L'arte: rinasce dalle sue
ceneri grazie al conflitto tra ordine e caos
Più che in qualsiasi altra epoca
della storia, nel nostro secolo il mondo si occupa dell'arte; sono tuttavia
diffuse la consapevolezza e la preoccupazione di una profonda e irreversibile
crisi. L'arte secondo alcuni non avrebbe più una funzione concreta, non
comunicherebbe più nulla che la società possa recepire e utilizzare; la crisi
non colpisce soltanto l'arte 'del presente' ma anche quella del
passato, poichè se essa non continuerà, tutto quello che ci rimane dell'arte
del passato e che costituisce una notevole parte della nostra vita, finirà per essere
abbandonato, rinunciando così non solo al patrimonio artistico, ma soprattutto
alla storia di cui i monumenti e le opere d'arte sono documenti. Esclusa l'arte
come operazione e posta come concetto, la situazione dovrebbe essere quella
prevista da Hegel, quando ha annunciato come inevitabile la morte dell'arte e
la sua assunzione al livello della scienza e della filosofia dello spirito
assoluto. L'arte costituisce dunque uno dei problemi più grandi del XIX e del
XX secolo, ma cade in quel caos 'positivo' che è un elemento
fondamentale per essa e per la sua rinascita: dalla contrapposizione di ordine
e caos nascono nuovi movimenti, nuove teorie. L'arte nasce così dal caos
interiore dell'artista che cerca di mettere ordine in sè stesso e dipinge in
base ai suo stati d'animo, che possono essere 'caotici' o
'ordinati', e si ripercuotono sull'opera; l'artista raffigura
personaggi, paesaggi, oggetti, situazioni dove il caos e l'ordine sono i veri
protagonisti e tutto il resto è solo antagonismo. L'arte è il vero oggetto di
ricerche filosofiche, storiche, scientifiche, sperimentali. Ha la grande
capacità di riuscire a creare attorno a sè caos e ordine allo stesso tempo,
sconvolgendo o mettendo tutti d'accordo con una sola opera. Nascono così una
serie di movivmenti artistici che caratterizzano i primi decenni del 900. Il
Dadaismo ad esempio; a differenza delle altre correnti, che comunque nascono da
una volontà di conoscere, interpretare la realtà e parteciparne, il movimento
Dada è contestazione totale di tutti i valori, a cominciare dall'arte. Secondo
i dadaisti stessi, il dadaismo non era arte, era anti-arte, tentando così di
combattere l'arte con l'arte. Per ogni cosa che l'arte sostenesse, il Dadaismo
rappresentava l'opposto. Se l'arte prestava attenzione all'estetica, Dada
ignorava l'estetica; se l'arte doveva lanciare un messaggio implicito
attraverso le opere, Dada tentava di non avere alcun messaggio (infatti
l'interpretazione di Dada dipende interamente dal singolo individuo); se l'arte
voleva richiamare sentimenti positivi, Dada offendeva. Attraverso questo
rifiuto della cultura e dell'estetica tradizionali i dadaisti speravano di
distruggere se stessa, ma, ironicamente, Dada è diventato un movimento che ha
influenzato l'arte moderna. Un altro movivmento che influenza
particolarmente i primi anni del 900 fu il surrealismo che ebbe come esponente
di spicco Salvador Dalì, e che coinvolse non solo l'arte, ma anche la
letteratura e il cinema; la caratteristica comune a tutte le manifestazioni
surrealiste è la critica radicale alla razionalità cosciente e la liberazione
delle potenzialità immaginative dell'inconscio per il raggiungimento di uno
stato conoscitivo 'oltre' la realtà (sur-realtà) in cui veglia e sogno sono entrambe presenti e si
conciliano in modo armonico e profondo. Il Surrealismo è certamente la più
'onirica' delle manifestazioni artistiche, proprio perché dà accesso a ciò che
sta oltre il visibile. Il pensiero surrealista si
manifestò spesso come ribellione alle convenzioni culturali e sociali,
concepita come una trasformazione totale della vita, attraverso la libertà di
costumi, la poesia e l'amore. L'inconscio non è solo una dimensione psichica
che l'arte esplora più facilmente a causa della sua familiarità con l'immagine,
ma è la dimensione dell'esistenza estetica, quindi la dimensione stessa
dell'arte. Se la coscienza è la regione del distinto, l'inconscio è la regione
dell'indistinto: quella in cui l'essere umano non oggettiva la realtà ma è
tutt'uno con essa.
Nel passaggio dagli anni
Dieci ai Venti si verifica però, in tempi e con modalità diverse nei diversi
contesti culturali europei, anche un cambiamento di linguaggio artistico: molti
artisti, infatti, in Francia come in Germania, in Italia come in Inghilterra,
lasciano le sperimentazioni formali che avevano caratterizzato la grande
stagione della avanguardie storiche - espressioniste, cubiste, futuriste - per
ritrovare una maniera dalle apparenze più "tradizionali", variamente definita
in termini di classicismo o neoclassicismo, realismo, verismo, nuova
oggettività. A indicare tale tendenza, al suo interno molto variegata, si
ricorre all'espressione "ritorno all'ordine", un'arte che dopo le eccessive sperimentazioni dei movimenti futuristi e
cubisti, torna ad avere di nuovo come supremo riferimento la purezza delle
forme e l'armonia nella composizione. Lo stesso teorizzatore, Carlo Carrà, ci
giunse solo dopo aver avuto esperienze sia futuriste che cubiste. Egli è il
principale esponente, assieme a Giorgio De Chrico, della pittura metafisica del
primo Novecento, che si ricollega quindi al ritorno all'ordine. De Chirico
aveva opposto all'avvenirismo futurista l'idea di un'arte al di sopra della
storia, metafisica, o di una classicità assoluta, al di fuori del tempo. L'arte
insomma, non vuole avere niente a che fare con il mondo presente, non battersi
per nessuna causa, non sposare alcuna ideologia, vuol essere soltanto se
stessa, anche se la sua manifesta assenza darà a un mondo fin troppo vivo un
senso di morte. L'arte è pura metafisica, non ha legami con la realtà naturale
o storica che sia. La sua presenza è ambigua, contradditoria. Colloca forme
senza sostanza vitale in uno spazio vuoto e inabitabile, in un tempo che non è
eterno. Per De Chirico l'arte non rappresenta nè interpreta nè muta la realtà: si
pone come un'altra realtà, metafisica e metastorica. Il passaggio di Carrà dal
Futurismo alla Metafisica, è dovuto al fatto che Carrà capisce la posizione più
estremista della Metafisica, che con il suo ostinato silenzio è più
rivoluzionaria del Futurismo e il suo chiasso polemico. Inserito nel processo
storico, l'immobilismo metafisico si traduce in forza frenante. La ruota della
storia inizia a girare ma all'indietro: il processo involutivo, il piano
inclinato non inizia con De Chirico ma con Carrà; proprio perchè Carrà non osa
negare tutta l'arte moderna dall'Impressionismo al Cubismo. L'arte riesce così
a rinascere pur essendo in una situazione di caos totale, riuscendo a superare
grazie ad esso la crisi nella quale era caduta. Probabilmente è un ciclo continuo,
come avvenne con la crisi dell'arte medievale che si risollevò grazie
all'ordine che le fu ridato.