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L'Illuminismo fu un movimento ideologico e culturale del XVIII secolo, esteso a quasi tutti gli ambienti culturali dell'Europa, ma che ebbe i suoi centri d'irradiazione ed i suoi rappresentanti più alti dapprima in Gran Bretagna e poi, soprattutto in Francia. Prende il nome, che è anche quello di «filosofia dei lumi» o di «rischiaramento», dalla riaffermazione vigorosa della ragione e delle sue capacità critiche. Il tema dominante, quindi, è quello del riscatto della ragione dal suo stato di subordinazione.
Le autorità da cui l'intelletto umano deve affrancarsi, riconquistando la propria indipendenza, sono, innanzitutto, la superstizione religiosa e l'intolleranza delle Chiese, il potere arbitrario ed illimitato delle monarchie assolute, il peso opprimente dell'oscurantismo e dell'ossequio alla tradizione. Sono questi i caratteri generalissimi dell'Illuminismo, il quale si colloca non a caso nell'arco di 2 rivoluzioni politiche: la rivoluzione liberale inglese del 1688 e la rivoluzione francese del 1789.
Pervaso dal bisogno di estendere ad ogni campo dell'esperienza umana l'analisi razionalistica, l'Illuminismo conserva tuttavia la lezione appresa dall'empirismo inglese. Il campo d'indagine è rigorosamente delimitato al mondo dell'uomo e della natura: assoluto e reciso è il rifiuto di estendere quest'analisi al di là dei limiti dell'esperienza stessa. Tutto ciò che è oltre l'esperienza si svuota di qualsiasi interesse e cessa di costituire un problema.
Il tipo di conoscenza a cui ci si richiama è quello offerto da Newton. Il modello più alto del sapere non viene più identificato nei grandi sistemi metafisici del XVII secolo (Cartesio, Spinoza, Malebranche, ecc.) ma nella scienza, ed in particolare nella fisica e nella chimica. L'orizzonte intellettuale del tempo è dominato dalla meccanica. Allo «spirito di sistema» caratteristico delle grandi costruzioni della vecchia metafisica, viene opposto lo «spirito sistematico», cioè lo spirito di un'indagine che, pur essendo rigorosa nel metodo, resti tuttavia aperta ai continui apporti dell'esperienza.
Muta così non solo il contenuto dell'indagine filosofica, ma anche la forma. Ai modi dell'esposizione dottrinaria, alla forma chiusa del trattato, subentra l'esposizione agile e chiara di una filosofia la cui preoccupazione principale è quella di essere comprensibile a tutti : esempio classico furono le LETTERE FILOSOFICHE di Voltaire che resero accessibile e popolare la fisica di Newton in tutta Europa.
La teoria della conoscenza dominante è quella dell'empirismo e, più ancora, del sensismo, la cui formulazione più compiuta e coerente è nell'opera di Condillac. Principalmente la teoria consta di pochi ma irrinunciabili punti: tutte le idee dell'uomo si originano dai sensi; queste sono innate, impresse nell'animo umano da Dio e perciò indipendenti dall'esperienza; l'uomo è di per sé come una nuda statua di marmo; il principio che determina lo sviluppo di tutte le sue facoltà è la sensazione, cioè l'azione che esercita su di lui il mondo esterno.
Ma la vera e grande filosofia dell'Illuminismo non è da cercare nella logica o nella teoria della conoscenza, quanto nel campo della riflessione morale, politica e civile in senso lato. Il centro dell'interesse si sposta dalla metafisica alle forme molteplici e varie dell'attività umana. Il mondo dei commerci, dell'industria, della politica ed, in genere, di quello «spirito pubblico» in cui si esprime la mentalità ed il costume di
un'epoca, assurgono ad importanza centrale. Nasce la scienza economica, si indagano le cause che promuovono la ricchezza delle nazioni (in questi senso si indirizzerà Adam Smith), si confrontano e si studiano i costumi e gli usi dei vari popoli, i loro sistemi giudiziari, il grado di libertà di cui vi gode la stampa, i rapporti che vi intercorrono fra i vari ceti sociali. Il mezzo esemplare di diffusione di questo nuovo tipo di sapere fu l'Encyclopédie, il cui primo volume apparve nel luglio del 1751 e che riunì, sotto la direzione di Diderot, uomini come Rousseau, Grimm, D'Alembert, nonché Voltaire e Montesquieu stessi.
Sintomatico è lo spirito nuovo con cui ora viene trattata
la storia: l'interesse viene ora indirizzato alla cernita selezionata, tra i fatti stessi, di quelli più importanti e significativi per delineare una storia progressiva dello «spirito umano». Vengono eliminati i dettagli delle guerre, i negoziati diplomatici, gli eventi della storia dinastica, per far posto a tutti quegli avvenimenti, come scoperte geografiche, navigazione, commerci, ecc., che segnano un acquisto sulla via dell'incivilimento dei popoli, secondo l'ideale storiografico delineato da Voltaire nel suo «Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni». Lo scopo della storia è quindi quello di attingere, al di là delle differenze fittizie indotte negli uomini dalle tradizioni locali, ciò che è fondamentale e comune a tutti. Essi nascono provvisti dalla natura di alcuni diritti inalienabili, i «DIRITTI dell'UOMO»; in questo richiamo alla tradizione giusnaturalistica, che è il vero cemento filosofico di tutto il secolo, ciò che l'Illuminismo tuttavia vi aggiunge di suo è la capacità di mobilitazione intellettuale e l'accento rivoluzionario. La teoria del diritto di natura cui si richiama è quello del «Saggio sul Governo Civile» di Locke. Gli uomini entrano in società per vedere tutelati i loro inalienabili diritti, come la libertà, la proprietà, il diritto di riunione e di parola, la libertà di stampa e di movimento. Con il contratto sociale essi rinunciano ad una parte della libertà incondizionata ed assoluta di cui godevano nello «stato di natura», ma non per divenire sudditi bensì per vedere tutelata e garantita dalla legge la loro sfera d'indipendenza privata, cioè la libertà di disporre di sé e dei propri beni nella sicurezza del diritto. La legge vincola, ad un tempo, i cittadini ed il sovrano e quando quest'ultimo tenti di violare il contratto originario trasformandosi da sovrano legittimo in despota, i cittadini hanno il diritto di opporgli resistenza e di deporlo con un atto rivoluzionario.
Lo Stato non deve avere il potere di sindacare le convinzioni morali e religiose dei cittadini, bensì solo quello di garantire il rispetto della legge e la libera coesistenza degli arbìtri privati. Nell'impossibilità, tuttavia, di riconoscersi più o meno in tutta l'Europa dell'epoca all'infuori che in Inghilterra, l'Illuminismo è portato soprattutto a rivendicare, contro lo stato di cose esistente, la libertà dello stato di natura. Di qui l'idoleggiamento del «buon selvaggio», un tema nel quale confluiscono la reazione alle raffinatezze della vita di corte e della società aristocratica in nome di una morale più semplice e schietta, ed il gusto, tipicamente settecentesco, per i viaggi ed i resoconti sulla vita dei popoli lontani dell' Europa, che è al tempo stesso anche un pretesto per porre in risalto, attraverso le differenze ed i contrasti con la vita di questi Paesi, a volte immaginari, gli aspetti negativi della società civile del tempo. E così problemi come quello della giustizia, che avevano formato argomento di meditazione teologica ancora in Leibniz, si trasformano da questioni concernenti la giustizia divina, in problemi schiettamente politici e terreni.
L'idea è quelle che l'uomo, nato buono, sia stato corrotto dalla società e che, per il suo riscatto, debba esserci, o il ritorno alla natura o la fondazione di una nuova società. Questi due saranno i poli tra i quali oscillerà il pensiero politico del Rousseau, dal «Discorso sull'ineguaglianza» (in cui la libertà si configura come libertà dalla società) al «Contratto Sociale», in cui la conquista delle libertà è affidata invece ad una società nuova che integri organicamente gli individui «in un corpo comune».
In questo contesto prende rilievo anche il concetto della «RELIGIONE NATURALE» e, soprattutto, della tolleranza. La religione naturale è il deismo, cioè l'affermazione di un Essere spirituale supremo, creatore del mondo. Ma di questo Essere, che è il Dio cristiano (anche se liberato da ogni carattere mitologico e dalla dogmatica delle varie Chiese), ci si rifiuta di precisare altro attributo che non sia quello della razionalità. Dio è 'soltanto' l'autore nel mondo fisico, ma, una volta creato, il mondo procede per suo conto, in base alle proprie leggi e senza interventi esterni o miracolistici. Le Chiese, con le loro contese teologiche e la loro intolleranza, manifestatasi drammaticamente nelle guerre di religione, corrompono la fede naturale in superstizione, i lumi del cristianesimo nell'oscurantismo e nel fanatismo delle sette.
Deista e cristiano nella maggior parte dei suoi esponenti, l'Illuminismo giunge all'ateismo aperto solo nelle correnti materialiste di La Mettrie, D'Holbach ed Helvétius, secondo i quali l'uomo è una macchina, un congegno naturale, le cui attività psichiche sono prodotte e determinate dai movimenti corporei, nei quali agiscono e si continuano i movimenti di tutto l'universo. Perciò tutte le facoltà che si dicono intellettuali non sono altro che modi d'essere e d'agire della materia ad un suo determinato livello di organizzazione. Di fronte a queste tesi che, secondo D'Holbach sono dettate dalla ragione e dall'esperienza, i principi tradizionali della religione, come l'esistenza di Dio, l'immaterialità dell'anima, la vita futura, ecc., sono superstizioni che solamente la malafede di una casta sacerdotale ha potuto mantenere in vita.
L'animo umano è un meccanismo le cui molle sono l'interesse, l'ambizione e l'amor proprio. Su queste premesse l'Illuminismo riprende e continua la grande tradizione dei «moralisti», come Vauvenargues, La Rochefoucauld, La Bruyère, ecc., approfondendo lo studio dei caratteri e l'analisi dei moventi dell'agire umano, così da rinnovare completamente l'immaginazione tradizionale dell'uomo e da dischiudere la via a quella forma letteraria nuova e tipicamente moderna che è il «ROMANZO», con la sua costruzione di personaggi e psicologie lucidamente meditate di cui sono tipici esempi i romanzi epistolari del '700 francese e, tra questi, «Les liaisons dangereuses» di Chonderlos de Laclos.
Cade l'ideale rigoristico della virtù come mortificazione dei bisogni naturali e, nell'intreccio degli egoismi, nella ricerca sfrenata dell'interesse personale si scopre la molla della divisione del lavoro, dell'incremento dei traffici, dello sviluppo del commercio e della varia operosità umana: così che quelli che sembrano vizi privati si scoprono pubblici benefici. Per altra via, il vagheggiamento dello stato di natura, della schiettezza e della semplicità dei costumi originari ed incorrotti stimola invece (con Rousseau, Bernardin de Saint-Pierre ed altri) la nascita di una sensibilità nuova, fatta di espansioni entusiastiche e sentimentali, che può considerarsi l'autentico preludio alla sentimentalità dei romantici. Fenomeno multiforme e complesso questo, che abbraccia nel suo arco eventi come la rivoluzione industriale e l'impetuoso sviluppo della scienza moderna.
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