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Spie. Radici di un Paradigma Indiziario di Carlo Ginzburg
Con questo saggio l'autore vuole dimostrare come si sia imposto a fine 800 un modello epistemologico in molte scienze umane. Questo paradigma che egli definisce indiziario ha radici antichissime nell'animo umano: deriva infatti dal sapere di tipo venatorio che hanno sviluppato i nostri antenati cacciatori. Essi infatti hanno elaborato la capacità di risalire da dati sperimentali a prima vista trascurabili a una realtà complessa non verificabile direttamente. A questo sapere si sono andati collegando nel corso del tempo altri campi del sapere umano, come la semeiotica medica, la divinazione e il diritto. Infatti, se il paradigma indiziario o divinatorio è rivolto verso il futuro avremo la divinazione in senso proprio; se è rivolto verso il passato, il presente e il futuro avremo la semeiotica medica negli aspetti di diagnosi e prognosi; se è rivolto verso il passato, la giurisprudenza. Col passare del tempo è quindi emersa tutta una costellazione di discipline che si basavano sulla decifrazione di segni. In Grecia, esempio fondamentale è la medicina ippocratica, che sosteneva che solo osservando tutti i sintomi era possibile elaborare una diagnosi, essendo la malattia di per sè inattingibile. Questo paradigma è stato però schiacciato dal modello di conoscenza proposto da Platone. Le discipline che vengono indicate come indiziarie non rientrano nel paradigma delle scienze galileiane, in quanto esse sono eminentemente qualitative e basate su situazioni individuali, in quanto individuali. La scienza galileiana invece impiega la matematica e il metodo sperimentale ed è quindi basata sulla quantificazione e la reiterabilità dei fenomeni. Galileo ha impresso alle scienze della natura una svolta antiantropocentrica e antiantropomorfica. Questo spiega perchè la storia non sia mai riuscita a diventare una scienza galileiana: essa ha una strategia conoscitiva individualizzante (anche se l'individuo è un gruppo o una società intera). La conoscenza storica è congetturale e indiziaria.
Il primo tentativo di fondazione della connoisseurship è da far risalire a Giulio Mancini, medico di papa Urbano VIII. Egli scrisse un libro destinato ai dilettanti; una delle parti più originali è quella dedicata ai metodi per riconoscere i falsi. Questo presuppone che fra l'originale e la sua copia esista una differenza ineliminabile. A ciò è legato l'emergere della figura del conoscitore. Tutto il metodo proposto da Mancini era basato sull'affermazione dell'inimitabilità dei tratti individuali: in questo modo sarebbe stato infatti sufficiente isolare nel quadro gli elementi inimitabili per risalire al vero autore dell'opera. L'identificazione della mano del maestro sarebbe stata possibile particolarmente in quelle parti del quadro eseguite più rapidamente e più sganciate dalla rappresentazione del reale (capelli, panneggi). Questo metodo ci porta a pensare che il vero ostacolo all'applicazione del paradigma galileiano è la centralità o meno dell'elemento individuale. Più i tratti individuali sono preminenti più svanisce la possibilità di poterlo applicare. A questo punto sono quindi possibili 2 vie: o sacrificare l'elemento individuale alla generalizzazione o elaborare un paradigma diverso. La prima via fu percorsa dalle scienze naturali poichè la tendenza a fare a meno dei tratti individuali è direttamente proporzionale alla distanza emotiva dell'osservatore. Infatti, la conoscenza individualizzante è sempre antropocentrica, etnocentrica e così via. Per le discipline a cui era negato l'occhio soprasensoriale della matematica la vista divenne l'organo privilegiato. Tra queste c'erano le scienze umane. Ci furono dei tentativi di introdurre la matematica in queste scienze (statistica), ma esse rimasero comunque ancorate ad un modello qualitativo, che ad esempio nel caso della medicina provocò e provoca polemiche. Le cause dell'incertezza della medicina sono fondamentalmente 2: il catalogare tutte le malattie non è sufficiente perchè in ogni individuo esse si manifestano con caratteristiche differenti; la conoscenza delle malattie è sempre indiretta perchè il corpo vivente è inattingibile. Il fatto quindi che la medicina non possa raggiungere il rigore delle scienze naturali è dovuto al fatto che la quantificazione è impossibile; e questo perchè l'elemento individuale è ineliminabile perchè l'occhio umano coglie più facilmente le differenze fra gli esseri umani. La medicina rimane comunque una scienza socialmente riconosciuta. Non così per la connoisseurship che è relegata ai margini delle discipline. Essa, come altre forme di sapere legate alla pratica quotidiana, è basata sull'esperienza, sul concreto. E questo è il suo limite, il non saper servirsi dell'astrazione. A questo tipo di sapere si era sempre cercato di dare una formulazione scritta, senza mai ottenere risultati rilevanti. Le cose cambiarono nel corso del 700, quando la borghesia iniziò un processo di appropriazione di tutto il sapere, indiziario e non, e nel contempo diede il via ad una acculturazione di massa. Il simbolo di questo processo è l'Encyclopedie. In questo periodo un numero sempre maggiore di lettori venne a contatto con determinate esperienze attraverso le pagine dei libri. Grazie alla letteratura il paradigma indiziario conobbe nuova fortuna.
Due termini sono stati coniati fra il 700 e l'800 per indicare processi conoscitivi e discipline che si basano sul paradigma indiaziario: serendipity, creato da Horace Walpole nel 1754, per designare le scoperte fatte grazie al caso e all'intelligenza. Nel 1880 Thomas Huxley in un ciclo di conferenze dedicate alla diffusione delle scoperte di Darwin utilizzò la definizione "metodo di Zadig", in riferimento ad una novella di Voltaire. Questa perifrasi indicava il procedimento che accomunava materie come la storia, l'archeologia, l'astronomia fisica, la geologia e la paleontologia: esse si rivolgono infatti al paradigma indiziario, scartando quello galileiano, basandosi sul fatto che quando le cause non sono riproducibili possono essere inferite dagli effetti. Sempre tra 700 e 800 si affermò fra tutte le scienze per prestigio epistemologico la medicina; ad essa fecero riferimento tutte le altre scienze umane. Queste discipline, col passare del tempo, hanno assunto sempre più il paradigma indiziario della semeiotica. A questo punto è chiarito il legame presentato a inizio saggio fra Morelli - Freud - Conan Doyle, 3 medici che si sono serviti ampiamente di questo modello. Morelli si era proposto di rintracciare all'interno di un sistema fatto di segni culturalmente influenzati come quello pittorico l'involontarietà dei sintomi, affermando che in questi segni involontari si poteva ritrovare la personalità dell'artista. In questo modo si ricollegava al suo predecessore, Giulio Mancini.
Al termine del saggio, l'autore sostiene che se le pretese di sistematicità sono velleitarie, non va però abbandonata l'idea di totalità: l'esistenza di una connessione profonda che lega gli elementi superficiali viene ribadita nel momento in cui si sostiene che una conoscenza diretta di questa è impossibile. Esistono tuttavia spie e indizi che ci permettono di decifrarla. La decadenza del pensiero sistemtico è accompagnata dal crescere del pensiero aforistico; il termine stesso significa indizio, sintomo, spia. Aforismi era una raccolta di pensieri di Ippocrate; nel 600 si diffusero raccolte di Aforismi Politici. La letteratura aforistica è per definizione un tentativo di formulare giudizi in base a sintomi.
L'autore inoltre si chiede se un paradigma indiziario possa essere ritenuto rigoroso o meno. Ma in fondo questa caratteristica forse non è nemmeno desiderabile nei casi delle discipline che rigurdano l'individualità. In questo tipo di conoscenze devono entrare in gioco colpo d'occhio, fiuto e intuizione, intendendo con quest'ultimo termine la capacità di passare in maniera repentina dal noto all'ignoto sulla base di indizi.
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