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Una nuova personale e un nuovo volume edito da Scheiwiller (1983)




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Una nuova personale e un nuovo volume edito da Scheiwiller (198 )




Alla fine di marzo del 983, mentre è ancora in corso la mostra del Castello Visconteo, la Galleria Arte Centro allestisce una nuova mostra personale di Regina , in occasione della quale Vanni Scheiwiller e Gaetano Fermani curano un volumetto in 1 00 copie numerate (più trenta copie con disegno originale di Regina)460. Come precisa il sottotitolo, il libro accosta nove sculture mai riprodotte fotograficamente e quindici poesie inedite, ritrovate tra le carte di Regina dopo la sua scom- parsa; in particolare, molto interessanti sono le prime due sculture riprodotte in catalogo, in quel- l'occasione datate tra il 1938 e il 194 ma forse - più credibilmente - da collocare nel dopoguer- ra

Questo nuovo volumetto scheiwilleriano è accompagnato dal breve testo di Carlo Belli che già abbiamo avuto modo di incontrare - sia pur indirettamente - nel primo capitolo . Qui Belli, per parla- re dell'artista pavese, torna con la memoria agli anni Trenta, in un certo senso anche rileggendo criticamente la sua personale esperienza di quel periodo (all interno della quale, a cinquant'anni di distanza, individua peraltro più di qualche limite . Come già in parte si è visto, Belli inserisce Re- gina nella stessa «onda» in cui si possono a suo avviso collocare anche Munari e Nizzoli , per ragioni che egli non precisa esplicitamente ma che ritengo possano essere sicuramente individua- te nella comune scelta di smaterializzare la scultura, nonché - direi - anche in quel citato posizio- namento tra «ironico e fiabesco che sotto certi aspetti può valere per tutti e tre gli artisti. Oltre a ciò, davvero molto interessante mi pare l'accostamento a Licini e alla sua 'geometria che canta' , che tuttavia è forse eccessivo se riportato a un periodo - appunto gli anni Trenta - in cui opere strettamente geometriche mancano nella produzione di Regina; piuttosto, la medesima annotazio- ne mi sembrerebbe puntuale e assolutamente coerente se riferita alla produzione concretista degli anni Cinquanta.

Infine, vorrei citare rapidamente i testi di due delle quindici tavole pittorico-poetiche, perché a vario titolo interessanti. La nona tavola datata «23-XI-72», recita attenti / se no butto all'aria anche la poesia / la scultura / l'ho già buttata / e mi ha ringraziata / 1- -3 / e voilà; la settima , invece, più lunga e datata esattamente tre giorni prima, recita


Che successo! / baci, abbracci, flashes / mi hanno soffocata / la gola mi brucia / non posso più parlare / non posso poetare / e questo è un danno per la letteratura / Ma ormai sono STORICA / Storica / se io accetto / lo passo al fattorino / che entra per il giardino / perché il portinaio / gli ha detto: / qui Regina è sconosciuta / Grazie Rodolfo



I testi delle due poesie mi paiono a loro modo molto significativi. Il primo citato, innanzitutto, è una testimonianza inequivoca della consapevolezza con cui Regina - ormai quasi ottantenne - guarda alla sua intera opera: evidentemente, nel sostenere di aver già «buttato all'aria» la scultura, Regina dimostra di rendersi perfettamente conto di aver sviluppato una ricerca volta a contestare sin dalle basi le forme tradizionali della plastica (e questo, nell'opera di un'artista che probabilmente ha pagato in termini di notorietà e di fortuna critica l'apparente naïveté dei suoi lavori, è un dato davvero molto importante). Il secondo testo, invece, mi pare significativo per l'accenno di Regina a quella «storicità» in cui ormai, nel 1972, almeno una parte della critica l'ha inserita, e che tuttavia dal can- to suo la scultrice sembra rifiutare, o comunque guardare con una certa sospettosa ironia (è que- sto il senso dell'aneddoto del portiere); e in anni in cui la scultrice, come abbiamo visto, dialogava a suo modo con Benedetto e con «Futurismo-oggi», anche questa questione non mi pare di scarsa rilevanza, sebbene l'impressione sia che tale rifiuto debba essere letto - più che in una prospettiva benedettiana, per cui la storicizzazione è rifiutata in quanto il Futurismo è ancora vivo - in termini strettamente personali, perché troppa «storicità» rischia di soffocare la vena creativa.



Tre sono le recensioni della mostra. La prima, che non è propriamente una recensione ma tratta di Regina segnalando la rassegna, è firmata da Renzo Sertoli Salis, il già più volte citato amico di Luigi Bracchi (anch'egli, a questa data, già scomparso) e della stessa Regina . Per quanto non particolarmente penetrante, il contributo di Sertoli Salis è piuttosto preciso, e valorizza in particola- re la produzione futurista della scultrice (che «le merita un posto niente affatto trascurabile nella storia dell'arte contemporanea»). La seconda recensione compare, sulle pagine de «Il Giornale», a firma di Adriano Antolini , il quale sin dal titolo evidenzia come Regina abbia saputo mantenere nella sua scultura «gli equilibri e la metrica» della musica, giungendo all'astrattismo nel periodo forse più difficile (data la situazione culturale italiana di allora): gli anni ' 0». Inoltre, precisa ancora Antolini, Regina è «scultrice tipicamente contemporanea, cioè antimonumentale, si impegna nella fattura di oggetti piccoli e raffinati», che tuttavia - nonostante non escano «quasi mai dalla dimen- sione puramente speculativa del bozzetto - sono in realtà finiti, perché «questa loro dimensione 'pensata' è in sé perfettamente compiuta e risolta». Terza ed ultima giunge la recensione del 20 aprile su «La Gazzetta del Popolo» , in cui tuttavia il titolo - che insiste sulla formazione torinese di Regina - sembra in realtà essere per lo più un pretesto per poter parlare della scultrice su un quotidiano pubblicato appunto nella città della Mole (tanto è vero che poi, nel testo, non si cita neppure l'apprendistato reginiano presso Alloati, che è l'unico dato certo che possa collegare la scultrice a Torino)

A tali articoli dedicati all esposizione si aggiunge inoltre, a distanza di qualche mese, una recensio- ne del volume curato da Scheiwiller e Fermani, che come detto era stato pubblicato contestual- mente all'apertura della rassegna. L intervento, che compare su «La Prealpina» del 16 giugno , è a firma di un altro vecchio estimatore di Regina, il più volte incontrato Enotrio Mastrolonardo, che peraltro in questi anni (e più precisamente tra 1979 e 1985) è in rapporto documentato con Bene- detto e «Futurismo-oggi» . In questo caso, l'articolo di Mastrolonardo non è però particolarmente utile ai fini della nostra indagine, anche perché esso - coerentemente con l'impostazione del volu- me che recensisce, e nonostante il 'futurismo' passato e presente dell autore - ragiona per lo più sulla produzione post-futurista di Regina. In chiusura, per , significativamente, Mastrolonardo ri- porta la poesia reginiana sulla «storicità» che anche noi abbiamo citato: dati i rapporti dell'autore con «Futurismo-oggi», non è escluso che egli - a differenza di quanto probabilmente ha fatto Re- gina, come abbiamo visto - abbia interpretato il senso della tavola in termini benedettiani, ovvero come un rifiuto della qualifica di artista storica in virtù della convinzione della continuità ininterrotta del Futurismo.



Per chiudere con la bibliografia del 1983, L'Accademico di Regina è riprodotto sul catalogo della mostra milanese Scheiwiller a Milano 1925-198 , che si pone l'obiettivo di ricostruire la storia della lunga ed importante attività editoriale della famiglia Scheiwiller, ma che propone anche opere d'arte in qualche modo ad essa collegate. Al di là della riproduzione, tuttavia, nulla di interessante si dice in catalogo a proposito di Regina o dei suoi rapporti con Scheiwiller.


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