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Il cinema di Gabriele Salvatores




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Il cinema di Gabriele Salvatores


Spesso il cinema di Gabriele Salvatores è stato interpretato come un cinema di fuga e di evasione e inubbiamente, almeno in parte, questa affermazione è vera. Tuttavia il mio obiettivo è quello di mostrare attraverso questo ipertesto come questa interpretazione sia piuttosto semplicistica e soprattutto come il cinema di Salvatores non possa essere ricondotto ad un'unica definizione. I film del regista napoletano contengono certamente molti temi comuni che possono renderli facilmente catalogabili, quali il viaggio, l'esotismo e l'amicizia, ma in realtà da un'analisi più approfondita si può ricavare un'interpretazione completamente differente.


Ci si rende così conto di come accanto al desiderio di muoversi e di scoprire nuovi orizzonti coesista la descrizione di un mondo desolantemente uniforme; accanto alle componenti tipiche della commedia all'italiana intravediamo un incontenibile desiderio di uscire dalle sue maglie ingombranti; accanto ad un cinema solare, dominato da una visione realistica dell'esistente, si pone poi un cinema notturno, un cinema cioè in cui alle rassicuranti rappresentazioni del mondo di Turné o Marrakech Express si oppongono quelle decisamente più inquietanti di Nirvana, in cui i confini tra reale e virtuale diventano quasi impercettibili.


Forse l'unico elemento che davvero contraddistingue il cinema di Salvatores è quello di essere un cinema dei sentimenti. L'intenzione del regista è quella di suscitare nel pubblico una solida identificazione con i personaggi e di trasmettergli così quelle che sono le sensazioni che questi provano all'interno dei film. Anche in un film come Nirvana, che può sembrare quello meno indicato da questo punto di vista, colpisce come in un mondo asettico quale l'agglomerato del Nord, il protagonista (Lambert) riesce a provare un tale sentimento nei confronti del personaggio da lui creato (Abatantuono) da preferire il proprio suicidio professionale pur di liberarlo dall'ambiente opprimente in cui era destinato a vivere per sempre.


E' questo il motivo per cui Gabriele Salvatores è forse fra i nuovi registi italiani quello che più di tutti colpisce in maniera immediata i non addetti ai lavori e l'unico che si è creato un proprio pubblico. Ed è forse proprio per questo motivo che da parte di alcuni critici cinematografici sono piovute critiche nei confronti del suo modo di fare cinema. Ma il vero cinema non è quello capace di suscitare forti sentimenti?



Il viaggio


Soprattutto nei primi film di Salvatores, almeno in quelli più conosciuti, tutta la storia si sviluppa attorno ad un viaggio. Turné inizia con Fabrizio Bentivoglio che mette una valigia nel bagagliaio della sua automobile e si prepara a girare l'Italia con la sua compagnia teatrale; in Marrakech Express ed in Puerto Escondido i personaggi si ritrovano di colpo ad abbandonare la città ed a confrontarsi con mondi e tradizioni, almeno in apparenza, completamente differenti. Ho detto almeno in apparenza perché in fondo il viaggio non porta in alcun modo alla scoperta di un mondo realmente sconosciuto, né ad un radicale cambiamento nella vita dei protagonisti. In Mediterraneo, ad esempio, quando il tenente Montini ritorna sull'isola di Kastellorizo, oltre a constatare che in Italia non era cambiato niente, si rende conto che anche quell'isola felice su cui era stato durante la guerra era ormai diventata preda di turisti. Allo stesso modo in Puerto Escondido, Mario (Diego Abatantuono) fugge da una Milano dominata da misteri, delinquenza e consumismo per trovare in Messico non una sorta di Paradiso terrestre, come molti hanno erroneamente creduto, quanto piuttosto una società in cui domina comunque il desiderio sfrenato di arricchirsi da parte di chi detiene il potere ed il cui popolo versa in condizioni di grande miseria.


Il viaggio ha comunque molteplici significati nei film di Gabriele Salvatores. È innanzitutto ricerca di se stessi: spesso infatti i personaggi viaggiano in periodi di transizione e di crisi della loro vita ed il visitare altri luoghi non ha un significato esclusivamente geografico. In realtà la componente del viaggio è molto più metaforica di quel che si potrebbe credere. Se i protagonisti non riescono a dare una vera e propria svolta alla loro vita, tuttavia riescono a riscoprire l'importanza di un valore come l'amicizia e del ricordo dei tempi passati insieme. È comunque in seguito ad un viaggio che nel finale aperto di Turné si riappacificano Dario (Abatantuono) e Federico (Bentivoglio); così come in Marrakech Express non solo i vecchi amici, dopo essersi ritrovati, si promettono di tenersi in contatto una volta tornati in città (arrivando persino a proporre di ricostituire la squadra di calcetto), ma Paolino (Cederna) e Cedro (Alberti), che avevano litigato per una donna, stabiliscono tra di loro un rapporto ancora più stretto e decidono di partire per un nuovo viaggio da soli.


Il tema del viaggio è stato spesso ricollegato a quello della fuga e di certo l'autore ha più volte incoraggiato questa chiave interpretativa. L'epigrafe iniziale di Mediterraneo ('In tempi come questi la fuga è l'unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare') e la dedica finale ('A tutti quelli che stanno scappando') mostrano un Salvatores che, pur rimanendo strettamente legato allo stile della commedia, lascia trasparire malinconia e voglia di fuggire dalla realtà. Ma tratterò più a fondo di questo argomento parlando dello spiazzamento e del rifiuto del gioco.



Il gruppo


Marrakech Express parla di un gruppo di amici che- avendo saputo che un altro loro vecchio amico era stato arrestato in Marocco- decidono di partire con i soldi della cauzione e di liberarlo. Mediterraneo- invece- descrive la vita di un gruppo di militari che- durante la Seconda Guerra Mondiale- si ritrova su un'isola della Grecia e resta isolato dal resto del Mondo. Che differenza c'è tra questi due gruppi? A prima vista si potrebbe dire che il primo è un gruppo di coetanei, appartenenti alla stessa classe sociale, che sono cresciuti insieme, mentre in Mediterraneo ritroviamo un gruppo di soldati che non si erano mai conosciuti prima ed all'interno del quale c'è una maggiore struttura gerarchica. In realtà- a ben vedere- non c'è alcuna differenza tra i due gruppi. E' vero che a capo di quello di Mediterraneo ci sono un tenente ed un sergente, ma man mano che durante il film gli echi della guerra si allontanano, le gerarchie militari non hanno più motivo di esistere: è così che anche il gruppo di Mediterraneo diventa un gruppo di amici a tutti gli effetti come quello di Marrakech Express. Il tenente dipinge, i soldati giocano a calcio con gli abitanti del luogo; del resto lo stesso Salvatores ha affermato che Mediterraneo poteva essere raccontato anche come la storia di otto amici che vanno in vacanza su un'isola e perdono l'ultimo traghetto della stagione.


Quello che Salvatores vuole sottolineare è l'enorme valore che nei suoi film assume l'amicizia virile. Non ritroviamo quasi mai nei gruppi di amici descritti delle donne e generalmente, quando ci sono, provocano litigi tra gli uomini. Questo accade in Turné, quando Abatantuono e Bentivoglio litigano perché amano la stessa donna (Laura Morante). Anche in Marrakech Express, finché nel gruppo di amici c'è una donna (la moglie dell'amico che si era trasferito in Africa), si avverte a volte una certa ostilità tra di loro; ma quando nella seconda parte del film partono da soli verso il deserto, riscoprono sentimenti che non provavano più dai tempi dell'università e tornano a divertirsi insieme come una volta. E' predominante in questi gruppi il desiderio di mantenere inalterati i rapporti di amicizia, di continuare a vivere la propria vita come quando erano ragazzi (la cosiddetta Sindrome di Peter Pan).





La sindrome di Peter Pan


Nella prima parte di Marrakech Express il dialogo fra i tre amici che si accingono a partire per andare alla ricerca del loro compagno misteriosamente scomparso nel deserto marocchino si svolge- non a caso- tra i giochi di un parco pubblico per bambini. Mentre parlano e discutono animatamente, Bentivoglio, Cederna e Abatantuono si muovono tra scivoli e altalene. Il luogo, ancora una volta, non è privo di significato: esponenti di una generazione che rifiuta di crescere e di accedere alle responsabilità dell'età adulta, i personaggi di Salvatores sono mossi da un'inguaribile nostalgia del loro passato. Benché ancora giovani, hanno comunque alle spalle un paradiso perduto che vorrebbero riconquistare. Trentenni con l'animo da adolescenti, sempre sospesi in quell'età in cui si è ancora incerti 'se metter su famiglia o perdersi per il mondo' (Mediterraneo). Più che il principio di realtà, si ostinano a voler rispettare il principio di piacere: ed è proprio questa infantile disponibilità al gioco che li spinge spesso a mettersi in viaggio, a sperimentare tutte le forme dell'amicizia virile.


I personaggi di Salvatores- gli ultimi ad avere ancora 'i ricordi in bianco e nero', come dice una battuta di Marrakech Express- sono i portavoce della nostalgia, legati da un patto di lealtà a quell'irripetibile stagione della vita che ha visto sbocciare la loro amicizia. Non a caso in Marrakech Express è proprio una vecchia foto in bianco e nero, scattata negli anni dell'università, che scatena gli affetti e convince anche i più riluttanti a trovare il rapporto solidale di un tempo. La nostalgia passa per le immagini che hanno fissato per sempre un attimo, che immortalano un ricordo: per questo la foto scattata in Spagna dietro il poster di Il buono, il brutto e il cattivo è tanto importante per i personaggi di Marrakech Express, perchè conserva il ricordo di un attimo felice. L'anima delle cose si deposita nelle immagini (anche in Nirvana Jimi cerca Lisa con una foto). I protagonisti dei film di Salvatores sono tra i pochi che hanno una memoria fatta quasi solo di immagini.



Tipologia dei personaggi


Gabriele Salvatores ha ammesso che nella scelta dei personaggi dei suoi film ha contato molto la sua esperienza personale. In ogni fase della sua vita- dall'adolescenza, al teatro, fino al cinema- il regista si è sempre trovato in una dimensione corale. E' per questo che nei suoi film traspare l'enorme importanza che egli dà all'amicizia ed al gruppo e non a caso gli attori che ha chiamato per interpretare i suoi personaggi sono quasi sempre gli stessi. L'obiettivo di Salvatores è quello di descrivere personaggi che somiglino il più possibile agli attori che li interpretano e che riescano a comunicare impressioni e sentimenti allo spettatore. Il suo è infatti un cinema che coinvolge ed è per questo che i personaggi non sono stra-ordinari; piuttosto sono personaggi ordinari in situazioni stra-ordinarie. Queste situazioni sono quelle che si vengono a creare dopo l'imprevisto, che è una componente essenziale dei film del regista napoletano e che provoca nei personaggi un certo spiazzamento. Anche un film come Nirvana, che è stato in maniera troppo semplicistica descritto come un film di fantascienza, è dominato da situazioni stra-ordinarie in cui però i personaggi sono tutt'altro che stra-ordinari. Alcuni hanno detto- forse anche provocatoriamente- che questo è il film più intimo di Salvatores. Se questa affermazione è forse eccessiva, non possiamo però del tutto negarla: i personaggi di Nirvana sono ben diversi da quelli dei tradizionali film di fantascienza, sono molto più vicini allo spettatore per quel che riguarda le sensazioni trasmesse e, per questo, ricordano inequivocabilmente quelli dei primi film del regista. In Nirvana il personaggio apparentemente freddo e distaccato di Jimi (Lambert) è emotivamente scosso ogni volta che pensa alla donna amata che lo ha abbandonato e ogni volta che si mette in contatto con il personaggio da lui creato al computer (Abatantuono), con cui ha stabilito un rapporto di amicizia quasi simbiotico. Per certi aspetti questo personaggio richiama quello di Farina (Cederna) in Mediterraneo. Anche se possono sembrare due personaggi completamente differenti, sono gli stessi sentimenti che influenzano le loro scelte. Farina- che in un primo momento non si era ben integrato sull'isola di Kastellorizo- riesce a trovare l'equilibrio personale, che gli fa preferire la Grecia all'Italia, grazie all'amore di una donna greca, Vassilissa (Vanna Barba, nella foto), e grazie ai consigli del suo più grande amico, il tenente Montini (Bigagli). Il personaggio interpretato da Cederna in Mediterraneo ricorda molto anche quello interpretato dallo stesso attore in Marrakech Express. In entrambi i film egli rappresenta il personaggio che più di tutti impersonifica il cambiamento dell'individuo: anche in Marrakech Express, Cederna- che inizialmente era il più restio ad affrontare il lungo viaggio- appare alla fine del film come il più felice, il più appagato, forse l'unico che realmente è riuscito a dare qualcosa in più alla sua vita, ritrovando l'amicizia una volta perduta. In entrambi i film il cammino verso questa metamorfosi è lungo e l'abilità di Salvatores sta nel mostrare al pubblico come il personaggio cambi durante il film in maniera graduale, ma definitiva.



L'isola


Da buoni adepti del culto di Peter Pan, i personaggi di Salvatores sognano soprattutto l'isola che non c'è: e la trovano almeno una volta nell'isola di Kastellorizo in Mediterraneo. Non è un luogo reale, è un'utopia. Gli echi della guerra vi arrivano deboli e affievoliti, non ci sono conflitti, non ci sono vincitori né sconfitti. A Kastellorizo regna l'armonia, ma perché ciò sia possibile è necessaria la preliminare cancellazione della Storia, della Realtà. Di cosa vivono i soldati italiani nei tre anni trascorsi sull'isola? L'isola è una comunità basata sul dono e sulla generosità; qualcuno dipinge, qualcuno legge, tutti amano ricambiati e giocano a calcio. Sembra quasi che più che di soldati in guerra si tratti di un gruppo di amici in vacanza. Ma oltre che un'utopia, una sorta di Paradiso terrestre, l'isola rappresenta per il cinema di Salvatores anche un importante punto di rottura. Sebbene Mediterraneo comunichi allo spettatore molti dei temi che Salvatores aveva già trattato nei film precedenti, tuttavia non si può non notare come alla frenetica voglia di spostarsi, di viaggiare alla ricerca di qualche cambiamento, si contrapponga il bisogno di fermarsi, di 'saper aspettare', come dice Abatantuono a Bisio spegandogli come si beve il caffè greco. Proprio il personaggio di Bisio rappresenta in Mediterraneo il persistere di un'anima dinamica, che suscita nel suo portavoce una tale ansia di muoversi da spingerlo a tentare ripetutamente la fuga. Ma quello di Bisio è sicuramente il personaggio che meno di tutti riesce ad integrarsi in un ambiente come quello dell'isola: un ambiente in cui dominano valori che, se possono sembrare molto lontani da quelli italiani, in realtà non lo sono. 'Italiani, Greci: una faccia, una razza' afferma il prete greco interpretato da Luigi Montini; ed è proprio per questo che alla fine i soldati italiani, anche quelli inizialmente più scettici con la sola esclusione di Noventa (Bisio), si integrano perfettamente in quell'ambiente, adattandosi alla dimensione dell'isola. Questa rappresenta quindi un momento di pausa, di riflessione, che porta in molti casi a cambiamenti più profondi nei protagonisti che non quando oscillano, vanno avanti e indietro, esplorano, valutano, ma spesso tornano al punto di partenza.



Spiazzamento e cambiamento


I film di Salvatores sono animati da un inesauribile ansia di movimento, da una voglia effervescente di spostarsi sempre altrove. Quello del regista napoletano si può definire insomma un cinema on the road. Tutti i suoi film si aprono con un brusco e improvviso spiazzamento: questo può essere di volta in volta spaziale o temporale, geografico o situazionale. È l'irruzione dell'imprevisto- generalmente- che obbliga i protagonisti a immergersi in mondi diversi da quelli abituali (casi esmplari sono Marrakech Express e Puerto Escondido). Questo genera nei personaggi un'inevitabile perdita di orientamentoed è proprio questo vuoto di coordinate (geografiche, ma anche affettive e sentimentali) il meccanismo che genera il cinema di Salvatores. Secondo un procedimento narrativo caro ai maestri della commedia all'italiana, Salvatores descrive personaggi immediatamente identificabili e fortemente tipizzati, innesca nel pubblico rapidi processi di immedesimazione e poi trasferisce tout-court la vicenda e i personaggi in uno scenario di labile esotismo in cui i suoi eroi spaesati sono costretti a sottoporre a verifica il loro universo valoriale e il loro stile di vita. Alla fine del film questo disorientamento è quasi sempre produttore di riconciliazione e di ricollocazione esistenziale e non rappresenta mai una radicale messa in discussione di sé, matrice di inquietudine. Il suo cinema offre al pubblico la possibilità di ritrovare nell'immaginario proprio l'illusione dell'altrove, sia pure ricondotta ad una dimensione di rassicurante domesticità: per quanto si allontanino da casa, gli eroi di Salvatores finiscono sempre per ritrovarsi in luoghi che assomigliano singolarmente al mondo che si sono lasciati alle spalle. Il là, insomma, e spesso un qui travestito, il viaggio spinge i personaggi ad addentrarsi in territori che finiscono quasi sempre per riconfermare le leggi del mondo da cui i personaggi stessi erano partiti.


In conclusione possiamo quindi affermare che quell'ansia di movimento e di cambiamento che coinvolge i personaggi dei film di Salvatores non si può dire di certo appagata. Tuttavia non ritengo corretto considerare soltanto l'aspetto più cupo dei film di Salvatores; in Mediterraneo il sergente Lo Russo (Abatantuono), una volta constatato che in Italia 'non gli facevano cambiare niente', decide di tornare in Grecia; in Nirvana Jimi (Lambert) decide di lottare contro la logica predominante e smette di giocare cancellando il suo programma. Quello che il regista vuole comunicare è che, mentre per quanto riguarda il mondo che ci circonda egli non crede nella possibilità di un vero e radicale cambiamento, per quanto riguarda i personaggi descritti traspare una maggiore fiducia. Nei suoi film c'è, effettivamente, un profondo cambiamento: è quello che vede coinvolti i protagonisti che- spesso durante un viaggio- non solo riescono a riscoprire il valore dell'amicizia e in questo modo a superare brillantemente momenti critici della propria vita, ma trovano anche la forza di voltare le spalle di fronte a ciò che giudicano negativamente.


Il rifiuto del gioco


È principalmente al film Nirvana che mi rifaccio nel dire che l'eroe di Salvatores è quel personaggio che, quando si rende conto conto che la propria vita non è altro che parte di un gioco ben più grande che lo vincola ad azioni predeterminate, rifiuta il gioco. È chiaro che non mi riferisco soltanto a Solo- il personaggio del gioco interpretato da Abatantuono- che chiede al suo creatore di essere cancellato, ma anche al creatore stesso (Lambert). Infatti è anch'egli- metaforicamente- un ingranaggio di un gioco: Jimi (Lambert) lavora per una società per la quale programma giochi per computer che gli garantiscono un enorme guadagno; ma ben presto si rende conto che in realtà non ha alcuna libertà di scelta, che vive in un mondo che impone la sua volontà agli uomini come se fossero realmente programmati. È proprio il personaggio del gioco che- dopo aver acquistato coscienza- risveglia nel programmatore quel desiderio di rifiuto che lo porta ad attraversare scenari fantastici ed a correre numerosi pericoli per poter liberare Solo, con il quale aveva ormai instaurato un rapporto simbiotico, ma soprattutto se stesso. Per una trattazione più approfondita della fusione tra virtuale e reale in Nirvana si veda il paragrafo dedicato a questo argomento.


Abbiamo centrato l'attenzione soprattutto su Nirvana perché è indubbiamente il film più emblematico per quel che riguarda il rifiuto del gioco. Ma pur rappresentando questo film una svolta nel cinema di Salvatores- se non altro perché rappresenta il definitivo distacco nei confronti della commedia- il tema del rifiuto, l'immagine dell'eroe positivo che di fronte ai mali del mondo volta le spalle e si allontana, la ritroviamo anche in altri film precedenti. Già in Sud- film immediatamente precedente Nirvana- in un ambientazione insolitamente statica per un film di Salvatores, l'eroe positivo è rappresentato da Ciro (Silvio Orlando). Dopo aver occupato un seggio elettorale con Elia (Antonio Catania) e Michele (Marco Manchisi) per rivendicare il diritto al posto di lavoro, si ritrova ben presto in una situazione più grande di lui: scopre che l'onorevole Cannavacciuolo (Renato Carpentieri) aveva organizzato un broglio elettorale in quel seggio. Ciro riesce a resistere alle continue offerte del politico in cambio della scheda in più che dimostrava il broglio ed il film termina con una scena che richiama Puerto Escondido: con l'eroe che, ferito, ritrova la sua dignità.


Anche se abbiamo finora citato due film che rappresentano una graduale svolta nel cinema di Salvatores, va detto che un tema come quello del rifiuto del gioco è presente in tutta la filmografia del regista napoletano. Già Paolo Rossi in Kamikazen di fronte alle regole spietate del mondo della televisione decide di non giocare; ma anche in un film esenplare del cinema di Salvatores più lagato alla commedia, Mediterraneo, Diego Abatantuono chiude in maniera lapidaria dicendo: 'Non ci hanno lasciato cambiare niente. Allora ho detto: avete vinto voi, ma almeno non riuscirete a considerarmi vostro complice. E sono venuto qui (in Grecia)!'.



Virtuale e reale


Quello di Nirvana è un mondo policentrico e pluristratificato, perennemente oscillante fra la dimensione della realtà e quella della virtualità. Nei due universi separati e paralleli della realtà e della virtualità si intrecciano due destini analoghi: tanto il personaggio virtuale, eroe di un videogioco che lo condanna a morire ed a rinascere in eterno sempre nello stesso modo, quanto il protagonista reale che ripete all'infinito sempre lo stesso gesto creativo, scelgono di spezzare il ciclo delle infinite reincarnazioni e di rompere le regole del gioco chiamandosene fuori. Il confine tra reale e virtuale scompare quasi del tutto: così un personaggio virtuale come Solo (Abatantuono), una volta dotato di una coscienza, sembra molto più reale di alcuni personaggi incontrati da Jimi (Lambert) nel suo viaggio; allo stesso modo lo scenario in cui si muovono i personaggi reali non è molto diverso da quello in cui agiscono quelli virtuali (non a caso sia Jimi che Solo incontrano sulla loro strada i cacciatori di organi).


La neve e la notte svolgono un ruolo essenziale nel fondere i due universi paralleli; nell'impastare il vero e il falso attraverso filtri e sfumature. Ma in fondo che cos'è il vero e che cos'è il falso? Siamo realmente sicuri di non essere parte di un gioco eternamente ripetitivo? E' questo l'interrogativo inquietante che continuamente trapela dal film. Quando Solo cerca di spiegare a Maria (Amanda Sandrelli) che in realtà non esistono realmente, ma sono personaggi di un gioco, Maria spiazza Solo dicendo provocatoriamente che anche i loro programmatori potrebbero essere a loro volta parti di un gioco più ampio.


La descrizione dei due universi paralleli della realtà e della virtualità non può non richiamare quella di vita e teatro in Turné. Anche qui- come in Nirvana- i due mondi si fondono continuamente; così i personaggi del giardino dei ciliegi di Cechov che Dario (Abatantuono) e Federico (Bentivoglio) interpretano sul palcoscenico corrispondono ai due protagonisti del film. Federico riesce ad esprimere pienamente tutta la rabbia che prova nei confronti di Dario solamente sul palcoscenico ed è solo in quel momento che la sua interpretazione teatrale viene pienamente apprezzata da pubblico e critica.





Notte e giorno


Tutto l'immaginario di Gabriele Salvatores si regge a prima vista su ripetute e puntuali dicotomie: teatro e vita (Sogno di una notte d'estate e Turné), Milano e il deserto (Marrakech Express), la Storia e l'isola (Mediterraneo), il reale e il virtuale (Nirvana), ma anche la notte e il giorno. A differenza delle altre contrapposizioni, quella tra notte e giorno non è riconducibile soltanto a determinati film, ma è quasi una costante per il cinema di Salvatores. Non solo possiamo distinguere all'interno dei singoli film una componente notturna ed una diurna, portatrici ovviamente di significati diversi, ma è possibile anche dividere tutta la filmografia del regista in film solari ed in film notturni. Mentre in film come Mediterraneo, Puerto Escondido, Sud, Marrakech Express e Turné è predominante la presenza di scene girate durante il giorno, al contrario in Nirvana, Kamikazen e Sogno di una notte d'estate l'azione dei personaggi si svolge quasi esclusivamente di notte. Che cosa rappresenta la notte? Salvatores ha affermato che per lui la notte ha sempre rappresentato il regno del sogno, ma anche dell'incubo e della solitudine. La notte spaventa più del giorno, ma di notte si scoprono anche aspetti della personalità che di giorno non emergono e che contribuiscono ad unire maggiormente i personaggi dei suoi film. In Mediterraneo- ad esempio- ci sono due note scene notturne che sono però portatrici di significati ben diversi. Durante la prima notte trascorsa sull'isola è predominante la componente dell'incubo rispetto a quella del sogno: l'oscurità, il non rendersi conto di quello che realmente accadeva in guerra provoca nei soldati paura e spiazzamento. Al contrario nell'altra scena notturna- quella in cui i soldati si radunano attorno al fuoco- l'atmosfera descritta richiama proprio quella del sogno: i protagonisti della scena ridono e scherzano mentre fumano il chilum che aveva portato un mercante turco e non c'è alcuna razionalità (almeno in apparenza) in quello che dicono, o- per lo meno- dicono cose che di giorno, in una situazione ordinaria, non avrebbero mai detto. Persino il personaggio di Abatantuono,che era forse l'unico che aveva avuto fiducia nelle autorità italiane e che voleva andare a combattere dove realmente c'era la guerra, dà sfogo a tutta la sua amarezza nascosta ed afferma: 'Si sono dimenticati di noi! Ci hanno lasciato qui e noi qui restiamo!'. In un film notturno come Nirvana- però- la notte è quasi esclusivamente incubo e solitudine. Anche per superare definitivamente lo stretto legame che ancora lo vincolava alla commedia, Salvatores dirige un film in cui quasi mai si vede il sole, tutta l'azione si svolge di notte; ma qui la notte non ha più alcun legame con il sogno, è solo angoscia e inquietudine. Il personaggio di Lambert non è mai vissuto all'interno di un gruppo di amici, in quella dimensione corale che era la caratteristica principale dei primi film di Salvatores; sin dall'inizio del film, quando si ritrova a litigare con la sua casa computerizzata perché non vuole fare il bagno, si intravede in Jimi (Lambert) la personificazione di un'angosciante solitudine, l'immagine di un uomo che vive in un mondo in cui è sempre più difficile provare sentimenti sinceri. E' proprio per questo che quando viene a sapere che l'unica donna che aveva amato (Emmanuelle Seigner, nella foto) era morta, decide di lottare contro questo mondo mettendo a repentaglio anche la propria vita.



Salvatores e la commedia


Film come Nirvana e- in parte- Sud offrono l'opportunità di provare a rileggere tutto il cinema di Salvatores attraverso una chiave nuova, quella del rapporto difficile ed ambiguo con la tradizione della commedia. Frantumata negli sketch di Kamikazen, compiuta in Marrakech Express, travasatanei codici del melodramma sentimentale in Turné, riesumata su uno sfondo bellico in Mediterraneo, arricchita di un certo esotismo in Puerto Escondido ed infine esorcizzata nei conflitti del sociale (Sud) o del virtuale (Nirvana), la commedia è il vero fantasma ricorrente di tutta la filmografia del regista, che si muove fin dall'inizio dentro e fuori i codici convenzionali del comico. Salvatores vorrebbe uscirne, ma non ha la forza necessaria- almeno fino all'ultimo film- per emigrare con decisione verso altri territori. Va detto- però- che anche i film più legati alla tradizione della commedia sono ben lontani dal riproporre i valori incarnati dai personaggi di Alberto Sordi. I protagonisti del cinema di Salvatores abitano in un altro universo: quello in cui l'amicizia virile, il gioco di squadra, il rifiuto di crescere e la nostalgia sostituiscono l'arrivismo individualistico, la furbizia, l'arte di arrangiarsi praticate per qualche decennio dai personaggi canonici della commedia all'italiana. I personaggi di Salvatores raccolgono tutt'al più l'eredità vitellonesca della tradizione comica autoctona, configurando un modello di commedia che si nutre di valori quali la coralità, lo spirito di gruppo ed il gusto di divertirsi stando insieme. Ma su queste basi il tessuto della commedia tradizionale non regge più e svela la propria impotenza e senilità di fronte ai nuovi orizzonti che si delineano per il cinema italiano. Proprio in questo svelamento sta uno dei pregi maggiori del cinema di Salvatores: ha captato lo spirito del tempo ed ha constatato l'impossibilità di continuare a rappresentarlo con il linguaggio della tradizione. Nirvana è una risposta a questa situazione di crisi ed indica una possibile via d'uscita. Anche le scelte cromatiche del film ed il prevalere della notte sul giorno hanno un preciso significato e stanno ad indicare un deciso passo in avanti verso la definitiva emancipazione dalla commedia. Mentre in Marrakech Express- ad esempio- le scene solari della partita di calcio o della trivellazione nel deserto sono inequivocabilmente legate a questo genere, Nirvana si richima di più ad una sorta di noir fantascientifico che non lascia più molto spazio alle strutture tradizionali del comico, ma è decisamente improntato alla scoperta di un immaginario del tutto nuovo ed inesplorato.




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