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Una "Cappella Sistina"
alle porte di Milano:
Pensando agli insediamento monastici certosini presenti sul territorio lombardo, è facile ricordare la quattrocentesca Certosa di Pavia, situata nelle campagne che circondano la città, in cui ancora oggi si percepisce l'atmosfera di meditazione e preghiera dei monaci che lì vivono. Pochi sanno, invece, che anche Milano possiede la sua Certosa, fondata, come a Pavia, in un luogo in passato altrettanto isolato, ma che oggi presenta le caratteristiche tipiche delle periferie del capoluogo lombardo: Garegnano, un piccolo borgo nella periferia ovest di Milano, compreso tra il Cimitero Maggiore e l'autostrada dei laghi, dove ai campi e alle cascine si sono sostituite case e strade trafficate.
Fondata il 19 settembre del 1349 da
Giovanni Visconti, il quale ricopriva la carica di Signore ed Arcivescovo di
Milano,
Il complesso monastico era composto
dalla Chiesa, dalle celle con gli orti, dai chiostri, dalla sala capitolare, e
da un refettorio; il poeta Petrarca, durante il suo
soggiorno milanese, descrisse
"Preoccupato dell'imminente estate, mi sono rifugiato in un amenissimo asilo. Lo chiamano Garegnano, tremila passi, come affermano, dista da questa città. Campagna, invero, in elevata pianura e cinta da ogni parte da fonti. È qui la casa di una Certosa nuova, nobile"
Nel XIV e XVI secolo
Gli affreschi della navata e della volta: il ciclo di Daniele Crespi
La maggior ricchezza pittorica della Certosa è indubbiamente il ciclo pittorico conservato nella navata, che ci permette di ripercorrere la storia e le origini dell'ordine certosino, mediante le scene affrescate da Daniele Crespi (Busto Arsizio - Va - 1600, Milano, 1930).
Nelle sette lunette che inquadrano gli affreschi predominano intenzionalmente i colori del bianco e del viola, i cui significati simbolici alludono ai principi fondamentali della regola dei Certosini: l'umiltà, il bianco (come bianco è anche il saio dei monaci di questo ordine), la penitenza, il viola. Colore, prospettiva, disegno rendono la composizione naturale e intensa, animata da un vivo sentimento religioso. Gli affreschi riprendono gli episodi salienti della vita di San Bruno (1030-1101), professore di teologia e filosofia di origine tedesca che, disgustato dall'ambiente corrotto in cui viveva (prima lunetta: Resurrezione del cadavere di Raimondo Diocres, che si rianima per gridare la condanna Dio per suoi peccati), sceglie la vita eremitica, insieme ad altri sei compagni (seconda e terza lunetta: il vescovo Ugo di Grenoble sogna la costruzione della Certosa, e S. Bruno chiede al vescovo un luogo di ritiro).
Il vescovo Ugo benedì
L'opera del Santo si conclude con la fondazione di una seconda comunità, questa volta in Italia, in Calabria nella Foresta della Torre, ora in provincia di Vibo Valentia (Sesta e settima lunetta: Ruggero di Calabria incontra S. Bruno in preghiera, S. Bruno appare in sogno a Ruggero).
Ugualmente importanti sono gli affreschi del presbiterio con il presepe, l'epifania e la crocifissione, realizzati nel 1584 da Simone Peterzano.
La vita spirituale dei monaci rimase fervida fino al 1783, quando
Giuseppe II, Imperatore d'Austria, decretò la soppressione del monastero:
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