonizzatori britannici. Non esiste una statistica religiosa di carattere ufficiale: si calcola che i protestanti rappresentino complessivamente oltre il 49%, i cattolici, da soli, quasi il 30%. Gli ebrei sono quasi il 3% e i greco-ortodossi circa il 2%, come pure i musulmani.
Geografia economica
Gli S.U. sono al primo posto nel mondo per produzione industriale, energetica e mineraria (anche se in taluni settori sono al primo posto altri paesi, come il Giappone) e per valore del prodotto nazionale lordo. La loro economia domina quella mondiale attraverso gli investimenti e la creazione di filiali all'estero, la strategia di multinazionali, trusts e holdings di origine americana, i vantaggi derivanti dal ruolo internazionale del dollaro, l'«arma alimentare», la vendita di tecnologie avanzate e di armamenti. La varietà di condizioni climatiche degli S.U. determina la diversificazione dell'agricoltura: nell'Ovest arido l'esistenza stessa delle colture è legata all'irrigazione (California; bacini interni delle Montagne Rocciose); l'Est umido è invece costituito da ricche regioni agricole (belts, fasce) che prendono il nome dalla coltura tipica e predominante (Corn Belts: fascia del mais). Gli S.U. sono al primo posto nella produzione mondiale di mais (161.400.000 t), semi oleaginosi (soia 49.221.000 t); al secondo, dopo il Brasile, per gli agrumi (oltre 13 milioni di t), e, dopo la Cina, per il tabacco (733.000 t); al secondo per il frumento (65.370.000 t), del quale però sono i maggiori esportatori, e per il cotone. Importantissimo è anche l'allevamento, praticato sia estensivamente, nelle praterie, sia intensivamente, nelle regioni forti produttrici di mais: 100.611.000 bovini, che alimentano fiorentissime industrie casearie; 59.815.000 suini; 10.191.000 ovini. La produzione totale di legname, una delle prime del mondo, che si alimenta per oltre il 50% nelle Montagne Rocciose, è di circa 495 milioni di m³. Per quanto concerne la pesca marittima, gli S.U. sono al quinto posto nel mondo per quantità di pesce pescato (5,6 milioni di t, compresi crostacei e molluschi). L'industria statunitense è sempre stata favorita dalla presenza nel territorio di enormi risorse energetiche (gli S.U. possiedono riserve di 823 miliardi di t di antracite e fossile, 362 miliardi di t di petrolio e 503 miliardi di m³ di gas naturale) e dalla ricchezza e varietà dei giacimenti minerari (ferro, rame, bauxite) ed è oggi la prima del mondo sia per il volume degli investimenti sia per il valore, la quantità e la varietà della sua produzione. Talune imprese hanno dimensioni gigantesche, specialmente nel settore siderurgico e in quelli delle costruzioni meccaniche, automobilistiche e aeronautiche: gli stabilimenti Ford e Boeing impiegano decine di migliaia di lavoratori, quattro società producono la metà dell'acciaio e altre quattro i tre quarti dei trattori. Gli S.U. sono al primo posto nel mondo per la produzione dell'alluminio (oltre 4 milioni di t). Sono assai fiorenti anche le costruzioni aeronautiche e aerospaziali (Boeing, North American Rockwell, Lockheed) e grandioso sviluppo ha avuto l'industria chimica. Fra le industrie alimentari, tradizionalmente assai importanti, figurano macellazione e preparazione della carne, l'industria molitoria, le industrie conserviere, il caseificio, l'industria vinicola. L'industria cinematografica, infine, che ha la sua sede principale a Hollywood, è tuttora la più importante del mondo.
Storia
Il Sud fu la prima zona esplorata dagli Europei (Hernando de Soto, 1540). La costa orientale fu scoperta da spedizioni francesi e poi dagli inglesi Hawkins (1564), Barlow (1584) e sir Walter Raleigh (1585-1589). Alla fine del XVIII sec. il territorio americano era quasi completamente conosciuto. Dall'Inghilterra l'evoluzione economica e i conflitti politici e religiosi avevano prodotto un intenso flusso migratorio verso il Nuovo Mondo. La guerra dei Sette anni, conclusasi vittoriosamente per la Gran Bretagna, permise alle tredici colonie britanniche dell'America settentrionale di estendersi fino all'Ohio e al Mississippi. Nello stesso tempo iniziarono i contrasti con la madrepatria. Giorgio III, volendo rendere più efficace la politica protezionistica, impose nuove tasse. La crisi si aggravò quando a Filadelfia venne riunito il primo Congresso continentale (5 settembre-26 ottobre 1774), che redasse una dichiarazione dei diritti dei coloni americani decidendo di interrompere i rapporti commerciali con la madrepatria. Iniziarono così le ostilità che terminarono con la Dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776, con cui venne proclamata la nascita degli S.U. d'America, definitivamente nel 1783. V. INDIPENDENZA AMERICANA (guerra d'). Nel 1787 alla conferenza di Annapolis venne elaborata la nuova costituzione federale in vigore ancora oggi. Nel 1789 G. Washington fu eletto primo presidente degli S.U. Con la dichiarazione di Monroe nel 1823, sintetizzata nella formula «L'America agli Americani» venne riaffermata la volontà di neutralità e l'opposizione a ogni ingerenza europea nel continente. Nuovi territori si aggiunsero all'espansione territoriale statunitense (Nuovo Messico, Utah). Questo modificò l'equilibrio degli S.U. che si basava sul dualismo Sud-Nord. Il Sud era agricolo, grande produttore di cotone e, di conseguenza, liberoscambista. Al contrario il Nord, in via di industrializzazione, era protezionista; l'espansione verso Ovest e la formazione di nuovi Stati isolò il Sud all'interno dell'Unione. Il 20 dicembre 1860 i sudisti attuarono la secessione, costituendo gli Stati Confederati d'America (febbraio 1861) sotto la presidenza di Jefferson Davis (in opposizione a Lincoln) e con capitale Richmond. Il conflitto che ne seguì, la guerra di Secessione, durò quattro anni e fu aspra e sanguinosa. Dopo gli scacchi iniziali i nordisti, grazie alla loro superiorità industriale, finanziaria e numerica, riuscirono a imporsi. La prima conseguenza fu l'abolizione della schiavitù, legalizzata il 18 dicembre 1865. Cinque giorni dopo la vittoria (14 aprile 1865), Lincoln fu assassinato e il suo successore Johnson non riuscì a far attuare il suo programma di ricostruzione. Con l'elezione alla presidenza del generale Grant, eroe della guerra, incominciarono le iniziative reazionarie dei piantatori democratici del Sud (costituzione di società segrete come i cavalieri della Camera Bianca e il Ku Klux Klan). Il partito repubblicano conservò il potere. Sotto l'impulso di Theodore Roosevelt, fu iniziata, a partire dal 1897, una politica di espansione territoriale (Cuba, canale di Panama, Haiti, isole Vergini). Alla vigilia della prima guerra mondiale gli S.U. erano una delle massime potenze economiche mondiali. Il ritiro dei capitali europei e la riduzione degli acquisti tedeschi orientarono l'opinione pubblica e il governo americano in direzione interventista. Le truppe americane, comandate dal generale Pershing, contribuirono grandemente alla vittoria finale e alla definizione delle trattative di pace. I «14 punti» di Wilson (gennaio 1918) condannavano la diplomazia segreta, le armi, le barriere economiche, affermavano il diritto dell'autodeterminazione dei popoli e l'uguaglianza tra gli Stati garantita da una Società delle Nazioni. Alla fine del 1929 scoppiò negli S.U. una crisi economica senza precedenti, causata dalla sovrapproduzione, da un'inadeguata politica economica e dall'abuso delle speculazioni di borsa (crack di Wall Street, 24-29 ottobre 1929). Il candidato democratico F.D. Roosevelt provvide alla riorganizzazione generale dell'economia (New Deal). Durante la seconda guerra mondiale gli S.U. divennero l'arsenale della coalizione antitedesca. Dopo l'incontro del presidente Roosevelt con Churchill (elaborazione della Carta Atlantica) gli S.U. entrarono ufficialmente in guerra il 7 dicembre 1941. Sia in Italia (sbarco in Sicilia, luglio 1943) che in Francia (sbarco in Normandia, giugno 1944) aiutarono le truppe antitedesche. Morto Roosevelt, il vicepresidente H. Truman dovette assumersi le pesanti responsabilità di concludere la guerra (conferenza di Potsdam, uso della bomba atomica, smobilitazione rapida di quasi 9 milioni di uomini) e di affrontare i problemi conseguenti: riorganizzazione politica del mondo secondo i principi democratici (conferenza di San Francisco, che fissò lo statuto dell'ONU nel giugno 1945), risanamento dell'economia (piano Marshall, giugno 1947) sia dei paesi vinti sia dei paesi alleati, per consolidarvi la democrazia liberale e bloccare l'avanzata del comunismo. In tale senso, gli S.U. organizzarono la difesa del mondo non comunista (guerra fredda) creando un sistema di alleanze militari di cui sarebbero stati la chiave di volta: patto dell'Atlantico del Nord (NATO, aprile 1949), patto del Pacifico (settembre 1951), patto dell'Asia del Sud-Est (SEATO, settembre 1954) e patto dell'Est (marzo 1954). Sotto la presidenza del democratico J.F. Kennedy (eletto nel 1960) migliorarono i rapporti con Mosca (ritiro dei missili sovietici). Assassinato Kennedy a Dallas nel novembre 1963, gli succedette L.B. Johnson la cui politica fu oscurata dalle difficoltà della guerra nel Vietnam. Rinunciando al rinnovo della sua presidenza, Jonhson annunciò di voler trattare con il Vietnam del Nord e di continuare la politica di avvicinamento all'Unione Sovietica. Il successore Nixon coronò la sua politica di apertura verso l'Oriente con una visita a Pechino, ma lo scandalo Watergate (giugno 1972) segnò il suo definitivo tramonto. Sotto la presidenza di J. Ford ebbe disastrosamente fine la guerra del Vietnam (caduta di Saigon, aprile 1975). Le elezioni presidenziali del 1976 sancirono il ritorno dei democratici con J. Carter che si adoperò per il rilancio dell'economia e per una politica interna ed estera fondata sul rispetto dei diritti dell'uomo. Dal 1981 al 1988 fu presidente il conservatore R. Reagan, che volle riaffermare la super potenza statunitense nel mondo con ruolo dominante (Medio Oriente, America Centrale) e, all'interno, varò una politica liberista e conservatrice. Dopo un'iniziale rigidità nei confronti dell'URSS, Reagan iniziò con essa un dialogo volto all'allentamento delle tensioni (vertice tra il presidente americano e il leader sovietico M. Gorbacëv). La politica reaganiana fu proseguita dal nuovo presidente repubblicano G. Bush, che dovette tra l'altro impegnarsi nella crisi del Golfo (1991). Dal novembre 1992 i democratici sono tornati alla Casa Bianca con il presidente B. Clinton. Il governo Clinton è stato caratterizzato dal benessere economico. Il presidente però non ha potuto vedere attuate le riforme sociali che costituivano la base della sua campagna elettorale del 1992, soprattutto a causa della forte opposizione esercitata nel Congresso da parte del Partito repubblicano. Nonostante si sia manifestato un certo malcontento nell'opinione pubblica, Bill Clinton ha aperto la nuova campagna elettorale per le elezioni presidenziali del novembre 1996 riproponendo il programma di riforma social-popolare varato nel 1992. Il 6 novembre 1996 Bill Clinton è stato eletto presidente degli Stati Uniti per la seconda volta, battendo il candidato repubblicano Bob Dole. Gli S.U. sono membri dell'ONU, della Nato, dell'OSCE, dell'OAS, della NAFTA, dell'ANZUS, dell'Alleanza per il Progresso, dell'OCDE e della SPC.
Letteratura
La letteratura americana nacque come proiezione periferica e remota di quella inglese, dalla quale ereditò forme e temi (A. D. Bradstreet, E. Taylor, M. Wigglesworth, R. Beverley, W. Byrd, ecc.). Fu solo dopo la conquista dell'indipendenza politica, che cominciarono a formarsi a New York, in Virginia e nel Massachusetts alcuni circoli letterari, fucina dei narratori moderni. Tra il 1830 e il 1860 fiorì nella Nuova Inghilterra il movimento del trascendentalismo, che nel culto della natura cercò le vie di uno spiritualismo al di fuori della tradizione puritana. Alla corrente trascendentalista, che ebbe il suo teorico in Ralph Waldo Emerson (1803-1882), si collegarono l'opera didattica di A. B. Alcott (1799-1888), quella giornalistica di Orestes A. Brownson (1803-1876) e gli scritti di Henry David Thoreau (1817-1862). Di essa risentirono anche Nathaniel Hawthorne (1804-1864), Hermann Melville (1819-1891) e E. A. Poe (1809-1849). Giornalista fecondissimo, Mark Twain (1835-1910) trasse spunto dalla ricca materia di leggende nazionali relative alle aree più avventurose e selvagge del paese (Le avventure di Tom Sawyer, Le avventure di Huckleberry Finn), i cui personaggi ricalcano lo stampo dei mitici eroi del West. Il regionalismo e il gusto della pittoresca rappresentazione ambientale furono alla base di un filone di narrativa popolare destinato a continuarsi fino ai tempi più recenti: si ricordano i nomi di H. Beecher-Stowe (1811-1896), autrice della Capanna dello zio Tom, di J. C. Harris (1848-1908), di G. W. Cable (1844-1925), di T. N. Page (1853-1922). Nella poesia emerse invece la figura di E. Dickinson (1830-1886). Agli inizi del XX sec. la letteratura americana compie una svolta di contenuti e toni, ispirati al pessimismo di Henry Adams (1838-1916) e di Henry James (1843-1916), alle storie cupe di A. G. Bierce (1842-1913) e di Hamlin Garland (1860-1940), teorico del veritismo. Il primo dopoguerra fu segnato dal fenomeno dell'emigrazione degli intellettuali in Europa. La via era stata aperta dai poeti Ezra Pound (1885-1972) e T. S. Eliot (1888-1965), che dall'America finirono per staccarsi definitivamente. Negli anni Venti si venne così formando la «generazione perduta»: Sherwood Anderson (1876-1941), John Dos Passos (1896-1970), Francis Scott Fitzgerald (1896-1961) ed E. M. Hemingway (1898-1961). Al modello di quest'ultimo sono da riferire poi scrittori come J. M. Cain (1892-1977), E. P. Caldwell (1903-1987), J. O'Hara (1905-1970), H. Miller (1891-1980), T. Wolfe (1900-1938), W. Faulkner (1897-1962), J. Steinbeck (1902-1968) e John Fante (1911-1983); infine, i rappresentanti della cultura negra, che hanno portato la loro testimonianza sui problemi razziali degli Stati del Sud, come Langston Hughes (1902-1967), Richard Wright (1909-1960), Ralph Ellison (n. 1914), Alex Haley (1921-1992), con Radici (1976) e James Baldwin (1924-1987). Al richiamo emotivo del regionalismo rese tributo anche Margaret Mitchell (1900-1949), autrice del popolarissimo Via col vento (1936). Altri scrittori, più che rivolgersi ai problemi della società, si sforzarono di esprimere in pieno la loro personalità e di raggiungere la «beatitudine» fisica e letteraria. La beat generation ricerca gli elementi di una nuova mistica dell'individuo nei viaggi, nella droga, nelle filosofie orientali: è il tema della poesia «proiettiva» di Charles Olson (1910-1970), dell'ardore visionario di William Burroughs (n. 1914), dei poeti della scuola di San Francisco, Lawrence Ferlinghetti (n. 1919) e Allen Ginsberg (n. 1926) e il fine incessantemente perseguito dagli eroi di Jack Kerouac. Tra le correnti letterarie più recenti sono da ricordare quelle minimaliste (R. Carver), quella post-modernista (D. Barthelme), e quella dei cyberpunk (W. Gibson).
Arte
Le origini dell'architettura statunitense muovono dalle tradizioni dei passi di provenienza dei colonizzatori. Dalla fine del XVIII sec., tuttavia, si ebbe un tentativo di autonomia con il diffondersi del cosiddetto stile «giovane repubblica» propugnato da Thomas Jefferson. Alla metà del XIX sec., accanto a forme goticizzanti di chiara reazione al classicismo, e neorinascimentali, venne delineandosi la necessità di creare un nuovo tipo di architettura che, rifiutando ogni imitazione, desse maggiore importanza al carattere funzionale come elemento determinante della forma. Primo interprete alla reazione all'eclettismo fu Henry Hobson Richardson, i cui principi furono ulteriormente sviluppati dalla Scuola di Chicago e soprattutto da Louis Sullivan, che insieme segnarono il nascere dell'architettura moderna negli S.U. e di un nuovo tipo di strutturazione del grattacielo, che nel corso dei decenni ha raggiunto soluzioni arditissime. Pittura e scultura arrivano a risultati originali molto più tardi e rimangono legate ad esperienze recenti di avanguardia. Tra i nomi più celebri: in pittura, C. Sheeler, G. O'Keeffe, Preston Dickinson, Niles Spencer, W. Gropper, Ben Shahn, Grant Wood, H. Rosenberg, J. Pollock, Rauschenberg, Roy Lichtenstein, Rosenquist, D. Oppenheim, ecc.; in scultura, anche se già con W. Rush (1756-1833) si può parlare di originalità espressiva, è nel XXsec. soprattutto che la scultura americana cerca di affermarsi con una certa autonomia. Si ricordano, in questo campo, A. Calder, David Smith, T. Roszak, Herbert Ferber, J. Chamberlein, Mark Di Suvero, G. Segal, C. Oldenburg, ecc.
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