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Mosca I (Piazza Rossa), 1916




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Mosca I (Piazza Rossa)


Questo dipinto si avvicina allo stile impressionista, in cui vi è l'accostamento di macchie di colori puri e molto vivaci per delineare la città e gli elementi che la costituiscono. Non si tratta infatti di un quadro astratto, poiché l'intenzione dell'autore è stata quella di rappresentare una situazione precisa ed "esteriore": il tramonto del sole che cala su Mosca donando una particolare luce ai suoi palazzi, ai suoi grattaceli, alle ciminiere, ai ponti e agli edifici religiosi. Nel cielo si stagliano alcuni uccelli neri e uno splendido arcobaleno. Al centro si possono notare due figure, forse una coppia di innamorati, che contemplano la scena da una collinetta: quasi degli spettatori all'interno dell'opera stessa.

Se si osserva la tela nella sua globalità, se ne può individuare la costruzione: al centro vi è una zona più chiara e luminosa, mentre le estremità sono più scure. In particolare dagli angoli in alto sporgono degli ammassi di nuvole, da cui si dipartono dei raggi verso la zona centrale.

All'interno dell'area più chiara si trovano le due figure umane, circondate da un alone costituito prevalentemente da due colori: il giallo, che trasmette un'idea di positività ed energia, e il verde, che dà invece un senso di calma e pace. Secondo le indicazioni di Kandinskij, infatti, i colori sono in grado di suscitare delle emozioni nell'osservatore, e in questo dipinto suggeriscono gioia e vitalità.

L'esperienza del tramonto a Mosca segnerà profondamente il pittore russo, e resterà sempre tra i suoi ricordi più forti ed emozionanti, come egli afferma nell'autobiografia Sguardo al passato:


«Mosca si fonde in questo sole in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l'anima intera come una tuba impazzita. No, non è questa uniformità in rosso l'ora più bella! Essa è soltanto l'accordo finale della sinfonia che avviva intensamente ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un'orchestra gigantesca».


In questa descrizione la visione dell'artista si traduce in un'esperienza uditiva, in una 'sinfonia' di colori che ha cercato di trasporre anche nel dipinto. L'andamento delle linee e la ripetizione regolare di alcune forme suggeriscono in effetti un certo ritmo, un certo movimento dal sapore musicale, che richiama suoni gioiosi, esuberanti, maestosi. Tutte quelle ciminiere e quei palazzi allungati potrebbero ricordare i tubi di alcuni strumenti a fiato, oppure di un gigantesco organo.

Kandinskij resterà molto colpito quando, nel 1896, assisterà alla rappresentazione del melodramma wagneriano 'Lohengrin'. La musica suscitò in lui non solo le stesse sensazioni che aveva provato contemplando il tramonto a Mosca, ma anche le medesime immagini. Come se le note avessero disegnato nella sua mente i colori e le forme rimaste impresse in quel lontano ricordo, che sfumava nella dimensione fantastica e fiabesca:


<<I violini, I suoni profondi dei bassi, e soprattutto gli strumenti a fiato, in quel momento incarnarono per me il potere del tramonto. Vidi tutti i miei colori nella mia mente, stavano davanti ai miei occhi. Linee selvagge e caotiche erano abbozzate davanti a me. Oserei dire che Wagner ha dipinto musicalmente quella mia ora.>>


Pittura e musica


La relazione tra musica e pittura è fondamentale per Kandinskij, ed è largamente trattata nelle sue opere teoriche. Spesso egli utilizza termini musicali per parlare dei suoi dipinti: "composizione", "improvvisazione", strutture "melodiche" e "sinfoniche". Nei suoi scritti ricorrono anche numerose metafore che rimandano all'arte dei suoni:


<<Sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si mescolavano>>


<<In generale il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima il pianoforte dalle molte corde. L'artista è una mano che toccando questo o quel tasto mette in vibrazione l'anima umana.>>                        [Lo Spirituale nell'Arte ].


Secondo Kandinskij la musica è "la più immateriale delle arti odierne", in quanto non rappresenta nulla della realtà ma si esprime esclusivamente con un suo linguaggio. Quindi essa è estremamente importante poiché, essendosi liberata completamente dalla forma esteriore e dalla dipendenza dalla natura, è il mezzo più adatto per comunicare emozioni e sensazioni, per interagire cioè con l'interiorità dell'artista e dell'ascoltatore:


<<Le esperienze musicali non sono di ordine acustico, ma puramente psichico>>.


E' proprio per questo motivo che la pittura si deve ispirare alla musica per progredire verso l'astrattismo puro e rendersi consapevole delle possibilità dei propri mezzi, come egli afferma ne Lo Spirituale nell'Arte :


«Con poche eccezioni e deviazioni la musica già da alcuni secoli è l'arte che non ha adoperato i suoi mezzi per ritrarre le manifestazioni della natura, bensì per esprimere la vita psichica dell'artista attraverso la vita dei suoni musicali (). Un'arte deve imparare da un'altra in che modo quest'ultima proceda coi mezzi che le sono propri e deve imparar ciò, per usare poi nello stesso modo i propri mezzi secondo il proprio principio, cioè nel principio che ad essa sola è peculiare».

Teoria dei colori: la sinestesia in Kandinskij


Il rapporto tra pittura e musica non si limita ad una subordinazione della prima alla seconda, ma procede oltre: infatti Kandinskij insiste fortemente sullo stretto legame che intercorre tra suoni e colori. Egli sostiene che le forme e le loro tinte siano dotate di una particolare risonanza musicale: ad ognuno di essi la mente umana è portata a far corrispondere una particolare esperienza acustica, e viceversa. Ne Lo Spirituale nell'Arte egli associa con precisione uno strumento musicale ad ogni colore:

- il giallo è messo in relazione alla tromba (acuta) o al verso del canarino;

- l'azzurro se scuro rimanda al violoncello, se tendente al nero al contrabbasso o all'organo, se chiaro al flauto;

- Il verde è collegato invece ai suoni calmi, lunghi e semibassi del violino;

- il bianco non ha suono, evoca il puro silenzio;

- il nero indica un "silenzio senza avvenire", una "pausa di chiusura", è il meno sonoro, mentre dall'accostamento con lui gli altri colori risuonano maggiormente;

- anche il grigio è privo di risonanza;

- Il rosso può apparire caldo, chiaro e risuonare come una fanfara, oppure freddo e allora rimandare al suono del violino;

- l'arancione è associato alla campana, alla viola, o al contralto;

- il viola è scostante, spento, triste come il suono di corno inglese, zampogna, o fagotto.


Ma non solo: egli individua relazioni anche tra i colori e gli altri sensi. Ad esempio utilizza la separazione delle tonalità in "calde" e "fredde", suddivisione accettata ancora oggi come universalmente valida e insita nella natura stessa del colore, ma che in realtà rimanda a percezioni tattili, non visive. Il pittore russo specifica come i colori "caldi", il giallo ad esempio, tendano ad espandersi verso lo spettatore, mentre quelli "freddi" come il blu, tendano ad allontanarsi dagli occhi, a far sprofondare lo sguardo nella tela, ad immergerlo sempre più a fondo nel quadro. Quindi ad ogni colore corrispondono anche delle sensazioni sensoriali di altro tipo (il pittore russo parlerà, ne Lo Spirituale nell'Arte, di "sapore dei colori") e delle emozioni. Ad esempio il giallo chiaro è inconsciamente associato al limone e ad un sapore aspro, e per questo "rende l'uomo irrequieto, lo punge, lo eccita e rivela il carattere della forza espressa nel colore, che opera sull'animo in modo arrogante ed esasperante", "un'intensità che diventa insopportabile all'occhio e all'animo", o ancora "raffigurazione colorata della demenza, di un eccesso di furore, della follia cieca, del delirio". Invece il rosso appare necessariamente caldo, poiché il nostro cervello lo lega all'idea della fiamma.

In conclusione, Kandinskij sostiene che la percezione di un colore porti con sé, oltre ad una prima impressione visiva puramente fisica, altre sensazioni appartenenti a sfere sensoriali diverse e ad emozioni psichiche, cioè dell'anima.

Ovviamente l'artista non propone queste corrispondenze come regole inderogabili e universali, poiché è convinto che tutte queste concezioni siano relative e che non vi possa essere nulla di preciso e assoluto né nell''arte, né nella realtà. Quindi questa classificazione non va presa come una teoria perfetta e quasi "matematica", ma come un tentativo di delineare le principali associazioni tra colori e tipi di suoni che secondo Kandinskij sorgono spontaneamente in ogni mente umana.

Il concetto di arte monumentale


Benché, come abbiamo visto, Kandinskij sottolinei l'importanza del ruolo della musica, questo non significa che voglia mettere le altre arti in secondo piano. Al contrario, egli vagheggia il raggiungimento di un'unione tra le diverse tecniche che dia origine a quella che lui definisce "arte monumentale".


L'artista russo vede in parte realizzarsi questo suo sogno utopistico in molte opere teatrali di Wagner in cui vi è la commistione di poesia, musica, danza, e pittura.

Nella riflessione kandiskiana sull'arte il processo sinestetico non è quindi solamente un espediente attraverso cui valorizzare particolari proprietà dei colori e degli accostamenti cromatici rilevandone la multisensorialità, come esposto nella sua teoria dei colori, ma è anche una sorta di obiettivo: secondo lui l'evoluzione dell'arte tende alla sinestesia, alla contaminazione tra le diverse sfere della percezione.


Anche oggi si sono sviluppate molte arti che coinvolgono ambiti differenti: basti pensare al cinema (suoni e immagini in movimento) o alla multimedialità.

Sempre più numerosi sono anche gli eventi che promuovono la valorizzazione dell'esperienza multisensoriale: degustazioni accompagnate dalla musica, proiezioni cinematografiche interattive (che aggiungono alle sensazioni uditive e visive anche sensazioni tattili e olfattive), mostre che cercano di coinvolgere più sensi diversi (come il "Dialogo nel buio" installato all'Istituto dei Ciechi di Milano), musei ed esposizioni multimediali.









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