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La casa di Svevia: Federico Barbarossa




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La casa di Svevia: Federico Barbarossa


La casa di Svevia: Federico Barbarossa Alla morte di Enrico V (vedi lezione
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La casa di Svevia: Federico Barbarossa



Alla morte di Enrico V (vedi lezione precedente) si aprirono in Germania le lotte tra due diverse fazioni per la successione alla guida dell'Impero.

L'Impero attraversava un periodo di crisi dovuto allo scontro tra Guelfi (sostenitori della casa di Baviera) e Ghibellini (sostenitori della casa di Svevia), per il controllo del trono tedesco.

Alla fine dello scontro prevalse Federico I di Hohenstaufen (in quanto aveva legami di parentela con entrambe le casate), che in Italia sarà poi detto il Barbarossa .

Il Sacro Romano Impero Germanico, al tempo di Federico Barbarossa non costituiva uno stato politicamente e amministrativamente unitario. Esso infatti era la risultante di due regni:

il regno Germanico (area verde e celeste) che, essendo uno Stato feudale, era suddiviso, a sua volta in una serie di grandi feudi (Regno di Borgogna e Ducati di Lorena, Sassonia, Slesia, Moravia, Pomerania, Svevia, Franconia, Baviera, Austria, Boemia).

il regno d'Italia (area gialla) frammentato in una serie di altri feudi minori e , soprattutto caratterizzato dalla presenza di numerosi e prosperi Comuni tra i quali spiccano quello di Milano e la Repubblica di Venezia (area marrone).
Contro di essi si infrangerà il tentativo di rafforzare il potere imperiale da parte di Federico Barbarossa.



Le discese del Barbarossa in Italia, al fine sopra indicato, furono almeno 5. Riportiamo per ognuna le tappe fondamentali:


Prima discesa
Federico nel 1154 discese nella penisola per farsi incoronare re d'Italia e ripristinare il controllo delle città del nord, cercando di impadronirsi delle regalie (cioè i diritti di imporre tasse, battere moneta, confiscare beni vacanti, amministrare la giustizia.). 
Nel dicembre convocò una Dieta a Roncaglia ed annunciò che tutte le alienazioni di feudi e di regalie, insomma di tutti quei diritti che competevano all'Imperatore, dovevano essere considerate nulle, quindi i feudi e le regalie dovevano tornare ai legittimi detentori. Naturalmente la punta polemica della Dieta non era rivolta tanto ai feudatari, indeboliti dal nuovo sistema comunale, ma proprio verso i comuni, che egli considerava il nuovo nemico da combattere. Naturalmente i Comuni non accettarono i deliberati di Roncaglia, pertanto Federico, non avendo per il momento forze sufficienti per imporsi ai maggiori fra di essi, come Milano, si sfogò sui minori. Nel 1155 cinse in Pavia la corona del regno d'Italia, quindi fu chiamato in aiuto dal Papa Adriano IV, minacciato dal Comune di Roma, che era stato costituito sotto la guida di Arnaldo da Brescia. In cambio della sottomissione di Roma repubblicana, dell'eliminazione dell'eretico Arnaldo da Brescia e della garanzia che la Chiesa avrebbe mantenuto i propri beni, Federico fu incoronato imperatore dal papa. L'accordo con quest'ultimo fu però di breve durata, in quanto Federico manifestò presto la volontà di imporre la propria supremazia sul potere religioso e sulla stessa Roma
Federico avrebbe voluto dirigersi anche verso il Meridione per affrontare i Normanni, ma la malaria indebolì il suo esercito e lo costrinse a ritornare in Germania.

Seconda discesa
Nel 1158 Federico è nuovamente in Italia per rendere esecutivi i decreti di Roncaglia. Convocò una seconda Dieta a Roncaglia, per riaffermare la sovranità imperiale e feudale sulla libertà comunale: egli sancì che i Comuni non potessero più gestire le regalie, mise al bando le leghe tra comuni e le guerre interne. Impose la presenza dei podestà quali suoi rappresentanti Ancora una volta Milano si oppose e attaccò le città amiche del sovrano. Federico si avventò ferocemente su Crema che espugnò e distrusse, coalizzò intorno a sé i comuni storicamente nemici di Milano e iniziò l'assedio della città. Milano si arrese e Federico vi ci si stabilì.
Si ricorda che, nell'occasione di tale discesa, Federico concesse il riconoscimento ufficiale di Università ai giuristi Bolognesi riuniti attorno alla figura di Irnerio. Ovviamente, ottenne in cambio dai notabili esperti di diritto romano, un riconoscimento ufficiale e un sostegno relativamente all'affermazione dei suoi diritti nel rivendicare l' autorità e il dominio sull'Italia.
Dalla morte di Adriano IV, nel 1159, Federico aveva tentato di interferire nell'elezione del nuovo pontefice, ma i cardinali erano intenzionati a mantener fede agli principi enunciati durante la lotta per le investiture ed elessero un papa di tendenze antimperiali, Alessandro III. I fautori di Federico gli contrapposero un antipapa, Vittore IV, ma la maggior parte degli stati cristiani rimase fedele al pontefice legittimo.

Terza Discesa Federico scese per la terza volta in Italia nell'ottobre del 1162, senza esercito, ma con un numeroso seguito di principi e di vescovi. Da Lodi il Barbarossa passò a Pavia. All'inizio del 1164 il Barbarossa passò il Po, visitò la Romagna e si spinse fino a Fano. Lasciata Parma, si recò a Pavia dove si ammalò e per alcune settimane sua fedele compagna fu la febbre. Nel 1164 VITTORE IV morì. La fine dell'antipapa non servì a far cessare lo scisma, perché i cardinali sostenitori del Barbarossa, consigliati dall'arcivescovo di Colonia, elessero con il nome di PASQUALE III, il quale per le sue qualità dava a Federico la certezza che avrebbe condotto ad oltranza la lotta contro ALESSANDRO III. Venezia si schierò a favore di Alessandro III; colse poi occasione dal malcontento che teneva in agitazione alcune città dell'Italia superiore per promuovere e capeggiare una lega tra Verona, Vicenza e Padova, che passò alla storia con il nome di LEGA VERONESE. Non disponendo di un forte esercito e fidandosi poco delle milizie lombarde, l'imperatore cercò di scongiurare il pericolo minacciato dalla nuova coalizione concedendo alle città di dubbia fede, vicine della marca veronese, privilegi che in altri tempi non avrebbe mai concesso. Con il proposito di radunare un forte esercito e tornare poi in Italia per domarla con le armi, nell'autunno del 1164 prese la via del ritorno verso la Germania.
Nel 1165 Alessandro III scomunicò Federico e sciolse i suoi sudditi dall'obbligo di fedeltà., questo come già detto (vedi questione della legittimazione del potere) costituiva un fatto grave per un Imperatore e rischiava di creare nuovi problemi.

Quarta Discesa.
La posizione del Barbarossa era più grave di quanto lui credesse. Non era soltanto nella rivolta delle città lombarde il pericolo, ma nell'atteggiamento degli stati occidentali, decisi ad opporsi alla politica imperiale la quale, apertamente, tendeva al dominio mondiale. Della coalizione, che contro le mire del Barbarossa si veniva formando, aveva assunto la direzione Alessandro III, che presto vide accrescere paradossalmente le file dei suoi aderenti anche in Germania. Alla dieta di Wiirzburg erano convenuti centoquaranta prelati germanici, che riconoscevano l'antipapa Pasquale III come Capo legittimo della Chiesa e si erano impegnati con un giuramento a non prestare obbedienza ad Alessandro. Il Barbarossa mise insieme un potente esercito e partì dalla Germania.
Giunto in Lombardia, a Lodi fu tenuta una dieta generale e solo in questa l'imperatore si accorse quanto fosse difficile l'opera alla quale si accingeva. Per la spedizione contro i Normanni gli erano indispensabili le navi dei Pisani e Genovesi; ma le due repubbliche marinare erano ancora in guerra tra loro per il possesso della Sardegna. Durante la dieta di Lodi, furono poi presentate all'imperatore dalle città lombarde numerose lagnanze per le vessazioni dei procuratori imperiali.
Mentre Federico, lasciata la Lombardia, si era messo in marcia, alle sue spalle, le città oppresse inalberavano la bandiera della rivolta. Le città di Verona, Padova e Vicenza avevano dato l'esempio: le seguirono oltre Cremona, Mantova, Bergamo e Brescia che l'8 di marzo del 1167 si strinsero in lega e subito si misero in relazione con i Milanesi.
Il 7 aprile 1167, nel monastero di S. Giacomo di Pontida, le città suddette si riunirono
e furono dell'avviso di doversi dimenticare ogni discordia passata per unire tutte le loro forze in una sola forza per scuotere l'insopportabile tirannide tedesca; decisero quindi la costituzione di una coalizione, che fu detta LEGA LOMBARDA, la quale doveva prendere accordi con quella Veronese e doveva durare cinquant'anni. I collegati si obbligavano con giuramento di rivendicare i diritti che i loro comuni godevano dal tempo di Enrico IV, di opporsi con le armi alle vessazioni dei ministri imperiali, di mantenere fedeltà all'imperatore, ma di non prestargli obbedienza fino a che non avessero ottenuta la restaurazione dei loro diritti. Tutti inoltre s' impegnavano di soccorrersi a vicenda, di non far pace separata, di non prendere nessuna decisione senza il consiglio e il consenso degli altri, di restituirsi le terre donate (perché usurpate) dal Barbarossa e di regolare amichevolmente le questioni pendenti tra le città collegate.
FEDERICO BARBAROSSA ebbe notizia della rivolta lombarda e della lega e dichiarò ribelli tutte le città della lega, le mise al bando dell'impero escluse Lodi e Cremona, e proclamò la guerra. Fallito ogni tentativo militare, il Barbarossa fu costretto a rifugiarsi a Pavia, dove aveva intenzione di rinchiudersi e passare l'inverno. Prima che finisse l'inverno 1167, Federico stimò prudente lasciare Pavia, perché un atto di ferocia commesso in città da un tedesco contro un nobile pavese, aveva suscitato una generale indignazione e malcontento. Ma nel passare da Susa, poco mancò che il Barbarossa non finisse ingloriosamente la sua vita, perché, avendo fatto impiccare un nobile bresciano, uno degli ostaggi che si portava dietro in Germania dalla Lombardia, il popolo, sdegnato, si levò a tumulto ed obbligò con le minacce l'imperatore a rimettere in libertà gli altri. Ma poi, corsa la voce che in città si era ordita una congiura contro di lui, si travesti da servo e, lasciato nel suo letto un cavaliere che gli rassomigliava, con il favore della notte fuggì e rientrò in Germania

Quinta Discesa
II Barbarossa era partito già da un mese, quando i collegati posero le fondamenta di una nuova città: Alessandria (dedicata al papa). Nel settembre del 1174 con un esercito di poco più che ottomila uomini, il Barbarossa scese in Italia per la quinta volta Il principio della campagna registrò per lui dei successi
Il Barbarossa proseguì la marcia fin quando giunse davanti ad Alessandria, intorno alla quale pose l'assedio, sicuro di prenderla in breve tempo. Aveva purtroppo scelto l'inverno 1174 per assediarla, e ancora una volta aveva avverso il destino. L'inverno fu uno dei più rigidi e causò più sofferenze agli assedianti che non agli assediati. Il 18 aprile stesso si stabilì che la contesa tra i comuni e l'imperatore sarebbe stata risolta da sei arbitri, tre scelti da Federico e tre dai collegati. Dopo di ciò il Barbarossa, credendo sicura la pace, licenziò la maggior parte dell'esercito e si ritirò a Pavia; la Lega, dal canto suo, rimandò le milizie alle proprio città.
La Lega pose come condizioni di pace che la città di Alessandria fosse conservata; che l'imperatore si pacificasse con la Chiesa e riconoscesse come pontefice legittimo ALESSANDRO III; che Federico concedesse l'amnistia e restituisse tutte le proprietà e i diritti sottratti ai comuni; ai vescovi e ai signori aderenti alla Lega, confermasse le sentenze consolari e riconoscesse alle città il diritto di eleggere i propri magistrati; di innalzare fortificazioni e costituirsi in leghe.
L'imperatore doveva accontentarsi dei tributi che erano stati fissati dopo la morte di Enrico IV.
Fra le questioni da risolvere ve n'erano due particolarmente difficili: quella che riguardava la città d'Alessandria e quello che si riferiva al riconoscimento di Alessandro III. Riguardo alla prima l'imperatore voleva che la nuova città fosse distrutta, mentre i collegati intendevano che fosse conservata; riguardo alla seconda Federico non voleva che lo scisma fosse composto pur dando libertà ai collegati di riconoscere Alessandro.
Mantenendosi le due parti ferme nei loro rispettivi punti di vista l'accordo non fu possibile. Non rimaneva quindi che riprendere le armi ed affidar a quelle la soluzione della gran contesa.
La vera battaglia avvenne a Legnano, nella pianura dov'era accampato l'esercito della Lega. Il Caroccio (simbolo della lega) si trovò improvvisamente circondato da tutte le milizie imperiali. La sconfitta fu totale. Ma presto le sorti si ribaltarono e il Barbarossa fu costretto alla fuga. La battaglia di Legnano veniva a cancellare l'onta dell'umiliazione e della distruzione di Milano.
BARBAROSSA lasciò su quel campo la sua dignità e la maestà dell'impero


Con il papato e Alessandro III vi fu una conciliazione con la tregua (o pace) di Venezia (1176)e con i comuni fu stipulata la Pace di Costanza (1183) in base alla quale i comuni dell'Italia centro-settentrionale ottennero la loro autonomia in cambio di una formale sottomissione all'Imperatore. Si trattò quindi di un compromesso.


Ultimo tentativo da parte degli imperatori Svevi di controllare parti del territorio italiano (ricco e strategicamente importante per la sua posizione nel Mediterraneo ) è il matrimonio di Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa e l'ultima discendente dei Normanni, Costanza d'Altavilla.

Tale matrimonio, unendo i possedimenti normanni del sud dell'Italia con quelli Svevi, porta Enrico VI e poi suo figlio Federico II ad acquisire il Meridione e la Sicilia ( 1215-1250 ).  

 Da precisare che con Enrico VI iniziò un periodo di malgoverno in Sicilia, che si sarebbe poi protratto sotto il dominio angioino (vedi in seguito) tanto che si giunse a rivolte e sommosse. Egli tuttavia morì presto, nel 1197; la vedova di ENRICO VI, COSTANZA la Normanna, riconobbe la signoria feudale del papa, rinunziò all'impero per conto di Federico suo figlio, e affidò a Innocenzo III,  la reggenza del piccolo erede. Subito dopo morì anche lei.



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