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LO STATO GASSOSO
5.1 GAS IDEALI.
In generale, il volume di ogni sostanza, solida, liquida o gassosa, dipende dalla temperatura e dalla pressione a cui esso viene sottoposto. Esiste una relazione matematica tra il volume di una data quantità di sostanza e i valori della pressione e della temperatura; questa relazione matematica è chiamata equazione di stato e può essere scritta simbolicamente come
In essa V è una certa funzione della temperatura, della pressione e del numero di moli della sostanza. Nel caso di liquidi e solidi, le equazioni di stato possono essere algebricamente molto complicate e possono differenziarsi notevolmente da una sostanza all'altra. I gas, invece, sono unici nel fatto che le equazioni di stato sono per essi praticamente le stesse. Ciò è dovuto al fatto che allo stato gassoso le molecole sono essenzialmente indipendenti l'una dall'altra, e di conseguenza la natura particolare delle singole molecole non influenza molto nel complesso il comportamento del gas.
La legge di Boyle
I gas sono fluidi molto comprimibili. La legge che regola la variazione del volume di una determinata quantità di gas al variare della pressione, quando la temperatura è mantenuta costante, è stata stabilita da Robert Boyle nel 1662 e da esso prende il nome.
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Consideriamo il seguente esperimento. Prendiamo un lungo tubo di vetro ad U munito di rubinetto in uno dei due rami. Versiamo del mercurio da una estremità e, quando il livello del mercurio nei due rami del tubo è lo stesso, chiudiamo la chiavetta. In tal modo l'aria, che rimane nella parte chiusa del tubo esercita sulla superficie del mercurio in A la stessa pressione che viene esercitata dall'atmosfera in B. Il campione di gas, raccolto in A, occupa ora un volume, sotto la pressione atmosferica, che supponiamo uguale a 760 mmHg = 1 atm. Se ora si seguita a versare del mercurio, in modo che il dislivello tra A e B sia di 760 mm, la pressione cui è soggetto il gas nel ramo chiuso del tubo deve risultare uguale alla pressione atmosferica più la pressione esercitata da una colonna di mercurio di altezza uguale al dislivello AB. Si può osservare che avendo raddoppiato la pressione, il volume si è ridotto alla metà. Se il gas contenuto nel ramo chiuso del tubo, viene sottoposto ad una pressione tre volte maggiore di quella iniziale, il suo volume diventa pari ad un terzo di quello iniziale.
Se si misura il volume occupato dalla stessa quantità di gas per altri valori della pressione sempre alla temperatura costante T, e si riporta in un sistema di assi ortogonali il volume in ordinate e la pressione in ascisse, i punti sperimentali vengono a trovarsi su di una curva, chiamata isoterma della temperatura. Se si ripete l'esperimento a temperatura diverse, si otterrà una serie di isoterme, una per ogni temperatura. Le isoterme sono rami di iperbole equilatere aventi per asintoti gli assi V e P.
Se si riporta, invece, il volume in funzione dell'inverso della pressione, i punti sperimentali vengono a trovarsi su delle rette la cui pendenza aumenta con l'aumentare della temperatura.
Esperimenti come questo, eseguiti con diversi gas, hanno mostrato che tutti i gas seguono abbastanza rigorosamente lo stesso comportamento quando non sono molto compressi e si trovano ad alta temperatura.
Pertanto la legge di Boyle può essere enunciata nel modo seguente:
A temperatura costante, il volume di una quantità determinata di gas è inversamente proporzionale alla pressione
dove K è una costante, il cui valore dipende dalla temperatura e dalla quantità di gas.
Un gas che segue rigorosamente la legge di Boyle, è detto gas perfetto o gas ideale. I gas reali si discostano dal comportamento ideale tanto più quanto più alta è la pressione e bassa la temperatura.
La legge di Charles e Gay-Lussac
Se si considera un gas A di massa mA che occupa un volume V alla temperatura t, la legge di Boyle ci dice che aumentando la pressione sul gas il volume diminuisce. Tale comportamento può essere rappresentato dall'equazione
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dove gA(mA, t) è una funzione della massa mA e della temperatura t. Se si fa variare la quantità mA di gas a pressione e temperatura costante, si nota che il volume è proporzionale alla quantità di gas
con fA(t) una funzione della temperatura. Sperimentalmente si trova che tale funzione ha un andamento lineare del tipo descritto a lato per tre diversi gas in cui si mostra come il volume diventa apparentemente zero per tutti i gas a -273,15 °C, cioè:
con CA costante che dipende dal gas e t0=273,15 °C.
Sostituendo si ha:
Tale ultima espressione rappresenta la legge di Charles e Gay-Lussac:
Il volume di un campione di gas, a pressione costante, aumenta di 1/273,15 del suo volume a 0°C per ogni aumento di temperatura di 1°C
dove V e V0 sono rispettivamente i volumi occupati dal campione di gas alla temperatura t (°C) e a 0°C. a, nei limiti di validità della legge di Boyle, è uguale per tutti i gas e pari a 1/273,15.
Una legge analoga è valida anche per le variazioni di pressione a volume costante. Se P è la pressione di un campione di gas alla temperatura t e P0 è la pressione dello stesso campione a 0°C, si può scrivere:
dove a è lo stesso.
Il Principio di Avogadro
Per spiegare la legge di Gay-Lussac, Avogadro formulò l'ipotesi, nota come Principio di Avogadro che:
sotto le stesse condizioni di temperatura e di pressione, volumi uguali di gas contengono lo stesso numero di molecole
Pertanto, per il principio di Avogadro, il volume occupato da una mole (volume molare) deve lo stesso per qualsiasi gas. Le misure sperimentali dimostrano che, entro i limiti del comportamento ideale, una grammo-molecola di qualsiasi gas occupa, a 0°C (273,15 K) ed alla pressione di 1 atmosfera, il volume di 22,41 litri. Le condizioni di temperatura e pressione corrispondenti a 0°C (273,15 K) e ad 1 atmosfera vengono definite condizioni standard o condizioni normali (T.P.S.).
Equazione di stato dei gas perfetti
Se nella relazione che ci ha portato alla legge di Gay-Lussac introduciamo una nuova scala di temperatura (scala Kelvin), definita da T=t+t0, si ottiene la seguente espressione:
e, ricordando che la massa m di un gas diviso per il peso molecolare M è pari al numero di moli n, si può scrivere:
Per il principio di Avogadro la quantità C M=R è una costante uguale per tutti i gas e prende il nome di costante universale dei gas. Pertanto si ottiene la seguente equazione di stato dei gas perfetti:
valida esclusivamente per sostanze allo stato gassoso ideale, rappresentabile da particelle in perenne movimento caotico senza alcuna interazione reciproca.
Quindi un gas si dice ideale se:
il volume proprio delle molecole è trascurabile rispetto al volume del recipiente, ossia se la densità del gas è molto bassa;
le forze di attrazione tra le particelle sono nulle.
Il valore della costante R dipende dalle unità di misura adottate:
se la pressione è misurata in atmosfere, il volume in litri e la temperatura in °K, la costante R assume il valore
altrimenti altri valori di R sono:
Peso molecolare e densità dei gas
L'equazione di stato consente di determinare il peso molecolare e la densità di un gas a comportamento ideale, costituito da una sola specie chimica.
Difatti, definita la densità come
si ha
Cioè esiste una proporzionalità tra peso molecolare e densità di una specie gassosa che consente, noti i valori di P, T e d, la determinazione del peso molecolare. Inoltre, noto il peso molecolare di un gas, è possibile determinare quello di un altro gas da misure sperimentali delle rispettive densità.
La concentrazione molare
L'equazione di stato dei gas perfetti può essere scritta
Quando il volume è espresso il litri, il rapporto n/V rappresenta l'ammontare di sostanza contenuta in un litro. Esso viene definito come concentrazione molare della sostanza:
La legge di Dalton
Si supponga che una miscela di più gas ideali sia contenuta in un recipiente di volume V alla temperatura T. Poiché ciascun gas è ideale, si può scrivere
Cioè nella miscela ogni gas esercita una pressione uguale a quella che esso eserciterebbe se fosse sole, e questa pressione è proporzionale al numero di moli del gas presente. La quantità pi è chiamata pressione parziale del gas iesimo.
Secondo la legge di Dalton, la pressione totale P esercitata da una miscela gassosa ideale sulle pareti del recipiente è la somma delle pressioni parziali dei gas componenti:
Le pressioni parziali possono essere espresse in funzione delle concentrazioni molari Ci dei componenti
Poiché le concentrazioni molari allo stato gassoso dipendono dalla temperatura e dalla pressione, è conveniente ricorrere alle frazioni molari per definire la composizione di una miscela gassosa. Le frazioni molari xi sono ottenute dividendo l'ammontare di ciascun componente per l'ammontare totale (in moli)
Si ottiene così che la pressione parziale di un componente è data dal prodotto della frazione molare per la pressione totale:
5.2 LA TEORIA CINETICA DEI GAS.
La formulazione della teoria cinetica dei gas rappresenta uno dei più significativi esempi del modo in cui il comportamento macroscopico di un sistema materiale possa essere spiegato in base alle proprietà delle particelle microscopiche che lo costituiscono.
Essa si basa sui seguenti postulati.
Un gas è costituito da un numero estremamente grande di particelle molto piccole che sono in costante, disordinato movimento.
Le particelle dei gas sono perfettamente sferiche, molto resistenti, e hanno un volume totale così piccolo rispetto a quello del recipiente che le contiene, tanto da essere ignorato.
Le particelle collidono spesso tra loro e con le pareti del recipiente e si muovono secondo linee rette, tra una collisione e l'altra (ciò significa che le particelle non esercitano forze di attrazione o repulsione reciproche).
Il più grande risultato fornito dalla teoria cinetica fu la spiegazione della temperatura di un gas. In particolare essa permette di derivare da semplici considerazioni meccaniche una relazione tra la temperatura assoluta e l'energia cinetica media traslazionale delle particelle che formano un sistema gassoso ideale.
Si consideri un sistema formato da un numero N di particelle (una mole) poste in un recipiente cubico a spigolo l alla temperatura T.
L'energia cinetica traslazionale di ogni particella di massa m e velocità vi è:
per cui l'energia totale del sistema sarà
Ebbene si definisce energia cinetica media
Il comportamento del sistema considerato è equivalente a quello di un sistema formato da N particelle tutte con la stessa velocità , in quanto tale sistema ha la stessa energia cinetica totale del sistema considerato.
La velocità ha componenti nelle tre direzioni dello spazio che, poiché non esiste una direzione preferenziale per il moto delle particelle, sono equiprobabili con probabilità pari ad 1/3.
Le particelle gassose, nel loro moto caotico urtano le pareti del recipiente esercitando su di esse una pressione P, che dipende dal numero di urti per secondo per cm2 e dalla variazione della quantità di moto dovuta a ciascun urto.
La variazione di quantità di moto Dq di una particella di massa m e velocità x dopo l'urto elastico contro la parete yz è data da
Il numero di urti al secondo è uguale al rapporto tra il numero di particelle N e l'intervallo di tempo tra due urti successivi di una stessa particella ossia il tempo necessario ad una particella per rimbalzare sulla parete opposta e tornare di nuovo ad urtare quella in esame.
La particella quindi percorre lo spazio 2l con velocità x nell'intervallo di tempo
per cui il numero di urti n.u. al secondo è
In definitiva la pressione esercitata dalle particelle sulla parete di superficie l2 è
Utilizzando l'equazione di stato dei gas ideali riferita ad una mole, si ottiene
Pertanto l'energia cinetica media di un sistema gassoso ideale è direttamente proporzionale alla temperatura.
Inoltre la velocità quadratica media può essere espressa come
5.3 EFFUSIONE DEI GAS: LA LEGGE DI GRAHAM.
Si intende per effusione il passaggio di un gas attraverso un piccolo foro di una parete sottile. Il diametro del foro deve essere minore del cammino libero medio della particella, ossia lo spazio che intercorre tra due urti successivi di una stessa particella. In tal caso il numero delle particelle che effondono è pari al numero di particelle che urtano un'area pari a quella del foro.
la velocità di effusione sarà proporzionale al numero di urti secondo e quindi alla velocità quadratica media. Ebbene dalla teoria cinetica dei gas deriva che la velocità molecolare media di un gas dipende dalla massa e di conseguenza ne dipende la velocità di effusione di un gas attraverso un foro di piccolo diametro.
Indicando con v1 e v2 le velocità di effusione e con M1 e M2 i pesi molecolari di due gas, nelle stesse condizioni di temperatura, la legge di Graham ci dice che:
ossia note le velocità di effusione di due gas, di uno dei quali è noto il peso molecolare, possiamo calcolare il peso molecolare dell'altro.
5.4 LA DISTRIBUZIONE DELLE VELOCITà MOLECOLARI.
Il modello usato per la trattazione della teoria cinetica dei gas prevede che le molecole si muovono in modo caotico con velocità diverse. Sebbene la velocità di ogni singola molecola non sia sempre la stessa a causa degli urti molecolari, in un sistema costituito da molte molecole il numero di molecole con una particolare velocità rimane invariato nel tempo. L'enorme numero di molecole, contenute in un campione di gas, e gli scambi di velocità, che si verificano negli urti molecolari, rendono inconcepibile e priva di significato l'assegnazione ad ogni singola molecola di una sua velocità. È necessario pertanto ricorrere ad un modello statistico per stabilire la distribuzione delle velocità.
Applicando alle molecole di un gas alcuni concetti statistici si può definire la frazione di molecole DN/N, che ha velocità compresa fra v e v+Dv, e stabilire con quale legge si distribuiscono le velocità molecolari fra le varie molecole.
La funzione di distribuzione delle velocità è stata derivata sperimentalmente da Maxwell e Boltzmann ed è stata anche confermata sperimentalmente. Il rapporto DN/N fra il numero di molecole, con velocità compresa fra v e v+Dv, ed il numero totale di molecole è riportato in funzione della velocità v nella figura seguente, ottenuta facendo tendere Dv a zero.
Tale curva, derivata analiticamente con metodi statistici, si può ottenere sperimentalmente misurando la velocità degli atomi di cesio che, emessi da un forno, passano attraverso una fenditura e urtano un schermo rivelatore posto ad un prefissata distanza.
Dalla figura si vede come, all'aumentare della temperatura, aumenta la velocità quadratica media delle molecole e quindi la velocità più probabile ad essa proporzionale, quindi il massimo della curva si sposta verso valori della velocità più alti. Inoltre a temperatura più elevate la velocità media delle particelle è più elevata, il trasferimento della quantità di moto da una particella ad un'altra diventa più probabile e quindi la distribuzione di velocità sarà più uniforme.
La forma matematica della funzione di distribuzione è tale che le frazioni di particelle con energia superiore ad un valore prefissato E* è data dall'espressione
5.5 GAS NON PERFETTI.
Il modello di gas, considerato nella formulazione della teoria cinetica, richiede che siano trascurabili gli urti e le forze intermolecolari. Queste condizioni possono ritenersi soddisfatte solo a bassa pressione ed alta temperatura, cioè quando il comportamento di un gas reale si approssima a quello del gas perfetto.
Consideriamo ora come gli urti e le forze di attrazione intermolecolari influenzano la pressione l'equazione di stato dei gas.
La prima correzione da apportare all'equazione di stato dei gas perfetti riguarda il volume. Poiché le molecole hanno una dimensione finita ed occupano una porzione apprezzabile del volume del recipiente, in cui è contenuto il gas, non tutto il volume del recipiente può essere attraversato liberamente dalle molecole. Pertanto, indicando con b il volume proprio delle molecole, cioè il volume molare del gas a pressione infinita, il volume effettivamente libero è dato da
dove Vm è il volume molare alla pressione P ed alla temperatura T (ossia il volume del recipiente). Il volume b, escluso al moto delle molecole, è chiamato covolume.
La seconda correzione da apportare all'equazione di stato dei gas perfetti riguarda la pressione. Se esistono forze attrattive intermolecolari, le molecole, che si trovano in prossimità delle pareti del recipiente, sono attratte verso l'interno del recipiente con una conseguente riduzione della quantità di moto trasferita alle pareti, difatti esse tenderanno a trasmettere parte della loro quantità di moto alle altre molecole del gas piuttosto che alle pareti. La diminuzione di pressione che ne risulta deve essere proporzionale al numero di molecole attiranti per unità di volume, N/Vm ed al numero di molecole, che vengono attratte, per unità di volume, N/Vm. Alternativamente si può osservare che, a causa delle attrazioni esistenti fra le molecole, in ogni istante una certa frazione di molecole sarà debolmente legata ad altre molecole. Per effetto degli urti, essendo le forze di attrazione molto deboli, i gruppi di molecole si dissoceranno e si riformeranno in continuazione ma, mediamente nel tempo, il loro numero o le loro dimensioni medie resteranno costanti. Ad ogni modo entrambi i ragionamenti portano , per una mole di gas, ad una diminuzione della pressione pari ad a/V2, dove a è una costante di proporzionalità maggiore di zero che misura l'intensità delle forze di attrazione molecolare. A causa di tali forze di attrazione molecolare, la pressione effettiva di un gas imperfetto è più bassa di quanto previsto dalla legge dei gas ideali. Pertanto questa quantità indicata con a/Vm2 si deve aggiungere alla pressione Pm, esercitata dal gas reale, per ottenere il valore della pressione corrispondente a quella di un gas con comportamento ideale:
Sostituendo le nuove espressioni di pressione e volume nell'equazione di stato dei gas ideali si ottiene che per un gas reale vale la seguente equazione
detta equazione di stato di Van der Waals.
Lo scostamento di un gas reale dal comportamento ideale può essere rappresentato dal fattore di compressibilità definito da
Per un gas ideale per qualsiasi valore della pressione e della temperatura. Per un gas reale invece z dipende dalla pressione e dalla temperatura e può assumere valori maggiori o minori di uno.
Nella figura seguente è riportato il fattore di compressibilità in funzione della pressione per uno stesso gas a diverse temperature.
Si vede come per ogni gas esista una temperatura, chiamata temperatura di Boyle TB, in cui a bassa pressione la tangente all'isoterma è parallela all'asse delle ascisse.
Si ha che:
per T=TB, il gas reale si comporta in modo ideale in un discreto intervallo di pressione;
per T<TB, z è minore di uno a basse pressioni. A queste pressioni prevale l'effetto delle forze attrattive intermolecolari sull'effetto del volume proprio delle molecole, mentre ad alte pressioni prevale l'effetto del volume proprio delle molecole e z è maggiore di uno;
per T>TB, l'energia cinetica media delle molecole è molto maggiore dell'energia di attrazione intermolecolare. La deviazione dal comportamento ideale è essenzialmente dovuta all'effetto del volume proprio delle molecole e z è maggiore di uno per qualsiasi valore della pressione.
Inoltre si osserva che per un gas reale z 1 in due casi:
per bassi valori della pressione, in quanto al diminuire della pressione il volume proprio delle molecole diventa trascurabile rispetto al volume del recipiente e le forze di attrazione intermolecolari decrescono rapidamente all'aumentare delle distanze intermolecolari;
al crescere della temperatura, poiché l'energia cinetica diventa molto maggiore dell'energia potenziale di attrazione tra le molecole rendendo sempre più difficili le aggregazioni.
A parità di pressione e temperatura lo scostamento dal comportamento ideale aumenterà al crescere delle dimensioni delle molecole e delle forze di attrazione intermolecolari.
5.6 LA TEMPERATURA CRITICA IN RELAZIONE ALLE FORZE INTERMOLECOLARI.
Nella figura seguente è riportata, per un gas reale, la pressione in funzione del volume a diverse temperature.
Si ha che:
A temperatura superiore a Tc, le isoterme hanno un andamento simile a quello di un gas ideale.
A temperature inferiori a Tc, le isoterme si differenziano da quelle ideali per l'esistenza del fenomeno della liquefazione.
Nell'isoterma a temperatura T1 possiamo distinguere tre parti:
una parte a bassa pressione simile ad un ramo di iperbole equilatera, come richiesto dalla legge di Boyle;
una parte orizzontale AB;
una parte, al di là del punto A, rapidamente ascendente.
Se immaginiamo di comprimere il gas alla temperatura costante T1:
nel punto B si ha l'inizio della liquefazione;
da B ad A si ha una riduzione di volume per il passaggio della sostanza dalla fase gassosa alla fase liquida mentre la pressione resta costante. La pressione nel tratto AB è quella esercitata dal gas in equilibrio con il liquido alla temperatura T1. Questa pressione, come vedremo in seguito, è chiamata tensione di vapore del liquido;
nel punto A la liquefazione è totale e a forti aumenti di pressioni corrispondono solo piccole variazioni di volume, in accordo con il fatto che il liquido è poco comprimibile.
Alla temperatura Tc l'isoterma presenta un flesso nel punto C. Questa temperatura è chiamata temperatura critica. Essa rappresenta la temperatura al di sopra della quale non è possibile liquefare il gas qualunque sia la pressione alla quale il gas venga sottoposto.
Il punto C è chiamato punto critico e la pressione ed il volume ad esso corrispondenti sono chiamati pressione e volume critici.
L'esistenza della temperatura critica per un gas reale può essere dedotta dalle proprietà matematiche dell'equazione di Van der Waals. Si può anche derivare la dipendenza delle variabili critiche, pressione, temperatura e volume, dalle costanti a e b dell'equazione, che sono a loro volta in relazione con le forze di interazione intermolecolari. Tuttavia, sulla base di semplici argomentazioni è possibile dedurre che l'esistenza di una temperatura critica è una necessaria conseguenza della non idealità dei gas.
A tal fine consideriamo un sistema gassoso costituito da N molecole sferiche soggette a mutua interazione. Le molecole possono essere considerate sferiche perché la geometria e la struttura interna delle molecole sono irrilevanti per una discussione degli aspetti qualitativi del fenomeno. L'energia totale del sistema è data dalla somma dell'energia cinetica, Ec, e dell'energia potenziale, Ep,
Secondo la teoria cinetica, Ec è sempre positiva e direttamente proporzionale alla temperatura assoluta.
La natura non ideale del gas è riflessa nel termine Ep, che può essere considerato con buona approssimazione uguale alla somma dell'energia potenziale di interazione fra tutte le coppie di molecole.
Lo stato di aggregazione del sistema può essere caratterizzato mediante il rapporto fra l'energia cinetica ed il valore assoluto dell'energia potenziale
in cui si pone il valore assoluto dell'energia potenziale perché non si intende un valore fisico di energia potenziale, bensì di un aumento o diminuzione, perché essa può variare fra un minimo ed un massimo positivo o negativo.
Si ha che:
quando B>>1, il sistema ha un tipico comportamento di un gas: l'energia cinetica traslazionale delle molecole prevale nettamente sull'energia potenziale di interazione. Cioè le molecole sono dotate di una velocità tale da vincere le forze attrattive, che tendono a portare il sistema in uno stato condensato;
quando B è minore o circa uguale ad 1, le forze attrattive possono prevalere sul moto traslazionale e disordinato delle molecole in modo tale da determinare il passaggio allo stato liquido.
L'energia potenziale del sistema in funzione della distanza media fra coppie di molecole, riportata a sinistra della figura nella pagina seguente, ha un andamento analogo a quello della funzione di potenziale di Lennard-Jones. Sul lato destro è riportata l'energia cinetica in funzione della temperatura assoluta.
La distanza media fra le molecole, ad una determinata temperatura, è direttamente proporzionale alla radice cubica del volume e quindi inversamente proporzionale alla radice cubica della pressione:
alla temperatura T1, si può perciò aumentare la pressione fino a far assumere a B un valore minore o circa uguale ad 1. Cioè il gas può liquefare con un semplice aumento di pressione;
al di sopra della temperatura Tc è impossibile ottenere un valore di B minore di uno, comunque si vari la pressione, in quanto il valore assoluto massimo dell'energia attrattiva è minore dell'energia cinetica media data da . Quindi se la temperatura è maggiore della temperatura critica Tc, la sostanza può esistere solo allo stato gassoso.
La temperatura critica è tanto più elevata quanto più rilevanti sono le forze attrattive fra le molecole. Fra le molecole polari di acqua le forze attrattive sono rilevanti e la temperatura critica è di 647 °K.
5.7 EFFETTI TERMICI NEI PROCESSI DI ESPANSIONE E COMPRESSIONE ADIABATICA DI UN GAS.
Per ogni gas esiste una temperatura al di sotto della quale si ha raffreddamento per espansione e riscaldamento per compressione ed al di sopra della quale un comportamento opposto. Questa temperatura è chiamata temperatura di inversione ed è uguale a circa sei volte la temperatura critica.
Se facciamo espandere un gas adiabaticamente, cioè senza scambio di calore con l'esterno (TDH=0), viene compiuto un lavoro contro le forze attrattive, che si oppongono all'aumento della distanza media intermolecolare. Questo lavoro P DV dovrà, per il principio di conservazione dell'energia, essere compiuto a spese dell'energia interna del gas
ed essendo DV>0, dovrà essere DE<0, cioè
Si ha che:
se il gas è ideale, , cioè il gas si raffredderà;
se il gas è reale, a causa delle attrazioni intermolecolari, all'aumentare del volume, cioè della distanza tra le molecole, l'energia potenziale aumenterà, per cui si avrà , cioè il gas si raffredderà più di quello ideale.
Se facciamo espandere un gas adiabaticamente senza lavoro esterno, (TDH=0 e P DV=0), si avrà
e quindi:
se il gas è ideale, , cioè il gas non varierà la sua temperatura;
se il gas è reale, a causa delle attrazioni intermolecolari, all'aumentare del volume, cioè della distanza tra le molecole, l'energia potenziale aumenterà, per cui si avrà, cioè il gas si raffredderà.
Chiaramente il processo di compressione fornisce risultati del tutto opposti a quelli che nel caso del processo di espansione.
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