L'ARCHITETTURA DI MARIO
BOTTA: CASE UNIFAMILIARI
Linee marcate che staccano netti profili di una
sagoma che si ritaglia nella natura circostante; superfici scolpite da
geometrie regolari che rimandano il riflesso della luce in un gioco di
vibrazioni luminose; la penombra di un recesso che ti accoglie al coperto e
ancora dall'interno grandi visoni degli spazi che hai appena lasciato,
inquadrato dalle linee semplici di muri, archi, pilastri. L'incontro con uno
degli edifici progettati da Mario Botta suscita in ognuno, sensazioni ed
emozioni profonde. Interrogandoci su queste sensazioni riusciamo a cogliere la
complessità di un segno apparentemente semplice, di un ordine compositivo che
appare scaturito dagli stessi materiali che lo compongono. Da lontano le linee
geometriche dei volumi primari ci avvertono di una presenza inconsueta che
tuttavia appare radicata da sempre in quel luogo, sfidando il tempo e il
contagio di un'umanizzazione del territorio sempre più disordinata e casuale.
Questa sensazione di perennità è merito del Botta che dedica una straordinaria
attenzione al sito ogni volta che si accinge a collocare sul territorio una
nuova casa. Inoltre questa sensazione esprime l'opposizione decisa alla natura
che da sempre contraddistingue ogni atto dell'uomo, con manufatti che rifiutano
ogni compromesso mimetico e di rassegnata accettazione di regole insediative
correnti, resa ancor più evidente dall'uso di forme primarie: il cubo, il
cilindro, il prisma triangolare. Forme attraverso le quali è possibile cogliere
quel 'carattere arcaico del nuovo', identificabile in una quarantina
di edifici nell'arco di un trentennio, quindi una ricerca che affonda le sue
radici nella storia dell'architettura, reinterpretando forme ed elementi propri
della tradizione rurale unitamente ad archetipi e segni della cultura
architettonica. Il tema della casa unifamiliare diviene così l'occasione per
una riconsiderazione dei valori dell'abitazione, della loro origine antica e
del loro impoverimento ad opera della civiltà del nostro tempo. Ognuna delle
case che Mario Botta realizza, contiene gli elementi di questa reinvenzione; in
ciascuna di esse sono ricomposti gli spazi elementari, che riprendono la
semplicità e l'ordine delle costruzioni tradizionali. Una casa che si afferma come
residenza stabile, come rifugio in cui l'architettura 'difende, rassicura,
dura', in opposizione al tipo di residenza della villa, identificato solo
quale luogo rappresentativo di una certa condizione sociale. Attraverso
l'aggiunta di spazi- filtro esterni viene a modificarsi la condizione di rigida
separazione fra interno ed esterno, riproponendo una nuova funzionalità per
l'intero organismo. Le grandi aperture protette e arretrate, così come i
piccoli spiragli e le feritoie che interrompono la continuità dei muri,
divengono punti di osservazione privilegiata sul paesaggio circostante, ne
introiettano la presenza all'interno misurandone l'essenzialità. Questa
relazione con l'esterno viene rafforzata anche dai grandi lucernari posti sulla
copertura e dalla loro continuità, realizzati lungo la sezione longitudinale,
riportandovi oltre la luce anche altri elementi come la pioggia, la neve e la
grandine. Fragili membrature che riconnettono parti solide e ancora compatte:
come un guscio incrinato che si sta dischiudendo,
l'architettura di questi edifici sembra veder contrassegnare la nascita di un
uomo nuovo, in cui l'esigenza di un rifugio, di una protezione, cede il posto a
uno spirito di rinnovata fiducia e apertura verso il mondo esterno.
Architettura saldamente ancorata alla terra del Ticino, alla straordinarietà di
questi luoghi dove le ombre allungate, che la montagna ritaglia sul paesaggio,
rendono la luce una cosa preziosa e indispensabile alla vita. Un'architettura
generata da questa terra, ma un'architettura che sembra travalicare i confini
per divenire il simbolo di una nuova condizione dell'abitare.