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Piazza Tienanmen
La protesta di piazza Tienanmen a Pechino capitale della repubblica popolare cinese, iniziò da una dimostrazione studentesca avvenuta tra il 15 aprile e il 4 giugno 1989. La protesta, nata per denunciare l'instabilità economica e la corruzione politica dello stato cinese, fu soppressa con la violenza da parte del governo, sotto il controllo del Partito Comunista Cinese. Il numero dei morti causati dalla repressione è difficile da determinare, ma oscilla tra i 200-300 (dati governativi) e i 2.000-3.000 (dati delle associazioni studentesche e della Croce Rossa cinese).
La protesta studentesca cominciò nell'aprile del 1989, fu scatenata dalla morte di Hu Yaobang, il vicesegretario generale del partito. Hu era considerato una persona dalle idee liberali e fu obbligato alle dimissioni da parte di Deng Xiaoping: ciò venne giudicato molto negativamente da molte persone, specialmente da parte degli intellettuali.
La protesta ebbe inizio in modo relativamente pacato, nascendo dal cordoglio nei confronti di Hu Yaobang e richiedendo al partito di prendere una posizione ufficiale nei suoi confronti. La protesta divenne via via più intensa dopo le notizie dei primi scontri tra manifestanti e polizia. In occasione del funerale di Hu Yaobang un vasto gruppo di studenti si recò in piazza Tien an men, chiedendo d'incontrare Li Peng, oppositore politico di Hu, ma questi non volle ascoltare le loro richieste. A quel punto gli studenti proclamarono uno sciopero generale all'università di Pechino
Deng Xiaoping, accusò gli studenti di complottare contro lo stato e fomentare agitazioni di piazza. Questa dichiarazione fece infuriare gli studenti e il 27 aprile circa 50.000 studenti scesero nelle strade di Pechino, ignorando il pericolo di repressioni da parte delle autorità e richiedendo nuovamente che il governo ritrattasse le dichiarazioni fatte in precedenza.
Il 4 maggio circa 100.000 persone marciarono nelle strade di Pechino, chiedendo più libertà nei media e un dialogo formale tra le autorità del partito e una rappresentanza eletta dagli studenti. Il governo rifiutò la proposta di dialogo, acconsentendo solamente a parlare con i membri designati dall'organizzazione studentesca. Il 13 maggio un folto gruppo di studenti occupò Piazza Tiananmen, cominciando uno sciopero della fame, richiedendo al governo di ritrattare l'accusa fatta da Deng Xiaoping e cominciare a parlare con una rappresentanza studentesca. Migliaia di studenti si unirono allo sciopero della fame, supportati da centinaia di migliaia di studenti e di residenti di Pechino.
I manifestanti innalzarono al centro della piazza un'enorme statua, alta 10 metri, chiamata Dea della Democrazia, in polistirolo e cartapesta, ispirata alla Statua della Libertà statunitense.
Il 20 maggio il governo dichiarò la legge marziale, tuttavia la protesta continuò. Dopo questa delibera dei leader del partito, fu ordinato l'uso della forza per risolvere la crisi; nella notte tra il 27 e il 28 fu mandato a riprendere il controllo della città l'Esercito di Liberazione Popolare, con i carri armati. Questi attaccarono gli studenti e i lavoratori nelle strade di Pechino. La repressione portò a morti sia tra i civili che tra i militari.
Ancora oggi le stime dei morti variano. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad 'alcune dozzine", la Croce Rossa riferì 2600 morti e 30.000 feriti.
La repressione di Piazza Tienanmen provocò la ferma condanna da parte di numerosi Paesi occidentali nei confronti del governo comunista cinese. Oggi il clima si è riappacificato e la Cina è stata riaccolta dagli altri paesi nella politica globale, ma gli eventi di Piazza Tienanmen sono ancora un argomento sensibile per il governo comunista cinese, che non fornisce versioni ufficiali dell'accaduto ed esercita forme di censura riguardo gli avvenimenti in questione.
Oltre la citata enorme statua, simbolo della rivolta è considerato il rivoltoso sconosciuto che in totale solitudine e completamente disarmato affronta una colonna di carri armati: le fotografie che lo ritraggono sono popolari nel mondo intero e sono per molti un simbolo di lotta contro la tirannide.
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