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Raffaello




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RAFFAELLO


La biografia

Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520), pittore e architetto italiano, figura centrale del Rinascimento. Figlio del pittore Giovanni Santi, esordì nella bottega del padre, da cui si staccò a partire dal 1500. Nel primo periodo di attività dipinse sotto l'influenza dello stile del Perugino

Il periodo fiorentino

Alla fine del 1504 Raffaello si recò a Firenze con l'intento dichiarato di studiare le opere di Leonardo da Vinci, Michelangelo e fra Bartolomeo. La sua evoluzione artistica nel corso del soggiorno fiorentino può essere ripercorsa esaminando i numerosi dipinti da lui creati.

Fra il 1504 e il 1508 Raffaello lavorò anche per la corte dei Montefeltro a Urbino, dipingendo molte tavole tra cui San Giorgio e il drago. Ma l'esito più alto di questi anni è rappresentato dal Trasporto di Cristo morto (1507, Galleria Borghese, Roma).

Il periodo romano

Nel 1508 Raffaello fu chiamato a Roma da papa Giulio II, che gli commissionò la decorazione ad affresco di quattro stanze in Vaticano: dopo aver dipinto la prima e la seconda stanza (rispettivamente della Segnatura e di Eliodoro), nel 1514, dopo la morte di Giulio II, il successore Leone X nominò Raffaello 'architetto della fabbrica di San Pietro' e un anno dopo 'conservatore delle antichità romane'. Preso da molteplici impegni e assorbito da varie attività, Raffaello dipinse solo una parte della terza stanza, la Stanza dell'incendio di Borgo (1514-1517), mentre la quarta, la Stanza di Costantino, fu realizzata dagli allievi dopo la sua morte. Tra il 1514 e il 1517 Raffaello realizzò dieci cartoni raffiguranti episodi della vita degli apostoli per gli arazzi della Cappella Sistina. Inoltre progettò la Cappella Chigi per la chiesa di Santa Maria del Popolo, terminata dal Bernini, e numerose altre opere. Oltre a queste universalmente note, Raffaello dipinse molte tele di analogo pregio. Tra i ritratti, in cui eccelleva per l'estremo realismo e la capacità di introspezione psicologica, si ricordano quelli di Giulio II e di Leone X con due cardinali. Famosi e interessanti sono pure i ritratti di donne, tra cui la Velata e la Fornarina (1518-19, Palazzo Barberini, Roma), forse entrambi dedicati all'amante dell'artista, la cui immagine è resa con delicatezza di tratto e verità rappresentativa. Un altro tema prediletto fu la Madonna (Madonna Sistina, 1514, Gemäldegalerie, Dresda; Madonna della seggiola, 1514, Palazzo Pitti). Tra i quadri di soggetto religioso è infine doveroso ricordare la Trasfigurazione (1517-1520, Pinacoteca Vaticana), rimasta incompiuta alla morte di Raffaello e completata nella parte inferiore dall'allievo Giulio Romano: la tela costituirà un modello importante per i pittori del Seicento, in particolare per Caravaggio e Rubens.



Raffaello e la chiesa di Sant'Agostino


In questa chiesa Raffaello rappresenta il profeta Isaia assiso; tale opera si trova sul terzo pilastro, a sinistra, della navata maggiore dove il pro­feta è raffigurato in trono fra due putti che reggono in alto una targa con la dedica in gre­co: 'A Sant'Anna, madre della Vergine, alla santa Vergine, ma­dre di Dio, a Gesù Salvatore, Giovanni Goritius'; sulla per­gamena srotolata dal profeta si legge in caratteri ebraici: 'Apri­te le porte onde il popolo che crede entri' [/sa/a, XXVI 2).

Fu commessa dal protonotario apostolico Giovanni Goritz ed eseguita fra il 1511 e il 1512.

Secondo il Vasari, Raffaello la rifece dopo aver visto i profeti michelangioleschi della Cappella Sistina, infatti sembra che qui il pittore si rifaccia, per principi compositivi, all'opera del Buonarroti.

L'affresco, lavato da un sacrestano, secondo la testimonian­za del Celio [Pitture in Ro­ma, 1638] venne ripreso da Da­niele da Volterra; recentemente è stato restaurato dal Cellini, che l'ha liberato da rielaborazioni a tem­pera e acquerello eseguite nel 18OO, e da più antiche ridipinture a olio. Sono note varie copie: una, fat­ta eseguire dal cardinale Federico Borromeo, nella Pinacote­ca Ambrosiana di Milano; un'al­tra nella galleria del Belvede­re a Vienna, attribuita ad Annibale Carracci; una terza di Giovan Battista Casanova a Dresda.



Raffaello e la Chiesa di Santa Maria della Pace


Sita in Roma nell'omonima piazza, S. Maria della Pace, già S. Andrea de Aquarizariis, riedificata a partire dal 1482 forse da Baccio Pontelli; nel 1656 Pietro da Cortona la restaurò per vole­re di Alessandro VII e aggiunse la convessa facciata barocca a esedra, preceduta da un pronao semicircolare a colonne doriche binate. L'insieme stabilisce un indissolubile intreccio tra esterni e interni.

L'interno è costituito da una breve navata a due campate con volte a cro­ciera, che conserva intatta la struttura quattrocentesca, e da una tribuna a cupola.

Navata

Nella cosiddetta Cappella Chigi troviamo una celebre opera del Raffaello, Sibille e angeli e Quattro santi e angeli dipinte nel 1514 su commissione di Agostino Chigi da Raffaello, che qui rivela l'influenza di Michelangelo dopo lo scoprimen­to della volta della Cappella Sistina.

Si estende intorno all'arco della prima cappella a destra. Nel centro un putto regge la fiaccola, simbolo della luce profetica; alla sua sinistra, la sibilla Cumana in atto di solle­vare la mano verso un cartiglio, retto da un angelo in volo, su cui è scritto in caratteri greci (come in tutte le iscrizioni, tran­ne la penultima): 'La resurre­zione dei morti'; un putto con una tavola e la leggenda 'Verrà alla luce'; la sibilla Persica in atto di scrivere sulla tabella retta .da un angelo: 'Egli avrà il destino della morte'; a destra un angelo indica alla sibilla Frigia (o Tiburtina) una tavola con la scritta: 'II cielo circon­da il vaso della terra'; seguo­no un putto, appoggiato a una lapide con la leggenda: 'lam no[va] proge[nies]', e la sibil­la Tiburtina (o Cumana), al di sopra della quale un angelo srotola una pergamena su cui è scritto 'lo aprirò e resusciterò'.

La com­posizione si snoda a mo' di fe­stone, riprendendo con ritmo più complesso l'idea già sviluppa­ta nelle Virtù della Stanza della Segnatura

Nella soprastante lunetta, profeti (a d. David e Daniel, a sin. Abacuc e Giona) di Timoteo Viti, su disegno del Sanzio

Nella cappella di fronte: all'esterno, monumenti funebri detta fa­miglia Ponzetti (1505 e 1509); all'altare, Madonna con le Ss. Brigida e Caterina e il cardinale Ferdinando Ponzetti, affresco di Baldassarre Peruzzi (1516; sue le storie del Vecchio e Nuovo Testamento nel catino absidale).

Nella cappella di fianco alla cappella chigi: su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane (1525): sull'arco esterno, ornamentazione rinascimentale di Simone Mosca; le statue nelle nicchie (Ss. Pietro e Paolo) e gli altorilievi ai lati dell'arco (profeti e angeli) sono di Vincenzo de Rossi, autore anche delle figure dormienti sulle tombe di Angelo Cesi e della moglie Francesca Carduli Cesi; sull'altare, Sacra fami­glia e S. Anna di Carlo Cesi; nel lunettone sopra l'arco esterno, Creazio­ne di Èva e Peccato originale di Rosso Fiorentino (1524).

Nella cappelle di fronte: Madonna in gloria e i Ss. Ubaldo e Girolamo di Marcelle Venu­sti; nella lunetta sopra l'arco esterno, Cacciata dal Paradiso terrestre e Famiglia di Adamo di Filippo Lauri.

Tribuna

Ottagonale a cupola fu disegnata dal Sangallo e decorata a stucco su disegno del da Cortona:

nel tamburo, partendo da destra, Visitazione di Carlo Maratta (1655), Presentazione al tempio del Peruzzi (1524), Nascita della Vergine di Raffaele Vanni e Transito della Vergine di Gio­vanni Maria Morandi. Nella cappella a destra dell'altare maggiore (Battesimo di Gesù di Grazio Gentileschi (1603).

Il coro e l'altare maggio­re  sono di Carlo Maderno (1611), le statue del timpano di Stefano Maderno (1616); sull'altare, venerata immagine della Madonna della Pace (sec. xv), che, colpita da un sasso, avrebbe, secondo la tradizione, versato sangue e per la quale venne costruita la chiesa; la Natività e I'Annuncia­zione sono del Passignano, la decorazione della volta e del catino absidale di Francesco Albani (1612-14); le sante nel sottarco di Lavinia Fontana (1611-14). Nella cappella a sin. dell'altare maggiore (8), Crocifisso ligneo quattrocentesco, su altare marmoreo di Innocenze Vili della scuola di Andrea Bregno (e. 1490).

Nella cappella sinistra , Adorazione dei pastori del Sermoneta (1565).

Annesso alla chiesa, il chiostro, prima opera di Bramante a Roma (1500-04): di mirabili proporzioni e inalterato in ogni sua parte, è circondato da un portico ad arcate su pilastri (monumento funebre del vescovo Giovanni Andrea Boc­ciamo attribuito a Luigi Capponi), cui sono addossate lesene ioniche su alti plinti e reggenti una trabeazione continua con lunga iscrizione nel fregio; il loggiato superiore ha pilastri con lesene a fascio alternati a co­lonne di ritmo doppio, e cornicione terminale a mensole.



Raffaello e la Chiesa di Santa Maria del Popolo: la cappella Chigi


Sita nella chiesa di S. Maria del Popolo, la cappella Chigi è uno straordinario tappeto musivo ideato da Raffaello; il rivestimento della cupola della cappella, conclude una costruzione interamente concepita dal Sanzio che preparò anche i carto­ni per i mosaici, tradotti in tessere da Luigi de Pace da Vene­zia e datati 1516. Non sono per­venuti i cartoni ma alcuni studi su Raffaello, giudicati tra i suoi disegni più significativi. Negli otto scomparti della cu­pola sono presentate, sotto ar­cate raffiguranti le volte dei eieli, divinità pagane a mezzo bu­sto, simboleggianti i pianeti, sormontate da figure angeliche che, secondo la dottrina neo­platonica, limitano la potenza degli astri dirigendone il corso . Al centro appare fra gli angeli il Creatore, audace­mente scorciato, che con gesto impetuoso da impulso, domi­nandoli, al cerchio dei piane­ti. L'originalissima decorazione, evocante insieme motivi paleo­cristiani e pagani, è intimamen­te legata al ritmo delle struttu­re architettoniche.



LE STANZE DI RAFFAELLO


Site al piano superiore del pa­lazzo di Niccolo III in Vaticano, nell'ala settentrionale, parzial­mente ricostruita da Niccolo V, le Stanze furono scelte per il suo nuovo appartamento da Giu­lio II, che non gradiva abitare nei sottostanti locali decorati dal Pinturicchio per Alessandro VI Borgia.

Procedendo da ovest a est si susseguono nell'ordine: la Stanza dell'Incendio, la Stan­za della Segnatura, la Stanza di Eliodoro, la Sala di Costantino.

Secondo la testimonianza del Vasari, già prima che Giulio II commissio­nasse il ciclo ornamentale, alcune pareti pre­sentavano affreschi di Piero del­la Francesca, Luca Signorelli e fra' Bartolomeo della Gatta. L'incarico della nuova decora­zione fu in un primo tempo affi­dato a un gruppo di artisti di cui facevano parte il Sodoma, Peruzzi, Bramantino e il Lotto. Data la maestria dimostrata da Raffaello nella prima Stanza, il papa decide di affidargli l'incarico dell'intera decorazio­ne, liquidando tutti gli altri artisti. La rea­lizzazione delle Stanze vaticane impegna Raffaello dal 1508 sino alla fine dei suoi giorni (1520), fissando le magistrali tappe del suo percorso artistico in un grandioso complesso decorativo, incentrato su un programma dettato prima da Giulio II e poi da Leone X.



STANZA DELLA SEGNATURA


La decorazione dell'apparta­mento di Giulio II fu intrapresa partendo dalla Stanza della Se­gnatura, il cui ciclo, iniziato nel 1508, fu completato nel 1511, come attestano le iscrizioni sull'affresco del Par­naso e sull'architrave della fi­nestra sottostante alla lunetta delle Virtù. Negli stessi anni Michelangelo lavorava alla Vol­ta della Cappella Sistina, di cui fu scoperta una parte nell'ago­sto 1511. La denominazione del­la Stanza deriva dal fatto che venne adibita, subito dopo il compimento dei lavori, a sede del tribunale della Segnatura gratiae (il tribunale supremo della curia, pre­sieduto dal papa), e sebbene tale designa­zione sia in uso ancora oggi, in origine era destinato a ospitare la bibliote­ca privata di Giulio II, umanisticamente ripartita nei settori filosofico, teologico, poetico e giuridico. Raffaello allestisce un complesso pro­gramma decorativo il cui motivo dominante è l'esaltazione delle idee del ve­ro, del bene e del bello; il ve­ro, nei due aspetti di verità ri­velata, nella teologia (Disputa del Sacramento), e di verità na­turale o razionale, nella filosofia (Scuola d'Atene); il bene nelle virtù cardinali e teologali e nella legge, intesa sia sotto l'aspetto canonico (Gregorio IX approva le decretali), sia sotto l'aspetto civile (Triboniano con­segna le pandette a Giustiniano); il bello rappresentato dal­la Poesia (Parnaso). Nelle sto­rie delle pareti sono tuttavia raffigurate non immagini astrat­te, ma gli uomini illustri, per­sonaggi storici che, pur assu­mendo valore di simboli, ven­gono accuratamente tipicizzati nelle fisionomie e nelle attitu­dini. Fin dall'arrivo a Roma, Raffaello mostra di saper entrare, con straordinaria apertura capacità di assimilazio­ne, in perfetta consonanza con l'ambiente culturale della corte pontificia che stava riportando l'Urbe all' antico splen­dore imperiale.


LA VOLTA

Cornici dipinte a grottesche dividono la superficie in tredici scomparti; intorno a un ottago­no centrale, con putti reggenti lo stemma papale, stanno quat­tro medaglioni, in corrispon­denza delle lunette delle pare­ti, con le personificazioni della teologia, giustizia, filosofia e poesia. Agli angoli, in quattro scomparti rettangolari, sono raf­figurati Adamo ed Eva, il giudi­zio di Salomone, il primo moto (o l'Astronomia) e Apollo e Marsia. Fra l'ottagono e i rettan­goli sono inseriti scomparti mi­nori, ciascuno con due 'storie': una a monocromo, in alto, di soggetto storico derivato da Tito Livio; l'altra policroma, in basso, di tema mitologico derivato da Igino. Negli scomparti maggiori le figure appaiono co­me a rilievo su un fondo simu­lato a mosaico d'oro. La deco­razione della volta, concepita unitariamente, è in diretta re­lazione con la distribuzione del­le 'storie' sulle pareti: la Teo­logia, avente a destra Adamo ed Èva, sta sopra la Disputa; la Giustizia, seguita dal Giudi­zio di Salomone, sopra le Virtù; la Filosofia, seguita dal Primo moto, sopra la Scuola d'Atene; la Poesia, seguita da Apollo e Marsia, sopra il Parnaso. Le doppie scene degli scomparti minori stanno a significare l'ac­cordo degli elementi con le di­scipline raffigurate nei meda­glioni, secondo le coppie giu­stizia-terra, filosofia-acqua, poe­sia-aria, teologia-fuoco. Tale corrispondenza viene ripresa, ma non con la medesima di­sposizione, nei putti alati, al sommo degli archi sormontanti le 'storie', recanti emblemi che li fanno riconoscere come geni degli elementi: infatti il genietto dell'aria sta sopra la Disputa e quello del fuoco sopra il Par­naso. Opera del Sanzio sono comunque general­mente considerati soltanto i quattro medaglioni e gli scom­parti angolari; le altre figura­zioni, unitamente alle cornici a grottesche, spettano ai suoi pre­decessori , in particolare al Sodoma. L'esecuzione della volta va po­sta cronologicamente alla fine del 1508.


A.    Il Primo moto o l'astronomia

La figurazione è variamente interpretata come una allegoria dell'inizio dell'universo, ogget­to di studio della filosofia, op­pure come la scienza astrono­mica in atto di contemplare il globo celeste.

B.    Il Giudizio di Salomone

Sono stati notati echi della statuaria antica: la figura del carnefice deriva da uno dei Dioscuri del Quirinale a Roma.

C.    Adamo ed Eva

Accanto a ricordi classici compaiono elementi leonarde­schi nella figura di Eva. I pro­genitori sono rappresentati co­me i responsabili della 'felix culpa' che causò la venuta del Redentore. L'esecuzione dello scomparto è stata attribuita al Sodoma.

D.    Apollo e Marsia

All'episodio di Apollo e Mar­sia i neoplatonici fiorentini, ri­prendendo un motivo pitagorico presente anche in Dante (Paradiso, I 19 e 21), attribuivano un valore simbolico preciso: la vit­toria dell'armonia divina sulle passioni terrestri, cui l'anima è strappata. L'esecuzione dello scomparto è stata attribuita al Peruzzi e al Sodoma.

E.   La Teologia

La figura femminile, con velo bianco, manto verde e veste rossa (colori delle virtù teolo­gali), ha ai lati due putti re­canti tabelle con la scritta 'Divinarum] rerum notizia. Dai dise­gni risulterebbe che in un pri­mo tempo la Teologia era rap­presentata da Beatrice.

F.    La Giustizia

Figura femminile reggente le bilance e la spada. Ai lati quat­tro putti con tabelle e la scrit­ta 'lus suum unicuique tribuit', tratta da Giustiniano.

G.    La Filosofia

Figura femminile indossante una veste con i colori dei quat­tro elementi (celeste, rosso, verde, giallo), assisa in un tro­no con ai lati due immagini di Artemide d'Efeso, simbolo del­la fecondità della natura, recante in mano due volumi intitola­ti 'Moralis' e 'Naturalis'. Due genietti reggono la leggenda 'Causarum cognitio', tratta da Cicerone.

H.    La Poesia

Figura femminile coronata di alloro, con le ali spiegate e in mano la lira e un libro. Ai lati due putti reggono tabelle con la scritta 'Numine afflatur', tratta da Virgilio [Eneide, VI 50].


LE STORIE PARIETALI

I.    La Disputa sul Sacramento

La denominazione tradiziona­le dell'affresco deriva da una erronea interpretazione secen­tesca di un passo del Vasari; titolo più appropriato sarebbe quello di "Trionfo dell'Eucaristia" o "Trionfo della Chiesa". Centro della composizione è infatti l'ostia consacrata, elevata con­tro il cielo nell'ostensorio al di sopra dell'altare, messa in evidenza dal convergere delle linee prospettiche.

II mistero dell'Eucaristia, miracolo per ec­cellenza, legame tra cielo e ter­ra, è contemplato dalla Chiesa trionfante e militante, adombrate rispettivamen­te da un'adunanza di profeti, apostoli e santi e da un conci­lio di dottori della Chiesa, pon­tefici e fedeli, disposti in modo da formare due emicicli con­centrici e sovrapposti intorno all'asse centrale che collega l'ostia santa alla Trinità. Al sommo della lunet­ta sta Dio benedicente, fra due gruppi di angeli: più in basso, entro una grande aureo­la, Cristo con la Vergine e san Giovanni Battista. Sul semicer­chio di nubi, assisi ai lati del­le tre figure centrali sono, a si­nistra: San Pietro, Adamo, San Giovanni Evangelista, David, Santo Stefano e Geremia: a de­stra: Giuda Maccabeo, San Lorenzo, Mosè, San Matteo, Abramo e San Paolo. Solo al­cuni dei personaggi della zona terrena sono stati identificati; tra questi, a sinistra dell'altare: il Beato Angelico, in abito do­menicano: Bramante, appoggia­to alla balaustra in atto di vol­gersi verso uno sconosciuto; L'estrema sempli­cità di struttura e di invenzione dell'affresco, cui tuttavia Raf­faello giunse solo molto lenta­mente e non senza esitazioni, mani­festa il simbolo con assoluta immediatezza e geometrica evi­denza. I particolari, le singole figure, sono rigorosamente su­bordinate all'insieme, sia per la disposizione che assume ca­rattere di 'necessità' dalla con­tinua ricerca di simmetrie, rap­porti e intervalli, in modo che lo spazio stesso diviene sim­bolo di un universo spirituale gerarchicamente ordinato, sia mediante le attitudini e i moti, variati da persona a persona, ma unificati nell'unico slancio di adorazione.

J.    La scuola d'Atene

Collocata di fronte alla Di­sputa, che esalta la verità ri­velata, la Scuola d'Atene cele­bra la ricerca razionale del ve­ro. Le figure dei filosofi e dei saggi dell'antichità sono dispo­ste all'interno di un edificio di solenni e grandiose pro­porzioni, echeggiante motivi dell'architettura romana tardo-imperiale e probabilmente ispi­rato ai progetti di Bramante per il nuovo San Pietro. Entro nicchie, ai lati del primo arcone, stanno le statue di Apol­lo e di Minerva, riferibili a modelli clas­sici; il significato delle due fi­gure è chiarito dai bassorilievi situati sotto di esse: una Lotta di ignudi e un Tritone che ra­pisce una nereide simboleggia­no la violenza e le brame sen­suali che dominano la parte in­feriore dell'animo umano e de­vono essere guidate dall'autorità della ra­gione, rappresentata da Apollo; meno decifrabili le allegorie sotto Minerva, che sembrano tuttavia simboleggiare l'attività dell'intelligenza governata dal­la divinità. Altre nic­chie con statue e bassorilievi si intravedono di scorcio nelle pareti della navata. I medaglio­ni nei pennacchi della cupola raffigurano un uomo in atto di alzare gli occhi da un libro e una donna che posa un brac­cio sul globo terrestre; tali gesti sembrano ripetere quelli dei due personaggi centrali, ritti in cima alla scalinata: Platone che, reggendo il Timeo, e Aristotele col volume dell'Etica.

Nei gesti dei due filosofi è racchiusa l'essenza della loro dottrina secondo un procedimento tipico di Raf­faello che riesce a concretare in immagini semplici le idee più complesse.

Pitagora, as­siso più a destra, in primo piano, e annotante un grosso volume, mentre Telange gli regge una tavoletta; alle sue spalle Averroè che, indossando un turbante bianco, si china su di lui; Eraclito, che poggia il gomito su un gran blocco; Dio­gene, sdraiato sulla scalinata; l'uomo in piedi accanto a Era­clito, verso il quale è rivolto, indicando un libro aperto, pog­giato su un ginocchio, è varia­mente identificato come Parmenide o Senocrate o Aristosseno. A destra, sempre in primo pia­no, Euclide si china fra i disce­poli a misurare col compasso una figura geometrica; alle sue spalle Zoroastro, di fronte, e Tolomeo, con la corona perché confuso con un re egizio, reg­gono il primo la sfera celeste, il secondo il globo terracqueo. L'evocazione del tempio della sapienza attraverso 'uomini il­lustri' del passato è inoltre strettamente collegata alla concezione delle sette arti liberali: in primo piano, a sinistra, grammatica, aritmetica e musica; a destra, geometria e astronomia; in ci­ma alla scalinata, retorica e dialettica. I due gruppi Sul proscenio simboleggiano la scien­za dei numeri nei suoi due aspetti, musicale e astronomi­co.

Mediante corrispondenze tra i perso­naggi dell'antichità e contem­poranei, Raffaello crea un complesso molto particolare: le figure di alcuni dei saggi umanisti e principi della corte pontificia; Platone ha le sembianze di Leo­nardo, Eraclito di Michelange­lo, Euclide di Bramante;; Raffaello stesso si è raffigurato, accanto al So­doma, nel giovane con berretto nero all'estrema destra.

K.      Il Parnaso

La composizione si estende anche a parte delle zone ai lati della finestra. Sulla sommità del colle, Apollo suona una lira con assise ai lati Calliope e Erato che pre­siedono al coro delle altre mu­se: Talia, Clio e Euterpe, a si­nistra, dietro a Calliope; Polimnia, Melpomene, Tersicore e Urania, a destra, dietro a Erato. I diciotto poeti che cir­condano il dio sono stati cosi identificati: in basso, a sinistra, Alceo, Corinna, il Petrarca, Anacreonte e Saffo.

Più in alto, Ennio ascolta rapi­to il canto di Omero, mentre Dante, più indietro, fra i due, guarda Virgilio, che a lui si ri­volge con accanto Stazio. A de­stra discendono l'altura il Tebaldeo (o il Castiglione), il Boccaccio, Tibullo, l'Ariosto, Properzio, Ovidio e il Sannazzaro. In basso, in pri­mo piano, siede Orazio. L'indi­viduazione dei diversi perso­naggi è tuttavia ancora contro­versa e ipotetica. D'altra parte i poeti antichi del Parnaso hanno probabilmente le sem­bianze di umanisti contempora­nei del Sanzio. L'interesse di Raffaello per la classicità, inizialmente impron­tato a un vivo ma generico en­tusiasmo, che lo spingeva so­prattutto alla ricerca di effetti monumentali, si va gradualmen­te facendo più preciso e ar­cheologico, in accordo con gli orientamenti degli umanisti.

Nello sguancio della finestra è la scritta: 'JVLIVS. II. LIGVR. PONT. MAX. ANN. CHRIST. MDXI. PONTIFICAI SVI. Vili.'. La data 1511 può essere riferi­ta sia alla conclusione della decorazione dell'intera Stanza, sia al termine dell'esecuzione della parete. L'affresco fu iniziato nel ,1510 o alla fine del 1509.

L. Augusto impedisce agli esecutori testamentari di Virgilio l'abbruciamento dell' Eneide

M. Alessandro il Grande in atto di far deporre i libri omerici nella tomba d'Achille

N.    Le Virtù

Conclude, nella parte supe­riore, la parete detta appunto "delle Virtù", opposta a quella del Parnaso. Tre figure femmi­nili sedenti sullo zoccolo di ba­se simboleggiano, da sinistra a destra: la Forza, con l'elmo in capo e reggente un ramo di ro­vere allusivo al casato di Giulio II; la Prudenza, in vesti ver­di e bianche, con un profilo virile inserito fra i capelli; la Temperanza, impugnante le re­dini. La quarta virtù cardinale, la Giustizia, domina il gruppo dal medaglione della volta: se­condo la dottrina di Platone, ri­presa da Sant'Agostino, essa è infatti gerarchicamente supe­riore alle altre. Cinque genietti alati collegano le tre figure con moti armoniosi, imprimendo all'insieme un andamento sciolto e aggraziato; tre di essi imper­sonano le virtù teologali: quello che coglie frutti dal ramo retto dalla Forza simboleggia la Ca­rità, quello al centro reggente la fiaccola è l'emblema della Speranza, quello a destra, ad­ditante il cielo, della Fede.

O.    Triboniano consegna le Pandette a Giustiniano.

Posto   dal lato della Scuola d'Atene, celebra il diritto naturale. Subì gravi danni che lo rendono quasi illeggibile.

P.    Gregorio IX approva le decretali.

Celebra il diritto eccle­siastico. Nella figura del ponte­fice è ritratto Giulio II; il car­dinale a sinistra, reggente il pi­viale, ha le sembianze dì Giovanni de' Medici; negli altri due cardinali alle sue spalle sono stati riconosciuti Alessandro Farnese e Antonio dal Monte



STANZA DI ELIODORO


La seconda Stanza prende il nome da uno degli affreschi parietali. La decorazione fu ini­ziata nella seconda metà del 1511 e portata a termine nel 1514. Allo 'speculum doctrinale' della pri­ma Stanza viene sostituito nel nuovo ciclo il tema storico dell' intervento di Dio in favore del­la Chiesa, secondo uno schema probabilmente steso dallo stes­so Giulio II con chiaro riferi­mento ai propri programmi po­litico- religiosi, in un momento di crisi dovuta a una grave malattia, alla sfavorevole con­giuntura internazionale, che oppone all' alleanza pontificia (con gli svizzeri e i veneziani) una decisa riscossa francese, e agli attacchi di carattere dottrinario con­tro l'autorità papale, fomentati dal re di Francia. In tale contesto Giulio II decide di far affrescare la Stanza con narrazioni di episodi storici risoltisi grazie a salvatag­gi divini operati a favore della Chiesa, in modo da attribuire alla decorazione un fi­ne politico e propagandistico, cui Raffaello conferisce un'enfasi drammatica mai sfiorata nella prima Stanza e che diviene un ineguagliato modello per la successiva pittura di storia.

Sulle pareti so­no affrescate quattro 'storie': la Cacciata di Eliodoro dal Tem­pio, la Messa di Bolsena, la Liberazione di san Pietro e l'In­contro di Attila e Leone Magno. Nel soffitto quattro episodi bi­blici, rievocanti la protezione di Dio accordata al popolo di Israele, sono in relazione con le storie sottostanti. Lo zocco­lo è decorato a chiaroscuro con undici cariatidi (allegorie del commercio, della religione, del­la legge, della pace, della pro­tezione, della nobiltà, della na­vigazione, dell'abbondanza, del­la pastorizia, dell'agricoltura e della viticoltura) e quattro er­me con interposte tavolette in finto marmo. Più in basso, in piccoli scomparti imitanti bassorilievi bronzei, sono dipinte scene raffiguranti la prosperità.


LA VOLTA

È divisa in quattro scompar­ti, intorno al medaglione cen­trale con lo stemma di Giulio II, da fasce diagonali decora­te ad arabeschi su fondo oro. Negli scomparti le 'storie', concepite come teli triangolari di arazzo tesi fra le cornici e fis­sati con finti chiodi e anelli, raffigurano il Roveto ardente, la Scala di Giacobbe, l'Appari­zione di Dio a Noè e il Sacri­ficio di Isacco. Altri spazi tra le incorniciature recano deco­razioni probabilmente eseguite dal Peruzzi prima dell'intervento di Raffaello.

A.    Il roveto ardente

Sito sopra la Cacciata di Eliodoro. L'episodio deriva dal­la Bibbia [Esodo, III 2]

B.    La scala di Giacobbe

Sovrasta la Liberazione di san Pietro: come Dio appare in sogno a Giacobbe, così per mezzo di un sogno libera San Pietro.

C.    L'apparizione di Dio a Noè

Sovrasta l'Incontro di Attila e Leone Magno: l'apparizione divina salva Noè dal Diluvio, come Roma dagli unni.

D.    Il sacrificio di Isacco

Mentre Abramo diede prova di fede incrollabile, il cele­brante di Bolsena, raffigurato sulla parete sottostante, dubitò della realtà della transustanziazione.


LE STORIE PARIETALI

E.    La cacciata di Eliodoro dal tempio

In basso, a destra, Eliodoro, profanatore del Tempio, viene atterrato e travolto sotto gli zoccoli del cavallo del messo divino, mentre il sacerdote Oria è assorto in preghiera in fon­do, nella penombra rotta dalla luce oscillante del candelabro acceso sull'altare. A sinistra, Giulio II, assiste impassibile all'evento, che allude all'inviolabilità dei possessi della Chiesa e al suo fermo proposito di cacciarne gli usurpatori. La scena si svol­ge all'interno di un grandioso edificio che assume andamento vorticoso nella convulsa successione di arcate e cupole, scandita da bagliori luminosi e masse d'om­bra profonda; la distribu­zione delle figure oppone al vuoto centrale due nuclei drammatici laterali, in primo piano. L'impeto irresisti­bile dell'azione, in cui si ma­nifesta la potenza dell'interven­to divino, la violenta concita­zione dei movimenti, i contra­sti chiaroscurali spinti fino a effetti di luminismo indicano come gli inte­ressi di Raffaello si siano spo­stati, in un brevissimo volgere di tempo, dalla serena medita­zione intellettuale alla rappre­sentazione drammatica.

La cacciata di Eliodoro: Eliodoro di Antiochia (II secolo a.C.) fu mini­stro di Seleuco IV, re di Siria. Nel 175 B.C. uccise il sovrano, assumendo la reggenza per conto del figlio del re, Antioco, ma nello stes­so anno fu abbattuto dallo stesso Antioco IV. L'episodio che ha ispirato Raffaello negli affre­schi delle Stanze vaticane è quello in cui Elio­doro, recatesi a Gerusalemme su ordine del re Seleuco IV per impadronirsi del tesoro cu­stodito nel tempio (// Maccabei, 3, 7-40), ne sarebbe stato scacciato dall'intervento di una misteriosa figura (un angelo) a cavallo che cal­pestò Eliodoro, poi percosso e ridotto in fin di vita da altri due personaggi.


F.    La messa di Bolsena

L'affresco scende ai lati del­la finestra. Sulla medesima parete il Bramantino aveva precedente­mente dipinto figure di condot­tieri. Raffaello raffigurò il mira­colo occorso nel 1263 a Bolsena, dove un sacerdote boemo, dubbioso sulla realtà del mi­stero della transustanziazione, celebrando la messa sull'altare di Santa Cristina, vide stillar sangue dall'ostia consacrata: dal fatto trasse origine la fe­sta del Corpus Domini. Tradi­zionalmente si attribuisce la scelta del tema a Giulio II, de­sideroso di celebrare la vit­toria della Chiesa nel concilio lateranense aperto nel maggio 1512. Di fronte al sacerdote boe­mo, in atto di celebrare la mes­sa, è raffigurato Giulio II in preghiera, con alle spalle un gruppo di cardinali. La difficoltà compositiva cau­sata dal decentramento della fi­nestra rispetto all'asse della lu­netta è superata con estrema naturalezza e semplicità pro­lungando sulla destra il piano su cui sorge l'altare e con una diversa disposizione delle figure nelle zone inferio­ri; all'agitazione dei personag­gi sulla sinistra viene contrap­posta, dall'altro lato, l'immobi­lità del pontefice e della sua corte. Come nella Cacciata di Eliodoro, il Sanzio distingue le figure che partecipano all'azio­ne da un gruppo di astanti, in attitudine contemplativa. Anche in questa storia appare intenso l'effetto luministico, ma l'im­pressione generale è di equilibrio

G. La liberazione di San Pietro

Sulla parete ove già aveva dipinto Piero della Francesca, l'affresco si estende in basso ai lati della finestra. Seguendo fedel­mente il racconto degli Atti de­gli Apostoli [XII, 6 ss.], Raffael­lo accosta due momenti successivi dell'azione: al centro, oltre le grate della prigione di Gerusa­lemme, l'angelo sfolgorante di luce appare al santo; a destra, lo conduce per mano fuori del carcere, superando le guardie assopite, che appaiono, dall'al­tro lato, nello sbigottimento del risveglio, illuminate dalla fred­da luce notturna, dal bagliore delle fiaccole, dai riflessi guiz­zanti sulle corazze. La luce è la gran protagonista della sce­na: piegandola ad effetti inediti con straordinaria libertà e mo­derna sensibilità, il Sanzio esprime l'evento miracoloso nel­la sua istantanea, concentrata drammaticità.

La liberazione di Pietro dal carcere: «Si avvicinava il giorno nel quale Erode voleva giudicare Pietro davanti al popolo. La notte prima del processo Pietro dormiva fra due soldati, legato con doppia catena. Davanti alla porta della prigione le sentinelle facevano la guardia. Quand'ecco improvvisamente entrò un angelo del Signore e la cella si riempì di lu­ce. L'angelo toccò Pietro [le subito le cate­ne caddero dai polsi.» (Atti degli Apostoli,


H. L'incontro di Attila e Leone Magno

L'incontro fra il pontefice e il re degli Unni, avvenuto nei pressi del Mincio nel 452, è raffigurato dal Sanzio sullo sfondo di Roma: sono riconoscibili a sinistra una basilica, un acquedotto e il Colosseo, mentre a destra un incendio divampa su monte Mario; il pontefice muove incontro alle orde di Attila mentre nel cielo appaiono i santi Pietro e Paolo armati di spade, in luo­go del vecchio in abiti sacer­dotali di cui parla la tradizio­ne. Nelle intenzioni di Giulio II la 'storia' doveva probabilmen­te alludere alla battaglia di Ravenna; dopo la morte del pon­tefice, però, Leone Magno ri­cevette le sembianze del nuovo eletto Leone X, la cui effigie appariva, già prima della sosti­tuzione, nell'ultimo cardinale a sinistra. L'affresco presenta or­mai lo schema compositivo a-simmetrico che dominerà nel­la Stanza successiva. L'esecu­zione è in gran parte opera di scuola.



STANZA DELL'INCENDIO DI BORGO


Già detta Stanza di "torre Borgia", prese il nome da una delle 'storie' parietali. è la prima dell'appartamento di Giulio II, e venne affrescata dopo quel­le della Segnatura e di Eliodoro, dal 1514 al luglio 1517. Il tema storico-politico vi appa­re sviluppato con intonazione più apertamente encomiastica in quattro episodi

Mentre la decorazione della volta è incentrata sui temi dell'esal­tazione della grazia e della giustizia divi­ne, sulle pareti Raffaello è chiamato a glo­rificare le storie dei papi Leone III e Leo­ne IV, che Leone X considera precursori e propiziatori del proprio pontificato. Qui la narrazione perde i toni di drammatica urgenza politica che avevano infor­mato la seconda Stanza, per distendersi in un'enfasi celebrativa di stampo teatrale, più esibita,

A.    L'incendio di Borgo L'affresco raffigura un episo­dio tratto dal Liber pontificalis Leone IV, impartendo la benedizione, estingue prodigiosamente l'in­cendio divampante nel quartiere romano di Borgo. La storia appare trasposta su un piano di classicismo eroico e letterario, tramite l'inserzio­ne di figure e architetture che alludono chiaramente alla de­scrizione virgiliana dell'incen­dio di Troia. A sinistra è rico­noscibile il gruppo di Enea col padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio a lato; il vicino colonnato corinzio si ispira a quello del tempio di Marte Ul­tore, mentre l'altro edificio sul proscenio, a destra, ricorda il tempio di Saturno;

L'intento dell'opera è quello di ideare un'allegoria politica riferibile a Leone X, che avrebbe voluto essere salutato dai contemporanei come il pacificatore che aveva spento le fiamme della guerra. L'impostazione scenografica e teatrale di­venta qui dominante: il primo piano risulta affollatissimo di episodi e personaggi, mentre l'occhio è condotto verso il fondale architettonico dalle linee prospettiche del pavimento fino a inquadrare una loggia a serliana (cioè con una finestra a tre apertu­re, di cui quella centrale ad arco e le latera­li architravate), dalla quale il papa imparti­sce la propria liberatoria benedizione. Ac­canto è raffigurata la facciata dell'antica basilica di San Pietro, decorata da mosaici. Il primo piano e lo sfondo sono diretta­mente collegati dalla figura di donna ingi­nocchiata che leva le braccia supplicanti in direzione del papa, mentre un altro perso­naggio femminile rappresentato da tergo, la portatrice d'acqua eretta sulla destra, è colto in una posa modernamente sinuosa.

B.   La battaglia di Ostia

L'affresco, allusivo alla cro­ciata contro i turchi vanamen­te invocata da Leone X, raffi­gura un episodio tratto dal Li­ber pontificalis: l'attacco sfer­rato nelle acque di Ostia con­tro le galee pontificie dalla flot­ta araba, che venne però di­spersa da una tempesta (849).

A sinistra, nella figura di Leo­ne IV in atto di render grazie, è ritratto Leone X.

C.   L'incoronazione di Carlo Magno

Raffigura l'incoronazione del­l'imperatore nella basilica va­ticana (800), alludendo forse al concordato stipulato a Bologna nel 1515 fra Leone X e France­sco I di Francia, che sono ri­tratti nei personaggi di papa Leone III e Carlo Magno.

D.    La Giustificazione di Leone III

Il dipinto, esteso ai lati del­ta finestra, raffigura un episo­dio tratto dal Liber pontificalis: Leone III, alla presenza di Carlo Magno e del clero nella ba­silica di San Pietro, si giustifi­ca respingendo le calunnie dei nipoti di Adriano I, mentre dall'alto si odono le parole: 'Dei non hominum est eplscopos iudicare' (23 dicembre 800). Risulta evidente l'allusio­ne alla conferma data nel 1516 dal concilio lateranense alla bolla di Bonifacio VIII Unam sanctam, sanzionante il prin­cipio della responsabilità del pontefice appena di fronte a Dio.



STANZA DI COSTANTINO


Nelle 'vite' di Raffaello il Vasari ricorda che la decorazione della quarta Stan­za, nei Palazzi Vaticani a Ro­ma, commessa da Leone X nel 1517, fu compiuta dagli scolari dopo la morte del maestro: Raffaello eseguì i cartoni e fece preparare una delle pareti per iniziare il di­pinto a olio dopodichè morì.

Nella Sala trova compimento il motivo celebrativo storico-poli­tico già sviluppato nella secon­da e nella terza Stanza. Gli af­freschi principali, simulanti arazzi fissati alle pareti, raffigu­rano il Battesimo di Costanti­no, la Visione della Croce, la Battaglia di Ponte Milvio e la Donazione di Roma al papa. Ai lati, entro nicchie, si trovano immagini di pontefici fra angeli e figure allegoriche.

Nello zoccolo a finto marmo cariatidi sormon­tanti lo stemma dei Medici si alternano a episodi della vita di Costantino, dipinti a mono­cromo simulando bassorilievi in bronzo. I motivi allegorici, gli episodi storici (Pagani conver­titi che distruggono gli idoli, San Silvestro incatena il drago, Costantino torna con la madre da Gerusalemme, San Gregorio compone una omelia), situati negli sguanci delle finestre, fu­rono dipinti da Perin del Vaga. I lavori furono terminati sot­to Clemente VII.

A. La visione della croce

Si ispira, sia nella composi­zione generale, sia in alcuni particolari, al motivo della 'Adlocutio' più volte raffigurato sul­la colonna Traiana. Sul basa­mento da cui Costantino arrin­ga i soldati, prima della batta­glia contro Massenzio, si leg­ge: 'ADLOCUTIO QUA DIVINITATIS IMPULSI CONSTANTINIANI VICTORIAM REPERERE'. Nel cielo appare la Croce con la leggenda in caratteri greci:

B.    La battaglia di Ponte Milvio

La composizione riecheggia estesamente motivi della pla­stica romana; la figura dell'im­peratore è desunta dal rilievo traianeo nell'Arco di Costanti­no. Un edificio in alto a sini­stra raffigura probabilmente vil­la Madama, allora in costruzio­ne su progetti del Sanzio.

C.   Il battesimo di Costantino

L'episodio si svolge in un edificio che richiama da vicino il battistero lateranense; papa Silvestro ha le sembianze di Clemente VII. Sul libro retto dal sacerdote si legge: 'Hodie sa-lus Urbi et Imperio facta est', mentre ai lati, in basso, sono le Iscrizioni: 'LAVACRUM RENASCENTIS VITAE C. VAL. CONSTANTINI' (a sinistra) e 'CLEMENS VII PONT. MAX. A LEONE X COEPTUM CONSU-MAVIT MDXXIIII'

D.   La Donazione di Roma

I pontefici me­dicei fecero porre a conclusio­ne del ciclo storico celebrante il papato l'episodio della Do­nazione. In un edificio che ri­corda la vecchia basilica vati­cana, Costantino offre a papa Silvestro una statuetta del­la dea Roma, simboleggiante la sovranità temporale.

Sulle colonne in primo piano a sinistra e a destra, sono le scritte: 'IAM TANDEM CHRISTUM LIBERE PROFITERI LlCET' e 'ECCLESIAE DOS A CONSTANTINO TRIBUTA'. Nei monocromi in basso sono raffi­gurati il Ritrovamento della Cro­ce, Silvestre I guarisce Costantino dalla lebbra e l'Apparizio­ne dei santi Pietro e Paolo a Costantino ammalato.

E.   La Giustizia

Figura allegorica dipinta a olio presso l'effigie di Urbano I.

F.   La Mansuetudine

Figura allegorica dipinta a olio presso l'effigie di..Clemen­te I.


LE STANZE A CONFRONTO

Se la prima Stanza condensa in scene equi­librate e monumentali la profondità dell'i­deale umanistico conciliatorio tra l'antico e il presente e la seconda esprime la consape­volezza del tramonto di tale temperie, so­stituita dal sentimento dell'irrequietezza e dell'incertezza del presente, la terza propo­ne la ricostruzione di un universo figurati­vo più eclettico in cui ambientare le scene, legato alla crisi politica, morale e religiosa ormai serpeggiante. La storia della quarta Stanza, detta di Costantino (analisi in 16. L'età della Maniera e Venezia], commissio­nata da Leone X a Raffaello nel 1517 ma condotta a termine dagli allievi solo dopo la sua morte (1520), riguarda già un altro capitolo, in quanto preannuncia, sia nella strutturazione complessiva sia nelle impa­ginazioni delle scene di battaglia, gli esiti del Manierismo.



LE LOGGE DI RAFFAELLO


Le Logge costituiscono il se­condo gruppo dell'edificio pro­gettato da Bramante per Giulio Si come prospetto del palazzo di Niccolo III in Vaticano, pro­seguito e compiuto, sotto Leo­ne X, da Raffaello che ne ideò anche la decorazione a stucco e a fresco. La galleria è divisa in tredici campate, ornate nelle volte a padiglione ciascuna da quattro 'storie' a fresco entro cornici a stucco esagonali, ret­tangolari o centinate, con agli angoli decorazioni a grottesche e motivi architettonici in tutte le altre. Le 'storie' delle prime dodici vol­ticelle raffigurano episodi del Vecchio Testamento; quelle del­la tredicesima, episodi tratti dal Nuovo. La decorazione a stucco e a grottesche si sviluppa anche lungo le pareti e sui pilastri; la maggior parte dei rilievi raffi­gura temi mitologici; altri ri­producono opere famose, come il Torso del Belvedere, il San Giorgio di Donatelle, il Giona del Lorenzetto per la cappella Chigi in Santa Maria del Popo­lo; altri ancora rievocano av­venimenti contemporanei della corte pontificia: Leone X che impartisce la benedizione a un prelato nelle Logge, l'elefante Annone ecc. I monocromi del­lo zoccolo riprendono temi bi­blici. Raffaello si limitò a idea­re la decorazione e sovrintese ai lavori, fornendo in qualche caso i disegni.

Gli affreschi soffrirono sia a causa delle intemperie, cui ri­masero esposti per secoli fin­ché l'ambiente non venne chiu­so con vetri nella seconda me­tà dell'800, sia a causa di an­tichi maldestri restauri.

A.   Storie della Genesi (I Volticella).

B.    Storie di Adamo ed Eva (II Volticella).

Raffigurano la Creazione di Èva, il Peccato originale, la Cacciata dall'Eden e il Lavoro dei progenitori.

C. Storie di Noè (III Volticella).

Sono raffigurati la Costruzio­ne dell'arca, il Diluvio, l'Uscita dall'arca e il Sacrificio.

D. Storie di Abramo (IV Volticella). Concernono gli episodi biblici di Abramo e Melchisedech, la promessa di Dio, l'Incontro con gli angeli, la Fuga da Sodoma,

E. Storie di Isacco (V Volticella).

I temi sono: Dio che appare a Isacco, Isacco e Rebecca spiati da Abimelech, la Bene­dizione di Giacobbe, la Primo­genitura a Esaù.

F. Storie di Giacobbe (VI Volticeli).

Raffigurano il Sogno di Gia­cobbe, l'Incontro con Rachele, il Patto con Labano, l'Andata a Canaan.

G. Storie di Giuseppe (VII Volticella).

Di Giuseppe ebreo sono raffi­gurate la Spiegazione dei sogni ai fratelli, la Vendita da parte dei fratelli, la Tentazione da parte della moglie di Putifarre e la Spiegazione dèi sogni al faraone.

H.    Storie di Mosè (Vili Volticella).

Raffigurano Mosè salvato dal­le acque, il Roveto ardente, il Passaggio del mar Rosso e II Prodigio dell'acqua fatta sca­turire dalla rupe.

I.    Storie di Mosè e Giosuè (IX Volticella).

Concernono la Consegna del­le tavole della Legge, l'Adora­zione del vitello d'oro, la Co­lonna di fumo e la Presentazio­ne agli ebrei delle tavole della Legge.

J.    Storie di Giosuè (X Volticella).

Sono raffigurati il Passaggio del Giordano, la Caduta di Gerico, Giosuè che arresta il sole e la luna, la Divisione della ter­ra promessa.

K. Storie di Davide (XI Volticella).

Sono raffigurati la Consacra­zione, lo Scontro con Golia, il Trionfo sugli assiri e la Toletta di Betsabea.

L.    Storie di Salomone (XII Volticella).

Gli episodi raffigurati sono la Consacrazione, il Giudizio, l'In­contro con la regina di Saba e la Costruzione del tempio

M.    Storie di Cristo (XIII Volticella).

Si tratta della Natività.



Caravaggio e La Deposizione di Cristo


Nei primissimi anni del Seicento la fama di Caravaggio è attestata dal cospicuo numero di prestigiose commissioni pubbliche e private che l'artista si vede assegnare sino al momento della fuga da Roma, dopo l'omicidio di Ranuccio Tommasoni (1606). Le pale d'altare di questa stagione, con la loro travolgente carica di novità, testimoniano un fervore creativo e una volontà di sperimentazione assolutamente straordinari, i cui esiti avranno conseguenze profondissime e durature per le successive vicende dell'arte italiana ed europea. Tra il 1606 e il 1610, inseguito dalla condanna a morte in contumacia, Caravaggio è costretto a continui spostamenti dal Lazio

a Napoli, da Malta alla Sicilia e di nuovo a Napoli, sino alla tragica morte a Porto Èrcole. In questo periodo non cessa mai di lavorare, realizzando una mirabile sequenza di opere che influenzeranno le tradizioni artistiche locali, e in cui è riflessa, talora in modo drammatico, la sua condizione di omicida fuggiasco.

Tra le numerose opere del Caravaggio, ricordiamo la cosiddetta Deposizione di Cristo (olio su tela, Roma, Pinacoteca vaticana)

L'opera viene eseguita per la cappella Vittrice nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella, retta dai filippini. L'iconografia del sep­pellimento di Cristo appare rinnovata secon­do un originale spunto figurativo che rag-gruppa i personaggi in un compatto nucleo plastico-cromatico. Sbalzato dalla luce, esso suggerisce l'idea di una pittura-scultura fi colori, volutamente discordanti e accesi con funzione ravvicinante, sono il rosso, il verde, l'arancione, l'azzurro marino) ulteriormente accentuata dal punto di vista ribassato e dall'illusivo protendersi verso l'osservatore del gomito di Nicodemo e della pietra tombale posta di spigolo. La disposizione dei perso­naggi, violentemente investiti dal raggio di lu­ce 'vera' spiovente da sinistra, delinea un di­namico schema a ventaglio, che dalla verti­cale della Maria di Cleofa a braccia levate (un gesto di disperazione che è anche allu­sione alla croce del martirio di Gesù) declina con moto antiorario nella bellissima Madda­lena piangente, nella Madonna solcata di ru­ghe, nel corpulento Nicodemo e nel san Gio­vanni, sino alla luminosa orizzontale del Cri­sto morto, della cui classica compostezza si ricorderà quasi due secoli dopo Jacques-Louis David per il suo Marat assassinato.

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