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Movimento naturale della popolazione. la mortalitÀ




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MOVIMENTO NATURALE DELLA POPOLAZIONE. LA mortalità


Mortalità e cause di morte

La morte, come fenomeno demografico, è più comples­sa della nascita, sia per la varietà delle cause, sia perché intacca in misura diversa la popolazione a seconda delle classi di età. Sul piano statistico, la mortalità può essere definita in valore assoluto come numero di morti in un anno, oppure in valore relativo (indice di mortalità) come rap­porto tra il numero dei morti in un anno e il totale della popolazione. Per calcolare l'indice di mortalità, si moltiplica per mille il numero dei morti in un an no e si divide il prodotto per il numero complessivo degli abitanti.

L'indice è tanto più piccolo quanto più efficace è la lotta condotta contro la morte, e cioè quanto migliori sono le condi­zioni di vita e la stato sanitario della popolazione; esso è in diretto rapporto con la struttura di questa popolazione. L'analisi di tale rapporto fa riscontrare un'eccedenza dei tassi di mortalità maschile rispetto a quella femminile, ma soprat­tutto divari tra i tassi di mortalità per età che esprimono il nu­mero di decessi per mille abitanti nelle varie classi: le strutture più sfavorevoli sono quelle che presentano forti percentuali di bambini sotto i 5 anni e di anziani so­pra i 60, poiché sono le classi a mortalità più elevata; le strutture caratterizzate da un grande numero di individui tra i 5 e i 35 anni sono le più propizie ad una bassa mortalità generale.

Particolare importanza riveste il tasso di mortalità infantile, cioè il rapporto fra il numero di bambini morti a meno di un anno di vita e il numero dei neonati di uno stesso anno. I neonati risentono molto delle condizioni ambientali: sia dell'ambien­te fisico che di quello economico e sociale. Le differenze sono profon­de, specialmente tra le popolazioni arretrate e quelle più progredite.

Le cause di morte risultano varie da un luogo all'altro come da un'epoca all'altra: la loro diversa evoluzione costituisce uno degli elementi caratterizzanti dei gruppi umani. Quanta più tali gruppi progrediscono nel loro sviluppo sociale ed economico, tan­to più si affrancano dal condizio­namento ambientale. Le cause esogene legate all'ambiente incidono per il 75% sull'elevata mortalità dei paesi sottosviluppati; queste malattie attaccano assai meno che per il passato le popolazioni progredite, grazie all'uso di vaccini, sulfamidici e antibiotici; ma si muore, assai più di un tempo, per cause endogene (alterazioni e usura dell'organismo).

La vittoria dell'uomo sulle malattie esogene diede luogo, nel XIX secolo, ad un forte arretramento della mortalità a partire dai più evo­luti paesi europei. La ritirata della morte è all'origine della rivoluzione demografica: in seguito all'approfondi­mento delle conoscenze anatomiche e all'introduzione degli antisettici, ma soprattutto con la scoperta dei vaccini contro le malattie infettive, la medicina ebbe la possibilità di sottrarre molte vite alla morte. La rapidità e l'efficacia di questi rimedi risultarono tanto più sensi­bili quanto più i progressi economici e sociali ne permisero una vasta e capillare diffusione. Parallelamente, l'avanzata dell'agri­coltura con l'introduzione di appropriate rotazioni rese possibile un miglioramento della base alimentare e quindi una maggiore resi­stenza alle malattie e alla morte.

La medicina e l'igiene, anche se non possono pretendere di prolungare sensibilmente la durata 'massima' della vita, riescono a prolungarne la durata 'media', facendo regredire le cause di decesso che colpiscono le classi giovanili.

Le disuguaglianze di fronte alla morte

Si possono distinguere tre tappe nell'evolu­zione dei rapporti fra la mortalità e le condizioni professionali e socia­li. Nello stadio più antico, fino al XVIII secolo, la morte, in mancanza di rimedi efficaci, colpiva prematuramente per­sone di tutte le categorie.

Nel XIX secolo la rivoluzione industriale coincise con l'insorgere di profonde disuguaglianze: i progressi della medicina cominciavano ad esercitare un'azione tangibile, ma soltanto i ricchi ne potevano benefi­ciare. Il divario tra ricchi e poveri era accentuato dalle dure condizioni di vita e di lavoro delle masse di contadini immigrati nei sobborghi delle città industriali.

Il terzo stadio inizia con le lotte sindacali per un salario più equo e con le leggi protettive del lavoro, che fanno abbassare la curva della mortalità: il miglioramento delle condizioni di vita s'accompagna all'applicazione di misure previdenziali ed economiche a favore delle classi più umili.

La società moderna tende a restringere il campo al libero gioco della ricchez­za e della miseria. Si affermano i principi della previdenza sociale, per cui la collettività si accolla gli oneri necessari per garantire l'assistenza sanitaria ai cittadini. In molti paesi, tuttavia, la disuguaglianza tra le classi di fronte alla morte appare ancora oggi sensibile, sia per la mancanza di sistemi previdenziali, sia perché quelli vigenti non funzionano a dovere.

Gli indici di mortalità esprimono i risultati della lotta contro la morte

Una mortalità 'naturale', senza calamità e senza medicine, dovrebbe aggirarsi tra il 30 e il 35 per mille. Ma nessuna parte deI mondo, ormai, è sog­getta a indici tanto elevati, poiché ovunque la lotta contro la morte ha fatto progressi.

In Europa gli indici oscillano tra l'8 e l'11 per mille; i livelli più bassi sono toccati da paesi diversi tra loro: quelli a po­polamento non troppo invecchiato e quelli ad altissimo livello di vita e di efficienza sanitaria.

L'abbassamento della mortalità rispetto al secolo scor­so è legato alla riduzione delle cause esogene di decesso grazie alla medicina terapeutica e alla prevenzione medico-sociale; ma i progressi contro la morte organica (per cause endogene) sono lenti e non sembra facile comprimere ulteriormente la mortalità di gruppi a forte percentuale di anziani.

l tassi più ridotti spettano ai paesi con popolazione giovane nel contesto di un alto livello economico e sociale. Nei paesi in via di sviluppo, l'alta percentuale di gente giovane fa sì che gli indici di mortalità risultino non troppo eleva­ti. Nel resto deI Terzo Mondo la mortalità è elevata, special­mente nelle regioni caldo-umide.

La speranza di vita

Il calo della mortalità fa aumentare la probabilità di sopravvivere più a lungo, cioè fa allungare la vita media o speranza di vita alla nascita, la quale esprime il numero di anni che un neonato, in una data epoca e in un dato paese, può sperare di vivere.


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