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Dalla decolonizzazione alla nascita del terzo mondo




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DALLA DECOLONIZZAZIONE ALLA NASCITA DEL TERZO MONDO


Il microcredito e la finanza etica, nascono per promuovere uno sviluppo che è mancato nei Paesi del Terzo Mondo a causa di una serie di eventi che ne hanno caratterizzato la storia.


LA DECOLONIZZAZIONE

I CARATTERI GENERALI DLLA DECOLONIZZAZIONE

Lo smantellamento del sistema coloniale e l'accesso all'indipendenza dei popoli afroasiatici sono fra i fenomeni più importanti di questo secolo: forse i più importanti sotto il profilo dei rapporti internazionali e della trasformazione della comunità mondiale nel suo insieme.


LA GUERRA E LA CRISI DEL COLONIALISMO

Per tanto nel primo dopo guerra con lo sviluppo di movimenti indipendentisti, il processo di decolonizzazione ricevette la spinta decisiva dal secondo conflitto mondiale. Nei teatri di guerra extraeuropei, i movimenti indipendentisti avevano acquistato forza e prestigio sempre maggiori. Quasi dappertutto, a guerra finita, queste forze rimasero mobilitate politicamente e militarmente per battersi conto il dominio coloniale.

Un altro fattore di importanza decisiva fu la pressione congiunta degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica per scalzare gli europei dall'Asia e dall'Africa e quindi per accelerare la liquidazione del vecchio ordine mondiale fondato sull'eurocentrismo. Le due superpotenze avrebbero in seguito fatto pesare la loro egemonia sui Paesi afroasiatici, anche se in forme molto diverse (essenzialmente economiche gli americani, soprattutto politico-militari i sovietici). Ma ciò non togli che il loro ruolo fu decisivo nell'avviare il processo di decolonizzazione.


IL PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE

Per volontà soprattutto americana, gli alleati avevano proclamato, ancora in piena guerra mondiale, con la Carta atlantica del 1941, il "diritto di tutti i popoli a scegliere la forma di governo da cui intendono essere retti". Il principio di autodeterminazione dei popoli, che avrebbe ispirato l'intera attività dell'Onu, si impose così come base di un nuovo codice etico-politico internazionale, cui l'Europa non poteva sottrarsi, tanto più che era uscita indebolita e ridimensionata dalla guerra. Del resto i benefici economici del colonialismo compensavano sempre meno i costi politici, militari e finanziari del mantenimento delle colonie, di fronte alla crescente pressione dei movimenti indipendentisti.




LE FORME DELLA DECOLONIZZAZIONE

Se la linea di tendenza era già chiaramente fissata alla fine della guerra, non mancarono tuttavia incertezze e resistenze nella fase di attuazione. Il processo si compì attraverso vicende alterne, che risentirono sia della natura dei nazionalismi locali, sia della consistenza numerica della colonizzazione bianca, sia delle politiche dei Paesi europei. La Gran Bretagna, procedette a una graduale abdicazione al proprio dominio, preparando i popoli soggetti all'indipendenza (mediante la concessione di costituzioni e di organismi rappresentativi) e cercando di trasformare l'Impero in una comunità di nazioni sovrane, liberamente associate nel Commonwealth. La Francia, invece, oppose una tenace resistenza ai movimenti indipendentisti e praticò fino all'ultimo una politica "assimilatrice", che pretendeva di riunire la madrepatria e le colonie in un unico Stato e concedeva ai popoli soggetti una formale parità di diritti.


L'EREDITÁ COLONIALE

L'eredità coloniale lasciò tracce durevoli non solo sul piano materiale, ma anche su quello delle abitudini, della cultura, della lingua. Sul piano delle istituzioni politiche, però, la democrazia parlamentare di tipo europeo si affermò solo in pochi Paesi. Le ragioni furono molteplici: il peso di una tradizione diversa; il fatto che l'Europa aveva mostrato in Africa e in Asia non il suo volto liberale, ma quello autoritario del governo coloniale; il carattere della dirigenze locali, espressione di élite numericamente esigue e non di borghesie mature, radicate nella società; la difficoltà di avviare un processo di sviluppo partendo da condizioni di grave arretratezza economica. Il risultato fu quindi la prevalenza di regimi di stampo autoritario, di sistemi a partito unico tanto di destra quanto di sinistra, di vere e proprie dittature militari.



IL TERZO MONDO, IL "NON ALLINEAMENTO" E IL SOTTOSVILUPPO


I Paesi di nuova indipendenza si affacciarono sulla scena internazionale con la convinzione di condividere un'eredità comune, quella della lotta di liberazione dal colonialismo, e di essere portatori di comuni interessi e aspirazioni.

IL NON ALLINEAMENTO

In un mondo sempre più pervaso dalla competizione fra Est e Ovest, questi Paesi avvertirono la necessità di garantirsi dalle tendenze egemoniche delle superpotenze, così come si erano affiancati dal dominio coloniale: la parola d'ordine diventò così quella del NON ALLINEAMENTO rispetto ai grandi blocchi militari e ideologici.

Per impulso soprattutto dell'India di Nehru e dell'Egitto di Nasser, ai quali si unì, per la sua particolare posizione internazionale, la Jugoslavia di Tito, questo concetto divenne la principale piattaforma politica comune di quello che veniva emergendo come un TERZO MONDO, distinto sia dall'Occidente capitalistico sia dall'Est comunista.


LA CONFERENZA DI BANDUNG

La consacrazione ufficiale di questo indirizzo si ebbe nel 1955, con la conferenza afroasiatica di Bandung, in Indonesia, cui parteciparono 29 Stati, inclusa la Cina.

La conferenza, che proclamò l'eguaglianza fra tutte le nazioni, il sostegno ai movimenti impegnati nella lotta al colonialismo e il rifiuto delle alleanze militari egemonizzate dalle superpotenze, segnò non solo l'atto di nascita del movimento dei non allineati, ma anche l'affermazione del Terzo mondo sulla scena mondiale. Nacque allora, e si diffuse anche nella sinistra occidentale, il cosiddetto terzomondismo: ossia la tendenza a individuare proprio nei Paesi di nuova indipendenza il principale fattore di mutamento e di rinnovamento a livello mondiale.


LE DIVISIONI FRA I NON ALLINEATI

Nel corso degli anni il movimento dei non allineati andò ingrossando progressivamente le sue file e al tempo stesso accentuando la sua eterogeneità. Accanto a Paesi di osservanza filo-occidentale, vi figuravano Stati strettamente legati all'Urss, come Cuba e il Vietnam. Quella del non allineamento appariva dunque una realtà sempre più differenziata. Essa comunque impresse una nuova fisionomia alla comunità internazionale, rendendola non più riducibile alla contrapposizione Est-Ovest.


POVERTÁ E SOTTOSVILUPPO

Se il non allineamento apparve fin dagli anni '50 il comune denominatore politico del Terzo Mondo, il sottosviluppo sembrò rappresentarne, con uguale semplificazione, la dimensione economica.

Quella di " sottosviluppo" è un concetto dinamico, che va ben oltre la nozione tradizionale e "statica" di povertà. Esso indica un'arretratezza o un ritardo rispetto allo sviluppo economico dei Paesi di più antica industrializzazione, nonché rispetto alle attese di crescita nate dall'incontro con i Paesi ricchi. La categoria del "sottosviluppo" abbracciò fin dall'inizio realtà economiche e sociali diverse.


I CARATTERI DEL SOTTOSVILUPPO

Al di là delle differenze, emergevano tuttavia alcune caratteristiche comuni a quasi tutti i Paesi di nuova indipendenza:

La carenza di strutture industriali;

L'arretratezza dell'agricoltura;

La crescente emarginazione dalle grandi correnti degli scambi internazionali;

La drammatica sproporzione fra le risorse disponibili e una popolazione in continuo, inarrestabile aumento.

Da tutto ciò emergeva un quadro di generale e sconsolabile povertà. Intorno al 1960, nei Paesi definiti in via di sviluppo il reddito pro-capite era mediamente inferiore di dieci volte a quello dei Paesi industrializzati; l'analfabetismo era ancora molto diffuso ( circa il 90% in alcuni Stati africani); le infrastrutture civili e le attrezzature igienico-sanitarie largamente carenti; la sottoalimentazione una realtà molto diffusa.

Non si trattava certamente di fatti nuovi, ma nuova fu la percezione del fenomeno. L'allargamento dell'orizzonte mondiale provocato dalla decolonizzazione fece sì che la povertà di massa che affliggeva i due terzi della popolazione del globo non potesse più essere considerata come una condizione "naturale", ma diventasse invece una flagrante smentita a quel principio di uguaglianza dei popoli che era alla base del nuovo ordine affermatosi dopo la seconda guerra mondiale.

Nehru, Jawaharlal

Nehru, Jawaharlal, statista indiano e primo ministro dell'India indipendente (1947-1964). Nel 1919 aderì al Congresso nazionale indiano, guidato da Mohandas Gandhi, divenendone presto uno dei principali esponenti e quindi (dal 1929) segretario. Imprigionato più volte tra il 1921 e il 1945 per la sua attività a favore dell'indipendenza indiana, fu il più stretto collaboratore di Gandhi, del quale tuttavia non condivise la scelta non-violenta, preferendo organizzare forme di resistenza al governo coloniale britannico spinte sino al limite estremo della legalità. Nel 1946, posto alla guida del governo interinale incaricato di preparare il passaggio dell'India all'indipendenza, cercò inutilmente di opporsi alla creazione di un separato stato indiano musulmano. Nel 1947 venne confermato primo ministro dell'ormai indipendente repubblica dell'India, carica che mantenne sino alla morte. Promosse l'opera di modernizzazione del Paese adottando una serie di piani quinquennali, mentre in politica estera (pur mantenendo un rapporto privilegiato con l'URSS) fece dell'India una delle potenze trainanti lo schieramento dei cosiddetti Paesi non allineati.



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