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Famiglia di primario interesse, soprattutto agrario, seconde solo alle graminacee per importanza economica. Insieme alla fam. Mimosaceae e alla fam. Cesalpiniaceae fa parte dell'ordine Fabales (= leguminose in senso lato), caratterizzato dal gineceo monocarpellare da cui si origina un frutto a legume. La sistematica del gruppo è controversa e esistono diversi schemi tassonomici. Recenti studi filogenetici basati sulle sequenze del DNA sembrano deporre a favore di un'origine monofiletica comune delle tre famiglie, che vengono riunite nell'unica famiglia Fabaceae in senso lato, articolata in sottofamiglie e collocata nell'ordine Fabales insieme ad altre famiglie come le Polygalaceae. Gli stessi studi sembrano indicare un'origine non monofiletica del gruppo delle cesalpiniacee che non vengono quindi considerate neppure a livello di sottofamiglia. Le Fabaceae in senso stretto comprendono moltissime specie (oltre 10.000), diffuse nelle regioni temperato-fredde e tropicali. Sono alberi, arbusti, erbe, con foglie in genere alterne, munite di stipole, che possono essere variamente modificate: spine (gen. Robinia), stipole fogliformi (gen. Pisum), ecc.. Nei generi con caratteri di maggiore primitività, si hanno foglie imparipennate; da queste si ritengono derivate foglie paripennate, digitate, semplici. Anche l'abito erbaceo sembra derivato da quello legnoso e le specie di ambienti temperati da quelle tropicali. Frequente la presenza di foglie o parti di foglie modificate in cirri. In alcune specie, la presenza di pulvini sviluppati alla base delle foglie (e delle singole foglioline in foglie composte), consente movimenti nastici (Mimosa pudica che chiude le foglie in seguito a stimolo). In alcune specie mediterranee, le foglie sono assenti o precocemente caduche come adattamento all'aridità e il fusto è verde e ne assume le funzioni (ginestre). I fiori, riuniti in infiorescenze indefinite (racemo, spiga, ombrella, capolino), hanno calice gamosepalo attinomorfo o zigomorfo e corolla pentamera, dialipetala, zigomorfa di tipo papilionaceo (formata da un vessillo più grande, due ali, due petali parzialmente saldati in una carena entro cui si trovano androceo e gineceo). La corolla papilionacea è specializzata per l'impollinazione ad opera delle api, che vengono attratte dal vessillo, si posano sulla piattaforma formata dalle ali e schiacciando la carena provocano la fuoriuscita degli stami e dello stimma che vanno a toccare l'addome dell'insetto. L'androceo è costituito da 10 stami, raramente liberi, più spesso monadelfi o diadelfi (9+1); il gineceo è monocarpellare con ovario supero, contenente di solito più ovuli. L'impollinazione è per lo più ad opera delle api. Il frutto è un legume, o una modificazione di questo: ad esempio un lomento quando i semi sono separati da setti trasversali (Arachis), un achenio nel caso di frutti monospermi (gen. Trifolium), un legume indeiscente (Colutea, Cytisus). La dispersione avviene con mezzi diversi, che comprendono anche l'apertura a scatto del legume e l'auto-interramento del frutto (Arachis). I semi sono in genere dotati di un tegumento duro e resistente e restano in grado di germinare molto a lungo.
Esempi. Molte leguminose sono coltivate per il frutto, che fornisce cibo o foraggio ad alto contenuto proteico: Phaseolus vulgaris (fagiolo, originario del continente americano), Vigna unguiculata (fagiolo con l'occhio, conosciuto nel vecchio mondo prima della scoperta dell'America), Cicer arietinum (cece, con foglie peloso-ghiandolose e legumi con 1-2 semi), Lens culinaris (lenticchia), gen. Lupinus (lupini, comprende anche specie di interesse ornamentale), Pisum sativum (pisello, con grandi stipole fogliformi e foglie pennate con parte delle foglioline trasformate in cirri), Vicia faba (fava, una delle leguminose di più antica coltivazione, comprende anche varietà da foraggio e da sovescio), Arachis hypogea (arachide, di origine brasiliana, coltivata anche per l'estrazione dell'olio), Glycine max (soia, originaria della Cina e coltivata anche per foraggio e produzione di olio, vernici, fibre). Importantissime le leguminose foraggere, che vengono solitamente coltivate in consociazione con graminacee: le leguminose producono un alimento ricco di proteine e proseguono l'attività vegetativa anche in estate grazie ai lunghi fittoni capaci di assorbire acqua a grandi profondità, mentre le graminacee sono ricche in carboidrati e in estate sono per la maggior parte in riposo. Tra le specie di interesse foraggero ci sono: gen. Trifolium (trifogli), gen. Medicago (tra cui M. sativa, erba medica con radici a fittone che possono raggiungere oltre 6 m di profondità), gen. Melilotus (meliloti), gen. Vicia (vecce), Pisum arvense (pisello selvatico), Lotus corniculatus (ginestrino), Onobrychis viciifolia (lupinella), Hedisarum coronarium (sulla). Altre comuni leguminose spontanee: gen. Astragalus (astragali, tra cui specie che caratterizzano alcuni tipi di vegetazione a arbusti spinosi a cuscinetto delle vette delle montagne mediterranee), gen. Cytisus, Genista, Spartium (ginestre, con molte specie colonizzatrici di ex-coltivi e margini boschivi), gen. Laburnum (maggiociondoli, alberelli velenosi con fiori gialli in grappoli), Coronilla emerus (arbusto con foglie imparipennate fiori gialli, comune nelle cerrete e nei boschi di latifoglie decidue più o meno mesofili), Colutea arborescens (arbusto con legumi vescicolosi rigonfi). Robinia pseudacacia (robinia, acacia), albero originario del Nordamerica, ormai naturalizzato in Italia, si comporta da infestante a causa del suo temperamento pioniero e dell'abbondante emissione di polloni sia dalla ceppaia che dalle radici. Molte fabacee sono coltivate come ornamentali, tra cui numerose ginestre (gen. Genista, Cytisus ed altri), il glicine (gen. Wisteria), i maggiociondoli (gen. Laburnum), specie erbacee tappezzanti (Trifolium repens). Alcune specie hanno proprietà officinali, come la liquirizia (Glycyrrhiza glabra), la Galega officinalis, che stimola la produzione di latte, l'Anthyllis vulneraria, tradizionalmente usata per curare le ferite; altre sono state usate come piante tintorie (Genista tinctoria, Indigofera), per l'estrazione di gomme e resine, per ricavare fibre tessili (Spartium). Le fabacee sono ricche in sostanze proteiche, grazie alla simbiosi con batteri azotofissatori del gen. Rhizobium ospitata in noduli radicali. La percentuale di proteine nei semi di leguminose non è mai inferiore al 15% e può arrivare al 40%. L'attitudine delle fabacee come miglioratrici del terreno viene sfruttata nelle pratiche agronomiche delle rotazioni e del sovescio (coltivazione di leguminose e loro interramento nel suolo per arricchirlo di sostanza organica ricca di azoto). Molte specie sono velenose a causa della presenza di alcaloidi o composti cianogenici (che liberano acido cianidrico). Molte leguminose sono importanti piante mellifere. Numerosissime sono le specie erbacee spontanee nellanostra flora.
Al gruppo delle mimosacee, diffuse nelle regioni subtropicali e assenti nella nostra flora spontanea, appartiene il gen. Acacia, con numerose specie utilizzate a scopo ornamentale (mimose) o per rimboschimenti e fasce frangivento in zone calde. Sono caratterizzate da fiori piccoli riuniti in capolini, con corolla incospicua e stami gialli profumati con funzione vessillare.
Le cesalpiniacee sono diffuse nelle regioni tropicali e subtropicali e includono specie arboree di antica introduzione ormai naturalizzate in Italia come l'albero di Giuda (Cercis siliquastrum), con foglie intere e fiori che nascono sui rami vecchi e sul tronco principale (caulifloria), e il carrubo (Ceratonia siliqua), che caratterizza la fascia di vegetazione più calda presente nell'Italia meridionale e insulare (fascia dell'Oleo-Ceratonion o dell'olivastro e carrubo). I legumi zuccherini del carrubo trovano impiego in preparazioni alimentari e nell'alimentazione animale; i semi (carati) venivano un tempo usati come unità di misura di peso. Alcune cesalpiniacee sono utilizzate come medicinali (tamarindo, senna). Molte forniscono legnami di pregio e coloranti.
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