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Scienze - La memoria umana
Accenni di neuroanatomia e neurofisiologia
Ogni nostro movimento, sensazione, pensiero e tutte le altre cose che ci rendono persone, sono rese possibili grazie a quello straordinario apparato chiamato sistema nervoso.
Esso è divisibile in due aree: il sistema nervoso centrale (o S.N.C.) comprende tutte quelle strutture neurali contenute all'interno della scatola cranica, con l'aggiunta del midollo spinale, ossia l'insieme di neuroni che corrono all'interno delle vertebre; il sistema nervoso periferico (o S.N.P.) è l'insieme dei nervi che, partendo dalla colonna vertebrale, si diramano per tutto il corpo e tornano al midollo.
Il neurone
L'unita morfofunzionale di base dei sistema nervoso è il neurone; esso è una cellula particolarissima, in quanto strutturata in maniera tale da poter trasferire impulsi di natura elettrica.
Il neurone qui raffigurato è un motoneurone, ossia un neurone che, dal midollo spinale, trasmette il segnale alla giunzione neuromuscolare.
Esso si compone di due parti principale: il corpo cellulare (1), chiamato anche soma cellulare o pirenoforo, e le fibre che da esso partono, come l'assone (2), detto anche cilindrasse o neurite, e i dendriti (4).
Nel soma cellulare si trovano due parti importanti; all'interno della cellula vi è il nucleo (3) mentre, verso l'esterno, la membrana cellulare forma i dendriti, che terminano con recettori rivolti verso le sinapsi delle cellule circostanti.
L'assone non è altro che un prolungamento della membrana plasmatica che si assottiglia e si allunga, terminando con delle estremità molto particolari, dette sinapsi (7), di cui parleremo in seguito. All'interno dell'assone si trovano dei microtubuli che sono la struttura portante della cellula, in quanto consentono al neurone di mantenere tale forma. Attorno al cilindrasse si trova una sorta di guaina (5) che percorre tutto il neurite, presentando strozzature regolari, dette Nodi di Ranvier (6).
Ciò che forma tale guaina è in realtà un insieme di cellule che cambiano in base alla parte di sistema nervoso considerato. Nell'SNC, le cellule in questione sono dette oligodendrociti (B), mentre nel SNP si trovano le Cellule di Schwann(A).
Queste cellule formano attorno all'assone quella che viene chiama guaina mielinica, che favorisce il passaggio dell'impulso perché, facendo da isolante attorno al cilindrasse, l'impulso "salta" da un nodo all'altro, compiendo così il suo percorso molto più velocemente. È per questo motivo che si dice che l'impulso ha una conduzione saltatoria.
La presenza di mielina sull'assone fa prendere il nome di fibre mielinizzate a quei fasci nervosi dove l'assone è ricoperto da questa guaina; sono riconoscibili macroscopicamente in quanto la guaina mielinica conferisce una colorazione bianca; questi fasci costituiscono la cosiddetta sostanza bianca. Viceversa, la sostanza grigia è quella parte del tessuto nervoso dove non c'è mielina; generalmente tale parte è composta dai pirenofori, i quali non hanno questa copertura perché devono ricevere tramite i dendriti gli impulsi dalla altre sinapsi.
Le sinapsi
In fisica, si ritiene che più un sistema sia complesso, maggiori siano le sue capacità di elaborazione. La stessa cosa si può dire per il cervello: non c'è animale il cui cervello possa essere paragonato a quello dell'uomo. Ciò che rende così straordinario e così potente il cervello, è l'immenso numero di collegamenti che esistono fra le diverse cellule nervose e fra le cellule nervose e gli altri tessuti del nostro corpo. Questi collegamenti sono rappresentati dalle sinapsi. Giusto per dare una vaga idea di quante possano essere le sinapsi, si pensi che nella sola corteccia cerebrale di un adulto ci sono più o meno cento miliardi di neuroni; tale numero di neuroni, se messi in fila, costituirebbero un filo lungo come l'Italia intera. Su un neurone, si trovano in media 10.00 sinapsi. Con una semplice moltiplicazione, arriviamo allo sbalorditivo numero di 1015, cioè 10 seguito da 15 zeri, che è il numero approssimativo di sinapsi presenti nella sola corteccia cerebrale.
Esistono due tipi di sinapsi. La sinapsi elettrica (A) non ha nulla di affascinante in quanto, tramite il collegamento diretto fra sinapsi e cellula ricevente, la differenza di potenziale passa da una cellula all'altra portando avanti l'impulso elettrico. Questo tipo di sinapsi ha anche il difetto di non permettere alcun tipo di modulazione del segnale, che ha quindi solo la facoltà di proseguire senza essere amplificato o soppresso.
La sinapsi chimica (B) è invece uno di quei meccanismi in grado di lasciare gli studenti a bocca aperta per la loro microscopica perfezione, un po' come l'operone, un po' come la perfetta struttura dell'occhio, un po' come tutte le bellezze senza senso. Non si trova a diretto contatto con la membrana della cellula ricevente, ma c'è una microscopica distanza, detta spazio sinaptico. A causa di questo spazio, la sinapsi deve usare un mezzo che metta in comunicazione le due cellule, preparando la cellula ricevente alla ricezione dell'impulso elettrico. Ciò può avvenire grazie ai neurotrasmettitori o neuromediatori. Ciò che differisce fra queste due sostanze è il raggio d'azione: il neurotrasmettitore influenza solo lo spazio sinaptico in cui viene emesso, mentre il neuromediatore può influenzare un'area più vasta anche attorno alla sinapsi che lo ha rilasciato. A parte questa differenza, entrambi hanno la caratteristica di poter modificare l'impulso elettrico. Possono infatti favorirne il passaggio, come l'acetilcolina, o inibirlo, come l' acido gamma-aminobutirrico.
Quando l'impulso nervoso giunge al pirenoforo e incomincia a correre lungo l'assone, entrano in gioco le proteine canale che regolano il passaggio di sostanze fra l'interno della cellula e l'ambiente esterno. Nella porzione pre-sinaptica, le proteine canale cominciano a far entrare calcio sottoforma di ioni Ca++ che, una volta all'interno del citoplasma, fanno spostare le vescicole dentro cui si trova il neurotrasmettitore fino alla membrana, liberandolo per esocitosi nello spazio sinaptico. Una volta che il neurotrasmettitore si collega alla terminazione post-sinaptica, esso deve essere rimosso per permettere alla terminazione di tornare allo stato iniziale. Questo avviene generalmente con un reuptake, cioè le molecole del neurotrasmettitore in questione vengono riassorbite per endocitosi nel citoplasma della cellula pre-sinaptica. Questo discorso non vale per l'acetilcolina, la quale ha bisogno di essere demolita da un enzima detto acetilcolinesterasi.
Per capire meglio i meccanismi di trasduzione dell'impulso elettrico da una cellula all'altra, è necessario introdurre brevemente alcuni termini che caratterizzano la situazione elettrica del neurone.
È necessario subito precisare che la membrana cellulare non permette il passaggio di cariche, quindi ioni, essendo composta da un doppio strato fosfolipidico. Perché gli ioni possano passare tramite la membrana, devono sfruttare diversi sistemi, come la pompa
sodio-potassio o le proteine canale. Quando la cellula è a riposo, si dice che è polarizzata, ossia c'è equilibro fra le cariche positive all'esterno della cellula e quelle negative del citoplasma. Una volta che arriva l'impulso, si ha un'attivazione dei mezzi di comunicazione fra ambiente esterno ed interno e si invertono le rispettive polarità. Questo stato si chiama depolarizzazione, ed è quello che fanno scattare i neurotrasmettitori nella cellula bersaglio affinché possa accogliere l'impulso in arrivo dalla terminazione pre-sinaptica. La depolarizzazione quindi è un processo che permette il passaggio dell'impulso ma, come dicevamo prima, lo si può anche inibire. Questo avviene per merito dei neurotrasmettitori inibenti che instaurano lo stato di iperpolarizzazione, cioè si ha un incremento dello stato di polarizzazione per il quale c'è un maggior accumulo di cariche negative all'interno e di cariche positive all'esterno, così che, al passaggio del prossimo impulso, questo troverà la strada sbarrata da questa eccessiva polarizzazione della cellula che non permetterà lo stato di depolarizzazione utile alla trasmissione dell'impulso. Una volta che l'inibizione o la trasmissione dell'impulso ha svolto la propria funzione, avviene il fenomeno denominato ripolarizzazione, ossia la condizione della cellula torna allo stato di riposo tipico della polarizzazione.
Struttura del sistema nervoso
Il sistema nervoso, come detto in precedenza, si divide in Centrale e Periferico. L'SNP consiste solamente nei fasci nervosi che, partendo dal midollo spinale, si diramano per tutto il corpo fino ai loro organi bersaglio con nervi detti efferenti, cioè che portano l'impulso dal cervello all'organo. In genere questo tipo di nervo viene definito motorio, in quanto porta l'ordine di "movimento" alla parte di corpo da gestire. Una volta arrivato all'organo di interesse e raccolta la risposta, un fascio di nervi afferenti ritorna dalla periferia verso la colonna vertebrale e risale il midollo spinale fino al cervello. Questo tipo di nervo è detto anche sensorio, in quanto trasporta allo stato di coscienza la "sensazione" che si prova effettuando il movimento ordinato. Facciamo un esempio. Devo muovere una gamba che è stata ferma per molto tempo. Il cervello manda un impulso ai muscoli della gamba dicendo loro di contrarsi per spostarsi. Tuttavia i muscoli, essendo stati fermi per molto tempo, avranno accumulato molto acido lattico, causando l'insorgenza di crampi. Io sentirò quindi il dolore del crampo tramite l'impulso nervoso che ritorna tramite le vie afferenti al cervello e porta allo stato di coscienza le conseguenze del moto imposto.
L'SNC invece si divide in due parti: il midollo spinale e l'encefalo.
Il midollo spinale è costituito da fasci di
fibre nervose che corrono all'interno della colonna vertebrale. La sezione
trasversale dei midollo spinale mette in evidenza due parti; la parte
interna è composta da sostanza grigia, cioè senza mielina, e racchiude i
pirenofori dei neuroni i cui assoni escono dal midollo a formare le fibre
efferenti. La parte più esterna è composta da sostanza bianca, quindi
mielinizzata, perché formata dagli assoni che trasportano le informazioni.
Nella sezione anteriore si trovano le fibre discendenti, che portano
l'impulso alla periferia, mentre nella parte posteriore si trovano le fibre
ascendenti che portano gli impulsi dalla periferia verso l'encefalo.
[4]
Il midollo spinale si collega al cervello tramite una struttura di vitale importanza chiamata bulbo o midollo allungato, dove risiedono il centro di controllo della respirazione, della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Se osserviamo con attenzione la base del cervello, noteremo che il midollo allungato si trova in mezzo ad altre due strutture: la prima si trova anteriormente e prende il nome di Ponte di Varolio che mette in collegamento gli emisferi cerebrali; posteriormente si trova il cervelletto, cioè la seconda struttura che avvolge da dietro il midollo allungato. Alla base del cervello troviamo ancora il mesencefalo e il diencefalo.
Il primo è composto da quattro sezioni che coordinano i movimenti oculari in relazione agli stimoli luminosi e sonori. In pratica, quando vediamo una luce particolare o un rumore che ci insospettisce, questi impulsi finiscono nel mesencefalo tramite nervi sensoriali; lì scaturisce una risposta motoria dell'occhio che si dirige o si discosta dalla fonte di tali stimoli presente nell'ambiente circostante.
Il diencefalo invece è composto da due parti, talamo e ipotalamo. Il primo ha più che altro funzione associativa mentre nel secondo risiedono il centro della fame, della sazietà, della sete e di tutti quei comportamenti definiti motivati, cioè necessari all'individuo per motivi fisiologici. È interessante inoltre notare che patologie come bulimia e anoressia coinvolgono non solo l'aspetto psicologico, ma hanno anche una componente anatomica che risiede nel mal funzionamento dell'ipotalamo.
Le parti descritte fino ad ora si trovano tutte alla base di quella che è la struttura più evoluta del il sistema nervoso centrale che, assieme al diencefalo, costituisce il cervello: il telencefalo. Esso è composto da una parte esterna ed una interna. La parte esterna prende il nome di corteccia cerebrale ed è una delle parti che più mostrano quanto l'uomo sia potenzialmente superiore agli animali, in quanto presenta aree altamente specializzate nella gestione di particolari processi che ci rendono in grado di relazionarci al meglio con l'ambiente circostante. È composta da materia grigia perché formata da pirenofori, quindi senza mielina, ma con un enorme numero di interconnessioni fra neuroni. La parte interna invece è composta di materia bianca ed è formata da tutti gli assoni che formano il sistema ascendente o discendente a seconda che gli assoni considerati siano sensoriali o motori.
Macroscopicamente, avremo quindi una sorta di "scorza" esterna costellata da circonvoluzioni, nate nel corso dell'evoluzione dal bisogno sempre maggiore di ottimizzare lo spazio disponibile, e sotto una miriade di fili argentati che, ancorati alla corteccia, si dispongono con un ordine incredibile fino a raggiungere il midollo spinale.
Il cervello presenta particolari aspetti morfologici, usati dall'Anatomia per definire le diverse aree della corteccia.
Innanzitutto dobbiamo specificare che il telencefalo presenta due emisferi apparentemente simmetrici, divisi da un taglio detto scissura interemisferica e collegati inferiormente dal corpo calloso. Si imputano ai due emisferi due ruoli completamente opposti: l'emisfero sinistro sarebbe quello che gestisce tutti i processi matematici, analitici e razionali, mentre nell'emisfero destro avrebbe sede l'inconscio, l'intuizione e la percezione dello spazio.
Sono presenti due ulteriori scissure dette scissura di Rolando (1) e scissura del Silvio (2). La scissura di Rolando divide il lobo frontale (viola) dal lobo parietale (marrone), che è a sua volta separato dal lobo temporale (rosa) tramite la scissura del Silvio. Posteriormente si trova il lobo occipitale (verde scuro).
Le aree corticali
Si trovano zone sulla corteccia cerebrale destinate a svolgere particolari ruoli. Altamente specializzate nella gestione dei processi indispensabili alla vita dell'homo sapiens, queste zone prendono il nome di aree corticali. L'area di Broca (giallo), situata nel lobo frontale, è l'area motoria del linguaggio, cioè dove avvengono associati i movimenti dell'apparato fonatorio alle parole che deve esprimere. Le parole da esprimere vengono elaborati nell'area di Wernicke (verde chiaro), area sensoriale del linguaggio dove vengono associati i concetti alle adeguate parole che li possano esprimere. È necessario che queste due aree comunichino fra loro affinché l'individuo sia in grado di parlare in modo sensato e di leggere parole a cui conferire un significato. La comunicazione avviene tramite il Fascicolo Arcuato (blu), un fascio di fibre nervose che passa attorno alla scissura del Silvio che collega queste due aree. Ci sono altre due aree di notevole importanza, situate anteriormente e posteriormente alla scissura di Rolando; esse sono l'area motoria (rosso), nota anche come area prerolandica, e l'area somatosensoriale (arancione), detta anche area postrolandica.
Se immaginiamo di avere un telencefalo fra le nostre mani e di aprire come un libro la scissura di Rolando, ci troveremmo davanti l'immagine sovrastante, con l'unica differenza che avremmo alla nostra sinistra l'area motoria e a destra quella sensoriale, come indica la miniatura di cervello nella parte inferiore dell'immagine. Quello che è interessante notare è che queste due aree non controllano a caso tutti i distretti del corpo, ma ogni piccola area ne ha una propria di pertinenza. Ciò che si è notato con lo studio della fisiologia di queste aree è che esse sono tanto più estese quanto più sono fini e sensibili le rispettive aree controllate. Facciamo un esempio: è chiaro che è più utile all'uomo saper fare movimenti precisi con le dita piuttosto che con l'avambraccio; guardando le aree che controllano i movimenti di queste due parti del corpo umano, notiamo che è più estesa quella destinata al controllo delle dita in confronto a quella che coordina i movimenti dell'avambraccio. Stessa cosa vale per l'area somatosensoriale; ci sono aree più vaste che corrispondono ai distretti del corpo umano più sensibili.
Prendendo la schematizzazione di un uomo, ingrandendo e restringendo le parti più o meno sensibili innervate, si ottengono i cosiddetti homunculus motorio e homunculus somatosensoriale. Queste schematizzazioni mostrano a vista d'occhio quali siano le aree più innervate del corpo umano, mettendo quindi in risalto quei distretti che l'evoluzione ha migliorato per rendere l'uomo più abile nella sopravvivenza.
● Come si immagazzinano i ricordi
Il nostro modo di pensare, di reagire di fronte ad alcune situazioni, la complessità del nostro pensiero e tutte quelle altre caratteristiche che differenziano mentalmente ogni uomo dall'altro, sono dovute prevalentemente alla sua esperienza di vita che, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, impulso dopo impulso, viene immagazzinata nel cervello. L'esperienza condensata fra i neuroni prende il nome di memoria.
È indispensabile però premettere subito che l'argomento di cui si parlerà ora è tanto affascinante quanto sconosciuto, perché ancora oggi sappiamo ben poco sul funzionamento della memoria.
La prima cosa che c'è da dire sul funzionamento della memoria è che è composta da tre componenti che collaborano insieme per il funzionamento della stessa. Queste tre strutture sono la memoria a breve termine (MBT), la memoria a lungo termine (MLT) e quel meccanismo ancora quasi del tutto sconosciuto che mette in comunicazione queste due aree, le cui sedi all'interno del cervello non sono ancora del tutto note. Si sa inoltre che, quasi sicuramente, tutti i neuroni coinvolti nei processi della memoria hanno sinapsi che impiegano l'acetilcolina come neurotrasmettitore.
La memoria a breve termine
La memoria a breve termine è quel contenitore che ci permette di tenere a mente un numero di telefono mentre lo componiamo, di poter sostenere una conversazione senza dimenticarci cosa è stato detto in precedenza, di poter eseguire una richiesta senza dimenticare la medesima. Insomma, la MBT ci rende in grado di agire in quanto ci permette di tenere sempre presente in mente i comandi riguardo alle azioni che dobbiamo compiere per relazionarci con l'ambiente esterno, momento dopo momento.
Ciò che viene appreso ed incollato nella memoria a breve termine ha la possibilità di rimanere lì per una quantità di tempo quantificabile in minuti. Questi "quanti" di esperienza che giungono alla memoria nel sistema nervoso centrale prendono il nome di engrammi o tracce mnestiche.
Si è notata una particolarità di questa struttura: ha un debole per il numero sette. Dopo vari esperimenti condotti fra neurologi e psicologi, è risultato in evidenza che un individuo è in grado di tenere a mente sette "cose" per poi dimenticarle poco dopo, come se la MBT avesse sette slot in cui riporre le informazioni. La cosa importante risiede nel fatto che le "cose" apprese nel corso dell'esperimento non erano singole informazioni, ma informazioni piuttosto complesse, come una serie di indirizzi, una serie di nomi o di numeri anche piuttosto cospicui. Quindi si è evinto che non conta tanto la quantità delle sette unità memorizzabili, ma conta molto la loro qualità, cioè in quale modo le diverse informazioni di una unità sono collegate fra loro. Si è notato che, quando esiste un legame fra le informazioni da memorizzare, anche assurdo, ma organizzato dall'individuo, esso è in grado di memorizzare sette unità molto più cospicue rispetto ad una memorizzazione che avviene in maniera sconnessa e senza un filo conduttore.
Su questa considerazione si basa la teoria secondo cui la memoria sia strutturata come una rete, i cui nodi non sono altro che i concetti: più i nodi sono collegabili fra loro, minore sarà la fatica per ricordarli tutti assieme. Una prova di questa teoria è il "gioco" delle libere associazioni, usato anche nella psicanalisi da Freud.
Ho voluto lasciare alla fine di questa brevissima trattazione sulla MBT quello che è ritenuto il suo compito più importante per l'uomo per dare la giusta enfasi a questa notizia: noi pensiamo grazie alla memoria a breve termine. Se non avessimo questo serbatoio in cui riporre contemporaneamente tutti i dati che abbiamo a disposizione e, con calma, collegarli uno all'altro meditandoci sopra, non saremmo mai giunti alla elaborazione di pensieri complessi. È quindi per questo motivo che si ritiene che la grandezza della memoria a breve termine sia determinante nel livello di intelligenza di ognuno di noi perché, più dati e più strumenti possiamo avere a disposizione contemporaneamente, più elevate saranno le operazioni che saremo in grado di svolgere.
La memoria a lungo termine
La memoria a lungo termine rappresenta il contenitore dove vengono stoccate tutte le esperienze significative e tutte le nozioni importanti che apprendiamo. Non si sa bene dove sia collocata. Una teoria piuttosto accreditata sostiene che la memoria a lungo termine non abbia una sede precisa, ma piuttosto si pensa che sia sparsa fra i vari neuroni della corteccia. Questa teoria si basava sullo studio dei pazienti lobotomizzati che, a seguito dell'operazione, non ricordavano più con nitidezza le proprie memorie, ma senza perdere completamente le proprie esperienze passate.
Si è notato inoltre che la memoria a lungo termine dovrebbe essere divise in quattro aree specializzate nella registrazione di un particolare tipo di dato. La memoria semantica è ritenuta la conservatrice delle nozioni e dei significati delle cose indipendentemente dal loro contesto; la memoria episodica invece conserva gli eventi del passato; la memoria procedurale è il serbatoio di tutte le istruzioni che il corpo deve eseguire per compiere determinate azioni; la memoria dichiarativa collabora con la procedurale in quanto conserva le istruzioni che si devono fare per compiere determinate azioni che, per essere eseguite, passano dalla procedurale "raccogliendo" il metodo di esecuzione. La memoria dichiarativa e procedurale possono essere definite come il sapere e il saper fare.
La memoria a lungo termine è ritenuta inaccessibile consciamente, in quanto incide sulla vita di tutti noi solo tramite la memoria a breve termine, alla quale fornisce una risposta in base all'esperienza a seconda delle richieste da parte della memoria a breve termine. Lo schema seguente riassume il passaggio fra MBT e MLT.
R.S. (registro sensoriale); MBT; MLT;
frecce blu: immagazzinamento dati; frecce rosse: (richiamo mnesitco)
Rapporto fra MBT e MLT
In conclusione, non ci resta che dire quel poco che si sa sul meccanismo che consente la comunicazione fra MBT e MLT. Si pensa che risieda nell'ippocampo, una struttura del sistema limbico, la parte più antica e più interna del nostro cervello. Ha una funzione di vitale importanza in quanto ci permette di vivere nel tempo. Chi riporta lesioni a questa struttura o viene colpito da alcune patologie che ne impediscono il normale funzionamento, si ritrova a vivere in un eterno presente, perché non ha la possibilità di progredire con la propria storia archiviando i giorni che vive. Si ha la sensazione che il tempo si sia fermato ma, fortunatamente, chi è affetto da tali patologie non se ne accorge perché lo dimentica subito, momento dopo momento. Questo tipo di situazione prende il nome di amnesia antiretrograda ed è tipica di coloro che hanno ricevuto lesioni specifiche dell'ippocampo. L'amnesia retrograda invece è un'altra situazione patologica per la quale i ricordi recentissimi vanno via via sparendo, riportando la persona indietro nel tempo.
La memoria è soggetta a due modifiche nel corso del tempo, che la rendono più funzionale: esse sono dette abitazione e sensibilizzazione. L'abituazione consiste nella tolleranza sempre maggiore di uno stimolo esterno, fino ad arrivare quasi al suo annullamento a livello di coscienza. Per fare un esempio, possiamo considerare una persona che svolge un lavoro molto rumoroso o in un luogo molto rumoroso; dopo i primi tempi, l'individuo arriverà ad ignorare i rumori attorno a sé in quanto il cervello si sarà abituato a questo genere di impulsi che ormai ritiene come normali e privi di importanza. La sensibilizzazione invece è il fenomeno inverso, cioè che il cervello arriva a prestare grandissima attenzione a stimoli che prima non c'erano o non erano considerati. Una madre nel cuore della notte può continuare a dormire pesantemente nonostante i tuoni di una tempesta ma, al minimo rumore anomalo da parte del neonato, il cervello darà il segnale alla donna di svegliarsi in stato di allerta, proprio perché il suo udito sarà particolarmente sensibile al pianto del bambino.
Recentemente, è stato avviato un ramo della ricerca in favore dell'ipotesi che una parte della memoria risieda nell'RNA e sia parzialmente trasmissibile geneticamente. È stato condotto un esperimento in cui dei topini vennero addestrati che, ad un dato suono, una pallina di cibo sarebbe caduta nella ciotola della gabbietta. Dopo un po' di tempo, quando i topi avevano collegato che a quel dato suono si sarebbero dovuti avvicinare alla ciotola per veder comparire da un momento all'altro il cibo, questi vennero uccisi. Fu prelevato il loro RNA dai neuroni ed impiantato nei neuroni di altri topolini. Questi topolini modificati furono poi messi in una gabbia assieme ad altri topolini non trattati e che non erano stati educati in nessun modo. L'esperienza dell'associazione suono-cibo fu ripetuta e si notò che i topini ai quali era stato introdotto l'RNA dei primi topolini educati impararono molto più in fretta a capire che il segnale sonoro indicava la caduta del cibo, rispetto agli altri topi non trattati.
Avendo l'RNA un ruolo fondamentale all'interno della sintesi proteica, la conclusione a cui si è giunti che nell'RNA risiedano le istruzioni per le proteine che indirizzano all'apprendimento. Quindi, più che immaginare un domani di poterci iniettare in vena il sapere, potremo sperare di avere in blister la "voglia di studiare" per capire meglio.
Appunti su: cervello che si apre in sezioni gif, microtubuli cerebrali, |
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