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Geografia astronomica: teoria di Hubble sull'espansione dell'universo




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Geografia astronomica: teoria di Hubble sull'espansione dell'universo


Misurando la velocità delle galassie tramite il loro redshift e la loro distanza, Edwin Hubble, nel 1929, stabilì che esse si allontanano da noi ad una velocità tanto maggiore quanto più grande è la loro distanza, secondo quella che è ora conosciuta come 'legge di Hubble'.

In quel periodo infatti si trovavano grandi difficoltà a determinare la distanza degli altri oggetti nel cielo e la grandezza della nostra galassia e si pensava che essa comprendesse tutto l'universo e che all'infuori di essa non ci fosse nulla. Nel 1918 Harlow Shapley dichiarò per primo che le stime fatte fino ad allora riguardo la grandezza della nostra galassia erano molto lontane dalla verità e che essa risultava essere almeno cento volte più grande di quello che in precedenza si pensava. Egli però, scoprendo che le vere dimensioni della nostra galassia risultavano estremamente più grandi di quello che ci si aspettasse, concluse che oltre essa non ci potesse essere più nulla.

Hubble formula cosi la legge secondo cui:

V=Ho d

dove V è la velocità di allontanamento della galassia (velocità di recessione), d la sua distanza e Ho è la costante di Hubble.

Lo spostamento verso il rosso (anche chiamato col termine redshift) è il fenomeno per cui la frequenza della luce, quando osservata in certe circostanze, è più bassa della frequenza che aveva quando è stata emessa. Ciò accade in genere quando la sorgente di luce si muove allontanandosi dall'osservatore. Più in particolare, il termine redshift è usato quando, nell'osservare lo spettro della luce emessa dalla galassia, quasar o supernova, questo appare spostato verso frequenze minori, se confrontato con lo spettro dei corrispondenti più vicini. Dato che nella luce visibile il rosso è il colore con frequenza più piccola, il fenomeno ha preso questo nome, anche se magari la radiazione è nelle radiofrequenza.

L'interpretazione standard della cosmologia è che le galassie sono in allontanamento le une dalle altre, e più in generale che l'universo è in una fase di espansione, al momento attuale in accelerazione, iniziata col Big bang.

Per quanto riguarda il campo di validità della legge di Hubble, la relazione non può essere applicata per distanze astronomiche molto piccole, generalmente inferiori a qualche milione di anni luce, e per distanze molto grandi,                       generalmente al di sopra di alcuni miliardi di anni luce.

Per quanto riguarda le distanze molto piccole, applicando la relazione matematica alle galassie della nebulosa di Andromeda, queste si dovrebbero allontanare, mentre invece presentano un moto di avvicinamento. Si pensa che l'inversione della norma espansionistica sia dovuta a certi effetti gravitazionali locali che si estrinsecano più intensamente quando gli oggetti celesti sono relativamente vicini. Per le grandi distanze, invece, la ridotta applicabilità della legge dipende dal fatto che errori e incertezze tendono ad aumentare man mano che le distanze si fanno più grandi. Inoltre, si dovrebbe anche conoscere con esattezza il valore della costante di Hubble.


Per cercare di capire, almeno in parte, quello che succede, basta prendere un palloncino sgonfio e disegnarci sopra tanti pallini colorati. Soffiandoci dentro, la superficie del palloncino aumenta gradualmente e i pallini si allontanano gli uni dagli altri. Proprio come i punti disegnati sulla superficie del palloncino, le galassie sono immobili nello spazio: tutto il movimento è dato dall'espansione dello spazio, analoga a quella della superficie del palloncino. Così come i puntini del palloncino si allontanano gli uni dagli altri tanto più in fretta quanto più sono lontani, la velocità di fuga delle galassie aumenta in misura direttamente proporzionale alle loro distanze reciproche (legge di Hubble). Ma, al contrario di quanto potrebbe indurre a pensare l'analogia con il palloncino che si gonfia, lo spazio non si sta espandendo all'interno di qualcos'altro.                                                                                                    

Secondo quanto sosteneva Einstein, lo spazio non è semplicemente un  vuoto: al contrario, è un 'qualcosa' di reale, flessibile ed estensibile. Attualmente, la comprensione delle proprietà e del comportamento dello spazio rappresenta uno dei maggiori obiettivi della fisica moderna.

Questo fatto da' l'impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, mentre in realtà esso non ha un centro. Pensiamo ai punti disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l'uno dall'altro con velocità proporzionale alla loro distanza: ogni punto può essere considerato come il centro dell'espansione. Allo stesso modo, noi non siamo al centro dell'espansione dell'Universo, ma in un suo punto qualsiasi: un altro osservatore, posto in un punto qualsiasi su un'altra galassia, vedrebbe esattamente le stesse cose che vediamo noi. Un altro duro colpo per l'orgoglio dell'uomo!









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