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Disegno e storia dell'arte




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DISEGNO E STORIA DELL'ARTE

L'impressionismo

Il 15 Aprile 1874, a Parigi, si apriva una mostra organizzata da un gruppo di giovani pittori, in opposizione al Salon, l'esposizione che consacrava la fama degli artisti (e dava quindi loro la possibilità di trovare acquirenti). Per essere ammesse al Salon le opere dovevano passare attraverso il vaglio di una giuria, che accettava quelle consone alla tradizione, ligie agli insegnamenti accademici e perciò ripetitive, e respingeva quelle più originali, che, con la loro novità sconvolgevano il metro di giudizio degli esaminatori e disturbavano il quieto modo di pensare loro e del pubblico. Persino Napoleone III, di fronte alle clamorose proteste dei molti esclusi al Salon, aveva fatto organizzare un Salon des refusés (mostra dei rifiutati) per sottoporre le loro opere al giudizio d'appello del pubblico. L'atto era sembrato molto liberale, ma non aveva sortito nessun risultato nuovo perché l'opinione pubblica coincideva, per le stesse ragioni, con quella della giuria.

La mostra del ' 74 era organizzata dagli espositori stessi che se ne accollarono le spese; da vari anni questi pittori si battevano contro l'accademismo per l'affermazione di una pittura che interpretasse la realtà in maniera nuova, totale e libera. Il gruppo si era formato per aggregazione spontanea e per unità di intenti nella battaglia comune. Le idee sperimentate giornalmente nella pittura venivano fervorosamente discusse negli incontri che avvenivano al Caffè Guerbois, dove gli artisti si recavano quando, tramontato il sole, diventava impossibile dipingere. Il personaggio centrale era Edouard Manet, cui si affiancavano Camille Pissaro, Claude Monet, Edgar Degas, Auguste Renoir e più raramente Paul Cézanne. Poiché la giuria del Salon aveva quasi sempre respinto le loro opere nacque gradualmente l'idea di una mostra di pittori indipendenti. Ad essa tuttavia (e anche a quelle organizzate successivamente) Manet rifiutò di partecipare preferendo sempre tentare la via del Salon, con la speranza di ottenere finalmente un riconoscimento ufficiale.

La mostra ottenne un esito disastroso. L'incasso bastò appena a ricoprire le spese, con poche opere vendute e scarsi visitatori. Del resto, salvo l'eccezione di qualche intelligenza superiore (Zola per esempio), anche quei pochi visitatori si recavano alla mostra per curiosare, per ridere, per sbeffeggiare. Un critico, Louis Leroy, non ritene nemmeno necessario prendere sul serio la mostra: su un celebre giornale satirico scrisse un articolo nel quale immaginava di accompagnare nella visita un vecchio pittore di fama sicura, tentando invano di spiegargli che quelle macchie erano le "impressioni" dell'artista. Della parola "impressione" se ne serviva anche il titolo dell'articolo: mostra degli impressionisti. È chiaro che il termine veniva adoperato in senso spregiativo poiché le impressioni erano prive di meditazione, superficiali, non definite, quindi non degne di diventare pittura; i quadri sembravano solo abbozzi in attesa di essere rifiniti. A rinforzare questa opinione era esposta una tela di Monet intitolata proprio Impressione. Il levar del sole.

L'articolo di Leroy fece scalpore: da allora i pittori del gruppo vennero definiti da tutti e anche da loro stessi "impressionisti". Tuttavia il movimento esisteva già da vari anni, il termine era usato nelle discussioni che si tenevano al caffè per sottolineare che noi percepiamo la realtà attraverso impressioni di forme, di luci, di colori, impressioni diverse dall'uno all'altro osservatore.

Gli impressionisti rendono la realtà così come la vedono e non si limitano a rappresentare la realtà naturale, ma la comprendono tutta, anche quella umana e cittadina. Da qui trae origine l'indifferenza al tema; qualunque soggetto sia trattato, esso vive solo per la vita che gli dà l'artista. Negli impressionisti non vi sono intenti politici, un po' forse, per la stanchezza generata dalle tante illusioni subite, un po' per l'eterogeneità del gruppo, ma soprattutto per l'indifferenza al tema. Tuttavia la loro rivoluzione è forse più violenta; le novità della loro pittura, l'opposizione decisa all'accademismo, la tenace resistenza a tutti gli attacchi della critica ufficiale e dell'opinione pubblica e l'affermazione costante della propria libertà di artisti sono state altamente dirompenti.

La modernità degli impressionisti è nel modo diverso di affrontare il problema del rapporto con la realtà. Essi si rendono conto che noi non percepiamo la realtà per frammenti isolati, immobilizzati, ma la sentiamo nella sua totalità. Nessun oggetto vive da solo, ma in un contesto generale che non è definibile, così come la nostra vita è un continuo fluire, senza pause. Lo spazio non è definibile, secondo le norme della prospettiva, come una scatola geometrica, perché esiste non soltanto in profondità verso il punto di fuga, ma anche a destra e sinistra, se non lo vediamo con la stessa esattezza come quando mettiamo a fuoco un oggetto solo, tuttavia lo intravediamo con la "coda dell'occhio" e ne intuiamo la presenza alle nostre spalle. Il nostro occhio vede oggettivamente ogni dettaglio sul quale si sofferma. Ma la ragione, trascurando il superfluo e cogliendo solo "l'impressione" generale, opera una sintesi e comprende la realtà nella sua sostanza. Di un grappolo d'uva, dice Manet, noi sentiamo l'essenza, costituita da un certo numero di acini, ma non sapremo certo dire quanti; e ne vediamo la forma attraverso il colore e le sue variazioni a seconda della posizione rispetto alla luce.

E questo è un altro punto fondamentale. La luce è l'elemento indispensabile per la visione: tutto ciò che è davanti ai nostri occhi è visibile solo se illuminato. Ed è la luce che, colpendo gli oggetti, viene parzialmente assorbita o respinta, componendosi nei vari colori che a loro volta si mescolano e si accostano, trasformandosi ed esaltandosi reciprocamente. Tutto ciò che noi vediamo è luce e colore, l'una e l'altro cangianti continuamente, a seconda dell'ora, quindi della posizione della fonte luminosa, a seconda della stagione, a seconda del nostro punto di vista. Da qui lo studio accurato che gli impressionisti dedicano alla luce e al colore.

L'impressionismo è il trionfo del colore. Le ombre, invece che nere, come si presentavano tradizionalmente, benché meno luminose, benché velate, sono anch'esse formate da colori, per lo più "complementari". L'uso dei complementari, o meglio l'accostamento di un colore al suo complementare, diventa cosciente e sistematico negli impressionisti e genera la straordinaria luminosità dei loro quadri. Essi perciò, evitando di mescolarli sulla tavolozza, giustappongono i colori sulla tela, frammentandoli in tocchi di misura variabile a seconda degli infiniti casi che si presentano ai loro occhi, a seconda del loro modo tutto personale di vedere. Lo stesso tema potrà essere dipinto, nella stessa ora e da un unico punto di vista, da più pittori e il risultato non sarà mai uguale, perché ciascuno ha un proprio mondo interiore, ciascuno sente differente da ogni altro e perciò vede e giudica in maniera differente la realtà. Non solo: ciascuno di noi è anche diverso da sé stesso di minuto in minuto con il progredire del tempo, che opera in noi, insieme a quella fisica, una lenta e continua trasformazione interiore; il medesimo oggetto allora potrà essere rappresentato anche da un solo pittore in momenti diversi e ne nasceranno quadri diversi.

Gli impressionisti riescono a rendere il senso del movimento, quel movimento che è una ricerca costante dell'epoca nella riproduzione del vero (e che culminerà nell'invenzione del cinematografo), quel movimento che fa parte dell'impressione che noi riceviamo percependo il mondo esterno.

Uno degli argomenti maggiormente dibattuti tra gli impressionisti dell'epoca, era, per esempio, quello del plein air ("aria aperta"). Da un lato la maggioranza degli impressionisti sosteneva la necessità di dipingere all'aperto, di fronte alla natura libera, per ricevere con immediatezza l'impressione in tutte le infinite sfumature della luce, del colore, dei riflessi, dei movimenti, degli spazi. Altri preferivano dipingere in studio, ritenendo che l'impressione ricevuta dalla realtà venisse come filtrata attraverso il ricordo e quindi fosse più autentica perché non soggetta al pericolo della riproduzione banale del vero.

I vari artisti non vivevano tutti e sempre a Parigi. Anzi, a un certo momento, si verifica una vera diaspora,come è stata definita: molti abbandonarono la capitale per rifugiarsi in un luogo tranquillo, dove portare avanti solidalmente le proprie esperienze artistiche.

Il Postimpressionismo

La durata del movimento impressionista, come gruppo unitario pur nelle differenti personalità dei suoi componenti, è breve: non più di una decina d'anni che vanno approssimativamente dal 1870 al 1880. Non soltanto i rapporti fra i vari membri si sono diradati per divergenze artistiche e perché molti di essi vivevano ormai lontano da Parigi; ciò che conta soprattutto è che, a partire dal 1880 circa, ci si pone il problema di come dare consistenza alla fugacità dell'impressione. È nell'ambito di questa crisi che si colloca la nascita del "puntinismo" o, come anche è stato detto, del "neoimpressionismo".

Vincent Van Gogh

Van Gogh nasce a Groot-Zundert, un villaggio olandese, il 30 marzo 1853 da Theodorus van Gogh, pastore protestante, e da Anna Cornelia: primo di sei fratelli, dopo la morte del primogenito della famiglia, che portava il suo stesso nome, e che morì alla nascita esattamente un anno prima di lui; Vincent ricorderà sempre la tomba dietro casa, su cui trovava iscritto il suo stesso nome. Vincent ha un' infanzia turbata, anche a causa dell'apprensione dei genitori, e la sua vita è un cammino di insuccessi esistenziali e sociali. Nel 1857 nasce il fratello Theodorus, chiamato Theo, che avrà una grande importanza nella sua vita.

Dal 1861 al 1868 frequenta la scuola del paese; poi un collegio di Zevenvergen dove impara il francese, l'inglese e il tedesco e apprende l'arte del disegno. Nel 1869 inizia a lavorare in una bottega d'arte all'Aja fondata da suo zio Vincent; passa il tempo libero leggendo molto e visitando musei, inizia una corrispondenza con il fratello Theo (lettere che molto serviranno a una ricostruzione della sua vicenda umana) e trascorre le vacanze dai genitori al paese natale. Gli anni che seguono segnano per Van Gogh un continuo viaggio da una filiale all'altra della bottega d'arte dello zio, trasferimenti che lo porteranno a Bruxelles, Londra e Parigi. Una sua opera di questo periodo è Esterno di un caffè di notte.

Nel 1876 si licenzia definitivamente e parte per un paese vicino a Londra, Ramsgate: qui lavora come insegnante supplente ricevendo in cambio solo vitto e alloggio. Diviene anche aiuto predicatore e tiene un primo sermone: vorrebbe dedicare la sua vita alla religione, ma durante una visita ai genitori, questi restano colpiti dalle condizioni precarie del figlio e non vogliono che riparta per Londra. Lo zio Vincent gli trova così un altro lavoro come commesso in una libreria di Dordrecht. Vive da solo e frequenta la chiesa locale traducendo passi della Bibbia; convince il padre a lasciarlo frequentare una scuola per predicatori ma, non essendo ritenuto idoneo all'insegnamento, deve interrompere gli studi diventati per lui troppo pesanti. Nonostante tutto, nel 1879 lavora come predicatore laico nelle miniere di carbone a Wasmes, nel Borinage, dove realizza i primi schizzi raffiguranti minatori all'opera. Vive in estrema povertà ed è turbato dalle condizioni in cui si trovano i minatori, che aiuta per come può; questo però infastidisce i suoi superiori che lo licenziano, ritenendolo ancora una volta inadatto e privo di talento. Van Gogh prosegue la sua vocazione senza ricevere compenso: vive in grandi ristrettezze ma continua a leggere molto e a disegnare; in questo periodo avranno inizio le sue crisi che gli segneranno il futuro. Il fratello Theo lo critica per come conduce la sua vita e Vincent interrompe i rapporti con lui per poi riprenderli solo un anno dopo.

Theo lo aiuta tuttavia finanziariamente e lo incita a proseguire nella pittura: Vincent va quindi a Bruxelles e frequenta la scuola d'arte, dove fa conoscenza con diversi pittori diventando amico del pittore neerlandese Anton van Rappard. In questo periodo realizza copie di opere di Jean-François Millet. Nel 1881 si innamora della cugina Cornelia, detta Kee, vedova da poco tempo e con un figlio, senza però esserne corrisposto. Ad una sua richiesta di matrimonio lei lo rifiuta non ricevendolo in casa. Disperato, Van Gogh si brucia la mano sinistra con la fiamma di una lampada, cercando di dimostrare l'intensità del suo amore. Rifiutando ancora una volta un aiuto economico dai genitori, Van Gogh riparte per l'Aja dove prende lezioni dal pittore Anton Mauve, cognato della madre; anche con lui però i rapporti si deteriorano, perché Vincent non vuole come modelli calchi di gesso.

In questo periodo, Vincent conosce una prostituta e lavandaia alcolizzata, Sien Hoornik (che sarà anche sua modella) e va a vivere con lei e col figlio, cercando di redimerne le sorti. La sua salute inizia a creargli qualche problema, e infatti in questo periodo si ammala di gonorrea. Il loro rapporto è segnato, come sempre sarà, dalle intemperanze emotive del giovane Vincent, il cui furore nei confronti della vita rimarrà sempre in bilico tra la follia e l'amore più puro. Di questa prima passione ci rimane il bellissimo disegno 'Sorrow'. Suo zio gli fa una ordinazione per venti disegni di paesaggi: questo sarà il suo unico lavoro su ordinazione. Inizia a dipingere con i colori ad olio paesaggi e ritratti di popolani e il fratello Theo ,che era a Parigi, gli paga il materiale. Vorrebbe sposare Sien ma la famiglia lo dissuade e Vincent prende la dolorosa decisione di lasciarla dopo un anno di convivenza. Dal 1883 al 1885 vive con i genitori nel paese di Nuenen e nell'arco di questi anni dipinge duecento quadri; cura amorevolmente la madre che si rompe una gamba e prende lezioni di musica e canto perché pensa che ci sia un legame fra colore e musica; allestisce un atelier in uno stabile accanto alla casa parrocchiale del padre che muore per un colpo apoplettico il 26 marzo 1885. Dipinge I mangiatori di patate.

L'anno successivo Van Gogh si ammala gravemente per denutrizione e a causa del forte tabagismo; nel frattempo continua a prendere lezioni di pittura e a leggere. Un rigattiere gli acquista una serie di dipinti ma ne vende solo uno per pochi centesimi, bruciando gli altri. A Parigi fa amicizia con Paul Gauguin, con il quale (1887) costituisce, insieme a Henri de Toulouse-Lautrec e ad Emile Bernard, il gruppo cosiddetto dei Pittori del Petit-Boulevard, per distinguersi da quello dei Pittori del Grand-Boulevard (Claude Monet, Alfred Sisley, Camille Pissarro, Edgar Degas, Georges-Pierre Seurat) che esponevano nella galleria di Theo.

L'anno successivo lascia Parigi trasferendosi ad Arles; qui trova una casa, e decide di dipingerne la facciata di giallo, per celebrare una ritrovata solarità, e dove sarà raggiunto da Gauguin. Nella città francese dipinge, fra gli altri, alcuni dei suoi principali capolavori, caratterizzati da luminosi colori carichi di vitalità, fra cui il Vaso con dodici girasoli (o i Girasoli, il celeberrimo Sunflowers), il Ponte di Langlois ad Arles con lavandaie, Esterno di caffè in place du Forum ad Arles, e la Casa gialla.

È durante la permanenza ad Arles che avviene uno degli episodi più controversi e drammatici della vita di Van Gogh. La notte del 23 dicembre il pittore, dopo un'aggressione ai danni di Gauguin (che fugge spaventato), si taglia la parte inferiore dell'orecchio destro, la incarta e la porta in un bordello per farne regalo ad una prostituta alla quale si era affezionato. Viene ricoverato in ospedale con la diagnosi di epilessia, alcolismo e schizofrenia. Dipinge il celebre Autoritratto con orecchio bendato. Da quel momento, Van Gogh avrà sempre più frequentemente crisi di allucinazioni e sarà a più riprese ricoverato, anche spontaneamente, per malattie mentali in un ospedale nei pressi di Saint-Rémy-de-Provence. A questo periodo risalgono i dipinti Iris e Alberi di cipresso. Dopo l'ultima crisi si stabilisce nel maggio 1890 ad Auvers-sur-Oise. Qui conosce il medico-pittore che lo ha in cura, Paul Gachet, e che ritrarrà in un quadro famosissimo. I quadri di questo periodo risentono di una profonda e lucida depressione. La sua sensibilità enorme lo porta a rimanere ferito per ogni sguardo e commento, che le persone sanno da sempre tributare agli eccentrici. Addirittura in una delle lettere parla della derisione e del dileggio dei bambini quando passavano davanti alla sua casa. Nell'ultimo periodo i quadri si susseguono ad un ritmo impressionante e, quanto mai prima, domina il giallo, il colore acceso della vita.

Il 27 luglio del 1890 si presenta alla coppia proprietaria della locanda in cui vive. Sta molto male e confessa di essersi sparato un colpo di rivoltella in un campo accanto al cimitero nei pressi di Auvers-sur-Oise mentre dipingeva la sua ultima opera. Morirà il 29 luglio e verrà sepolto il giorno dopo in quello stesso cimitero. Al funerale parteciperanno il fratello Theo, il dottor Gachet e molti amici artisti; la bara è ricoperta di girasoli. Pochi mesi dopo, il 25 gennaio 1891, muore, ricoverato in clinica psichiatrica, anche il fratello Theo.

Quando si parla di Van Gogh, si parla anche della dicotomia genio-follia, indicando in quest'ultima il motore della pittura originale, unica dell'artista. Sono mille le ipotesi di malattia, tutte diagnosticate a posteriori: chi prende spunto dalla biografia parla di un incrudelirsi della malattia venerea, o addirittura di una possibile ereditarietà dal padre di sifilide, oppure di schizofrenia, depressione, etc. Chi prende spunto dalla sua arte vede nei suoi quadri spiraleggianti delle caratteristiche comuni a mille altri pazienti affetti da malattie degenerative del cervello. Con i mezzi attuali, ogni supposizione è possibile, perciò nessuna è unica e veritiera. Ciò che è permesso dire è che l'arte di Van Gogh è illuminante, e la sua figura, magra piccola e solitaria nella carne, si staglia in realtà gigantesca e poderosa nella storia dell'arte e dei sentimenti umani.




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