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L'ETÀ GIOLITTIANA
Alla fine dell'800 la storia italiana fu segnata da una profonda crisi politica e sociale che, dopo la morte di Crispi, aveva visto l'ascesa della sinistra. La destra voleva addirittura esautorare il Parlamento per contrastare l'importanza politica della sinistra, ma il re Umberto I decise di scioglierlo per indire nuove elezioni che affermarono ancora il potere della sinistra.
Dopo l'assassinio di Umberto I, venne eletto re Vittorio Emanuele III ed entrò sulla scena politica Giolitti che da responsabile degli interni divenne presidente del Consiglio nel 1914.
Egli progettava l'inclusione dei partiti popolari nella vita politica per definire le scelte economiche e sociali del Paese. Tuttavia questo obbiettivo era contrastato dal prevalere degli interessi dei partiti conservatori, dall'immobilismo della Corona e dalle divisioni interne al Partito socialista.
UNO SVILUPPO RAPIDO MA DISEGUALE
Anche l'Italia vide una rapida ripresa economica che rafforzò i settori tradizionali, ma anche le varie attività industriali; tuttavia permanevano sempre profonde differenze tra nord e sud.
Regioni settentrionali:
Regioni centrali:
Regioni meridionali:
Si delineò quindi una profonda spaccatura tra nord e sud:
L'emigrazione e i pochi provvedimenti presi dal governo aggravarono la questione meridionale rimasta irrisolta fin dall'unificazione.
PARTITI, MOVIMENTI E SINDACATI
Partito socialista - grazie al movimento operaio, il popolo si era sempre più avvicinato al PSI; tuttavia pur avendo l'appoggio popolare,non era un partito compatto e trovava quindi al suo interno divisioni e spaccature:
Nonostante queste divisioni il socialismo si diffuse in tutta Italia ( meno al sud eccetto Puglia e Sicilia) e la maggior parte degli iscritti a questo partito furono contadini, braccianti e anche intellettuali della piccola borghesia. Il loro obiettivo era principalmente la conquista del Comune, che avrebbe migliorato le condizioni di vita delle classi popolari.
Il sindacato - si diffuse già nei primi anni del 900 e fu il punto di riferimento per molti lavoratori.
I cattolici - si interessavano alla vita politica del Paese e soprattutto non volevano abbandonare i rapporti con i lavoratori. Il sacerdote Murri creò quindi il partito della Democrazia cristiana che fu però contrastato dal Papa Pio X; il movimento cattolico si sciolse e i suoi dirigenti presero strade diverse.
L'AZIONE DI GIOLITTI E IL SUO PROGRAMMA RIFORMISTA
Giolitti credeva fosse necessario un confronto aperto con il movimento socialista e i sindacati: le classi dirigenti quindi non dovevano rispondere agli scioperi o alle ribellioni dei lavoratori con la repressione, ma con il dialogo che avrebbe permesso di trovare soluzioni meno traumatiche per la vita degli operai e dei contadini; lo Stato in tutto questo doveva essere neutrale e limitarsi a controllare che i conflitti tra imprenditori e lavoratori si svolgessero in modo legale.
Il presidente decise di collaborare con la parte moderata dei socialisti che affermavano una linea riformista; egli pensava infatti che un ampliamento delle libertà politiche e dei sindacati avrebbe migliorato la società e quindi la produzione economica. Perciò anche i socialisti accettarono di sostenere il governo per realizzare alcuni obiettivi come:
Il progetto politico di Giolitti venne contrastato dai conservatori e dai socialisti rivoluzionari.
I conservatori erano preoccupati di ogni concessione in campo riformistico e avrebbero al più presto tentato di restaurare la società; i rivoluzionari attaccarono alcuni aspetti del governo come:
Con il congresso del 1904 i socialisti moderati furono messi i minoranza e fu indetto il primo sciopero generale in Italia che voleva essere uno strumento di lotta politica per l'affermazione del socialismo radicale.
I LIMITI DELLA POLITICA GIOLITTIANA
Aspetti positivi:
Aspetti negativi:
LA CRISI DEGLI ULTIMI ANNI
A partire dal 1910 il partito socialista si trovava ancora diviso:
On il congresso di Reggio Emilia ebbero la meglio ancora i rivoluzionari, mentre la destra venne espulsa per aver sostenuto la decisione del governo di muovere guerra alla Libia.
Con Corradini, nazionalista e poi interventista nella 1 guerra mondiale, cresceva intanto nel Paese un forte senso nazionalistico che lamentava la posizione subalterna dell'Italia sullo scenario internazionale e che spingeva quindi per un'espansione coloniale.
Queste posizioni convinsero Giolitti ad attuare un intervento militare in Libia Inghilterra e Francia avevano lasciato via libera per la conquista di altri territori dell'impero ottomano e l'impresa risultava alquanto semplice vista la debolezza dell'esercito libico; inoltre gli italiani si aspettavano che i libici avrebbero li avrebbero accolti come liberatori. Ma la conquista non fu così facile, infatti le popolazioni autoctone non accettarono di buon grado gli italiani che repressero le loro resistenze anche con la violenza. Tuttavia riuscirono a conquistare la parte costiera, Rodi e il Dodecaneso. L'attenzione del governo italiano si spostò quindi sulla posizione del Paese nell'ambito internazionale e le conquiste facevano prospettare vantaggiosi sbocchi lavorativi anche per i numerosi disoccupati.
L'ultima riforma di Giolitti e forse la più importante fu il suffragio universale maschile, tuttavia nel Paese andava diffondendosi un forte antigiolittismo e dopo le elezioni del 1913 salì al potere la destra liberale. Giolitti decise perciò di fondare un nuovo governo che ebbe però vita breve, aumentarono le difficoltà economiche e i conflitti sindacali; Giolitti decise quindi di dimettersi.
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