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Paul gauguin




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PAUL GAUGUIN


Eugène-Henry-Paul Gauguin nacque il 7 giugno 1848 a Parigi da Clovis Gauguin, redattore de 'Le National", giornale di tendenza repubblicana, e da Aline Marie Chazal, figlia dell'incisore André e della scrittrice peruviana Flora Tristan y Moscoso. L'anno successivo la famiglia lasciò Parigi per il Perù; Gauguin vi sarebbe tornato stabilmente solo ventidue anni dopo, nel 1871, quando iniziò la sua professione di agente di cambio. Durante il viaggio verso il Perù morì il padre Clovis.

Nel novembre del 1873, quando è ancora agente di cambio, conosce e sposa Mette Sophie Gad, una giovane danese di buona famiglia. Dopo i primi anni di tranquilla vita coniugale, e ben cinque figli, i rapporti si fanno sempre più difficili. Dal 1885 in poi, i rapporti tra i due saranno, tranne qualche breve incontro, esclusivamente epistolari: da Parigi, da Pont-Aven, dal Pouldu, dalla Martinica, da Tahiti, Gauguin scrive alla moglie e ai figli trasferitisi a Copenaghen dai parenti di Mette. Nelle lettere Gauguin continuò a dichiarare affetto per i figli e addirittura cercò di riaccostarsi a Mette; in realtà il pittore aveva praticamente abbandonato Mette e i cinque figli e i quadri che di tanto in tanto inviava in Danimarca non erano certo sufficienti al loro mantenimento. Le relazioni, anche quelle epistolari, cessarono del tutto nel 1897, in seguito alla morte della figlia Aline.

Nel 1881 Gauguin, allora pittore 'dilettante' e agente di cambio di professione, partecipò alla VI mostra degli impressionisti con otto tele e due sculture; pochi si accorsero del valore di quell'oscuro pittore, tra quei pochi era Huysmans che rimase molto favorevolmente impressionato dalla tela: Nudo di donna che cuce (Suzanne). Dal 1883 abbandona gli affari (era impiegato di banca) e si dedica completamente all'arte; Non è  un gesto da velleitario quello di abbandonare il proprio lavoro sicuro e la propria posizione ma è una decisione coraggiosa. Gauguin aveva cominciato a dipingere, aveva frequentato una libera Accademia, era diventato collezionista di quadri degli artisti che più apprezzava (Manet, Cézanne, Pissarro, Sisley, Renoir); aveva conosciuto Pissarro, e, grazie al suo appoggio, nello stesso anno aveva partecipato con sette quadri alla quinta esposizione del gruppo impressionista. Dopo un soggiorno a Copenaghen, tra il 1884 e il 1885 si separa dalla famiglia e dalla condizione borghese. Nel 1886 partecipa all'ultima mostra impressionista.

Nel novembre 1888 Gauguin è ad Arles con Vincent Van Gogh. 'Qui il clima è rigido, ma in compenso si vedono delle gran belle cose. Ieri sera, per esempio, un tramonto di un pallido misterioso giallo limone, di straordinaria bellezza'. Vi rimane appena due mesi, dall'ottobre 1888 al 25 dicembre; quando Van Gogh si tagliò un orecchio tornò precipitosamente a Parigi. Gauguin vi dipinge i paesaggi autunnali, come la Cascina nei dintorni di Arles, dove lunghe pennellate rosse, accese di colore, disegnano il pagliaio, rivelando qualche fuggevole influsso della pittura di Van Gogh, peraltro sempre negato. La pittura dei due artisti è differente: Gauguin dipingeva con l'immaginazione, staccandosi dalla pittura dal vero. Inizia nella sua arte un nuovo ciclo: il colore é disteso a larghe zone unite, esaltato nella sua purezza; il disegno si é fatto sintetico, le forme sono profilate da una spessa linea di contorno e dall'effetto della profondità. Già si é rivelato insomma compiutamente il vero Gauguin.

Nasce così in quei mesi nel giardino dell'ospedale di Arles un corteo di donne avvolte nel nero, che spiccano dietro uno steccato rosso, con alle spalle i gialli coni di paglia che proteggono gli alberi dal freddo e un azzurro specchio d'acqua: quasi un fregio antico ('Le donne del luogo - scrive a Bernard - con la loro acconciatura elegante, una bellezza di tipo greco, gli scialli drappeggiati come nelle opere dei primitivi, ricordano certi fregi greci').

Nell'estate del 1888 Gauguin è in Bretagna con Bernard dal quale ricevette molto più di quanto non volle mai riconoscere.  In quei mesi Gauguin dipinse alcuni capolavori di assoluta nitidezza, ricchi di evocazioni religiose e mistiche, di cui il più noto è la "Visione dopo il sermone" che, esposta l'anno dopo a Parigi e a Bruxelles, fu considerata immediatamente una sorta di manifesto pittorico del simbolismo, sia per il soggetto religioso e visionario, sia per l'uso antiaccademico del colore. Da quelle esperienze, e dalla lettura di Baudelaire, nacque il sintetismo: una pittura che nasce dalla sintesi operata dall'artista delle impressioni ricevute da una realtà fisica, da cui trae gli elementi più significativi che ripropone con un colore puro, uniforme, e con un disegno che dà alla composizione un senso decorativo.

Il primo 'paradiso ritrovato' di Gauguin fu l'isola della Martinica nei Caraibi, dove soggiornò per quattro mesi nel corso del 1887. All'inizio di aprile di quell'anno, poco prima della partenza, Gauguin scriveva alla moglie: 'Quello che voglio anzitutto è fuggire da Parigi, un vero deserto per chi è povero. [] Vado a Panama per vivere da selvaggio. Conosco, a una lega da Panama, un'isoletta (Taboga) nel Pacifico, è quasi disabitata, libera e fertile. Porto colori e pennelli e mi ritemprerò lontano da tutti'. La prima esperienza esotica nella Martinica nel 1887 arricchisce il colore dei suoi dipinti che diviene più intenso e più puro, amplia la sua visione e gli suggerisce una linea più sottile e decisa. Gauguin era piuttosto soddisfatto dei suoi quadri della Martinica; ma collezionisti e critici la pensarono diversamente quando le opere vennero esposti a Parigi nel 1888. Assuefatti ad un gusto che solo due decenni prima erano stati disprezzati, erano sconcertati dalla novità dell'opera di Gauguin e giudicandola troppo innovativa.  Solo altri artisti seppero riconoscere le qualità e le innovative potenzialità di quelle opere.

Nel 1890 Gauguin conobbe Mallarmé, il padre del simbolismo; da quel momento si sviluppò una stima reciproca: 'È straordinario che si possa mettere tanto mistero in tanto fulgore', affermò Stéphane Mallarmé a proposito dei quadri tahitiani di Gauguin. Questi, a sua volta, donò al poeta un'acquaforte: è lo splendido Ritratto di Mallarmé, che si staglia su un fondo di tenebre da cui emerge un inquietante corvo, allusione alla magnifica traduzione che Mallarmé aveva fatto del celebre testo di Poe. Nel 1891 Gauguin s'imbarcò per Tahiti. Ufficialmente parte come incaricato del Ministero dell'Educazione e delle Belle Arti; in realtà egli va alla ricerca del 'paradiso perduto' dove impiantare l''atelier dei Tropici', sogno e ossessione che lo incalza da anni: "Parto per starmene tranquillo, libero dalla civiltà. Voglio fare dell'arte semplice, molto semplice; per questo ho bisogno di ritrovare le mie forze a contatto con la natura ancora vergine, di vedere solo selvaggi e vivere la loro vita, senz'altra preoccupazione che tradurre con la semplicità di un bambino le fantasie della mente con gli unici mezzi veri ed efficaci: quelli dell'arte primitiva."

Anche a Tahiti il pittore è assillato da problemi economici tanto che scrive agli amici in Francia chiedendo denaro e una possibilità di rimpatrio. Quando nel giugno 1893 riesce a partire, Gauguin porta con sé una serie di dipinti e alcune sculture che lui stesso definisce 'ultraselvagge'.

Il secondo e ultimo soggiorno tahitiano di Gauguin è degli anni 1895-1901. Ormai è un uomo malato: l'ulcera alle gambe, la sifilide, la debolezza cardiaca, un'infezione agli occhi, l'abuso di alcool e di morfina lo costringono a lunghe e ripetute degenze all'ospedale di Papeete. Il suo stato fisico e mentale si degrada rapidamente; la notizia della morte della figlia Aline, che lo raggiunge nel pieno di una crisi depressiva, lo spinge nel 1898 a tentare il suicidio. Del 1899 è Seni con fiori rossi. Dal 1900 l'ispirazione sembra essersi esaurita. Per questo l'anno successivo decide di abbandonare Tahiti per Hiva Oa, nelle Isole Marchesi: "Credo che lì l'elemento completamente selvaggio, la totale solitudine, mi daranno prima di morire un ultimo fuoco d'entusiasmo che ringiovanirà la mia immaginazione e che rappresenterà la conclusione del mio talento". E nei due anni che ancora visse, Gauguin dipinse a Hiva Oa i suoi ultimi capolavori. Fra dipinti e sculture del periodo Polinesiano, fu ritrovato anche un quadretto eseguito in Bretagna molti anni prima: un paesaggio sotto la neve, singolare testimonianza, probabilmente, della sua inconfessata nostalgia per quel mondo europeo che aveva così polemicamente ripudiato, alla ricerca della propria verità. Morì l'8 maggio 1903, di crisi cardiaca; il suo amico indigeno Tioko circondò il suo corpo di fiori e lo cosparse di olio profumato. Certo meno rispettoso fu il vescovo Martin, il quale ordinò di distruggere tutte le tele che riteneva oscene o profane, e ordinò funerali religiosi.

Va precisato che il tema principale della poetica di Gauguin, l'interesse per paesi e genti lontane, non è una ripresa dell'esotismo romantico bensì un'esigenza stessa del pittore. Egli infatti non cerca qualcosa di diverso ma le radici profonde del proprio essere, le sue origini, non sensazioni nuove Particolare importanza nei dipinti di Gauguin è ricoperta dal colore che si adatta alla scelta dell'artista di dipingere immagini filtrate dalla memoria e non tratte direttamente dalla realtà, immagini che si rifanno ad una dimensione onirica o del ricordo. Lo spazio è ridotto ad una superficie piana, è il tempo che da profondità ai dipinti di Gauguin, un tempo remoto e profondo. La dimensione in cui sono collocate le immagini è quella dell'immaginazione in cui i colori e la luce non incidono ma sono emanati dalle figure stesse. Anche Gauguin ha subito il destino di tanti artisti 'maledetti': poveri in vita hanno arricchito galleristi e collezionisti dopo la loro morte. Un esempio può bastare: a New York, all'asta di Sotheby's del 9 maggio 1989, Matamua, un quadro del 1892, fu aggiudicato per 22 milioni di dollari; per lo stesso quadro, all'asta di Gauguin del 1895, non aveva trovato acquirenti per 500 franchi.





Questo dipinto appartiene alla fase tahitiana di Gauguin. Il pittore, trasferitosi nei mari del Sud, aveva iniziato la produzione di quadri dall'evidente contenuto esotico. Vi compaiono soprattutto donne che vengono ritratte in una nudità molta casta e pura. L'intento è quello di mostrare le isole dell'oceano Pacifico come piccoli angoli di paradiso terrestre dove si vive una armonia molto pacifica tra uomini e natura. Quanto sia reale tale concetto rimane un mistero. Tuttavia, Gauguin proveniva da un mondo, quello occidentale, molto più complesso e pervaso da egoistici interessi economici, sociali e politici. Per lui, con gli occhi dell'occidentale, ritrovarsi in questo mondo significa davvero riscoprire una vita diversa. Una vita più semplice e pura, fatta di cose genuine, pervase da una spiritualità molto semplice ma molto evidente.

In questo quadro sono raffigurate due donne. Una accovacciata, l'altra distesa. Della seconda si intravede solo la testa e la parte superiore del busto. Il soggetto è tratto da un fatto a cui il pittore aveva assistito e che così descrive nel suo libro «Noa Noa»: sulla spiaggia due sorelle che avevano appena fatto il bagno, distese in voluttuosi atteggiamenti casuali, parlano di amori di ieri e di progetti d'amore di domani. Un ricordo le divide: «Come! Sei gelosa?».

Come spesso capita nei dipinti di Gauguin, il titolo dell'opera viene scritto sulla tela, in questo caso in basso a sinistra. È scritto in tahitiano e il suo esotico suono serve a dare più suggestione al quadro. Ed è proprio la scritta che non è solo un titolo, ma è anche una frase realmente pronunciata dalle due donne, a dare il contenuto più specifico al quadro. Se non fosse per questa frase riportata sul quadro il contenuto del quadro potrebbe essere scambiato per una pura sinfonia decorativa. Del resto, l'aspetto muto e silenzioso delle donne e la loro posa estremamente plastica e affascinante potevano essere scambiata per una ricerca solo sulla bellezza formale dei loro corpi. Invece Gauguin vuole cogliere un diverso significato: la complicità tutta femminile nel dialogare del più profondo arcano della vita: l'amore. E c'è in questo quadro una tale carica di intensa primitività che sembra riportare il momento del dialogo ad una ritualità senza tempo. L'eterno ritorno dei sentimenti e dell'amore e il continuo interrogarsi sul loro significato.

Il quadro, come la precedente produzione di Gauguin, è tutta giocata sulla risoluzione bidimensionale dell'immagine. Nella sua pittura il problema della rappresentazione tridimensionale è del tutto assente. Egli accosta forme, senza preoccuparsi della loro plausibile collocazione in uno spazio virtuale che vada oltre il piano della rappresentazione. Ciò è ancora più evidente in questo quadro dove la donna distesa, e arditamente vista in uno scorcio dalla testa in giù, scompare completamente nella metà inferiore. Le due donne formano quasi un corpo solo, divise solo dalla diversa tonalità dei loro corpi. Sono distese su una spiaggia di sabbia rosa che nella parte sinistra perde qualsiasi apparenza orizzontale per divenire un piano indefinito. Nella parte superiore, colori vari vengono stesi in campiture piane senza alcuna preoccupazione naturalistica o mimetica. Servono solo a rendere più evidente la bidimensionalità dell'immagine e, nel contempo, ad accentuarne il carattere decorativo.

Gauguin era molto affezionato a questo quadro, tanto che in una lettera ad un amico scriveva: «Ho fatto ultimamente un nudo a memoria, due donne sulla spiaggia, credo che sia anche la mia cosa migliore fino ad oggi».

Il dipinto fu in seguito acquistato dal collezionista russo Sukin e come tutto il resto della sua collezione fu nazionalizzato dallo stato sovietico subito dopo la rivoluzione d'ottobre. Oggi il quadro è esposto nel museo Puskin di Mosca. È ritornato in Occidente in occasione della mostra «Da Monet a Picasso», tenuta a Milano dal marzo al giugno del 1996.


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