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Storia dell'arte - arte della preistoria




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Storia dell'Arte



ARTE DELLA PREISTORIA





ARTE DELLA PREISTORIA


Il segno umano nasce dalla necessità di proclamare il possesso di un territorio, al pari delle unghiate dell'orso che delimita il suo dominio territoriale per evitare l'invasione dei suoi simili.

L'inizio dell'attività artistica dell'uomo viene fatto risalire all'ultima fase del Paleolitico, in cui fanno la loro apparizione le prime opere non legate ad una funzione pratica, ma volte alla raffigurazione e alla comunicazione visiva.

Ricordiamo che la Preistoria viene comunemente divisa dagli studiosi in 6 grandi fasi:


PALEOLITICO

inferiore (ca 650.000-170.000 a.C.)



E' il primo periodo in cui è attestata la presenza umana per la comparsa di manufatti sottoforma di pietre rozzamente lavorate.

medio (ca 170.000-35.000 a.C.)

compare l'Uomo di Neanderthal

superiore (35.000-10.000 a.C.)

compare l'Uomo Cro-Magnon e la pittura rupestre; a sua volta si divide in: Perigordiano - Aurignaziano - Solutreano- Magdaleniano


NEOLITICO

ca 10.000-6.000 a.C.

si creano i primi insediamenti e si lavora la ceramica


ENEOLITICO

ca 5.000-4.000 a.C.

inizia la lavorazione del rame


ETÁ DEL BRONZO

ca 4.000-1.000 a.C.

si sviluppa la lavorazione dei metalli e sorgono le grandi civiltà

ETÁ DEL FERRO

ca 1.220 a.C.

con la lavorazione del ferro si passa dalla Preistoria alla Storia


Le finalità delle espressioni artistiche preistoriche appaiono legate soprattutto a fini magico-culturali e alla comunicazione.

Più nel dettaglio gli studiosi individuano queste finalità nell'arte paleolitica:

finalità magico-rituali, per propiziare la caccia ed invocare la fecondità e la fertilità;

fini culturali legati al culto delle forze naturali o delle divinità che le rappresentano;

culto dei morti e riti di seppellimento, fondati sulla credenza della prosecuzione della vita oltre la morte del corpo;

rappresentazione simbolica di concetti e di conoscenze naturali o cosmologiche;

comunicazione in forma ideografica o attraverso segni alfabetiformi (probabilmente con valore fonetico).



ARTE PITTORICA RUPESTRE

L'arte pittorica nasce in Africa, a sud del Sahara, in Tanzania, con pitture monocrome (nere, gialle) e graffiti dei primi cacciatori arcaici, in caverne di granito, in gallerie di arenaria o su pareti laviche lisce, a cui poi si sovrappongono opere policrome di epoche successive (ideogrammi, impronte di mani, figure umane o animali). Sarebbe stato l'Homo Sapiens ad introdurre in Europa, provenendo dall'Africa, l'idea dell'arte e l'abilità di produrla.

Sono 200 le grotte e i ripari con arte paleolitica noti, di cui 120 in Francia e 55 in Spagna, paesi ricchi di grotte; pochi siti vi sono in Italia, Portogallo, Romania, Russia.


Al PALEOLITICO Superiore Aurignaziano risalgono le rappresentazioni sessuali realistiche e profili di animali profondamente incisi (es. La Ferrasie, Castanet in Francia).

Nel Paleolitico Superiore Solutreano e Magdaleniano compaiono bassorilievi di animali su grossi blocchi e grandi complessi di pitture e incisioni in "santuari" cavernicoli.

A Lascaux in Francia, sulla volta della grotta sono state ritrovate splendide raffigurazioni risalenti al 14.000-13.500 a.C. circa: si tratta di rappresentazioni di animali, per lo più cavalli e bovidi, pienamente dipinti con ocre e disposte sulle pareti senza nesso logico e compositivo, disposti su una lunghezza di 100 m. i corpi degli animali sono gonfi, contornati da morbide linee, con le membra aperte per esprimere il senso del movimento e definite con cura nei dettagli, dalle orecchie agli occhi ai manti pelosi.

In Spagna ricordiamo le grotte di Altamira (12.000 a.C.), con una serie di immagini di bisonti dipinte con terre colorate, nero-fumo e grasso animale e le grotte di Cueva de la Veja.

Le grotte di arte rupestre italiana sono: grotta di Addura presso Palermo; grotta Romanelli presso Lecce; grotte Genovesi e Levanzo nella Egadi; grotta Romito in Calabria.

In America e, più specificatamente, in Patagonia si sviluppa la cultura toldense con grotte e ripari ricoperte di impronte "in negativo".


Le caratteristiche principali dell'arte rupestre sono:

i colori: nella pittura si utilizzavano ocra di varia tonalità (giallo, rosso, violetta) e nero di biossido di manganese, stemperati in grassi e distesi usando le dita e bacchette o altro.

gli animali: gli animali sono onnipresenti essendo soggetti preferiti da cacciatori, pastori, allevatori. Alla loro rappresentazione si poneva una cura tale che ci permette di riconoscere specie e razze di quelli e ancora viventi e di visionare faune estinte. In Europa, si abolisce la rappresentazione di animali feroci, poiché forse si ritiene così di esorcizzare il pericolo derivante dal rito della materializzazione: non disegnando l'incontro fra l'uomo e la belva feroce, non lo si materializza e questi non avverrà.

le mani: le impronte si ottengono in positivo (per impressione di mani sporcate di rosso, bianco, nero), in negativo (per scontornamento di mani con colore), in pseudopositivo (per scontornamento con un colore di mani poggiate su pareti dipinte in un colore diverso). Sono quasi sempre mani sinistre, se ad operare è la destra, femminili (es. Patagonia), di bambini o poppanti (es. Lascaux), ma non mancano mani con dita mutilate o ridotte ad artigli al termine di un lungo braccio (es. Santian in Spagna). Varie sono la interpretazioni: simboli di possesso o di presenza personale a riti e/o cerimonie.

simboli sessuali: tema fra più ricorrenti, poiché assieme agli animali, i simboli sessuali sono parte dei riti della fertilità. Accanto alle chiare rappresentazioni di organi maschili e femminili, il critico Leroi-Gourhan ha ipotizzato che cavallo, cervo e stambecco (in Europa) ed elefante (in Africa) fossero simboli maschili e che bisonte, mammut (in Europa) e giraffa (in Africa) fossero quelli femminili. Sarebbero simboli maschili anche i segni lunghi e "stretti", come strisce di punti, linee parallele, piume, bastoni, bacchette; mentre sarebbero simboli femminili segni "larghi": rettangoli, ovali, parentesi, ogni corpo cavo. I simboli "stretti" maschi si trovano in fondo o all'ingresso delle caverne, insieme agli animali "maschili"; i simboli "larghi" femminili sono situati nell'area centrale insieme agli animali "femminili".

simboli astratti: l'astrazione è nata probabilmente dalla necessità di sintetizzare in un segno un concetto dal senso nascosto ai non iniziati, e si realizza per semplificazione con associazioni ripetitive di segni, che rivelano costanti logiche primordiali largamente condivise e diffuse. Esse comprendono figure di animali schematiche, segni vulvari e fallici, impronte di mani, serie di punti e di tacche con probabile valore numerico, qualche rappresentazione antropomorfa stilizzata e altri ideogrammi raggruppati in sequenze associate simili, ovvero i grafemi. Questi ultimi sono distinti in pittogrammi-mitogrammi (figurazioni schematiche o appena accennate di figure umane, animali, ecc.), ideogrammi (segni ripetitivi sintetici, come frecce, bastoncini, alberiformi, dischi, croci, segni a "V", linee parallele, serie di punti); psicodrammi (segni non riferibili né a oggetti, né a simboli). Sembra che i grafemi siano una sorta di linguaggio con cui spiegare le scene raffigurate.

composizioni topografiche: nell'arte rupestre mancano i paesaggi, ma si trovano delle "composizione topografiche", come recinti di animali, mappe di villaggi e più tardi di città. In Valcamonica (Alpi Retiche, Lombardia) ve ne sono parecchie che costituiscono le più antiche mappe note in Europa, come la Mappa di Bedolina (Età del bronzo, III-I millennio a.C.); sono individuabili campi coltivati, sentieri di accesso, case e altri dettagli topografici. Un unicum è la Carta Murale di Çatal Hüyük (Turchia) che rappresenta un insediamento urbano con un vulcano in eruzione.


Nel PRE-NEOLITICO si definisce la fase dei cosiddetti "cacciatori evoluti" con uno stile realistico e dinamico che dura sino alla nostra era. In Africa, ai cacciatori arcaici seguono i raccoglitori arcaici di frutti spontanei, con rappresentazioni di umani danzanti, rami, frutti, foglie. In Europa, soprattutto nel Levante spagnolo e in Italia, si sviluppa uno stile naturalistico più statico, a grandi animali, di netta derivazione africana.


Nel NEOLITICO si verifica una rivoluzione dello stile di vita dell'uomo: termina la vita nomade dei cacciatori e inizia la vita sedentaria, con le conseguenti prime esperienze dell'addomesticamento degli animali e dello sfruttamento agricolo del territorio. Gli strumenti d'osso, di pietra, di legno sono curati nella levigatura e di bella forma, e si comincia ad utilizzare l'argilla per la fabbricazione di vasellame domestico, dapprima crudo e poi cotto su fuoco a legna. Questa prima rudimentale produzione di ceramica pian piano comincia ad essere utilizzata anche a scopo rituale e nei corredi delle sepolture.

Si definisce in Cina la cultura del Peiligang (VII-VI  millennio a.C.) con i primi vasi di terracotta, di color camoscio piuttosto semplici, seguiti da vasi decorati con figure di pesci e altri animali. Dal Vicino e Medio Oriente nel VI millennio a.C. comincia la produzione ceramica, dapprima in ambito familiare, che da molto semplice si arricchisce man mano con motivi decorativi di conchiglie impresse o ruotate, e poi con motivi geometrici e figurativi.

La rivoluzione neolitica determina una forte riduzione dell'arte parietale, e i suoi temi e stilemi saranno utilizzati nell'arte vascolare.


ARTE SCULTOREA

L'arte scultorea inizia con il Paleolitico inferiore (circa 650.000- 170.000 a.C.) con ossa rozzamente incise da linee parallele o a zigzag.

Nel Paleolitico superiore (35.000-10.000 a.C.) si ha il massimo sviluppo della scultura, divisibile in tre grandi fasi:

periodo primitivo: statue femminili, simboli sessuali, animali abbozzati rozzamente;

periodo arcaico: placche incise e rare piccole sculture (Europa occidentale) o statuette umane o di grandi animali (Europa orientale);

periodo classico: piccole sculture accurate per anatomia e senso del movimento.

Al Paleolitico, risalgono le "Veneri", figure muliebri, con seni, ventre, fianchi, cosce particolarmente accentuate e tondeggianti, e con braccia, gambe e spesso anche la testa abbozzate o stilizzate; spesso terminano a punta per essere infisse.

In esse gli studiosi riconoscono la prima immagine simbolica della fecondità femminile. La fecondità della propria specie e anche quella degli animali è un concetto derivante dalla consapevolezza che, per poter sopravvivere in un ambiente ostile e per essere competitivi, bisogna essere in molti. L'idea della riproduzione, della forza vitale, ha proprio il simbolo della Grande Madre Nutrice. Ricordiamo: la Venere di Lespugne che risale al periodo Aurignaziano (Parigi), di Willendorf (Austria), di Savignano (Modena).



ARTE DELLE CIVILTÀ MEGALITICHE

Tra il Neolitico e l'Eneolitico, intorno al 4.000 a.C., le nuove attività, le conquiste tecniche, le innovazioni in campo economico e sociale provenienti dal Vicino Oriente si diffondono lentamente nell'Occidente Mediterraneo e continentale, implicando una graduale intensificazione  di scambi commerciali, di contatti, di reciproche interferenze, determinati dalla ricerca delle materie prime.

Lo sviluppo delle tecniche di navigazione introduce al fenomeno delle civiltà megalitiche, la cui distribuzione geografica interessa sia la zona atlantica (comprendente le isole britanniche, la Francia settentrionale, la penisola iberica), sia la zona mediterranea, comprendente le coste del Nordafrica, le isole del Mediterraneo (Corsica, Sardegna e Malta) e l'Italia meridionale (Puglia). I monumenti grandiosi e spesso dal significato enigmatico più significativi di queste culture sono:

i menhir (dal bretone men=pietra e hir=luogo), giganteschi monoliti di pietra, a forma di parallelepipedo alti sino a 20 m, infissi nel terreno in posizione verticale;

dolmen o cromlech, una specie di camere costituite da un grande lastrone poggiato su tre o più lastre verticali di sostegno, e utilizzate come ambienti sepolcrali. Es. Il dolmen di Bisceglie

cerchi di pietre, eretti verosimilmente per scopi rituali, in base all'osservazione dei moti celesti, costituiti da grandi monoliti infissi a terra e disposti a cerchi concentrici. Es. Templio di Stonehenge in Inghilterra datato fra il 2.700 - 1.800 a.C.

Nei monumenti megalitici, eretti dal Neolitico in poi, compare una delle prime strutture architettoniche fondamentali, il trilite costituito da una pietra di copertura orizzontale (come nei dolmen) o da architrave (come a Stonehenge) e da due pietre verticali come elementi portanti. Il sistema trilitico è il primo esempio di struttura architettonica basata su tre pietre, con quella orizzontale che funge da architrave o copertura, e quelle verticali da pilastri portanti. Da queste prime costruzioni elementari si sviluppano più tardi complesse strutture architettoniche: gli elementi verticali si trasformano in pilastri e colonne, e gli elementi di copertura orizzontale danno vita ad architravi, tetti, trasformandosi infine in volte ed archi.



ARTE ITALICA

Nell'Europa dell'era ENEOLITICA (dal latino aeneus=bronzo) si manifestano complessi culturali la cui fisionomia si va sempre più precisando: a ovest la cultura del vaso campaniforme, cosiddetta dall'elemento più caratteristico della sua produzione ceramica; a nord, la cultura dell'ascia da guerra.

La civiltà appenninica, originatasi nell'Italia meridionale e diffusasi in seguito da sud a nord, costituirà un primo momento aggregante per quel mosaico di culture italiche, collegate dalla dorsale appenninica, difficilmente definibili e appartenenti alla fase di transizione tra l'Età del bronzo ed Età del ferro. La produzione più consistente in Italia, pervenutaci tramite i corredi funerari (vasi cinerari, armi e altri oggetti d'uso comune), è quella villanoviana, nome derivato dalla località di Villanova, presso Bologna, dove sono segnalati i primi ritrovamenti. Si può in questo caso parlare di una vera  e propria koiné italica, comprendente però popolazioni e gruppi etnici differenti, legati dai culti funerari. I reperti dimostrano grande abilità tecnica e sostenutezza formale.


Tra le diverse culture dell'Età del bronzo, quella della Sardegna nuragica, per il suo sviluppo geografico circoscritto e per la continuità cronologica delle sue testimonianze, può prestarsi ad esemplificare una struttura-tipo del periodo dal punto di vista storico-sociale.

Il nuraghe consiste in una costruzione di forma tronco-conica, ottenuta utilizzando grosse pietre con tenuta a secco, e fornita di uno o più vani interni, con copertura di pseudo-cupole. La tipologia e le forme di aggregazione dei nuraghi sono diversificate, dato che la loro costruzione attraversa un lungo periodo di tempo.

Ricordiamo il villaggio di Su Nuraxi (Cagliari) risalente al 1.100 a.C. e resistito sino all'epoca romana, che consiste in una vera e propria area fortificata, in grado di controllare il territorio circostante. Il riferimento è certamente legato ad una società patriarcale guerriera, basata sulla pratica della pastorizia e organizzato secondo un sistema tribale tendenzialmente statico.

CIVILTÁ EGIZIANA


Il periodo storico dell'Egitto inizia con l'unificazione dei due regni, quello dell'Alto Egitto (sud del Paese) e quello del Basso Egitto (il nord, la regione del Delta) che può essere considerata la culla della civiltà faraonica. Alla guida del regno si succedono ben 26 dinastie.



2.850 a.c.


Unificazione del Regno


Sovrano dell'Alto Egitto, Menes unifica il Paese e stabilisce la capitale a Tebe


2.850-2.200 a.C.


Regno Antico


I-IV Dinastia con i faraoni Cheope, Chefren e Micerino


2.200-2.052 a.C.


primo periodo intermedio



2.052-1.778 a.C.


Regno Medio


XI-XII Dinastia


1.78-1.580 a.C.


secondo periodo intermedio



1.580-935 a.C.


Regno Nuovo


XVIII-XXI Dinastia, con Amenophis III che crea la Valle dei Re e Ramesse II


525 a.C.



l'Egitto diviene una satrapia della Persia


333 a.c.



l'Egitto viene conquistato da Alessandro Magno


L'espressione più nota dell'architettura egiziana è quella delle piramidi.

La piramide nasce dallo sviluppo di forme più antiche, in diretto rapporto con la mastaba, una costruzione semisotterranea a forma di piramide tronca, con pianta rettangolare, larga e bassa, costruita con mattoni crudi. Ad essa si accede da una falsa porta, e attraverso un pozzo sotterraneo, si giunge alla camera sepolcrale, dove era custodito il sarcofago del defunto.

Successivamente alcune mastabe sono state innalzate sovrapposte l'una l'altra, di misure man mano decrescenti fino a formare una piramide a gradoni. L'unico esempio di tal genere a noi giunto è la piramide di Gioser (o Zoser) a Saqqara, creata dal celebre architetto Imhotep. A lui è attribuita l'invenzione dell'arte del costruire in pietra, proprio perché questo è il primo monumento funebre eretto interamente con questo materiale. Probabilmente l'architetto voleva erigere la tomba del suo signore come un "palazzo per l'eternità" e ha scelto di costruirlo in pietra perché non fosse creato con materiale caduco. Come sovrastruttura per la tomba, Imhotep forse aveva pensato ad una mastaba di pianta quadrata: la piramide così come la conosciamo è nata dopo ben 6 mutamenti dal progetto di partenza, con l'obiettivo di alludere visibilmente, attraverso i gradoni, al percorso ascensionale che il sovrano defunto doveva compiere verso il cielo.

L'evoluzione delle tecniche costruttive fece si che progressivamente i "gradoni" venissero celati all'interno di un rivestimento, colmandoli con blocchi di pietra, in modo da ottenere la forma del solido a base quadrata; tale passaggio ad una struttura rigidamente geometrica, con facce lisce e spigoli vivi, avviene per gradi sino a giungere alle piramidi a noi note della Necropoli di Giza

La IV dinastia del regno antico è committente di una delle sette meraviglie del mondo: le piramidi dedicate ai faraoni Cheope, Chefren e Micerino a Giza.

La piramide di Cheope supera in volume qualsiasi edificio eretto dalla mano dell'uomo, e in altezza (147 m) tra i monumenti interamente costruiti in pietra è superata solo dai campanili della cattedrale di Colonia. Gli ambienti interni si articolano in tre vani (3 camere sepolcrali, una per il re, una per la regina e una camera sotterranea) e comunicano fra loro tramite corridoi inclinati. Per il suo rigore geometrico, le misure, la perfetta simmetria e disposizione delle varie parti, si può ritenere che la piramide corrisponda ad una precisa intenzione progettuale, basata su attente osservazioni astronomiche e calcoli matematici.

A poche centinaia di metri si erge la piramide di Chefrem, più piccola poiché alta 143 m e larga 215 m (contro i 230 m di larghezza di quella di Cheope). Essa conserva nella parte superiore l'originario rivestimento in lastre di fine calcare bianco. L'appartamento funerario ha 2 camere e 2 corridoi. E' affiancata dalla Sfinge (alta 20 m e lunga 73m), dal corpo leonino e dal volto umano, in roccia calcarea. La testa è molta danneggiata, ma presenta ancora tracce della pittura rosso-ocra e gialla che doveva renderla splendida agli occhi dei ocntemporanei.

La piramide di Micerino, conclusa frettolosamente dal figlio del faraone, è alta solo 66 m e conserva alla base parte della copertura esterna fatta con blocchi di granito rosso. Macerino inaugura un nuovo modo di intendere il complesso funerario: la piramide assume dimensioni notevolmente minori rispetto al passato (è 1/10 di quella di Cheope) mentre maggior rilievo è dato al tempio funerario.

Nel Nuovo Regno, con la Valle dei Re presso Tebe, si sviluppa la tomba a siringa, scavata nel fianco delle colline e penetrante in profondità.


Il tempio egizio assume la sua forma definitiva con la XVIII Dinastia (Nuovo Regno). Ha una struttura a cannocchiale che si configura secondo due principi: il progressivo abbassamento del soffitto (a cui corrisponde l'innalzamento del pavimento) e il passaggio dalla piena luce al buio (quasi completo nel sancta sanctorum). Il tempio è la casa del dio, luogo in cui il sovrano si incontra con la sua controparte celeste: per questo l'accesso è riservato solo al faraone e al grande sacerdote. Il buio diviene sempre più completo perché simboleggia l'orizzonte nel quale la divinità si rigenera e, poi, uscendo dalla cella, avanza verso il sole esterno che lo illumina e gli dona vita. Il tempio di Ammone a Karnak e quello di Luxor offrono una straordinaria testimonianza dell'architettura sacra e funeraria del tempo.

Nelle sale ipostile dei templi la protagonista è la colonna egizia, che simula una struttura vegetale: il fusto evoca lo stelo di una pianta, decorato con iscrizioni e bassorilievi, e il capitello ne richiama il fiore. Ricordiamo anche l'esistenza della colonna hathòrica, cosiddetta poiché rievoca il sistro, lo strumento sacro della dea Hathòr.


L'arte egizia viene solitamente definita arte sacra, nel senso che essa mira ad  esprimere attraverso segni e immagini concetti filosofico-religiosi e visioni cosmologiche e quindi assume una valenza prettamente simbolica, evocativa. La stessa rappresentazione della figura umana non è realistica, ma schematica, convenzionale, quasi impersonale e codificata secondo regole precise. Le immagini non devono, infatti, ritrarre il soggetto per come si presenta nella vita terrena, ma devono raffigurare la sua essenza che sopravvive nel tempo, oltre la morte.

In pittura, le forme semplificate, stilizzate, sono disegnate con un contorno lineare riempito di colore (uomini in rosso ocra, donne in giallo ocra). La parte centrale del corpo è vista frontalmente, mentre testa e gambe sono di profilo ed indicano il movimento. Le proporzioni del corpo rispettano un canone che si basa sulla scomposizione della figura in 18 parti, la cui unità di misura è l'altezza del calcagno o del pugno chiuso.

L'artista egizio non intende rappresentare lo spazio come lo vede nella realtà, non cerca effetti di tridimensionalità; egli dispone le figure su un unico piano parallelo, per rendere visibili tutti i particolari che una visione prospettica avrebbe celato. Le scene a noi giunte provengono quasi tutte dall'architettura funebre e rappresentano le immagini del defunto che giunge nel regno dei morti, o ancora la Psicostasìa (la pesatura delle anime). Dalle mastabe dei notabili egiziani ci giungono, invece, scene di vita quotidiana, come mietitura, allevamento, o rappresentazioni di volatili e bestiame di estrema vivacità.

Nella scultura predomina la frontalità, con figure in posizioni standard: in piedi, con una gamba davanti o seduti su alti sedili.  Altra forma ricorrente è quella della statua cubo, in cui l'immagine umana fuoriesce da una struttura compatta, come la statua di Chefren e di Ramesses II. Un esempio di busto/ritratto di ineguagliabile splendore è quello di Nefertiti, moglie di Amenofis IV-Ekhnaton, del quale cogliamo sia la regalità della figura, con il collo lungo e sottile che protende in avanti il volto, energico slancio che accentua la purezza del profilo, sia il realismo dato dall'espressività dei tratti, dagli occhi contornati di nero (secondo il maquillage del tempo!), dal segno volitivo di bocca  e mento.




CIVILTÁ MESOPOTAMICA


Il termine "Mesopotamia" indica "Paese fra i due fiumi", ovvero il Tigri e l'Eufrate, in cui si fioriscono e si alternano diverse civiltà: Sumeri, Accadi, Babilonesi e Assiri, che si avvicendano dal 3.500/3.000 a.C. al 538 a.C., quando avviene la conquista persiana.



3.500-3.000 a.c.


Periodo pre-dinastico


Sviluppo delle città-stato dei Sumeri


3.00-2.350 circa


Periodo Sumerico

o protostoria Sumerica


Scrittura cuneiforme, leggi scritte, sviluppo religioso e artistico


2.350-2.150 circa


Periodo Accadico


Gli Accadi conquistano il regno dei Sumeri




Periodo Neosumerico


Fiorisce Il Ragno di Sumer e Accad con capitale Ur: grandi opere di architettura religiosa


1.730-1.100 circa


Primo Impero Babilonese


Fondato dal re Hammurrabi, con capitale Babilonia




Impero Assiro


Gli Assiri, prima sottomessi ai Babilonesi, creano un loro regno indipendente; palazzi di Ninive e Khorsabad




Secondo Impero Babilonese


Reggenza del re Nabucodonosòr


538 a. C.


dominazione Persiana


L'Impero Babilonese viene conquistato da Ciro, re dei persiani



SUMERI (prima dominazione 3.500-2.350 a.C.) e NEOSUMERI (seconda dominazione 2.150-1.750 a.C.)

Nella scultura sumerica predomina la figura dell'orante. Gli artigiani producono statuette di gesso, alabastro, terracotta, ripetendo un modello tradizionale e anonimo.

Da Tell Asmar proviene la figura dell'intendente EBIH - IL (statua del dedicante, cioè colui che dedica un tempio alla divinità e con una sua statua collocata all'interno del tempio, ne garantisce il tributo perpetuo). Il naturalismo, le mani incrociate, l'espressione assorta, i grandi occhi neri orlati da una linea di bitume, l'atteggiamento di preghiera, sono i tratti caratteristici di questa scultura, ed indicano un intimo colloquio con il dio. C'è una predilezione per le forme rotonde (non cubiche come gli egizi) e per le proporzioni ridotte.

Per i Sumeri, è la monumentalità dell'insieme architettonico e decorativo a sottolineare la potenza del monarca.


Sconfiggendo la dominazione degli Accadi, i Neosumeri ristabiliscono il loro potere grazie ai re della III Dinastia di Ur; il centro del potere è la zona del Delta.

L'attività artistica del periodo neosumerico si esprime soprattutto nell'architettura religiosa. Ne è esempio la Ziggurat di Ur, tempio costituito da un'alta torre a terrazza. Essa è costruita interamente in mattoni (crudi all'interno e cotti per il rivestimento esterno) e si articola da 3 a 8 piani successivi di diversi colori, innalzati su un piedistallo per una precisa ragione teologica: la ziggurat infatti simboleggiava la montagna sacra, il luogo più alto sul quale Marduk (la divinità suprema) scendeva per incontrare il re. Un tempio in cima alla torre ed un altro alla base, tra i due le scalinate per permettere ai cortei e alle processioni di svolgersi, simboleggiavano una comunicazione permanente fra cielo e terra.

E' possibile raffrontare la Ziggurat di Ur con la piramide a gradoni di Saqqara, con la differenza però che l'una è un tempio, espressione dell'architettura religiosa, l'altra, invece, è una tomba, espressione dell'architettura funebre.

Dell'attività artistica neosumerica ci resta anche lo Stendardo di Ur, risalente alla metà del III millennio a.C.; esso consiste in due facce rettangolari di legno, decorate a mosaico di madreperla, conchiglie, lapislazzuli legati con pasta nera di bitume, creando così particolarissimi effetti di policromia. Ogni faccia è istoriata con figure disposte su tre fasce o registri: su una di esse sono illustrate le attività della pace, sull'altra quelle della guerra. La raffigurazione, come quella egiziana, ha testa e gambe di profilo e torso frontale, però la figura sumerica comunica un'impressione di pesante compostezza. I lineamenti sono maggiori rispetto al naturale, un certo naturalismo fa segnare i malleoli e i fiocchi di lana della sottana che i personaggi indossano. La figura egizia è longilinea (frutto di maggiore stilizzazione) è elegante nel modo in cui è raffigurata la veste di lino impalpabile, ha un ritmo raffinato che governa le linee delle gambe e delle braccia.

BABILONESI

La dominazione babilonese inizia con Hammurabi, che riunisce l'intera Mesopotamia e si proclama monarca universale del regno (1.792 - 1.550 a.C.). L'arte non si discosta  dai motivi e dallo stile neosumerici. Fioriscono gli animali fantastici, come tori e leoni, posti a guardia di palazzi e templi.

Nel rilievo la ripetizione della struttura compositiva e dei soggetti si palesa nella stele che contiene il codice di Hammurabi. Esso è iscritto su una lastra (chiamata appunto stele) irregolare di basalto nero, alta 2,25 m, venuta alla luce agli inizi del XX secolo durante una campagna di scavi francesi in Elam. Il testo giuridico, in caratteri cuneiformi minuti ed eleganti, è contenuto in colonne e comprende 282 paragrafi che trattano di diritto civile, penale e amministrativo. Al vertice della stele, c'è un rilievo alto circa 60 cm che rappresenta il re, in piedi, nel rispettoso atteggiamento del supplice con la mano destra alzata, dinanzi al trono del dio sole Samas. Il rilievo è tondeggiante, i particolari delle vesti e della barba non sono incisi con particolare finezza; ciò nonostante, lo scultore è riuscito a rendere efficacemente l'atmosfera di questo eccezionale colloquio fra il dio e il re, greve di significato per le sorti dell'umanità.


Intorno al 1.550 a.C., il regno di Babilonia è sottomesso agli Assiri, e il riscatto della Mesopotamia ad opera dei Babilonesi avviene solo nel 612 a.C. sotto il regno di Nabucodonosor II. A Babilonia si innalzano templi grandiosi, palazzi, giardini pensili, ziggurat alte oltre 100 m.

Dietro commissione di Nabucodonosor II si innalza una Ziggurat dedicata a Marduk, che domina la città con le sue sette terrazze. Per raggiungerla le processioni si incamminano seguendo una via sacra, che ha inizio con un "arco di trionfo" chiamato Porta di Ishtar e i fedeli devono varcarla prima di intraprendere la marcia rituale. La porta rafforzata da enormi pilastri, era interamente costruita in mattoni cotti ed era ornata con animali simbolici di Marduk e Adad (draghi e tori sovrapposti ed alternati). Distribuite su 13 file, le belve sono come screziate con colori luminosissimi, su uno sfondo unito colorato d'azzurro con polvere di lapislazzuli: tori erano gialli, con il pelo blu; i draghi ed i leoni erano bianchi, con particolari in giallo; l'intento rappresentativo è decorativo piuttosto che naturalistico. Ricordiamo che attualmente la Porta di Ishtar è ricostruita all'interno del museo di Berlino.


ASSIRI

Sottomessi da tempo ai Babilonesi, gli Assiri creano un regno indipendente nel 1.550 a.C. circa. Vanno ricordati i palazzi di Khorsabad del re Sargon II e di Ninive del re Assurbanipal con la sua famosa biblioteca.

L'arte assira presenta spesso raffigurazioni di carattere simbolico, in cui si mescolano forme umane e animalesche, come testimoniano i famosissimi guardiani di pietra, situati alle porte di palazzi e templi. Disposti a coppie, la loro espressione è tale da incutere timore e rispetto a chi si fosse avvicinato, poiché oltre la soglia da attraversare vi è un potere assoluto. Nei testi vengono chiamati Sědu e Lamassu: Lamassu è sempre buono, Sědu può essere buono o cattivo.

Gli scultori assiri riproducevano in scala gigantesca animali spesso compositi, come avviene per il Toro Androcefalo che riproduce il corpo di un toro dalla testa umana. Questi guardiani non sono né sculture né rilievi: presentano una visione di prospetto e una di profilo e, di conseguenza, quando si guardano di 3/4 mostrano cinque zampe. Si nota, comunque, una minuziosa resa dei particolari e una raffigurazione precisa delle parti anatomiche.


CIVILTÁ IRANIANA (Regno Persiano)

Le più importanti testimonianze della civiltà iraniana si fanno risalire all'impero Persiano, fondato dai Re Achemenidi (559 - 530 a.C.), Ciro, Cambiase e Dario, i quali attraverso una serie di guerre di conquista riescono a controllare la città di Babilonia.

L'arte achemenide è caratterizzata dal decorativismo puro (più che dalla momunentalità), da una passione per le armi vistose e di bella fattura, per tappeti, arazzi, pregiati lavori in cuoio.

Centro dell'impero persiano è Persepoli, in cui sorge il palazzo dedicato al sovrano Dario, la cui costruzione inizia nel 518 a.C.. Concepito come simbolo dell'impero universale, punto focale in cui il cielo e la terra si incontrano, il palazzo celebra nei suoi rilievi e nella monumentalità dei suoi ambienti la potenza della dinastia achemenide. Le grandi sale del palazzo, tutte di straordinaria ampiezza, hanno colonne scanalate, alte 20 m, disposte a file parallele e ortogonali. Fulcro del palazzo è l'Apadana o sala delle udienze: lunghe teorie di dignitari e di nobili stranieri decorano i fianchi delle scalinate che ne permettono l'accesso, rivelando un forte senso ritmico.

Arte aulica per eccellenza, quella persiana è incentrata sulla figura sacra del sovrano, re dei re, e sulla sua attività, che si traduce in un'architettura scenografica dall'intento religioso e cerimoniale; siamo davvero lontani dalla drammaticità dei modelli babilonesi.

L'elemento più caratteristico dell'architettura achemenide è la colonna.

Delle colonne in legno abbiamo testimonianze delle loro basi di pietra, col fusto talvolta ricoperto di intonaco di intonaco colorato, ma sappiamo poco dei capitelli che le sormontano.

Delle colonne in pietra siamo a conoscenza che, in principio, la base è composta da  un toro e il fusto presenta scanalature orizzontali (forma tipicamente ionica), che nel tempo si moltiplicano sino a 40-48. Il capitello ha la parte superiore che si biforca, divenendo un piedritto di forma animale: questi due uomini-tori o draghi possono poggiare o direttamente sul fusto della colonna o esserne separati da due elementi interposti: un capitello a corolla e un elemento di giunzione composto da otto doppie volute verticali.

La colonna achemenide diviene quindi un elemento decorativo di straordinaria suggestione: da qui la loro moltiplicazione nei numerosissimi ambienti ipostili a pianta quadrata.

CIVILTÁ EGEA


Al centro del Mar Egeo sorge l'Arcipelago delle Cicladi, culla di una stupenda civiltà pre-ellenica, fatta risalire al periodo compreso fra 3.000 e 2.600/2.500 a.C. (epoca in cui compare la lavorazione dei metalli).

Questa civiltà si sviluppa grazie ad una fitta rete di scambi commerciali con la Grecia, l'Asia, il Mediterraneo Occidentale. Intorno al 2.600/2.500 a.C. l'antica civiltà cicladica tramonta sostituita dalla crescente presenza dell'Isola di Creta, a cui segue successivamente il dominio achèo.



Periodo Cicladico



3.000 - 2.600/2.500 a.C.


civiltà cicladica che proviene dall'Anatolia e da Troia


Periodo Minoico


2.600 - 1570 a.C.


civiltà minoica, con l'egemonia di Creta e del suo Re Minasse (da cui la civiltà prende il nome) e la costruzione dei palazzi di Cnosso e Festo


Periodo Miceneo


1.450 - 1.100 a.C.


civiltà micenea, con l'affermazione degli Achèi: abbiamo testimonianze della loro scrittura chiamata "lineare B" e del loro idioma greco



CIVILTÁ CICLADICA

L'aspetto più saliente dell'arte cicladica è costituito dagli idoli di marmo, databili tra la fine del III millennio e l'inizio del II millennio a.C.. Tali statuette permettono di cogliere la spiritualità di questa cultura dell'età del bronzo. Talora piccolissime, talora enormi, in gran parte scolpite nel marmo di Paro e di Nasso, esse rappresentano figure umane stilizzate, realizzate con gusto geometrico.

Si posso catalogare secondo tre tipologie ricorrenti, ma in ognuna di esse compaiono varianti interessanti, riconducibili in parte al luogo di provenienza e in parte alla creatività e all'originalità dell'artefice.

idoli a forma di violino: sono le forme più antiche, primitive e semplici, estremamente stilizzate,  con testa e collo ridotti ad un cilindro e con la parte inferiore arrotondata;

figure femminili (rappresentanti Venere o la dea Madre): sono figure ritte o sedute, dal lungo collo e spesso dal torso trapezoidale, a braccia conserte, con gli attributi femminili sottolineati, i volti sfuggenti dai quali fuoriesce la protuberanza del naso;

figure di suonatori: famosissimo è il suonatore di lira di Keros (museo di Atene), seduto su una sedia e realizzato con forme geometriche essenziali e schematizzate di grande forza espressiva.



CIVILTÁ MINOICA

La fase più splendida e raffinata della civiltà minoica coincide con la costruzione dei grandi palazzi di Festo e di Cnosso. Il palazzo di Cnosso, riportato alla luce dagli scavi dell'archeologo inglese Arthur Evans agli inizi del XX secolo, è il centro politico e religioso dell'isola. Si presenta come un vasto complesso articolato, dall'aspetto lussuoso e scenografico, e mostra una chiara inclinazione al lusso e alle comodità. Il palazzo è costituito intorno ad un'ampia corte centrale rettangolare, sulla quale si affacciano la sala del trono e una serie di ambienti ufficiali, elegantemente affrescati o decorati a stucco. Lo spazio tende ad essere estremamente frazionato, dato sia l'insieme di ambienti dalle diverse funzioni, disposti in modo libero e irregolare, sia dalla presenza di colonne e pilastri (di pietra o legno) a rastrematura inversa. Un teatro composto da due gradinate poste ad angolo retto si trova un po' discosto dalla struttura palaziale ed ospita probabilmente spettacoli e giostre con i tori. Tutt'intorno si estendono appartamenti vari, botteghe, magazzini, ambienti di rappresentanza: siamo di fronte ad un macrocosmo perfettamente organizzato.

L'architettura si presenta con un continuo dinamico mutamento e tale variazione doveva essere accentuata dalla decorazione pittorica. Le immagini degli affreschi hanno uno stile molto originale, sia per la purezza e la vivacità dei colori, che per l'accentuazione della percezione della linea: le figure sono definite da contorni dai ritmi lineari e ondulati. Le figure sono rappresentate di profilo, secondo lo schema egizio, con occhi grandi e allungati, e presentano abbigliamenti raffinati e atteggiamenti vivaci, mentre i particolari decorativi e naturalistici sono descritti con grande cura. Le figure sono realizzate a tinte piatte, nelle quali risalta la fantasiosa inventiva dei pittori: non c'è, quindi, né la monumentalità e la solennità delle immagini egizie, né la resa volumetrica dei soggetti.

Fra gli affreschi del palazzo di Cnosso ricordiamo:

il Principe dei Gigli: figura a bassorilievo dipinto, di grande suggestione per l'espressione sognante del volto, l'incedere sciolto e sicuro segnato anche dal movimento delle braccia e dal fluire dei capelli, l'elegante disegno lineare;

la Parigina: figura femminile, probabilmente appartenente ad una più vasta decorazione oggi perduta con un gruppo di donne, chiamata così per la sua eleganza formale, dettata dal profilo estremamente mosso, sotto una massa di riccioli indocili, che con il nero della pupilla dilatata, accentuano per contrasto il delicato candore delle guance;

la Taurocatapsìa: rappresenta uno dei giochi con i tori, dalla composizione equilibrata e lineare, che anticipa con maestria l'idea del movimento sequenziale e dinamico nelle evoluzioni che compiono i tre atleti.

Ricordiamo che il toro è un emblema ricorrente nelle figurazioni cretesi, elevato a simbolo mitologico dalla leggenda del Minotauro, e simbolo di energia tellurica e celeste di fecondità Altri simboli presenti nell'arte cretese sono: il labirinto, che ritroviamo anche nell'oggettistica di uso comune, e l'ascia bipenne, simbolo della divinità del dio del Tuono e del Cielo ed emblema del potere reale e di Creta stessa. Dal termine labrys che designa l'ascia è forse derivato il nome labirintos, così come il palazzo di Cnosso era noto come Palazzo del Labrys o dell'Ascia.


Anche la ceramica cretese riflette il medesimo spirito della pittura: animali terrestri e marini, fiori e piante, resi o in modo naturalistico o con caratteri stilizzati, rappresentati con la stessa vivace policromia e con la resa disegnativi degli affreschi.

Gli studiosi sono riusciti a distinguere vari "stili" di decorazione ceramica, di cui ricordiamo:

stile arcaico: decorazione tipo incisione o con motivi geometrici;

stile Kamares: su fondo scuro sono disegnate figure policrome, con motivi vegetali o lineari stilizzati e spiraliformi;

stile "nuovo" o naturalistico: su fondo chiaro sono disegnate figure scure, con motivi marini;

stile del Palazzo: oggetti di astrazione o semplificazione geometrica.

CIVILTÁ MICENEA

Nel 1.450 a.C. gli Achèi, dopo essersi assicurati il dominio nell'Egeo, si impadroniscono di creta, assorbendone esperienze culturali e artistiche. Essi però vogliono ostentare con ogni mezzo visivo e con l'architettura la loro natura e potenza bellicosa, eseguendo possenti fortificazioni a difesa della loro città-stato: le muraglie costruite dagli Achèi, che a volte raggiungono i 10 metri di spessore, sono ricordate come le leggendarie mura ciclopiche.

Fondamentale è il Palazzo del Re, una sorta di reggia-fortezza. L'accesso all'area del palazzo è seguito da un ingresso monumentale porticato, chiamato propileo. Da questi si entra nel cortile interno, si attraversa un'antisala chiamata pròdomos, e si giunge all'ambiente principale del palazzo, detto Megaron, una sala quadrata, col tetto aperto al centro e sostenuto da quattro colonne lignee e con al centro un focolare.

Da ricordare il Palazzo del Re che sorge a Micene, cittadella simbolo dei potere sovrano. L'accesso a Micene è costituito dalla famosa Porta dei Leoni, primo esempio di scultura monumentale in Grecia. E' una grandiosa applicazione del sistema trilitico: la porta è costituita da quattro enormi massi, di cui due fungono da stipiti e gli altri due da soglia e architrave. Quest'ultimo è sormontato da una grande lastra triangolare calcarea, altra 3 m., ornata da un bassorilievo di una colonna a rastrematura inversa, fiancheggiata da due leonesse affrontate, scolpite simmetricamente che poggiano le zampe anteriori sulla base della colonna.

Relativamente all'architettura funeraria, possiamo ricordare l'evoluzione delle tombe che dalla semplice struttura a fossa assumono la forma a tholos: l'esempio più calzante è quello del Mausoleo Reale di Micene, noto anche come Tesoro di Atreo. E' una costruzione fuori dalle mura cittadine, scavata nel pendio naturale di una collina; vi si accede tramite un lungo corridoio, dromos, che termina con una porta. All'interno c'è la grande camera circolare, larga più di 14 m e alta 13 m, con una volta fermata da 33 file di pietre, disposte ad anelli concentrici che si restringono verso l'alto, tenuti insieme dalla pressione del terreno. E' uno spazio cavo, senza luce: come sostiene Argan "è la triste dimora dei morti, quasi l'immagine architettonica dell'Ade". Il corredo funerario di Micene, che l'archeologo Schliemann attribuì ad Agamennone (figlio di Atrèo, re di Argo e di Micene) ma che visse quattro secoli più tardi, sicuramente per la profusione dell'oro, denota la regalità del defunto. Notiamo grande maestria e raffinatezza nella lavorazione della lamina d'oro, soprattutto nella cosiddetta Maschera di Agamennone dai tratti volitivi  e dai lineamenti fortemente marcati.


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