|
Appunti superiori |
|
Visite: 1541 | Gradito: | [ Medio appunti ] |
Leggi anche appunti:Treponema PallidumTreponema Pallidum Il Treponema Pallidum fa parte della famiglia delle Spirochete; Fam. Ericaceae (ericacee)Fam. Ericaceae (ericacee) Famiglia cosmopolita che comprende oltre 2000 specie. Fam. SolanaceaeFam. Solanaceae Famiglia ad ampia distribuzione, con maggiore diffusione |
Uomini senza coscienza: lo stato vegetativo
"Come abbiamo potuto perderci
guardando un simile volto?
Essere toccati dall'incantesimo di una figura?
E' il viso, è la figura di questa persona e di nessun'altra al mondo.
Per questo, finché il corpo in coma
- anche soltanto con l'aiuto dell'artificio -
ancora respira, pulsa e
altrimenti funziona dal punto di vista organico,
dev'essere sempre considerato come residuo
perdurante del soggetto che ha amato
e che è stato amato,
e come tale ha ancora diritto all'inviolabilità".
Hans Jonas
1. È persona?
La dignità è un aspetto inviolabile di ogni vita umana. Essa non si fonda su un'abilità o una caratteristica che un uomo può avere o scegliere di avere. La dignità è «questa misteriosa unità che definisce il valore di ogni vita umana [.] e che permane in maniera assolutamente immodificata anche quando una parte di questo io non c'è ancora o non c'è più. Neanche quando, come accade ai malati in stato vegetativo, ciò che appare mancare è una funzione così importante come la coscienza» (Dr. Guizzetti G.Battista). Bastano le poche parole di un medico che vive quotidianamente a contatto con pazienti in stato vegetativo per introdurre questo delicato argomento. Molto si è dibattuto tra coloro che ritengono chi è in stato vegetativo ancora vita umana, e come tale da preservare, e coloro che vedono la dignità come un attributo dell'uomo, per operare così la distinzione tra uomini degni e uomini non degni di vivere.
2. Stato di coscienza
Prima di presentare nel dettaglio lo stato vegetativo, è necessario fare le dovute premesse. Bisogna innanzitutto definire cosa sia lo stato di coscienza. Il termine coscienza deriva dal latino cum scire, "sapere insieme" e, almeno originariamente, indicava un determinato stato interiore. Senza soffermarci sulle definizioni di coscienza date dalla psichiatria, dall'etica o dalla filosofia, prenderemo in considerazione solo il significato ad esso attribuito in ambito neurologico. Per la neurologia con coscienza si indica quello stato caratterizzato da due componenti:
la vigilanza, o "stato di veglia" (wakefulness);
la consapevolezza, che consiste nella somma delle facoltà cognitive ed affettive (nell'essere cioè consapevoli del mondo che ci circonda e di noi stessi - awareness).
La consapevolezza, per potersi manifestare pienamente, ha bisogno dello stato di veglia. Lo stato di coscienza consiste quindi al grado di coscienza manifestato da una persona in una determinata condizione. Al variare delle due componenti fondamentali (vigilanza e consapevolezza) possono presentarsi i seguenti casi:
la persona è in coma: non vi è né vigilanza, né consapevolezza;
la persona è in stato vegetativo (SV): è presente la vigilanza, ma non vi è consapevolezza (questo stato è solitamente successivo al coma);
la persona è in stato minimamente cosciente (minimally responsive - MCS): è presente la vigilanza, ma la consapevolezza è minima (durante la giornata manifesta dei comportamenti minimi che dimostrano una consapevolezza di sé e/o dell'ambiente - questo stato è solitamente successivo al coma o allo SV);
la persona è in stato di locked-in (SLI): è consapevole, sennonché i suoi muscoli sono totalmente paralizzati, ad eccezione di quelli oculari;
la persona è cosciente: sia la vigilanza che la consapevolezza sono presenti non alterate.
È opportuno a questo punto chiarire anche cosa si intenda per morte encefalica: nella legge del 29/12/93 n°578 all'art.1 è scritto che essa «si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo». L'assenza delle funzioni corticali e del tronco encefalico viene rilevata attraverso un attento esame neurologico (che include la registrazione del silenzio elettrico all'EEC).
3. Lo stato vegetativo
Tutt'oggi non è semplice determinare a quale stato di coscienza si trovi una persona quando torna vigile dopo un coma, per i già evidenziati caratteri non sempre demarcabili tra loro con chiarezza. Tuttavia, tra tutti il meno conosciuto nonché più studiato degli ultimi decenni è lo stato vegetativo. Tale sindrome è relativamente recente: per la prima volta fu descritta nel 1940 da Ernst Kretschmer in Das apallische Syndrom definendola «sindrome apallica». Nel '72 fu introdotto da Bryan Jennet e Fred Plum il termine "stato vegetativo persistente" (SVP), definendo con esso una sindrome comparsa grazie alla possibilità della medicina moderna di mantenere in vita i corpi dei pazienti. I due medici chiarirono anche che, affinché si verifichi uno SVP, non è necessario che vi siano gravi lesioni alla corteccia, la quale può essere anche totalmente inattivata, pur senza riportare alterazioni strutturali. I danni principali, spesso irreversibili, si riscontrano invece alla sostanza bianca, ai gangli basali e al talamo.
I criteri diagnostici di uno stato vegetativo sono i seguenti:
occhi aperti, mobilità oculare e delle palpebre, senza tuttavia che si segua uno stimolo visivo;
nessuna risposta agli ordini verbali, ma sono presenti riflessi di movimento non volontari in risposta a stimoli dolorosi;
nessuna parola;
incontinenza;
talvolta movimenti di masticazione, deglutizione, sbadigli, presa della mano;
respiro autonomo;
La sopravvivenza, così come in ogni altro essere umano, è determinata da:
acqua e cibo
igiene
movimento
calore umano
Per quanto non sia mai possibile prevedere con certezza se un paziente in stato vegetativo tornerà cosciente (o quantomeno se riacquisterà parzialmente la sua coscienza), è certo che maggiore è la durata dello stato vegetativo minore è la possibilità di recupero della coscienza.
Per essere più precisi:
nei primi sei mesi
gli adulti hanno il 50% di possibilità di recupero;
i bambini il 60%;
dopo un anno
la maggior parte dei pazienti presenta disabilità significative, che comportano, in un'improbabile ripresa di coscienza, quasi certamente degli handicap fisici o mentali;
Le cause determinanti, solitamente:
nei giovani
traumi cranici (che costituiscono circa un terzo delle cause di SV);
anossie celebrali (mancanza di ossigeno al cervello);
negli anziani
malattie cerebrovascolari;
fasi terminali di demenza;
Per ciò che riguarda le terapie, potremmo ritenerle ancora nello stadio di "sperimentazione".
I principali approcci fin'ora adottati sono i seguenti:
la terapia farmacologica
Consiste nell'uso di farmaci che agiscono sui neurotrasmettitori. L'uso di tali farmaci sembrerebbe influenzare lo stato di coscienza e le funzioni cognitive, determinando talora la ripresa funzionale di cellule e vie inattive. Tuttavia, questo tipo di approccio è ancora in fase sperimentale.
la stimolazione sensitivo-sensoriale
Alcuni esperti sostengono che i metodi utili a portare il paziente dallo stato di coma alla vigilanza siano simili a quelli necessari per il suo ritorno allo stato cosciente. La stimolazione sensitivo-sensoriale mira a sollecitare uno o più dei cinque sensi del paziente in SV: per quanto non si possa affermare con sicurezza che tale approccio condurrà alla ripresa di coscienza, è notorio che l'assenza del suddetto comporta, in un eventuale risveglio, rilevanti modificazioni cognitive e comportamentali. Tale metodo punta sulla neuroplasticità del sistema nervoso centrale.
la stimolazione elettrica del sistema nervoso
Questa è la terapia che in uno SV garantisce più risultati e, nello stesso tempo, comporta maggiori rischi. Mira alla stimolazione encefalica profonda e del midollo spinale attraverso intervento chirurgico. Se ne distinguono tre tipi:
stimolazione encefalica profonda
Attraverso degli impulsi che partono dalla formazione reticolare e attraversano il talamo, si mira a riattivare la corteccia celebrale per indurre una plasticità neurale tale da garantire il ritorno della coscienza. Per stereotassi (procedimento chirurgico che consente di raggiungere determinate zone del cervello praticando un foro nel cranio con trapano) si inserisce una elettrodo stimolante flessibile e un sistema di ricetrasmissione. Si applica una frequenza di 25-75 Hz ogni 1-2 ore per 10-30 minuti con intensità variabile, leggermente al di sopra del limite necessario a indurre una reazione all'EEG. Se l'organismo del paziente sopporta le stimolazioni, dopo almeno 3-4 mesi di trattamento sembrerebbe possibile riemergere dallo SV.
stimolazione cervicale posteriore
Tale metodo prevede la stimolazione del midollo spinale a livello delle prime vertebre cervicali tramite il posizionamento di elettrodi nello spazio epidurale (tessuto grasso che riveste le fibre nervose) o attraverso una laminectomia cervicale inferiore, o con una puntura epidurale. Tale stimolazione è risultata efficace nei pazienti giovani con trauma cranico e con talamo intatto. Tuttavia il rischio di danneggiare il midollo spinale è talmente alto da indurre molti a sconsigliare questo metodo, il quale, anche quando conduce al recupero della coscienza, non permette più una sopravvivenza autonoma.
stimolazione del nervo mediano
Di applicazione recente (la prima nel 1996), è il metodo meno invasivo. Con un'elettrostimolazione percutanea del nervo mediano (per 8-12 ore al giorno, con ampiezza 20mA e frequenza 40Hz) si cerca di indurre a una risposta il tronco encefalico e la corteccia celebrale. Per il numero esiguo di casi a cui essa è stata fin'ora applicata, la sua efficacia non è ancora definita.
4. Dagli occhi di chi lo vive
Per concludere questo tema trovo molto significativa la testimonianza di Salvatore Crisafulli, uno dei pochi uomini che si è risvegliato dallo stato vegetativo. Le sue parole lasciano spazio a molte riflessioni: non è forse troppo azzardato dire oggi che chi è in stato vegetativo è privo di ogni forma di coscienza? La speranza è che la medicina possa presto trovare risposte oggettive a queste domande e, soprattutto, terapie efficaci per curare questa sindrome.
«Mi risveglio dal coma dopo una lunga battaglia della mia famiglia. Mi ritrovo paralizzato, impossibilitato a parlare, ma capisco tutto. Anche quando venivo definito "un vegetale" capivo. Riesco a comunicare con l'esterno grazie ad un comunicatore, ma anche attraverso i miei occhi, con questi riesco a selezionare le lettere attraverso uno schermo. Dell'incidente non ricordo nulla. So soltanto che mi risveglio dal buio. Mi trovavo in stato vegetativo permanente ma io capivo tutto, sentivo anche che "sarei morto", solo che io non potevo parlare, non potevo muovermi. L'unica cosa che potevo fare era aprire e chiudere gli occhi per attirare l'attenzione, ma era inutile. Umiliazioni pellegrinaggi viaggi di disperazione tutto inutilmente
I medici continuavano a dire che mi trovavo in stato vegetativo, che non c'era niente da fare. Ma non era cosi. Finché mia madre, fissandomi notte e giorno negli occhi, scoprì che ero cosciente. Un giorno sono entrati in camera mia madre, i miei fratelli ed altri parenti: mi hanno chiesto di aprire e chiudere a comando gli occhi. Mi dicevano: "Salvatore, se ci senti apri gli occhi", ed io lo facevo. Dopo si sono messi a piangere ed io con loro. Speravo che dopo essersi accorti che ero cosciente mi avrebbero aiutato. Ma non e stato cosi. Passò oltre un anno. La vicenda di Terri Schiavo diede una svolta alla mia vita. Vedevo le sue immagini in televisione, sentivo i genitori dire che la figlia era cosciente, mentre i medici ribadivano che erano riflessi involontari. Mi sembrava rivivere la mia stessa storia.
Oggi sto meglio. Voglio che le persone come me ricevano vera assistenza, e che nessuno più arrivi a desiderare l'eutanasia. Al Dicembre scorso risale il mio inutile appello a Piergiorgio Welby, chiedendogli di non desiderare la morte. Inutilmente.
Anch'io soffro, e continuo a soffrire giorno dopo giorno: dipendo dai miei familiari, vivo la mia vita tra il letto e la carrozzella, ma questo non mi impedisce di continuare a sperare. Vorrei tanto aiutare chi, come me, è completamente paralizzato e senza assistenza, abbandonato esclusivamente alle cure dei familiari. Vorrei che tutti capissero che anche loro hanno diritto a una vita dignitosa. Se io stesso non fossi stato abbandonato per oltre un anno sicuramente la mia situazione clinica sarebbe potuta notevolmente migliorare.
Oggi vivo la mia battaglia per la vita. Io ho scelto di vivere. perché amo e desidero realmente la mia vita».
Appunti su: stimolazioni sensitivo sensoriali nel paziente in coma, |
|