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La tettonica delle placche
L'idea che le grandi strutture della Terra, come oceani e continenti, non fossero forme stabili fu constatata all'inizio del secolo scorso. Già nella seconda metà del XIX secolo alcuni studiosi avevano iniziato a elaborare teorie "mobiliste" secondo le quali i continenti potrebbero muoversi lungo la superficie creando spazi per nuovi oceani facendone scomparire vecchi. La teoria più completa fu pubblicata nel 1915 dal tedesco A. Wagener. Secondo Wagener, circa 200 milioni di anni fa vari lembi di crosta continentale oggi separati tra loro da ampi oceani, si trovavano uniti in un unico continente, detto Pangea, circondato da un unico grande oceano, chiamato Pantalassa; a partire da quell'epoca la Pangea si sarebbe smembrata in più parti, che si sarebbero sempre più allontanate fra loro dando origine al meccanismo noto come deriva dei continenti. A sostegno di tale tesi lo scienziato aveva infatti notato:
- la corrispondenza fra le croste;
- resti paleontologici in Africa e in America di stessi animali privi di vescica natatoria;
-analogie paleoclimatiche.
Ciò che Wagwner non riuscì a trovare fu il motore di tali movimenti. Le sue teorie tuttavia furono riprese in seguito, quando l'uso degli eco scandagli consenti di scoprire sui fondali oceanici:
- rilievi sottomarini (le dorsali);
- la diversa spessore dei sedimenti (maggiore vicino queste dorsali, mentre si diradava allontanandosene);
-anomalie magnetiche.
Secondo questa teoria, elaborate alla fine degli anni Sessanta, la litosfera sarebbe divisa in una ventina di frammenti rigidi e di diverse dimensioni: le Placche o Zolle. Queste sono giustapposte come le tessere di un mosaico, non sono ferme ma si muovono l'una rispetto all'altra. Ogni placca, in linea di massima, ha un basamento di materiale denso di rocce decisamente basiche, cui si sovrappongono la crosta oceanica formata da basalti e la crosta continentale di rocce granitiche; vi sono però placche in cui è presente solo crosta oceanica ed altre in cui è presente solo crosta continentale. |
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I lembi delle singole placche, detti margini, vengono distinti, a seconda della loro funzione in tre tipi:
- margini costruttivi o divergenti: le dorsali oceaniche, una lunghissima fascia di crosta oceanica rialzata dalla quale fuoriesce continuamente magma fuso che solidifica in basalti dando origine a nuova litosfera oceanica che via via si allontana dalla dorsale stessa;
- margini distruttivi o convergenti: le fosse oceaniche, lungo le quali la litosfera, divenuta fredda e densa, viene distrutta tramite un processo di subduzione;
- margini conservativi: le faglie trasformi (che disarticolano le dorsali in segmenti spostati rispetto a quelli contigui), lungo le quali le faglie scorrono l'una di fianco all'altra in direzioni opposte, con fenomeni di metamorfismo e forte attività sismica.
Quando i margini di due placche si incontrano gli effetti che ne derivano dipendono dalla natura delle due placche. Possiamo avere tre situazioni assai differenti tra loro:
- primo caso: crosta oceanica con crosta oceanica
Anche se in questo caso non esiste sostanziale differenza di densità di materiali, una delle due placche si infossa sotto l'altra, con un fenomeno chiamato subduzione. Il piano lungo il quale avviene la subduzione si chiama Piano di Benjoff e si configura chiaramente come una zona intensamente sismica. L'attrito al contatto tra i due margini fa ripiegare verso il basso anche il margine della zolla subducente (qui si generano fosse profonde) che va incontro a parziali fusioni, originando serbatoi magmatici da cui il magma fuoriesce attraverso le numerose fratture che sono presenti nella zona; ne nascono isole vulcaniche allineate ad arco (arco magmatico o insulare), come l'Arcipelago nipponico e quello filippino.
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- secondo caso: crosta oceanica con crosta continentale:
In questo caso la notevole differenza di densità tra le due placche fa sì che sia la placca oceanica ad essere subdotta poiché più densa e pesante, e la crosta continentale, formata da materiali più leggeri, risponde alle spinte dell'altra deformandosi, ripiegandosi ed "accartocciandosi". Nasce in questo modo il fenomeno della orogenesi (o nascita di sistemi montuosi), che vede catene di rilievi allineate lungo le coste. Sono sempre presenti fenomeni vulcanici, per motivi analoghi al caso precedente. Ha questa origine la Cordigliera delle Ande.
terzo caso: crosta continentale con crosta continentale:
La sostanziale corrispondenza di densità tra le due placche interessate al fenomeno fa sì che non ci sia subduzione; i margini delle zolle, che portano grande potenza di materiali leggeri, si sovrappongono e si accavallano l'uno all'altro, dando così origine a catene montuose interne ai continenti: l'imponente sistema Alpino-himalayano, è la manifestazione esterna e non definitiva dello scontro avvenuto tra il blocco euroasiatico e le placche africana e indiana.
Tuttavia alcuni aspetti non sono ancora molto chiari e tra questi il più problematico è trovare il responsabile del movimento delle zolle. Per un lungo periodo di tempo si è pensato che "il motore" fosse rappresentato i moti convettivi della astenosfera fossero la litosfera, rigida ed anelastica, reagirebbe a queste correnti spezzandosi in blocchi che seguirebbero il moto delle correnti convettive stesse. Dove c'è risalita di materiali caldi i margini, costretti dalla risalita degli stessi, sarebbero divergenti; al contrario, dove c'è la discesa di flussi più freddi, i margini sarebbero convergenti. Le ultime scoperte degli anni '90, però, hanno rinvigorito il problema: si è constatato, infatti, che il movimento preferenziale delle placche segue all'incirca l'andamento dei paralleli. Questa osservazione ha generato un'altra ipotesi nella ricerca del nostro motore, ipotesi che parrebbe confermare quanto già sosteneva Wegener, e cioè che il moto di rotazione terrestre sia il responsabile ultimo. Secondo questa ipotesi, la litosfera, rigida e separata da una superficie di scollamento dalla sottostante astenosfera fluida, favorita dal moto di rotazione terrestre - va ricordato che la terra ruota da Ovest verso Est - si muoverebbe verso Ovest. Se la zona di separazione tra i due strati fosse omogenea, il moto della litosfera sarebbe anch'esso omogeneo e non ci sarebbero fratture; esistono, invece, zone in cui è presente forte disomogeneità, dovuta a differente composizione, temperatura e pressione, tra i due involucri e qui, in funzione della diversa velocità di movimento, avverrebbe la frattura della litosfera in blocchi. Se un blocco più "scollato" posto ad Ovest si muove più velocemente di uno posto ad Est, si verificherà un allontanamento; al contrario, se è quello orientale a muoversi più velocemente, si verifica avvicinamento e subduzione.
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