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Tra la fine del V secolo e gli inizi del IV secolo a.C., Roma era una città-stato arcaica: il suo ordinamento sociale, con l'aristocrazia dominante, da una parte, ed il popolo politicamente ed economicamente subordinato, dall'altra, si basava sul principio di ordo, ed il suo territorio si limitava ad un'area modesta.
I cambiamenti nella struttura della società romana, a partire dalla caduta della monarchia e dall'inizio della lotta tra gli ordini, avevano spinto Roma alle soglie di una nuova epoca. Il popolo non era più una massa politicamente minorente, bensì si era unito in un ordine con crescente identità e poteva registrare una serie di conquiste politiche. Si era realizzata una profonda articolazione sociale in base alla differenziazione delle condizioni di proprietà, che andava dai ricchi proprietari terrieri fino ai contadini poveri ed ai proletari nullatenenti, passando per gli artigiani ed i commercianti ricchi.
Verso il
Questa accelerazione del processo storico si concretizzò a partire dai primi decenni del IV secolo a.C., con la conseguenza che la struttura sociale dello Stato romano si modificò. A causa dell'incremento della popolazione, il numero dei senza terra era cresciuto e l'ampliamento del territorio romano dopo la conquista di Fidene e di Veio non aveva placato la scontentezza dei poveri: la terra conquistata, infatti, fu occupata dai ricchi proprietari terrieri. Crebbe anche la scontentezza della plebe: la fanteria pesante, formata dai plebei ricchi, aveva dato l'apporto decisivo alle guerre vittoriose e pretendeva un peso politico adeguato.
Nel
La riforma decisiva fu attuata nel
Il processo legislativo della repubblica fu un inarrestabile flusso di riforme sociali e politiche in favore della plebe. I provvedimenti seguirono due direzioni:
da una parte si fece in modo di eliminare la condizione di necessità economica dei plebei poveri;
dall'altra si trattò di attuare l'uguaglianza politica del popolo con i patrizi, che significava la fusione dei gruppi dell'élite plebea con i discendenti dell'antico patriziato.
Col le leggi Licinie-Sestie, i debiti furono parzialmente cancellati; fu deciso, inoltre, che nessuno poteva disporre di un fondo superiore ai 500 iugeri sulla terra pubblica.
La politica che prevedeva la distribuzione di
terra poté essere avviata dopo il
La maggior parte degli sforzi riformistici di
questo periodo mirarono alla parità
politica dei plebei. Per la plebe era importante rafforzare la propria
difesa contro l'arbitrio delle autorità statali. Il tribuno della plebe Gneo Flavio promulgò, nel
La strategia dell'élite plebea era stata quella di istituire cariche specificatamente
proprie. Essi avevano ottenuto la possibilità di arrivare a coprire anche le
cariche riservate ai patrizi. I tribuni
militari, la cui istituzione fu introdotta nel
L'élite
plebea volle migliorare anche la propria posizione in senato. Con la lex
Ovinia fu stabilito che i censori potevano rinnovare il senato: durante
ogni censura, dunque, il senato poteva essere rinnovato con plebei abbienti ed
influenti. I senatori plebei furono equiparati a quelli patrizi, poiché ai conscripti
fu concesso il pieno diritto di voto. Durante la censura di Appio Claudio Cieco, nel
A partire dalla lex Publilia (
La vittoria dei plebei significò l'abolizione delle delimitazioni di ordine tra patrizi e plebei, ma senza aprire la strada ad una società egualitaria; creò i presupposti per un'ulteriore differenziazione sociale. I plebei dovevano la vittoria alla loro decisione, alla coerente alleanza politica tra plebei ricchi e poveri, alla disponibilità al compromesso dell'aristocrazia, sotto la pressione della politica estera, ed all'interesse comune a tutti i gruppi di risolvere i problemi sociali tramite l'espansione.
Non solo il processo di riforma del sistema sociale romano per mezzo della legislazione fu
contemporaneo all'espansione del dominio
romano, ma fu organicamente intrecciato a questo sviluppo territoriale. Lo
Stato romano fu in grado di superare le conseguenze della disfatta subita ad
opera dei Galli, nel
Le cause di queste guerre di conquista stavano nella necessità di risolvere i problemi interni della società romana con l'ampliamento del territorio. Aveva una ragione analoga l'impulso dei Sanniti e dei loro alleati ad espandersi fino alla regione costiera tra Roma e Napoli, che contrastava gli interessi romani.
I successi di Roma erano dovuti non soltanto alle capacità militari e diplomatiche dei generali e dei politici romani, ma anche alla superiorità della società romana rispetto all'ordinamento sociale della maggior parte delle popolazioni e delle tribù italiche. L'esercito romano poteva contare sull'appoggio di centri di rifornimento e di equipaggiamento urbani.
Con la concessione della cittadinanza romana, Roma dette la possibilità di far parte del suo sistema socio-politico alle diverse tribù e popolazioni italiche. La penisola appenninica fu una rete di comunità con diversa posizione giuridica sotto la sovranità romana: oltre agli "alleati" con sovranità nominale (socii), c'erano comunità di "semi-cittadini" con cittadinanza romana senza il diritto di partecipazione all'elezione dei magistrati romani (civitates sine suffragio), colonie della Lega Latina sotto la guida di Roma (coloniae Latinae), comunità con una popolazione locale, che avevano cittadinanza romana ed autonomia comunale (municipia), colonie romane (coloniae civium Romanorum). La concessione della cittadinanza romana assicurava la base per l'incremento del manpower romano e per l'unificazione della penisola in un quadro statale.
Grazie alla legislazione riformista ed all'ampliamento del dominio di Roma, in Italia si verificò un cambiamento nella struttura sociale romana. Le riforme accelerarono un nuovo tipo di differenziazione della società. I legami gentilizi, alla base delle strutture arcaiche, furono conservati grazie alle clientele ed ai culti privati, e furono in grado di influenzare il rapporto tra singole persone e gruppi; tuttavia, non costituirono più il principio determinante per l'articolazione della società. L'origine patrizia non fu più il criterio decisivo per la determinazione della posizione dirigente all'interno della società. Il sistema a due ordini formato da patres e plebs fu sostituito da un nuovo modello sociale. Il nuovo strato sociale superiore era composto dai discendenti dell'antica aristocrazia di nascita e dalle famiglie dell'élite plebea, unite da legami famigliari. I componenti di questo strato sociale superiore dovevano la loro posizione dirigente alle funzioni di potere; essi godettero di un grande prestigio personale. Al di sotto di questo strato superiore, c'erano diversi strati di popolazione divisi secondo la grandezza e la natura della proprietà e secondo la posizione giuridica: contadini ricchi, piccoli artigiani e commercianti, piccoli coltivatori diretti e lavoratori agricoli che dipendevano dai ricchi proprietari terrieri, liberi e schiavi. L'introduzione di questo modello significò la dissoluzione della struttura sociale arcaica e che le tensioni del nuovo ordinamento sociale non potevano più essere limitate ad un conflitto tra nobiltà e popoli. Poté iniziare, dunque, una pausa di relativa pace.
Evidenti furono le conseguenze delle guerre di conquista. L'interesse verso l'espansione costrinse all'accordo i gruppi sociali romani, i successi dell'espansione permisero la soluzione dei problemi sociali a spese di terzi, ebbero la capacità di smorzare le tensioni sociali e vanificarono il pericolo di un cambiamento violento. Il modello dell'ordinamento sociale romano fu trasferito in un sistema statale, in cui c'erano molti altri centri urbani con territori propri; sistemi sociali locali diversi furono incorporati in questo Stato.
l'ordinamento sociale romano nel III secolo a.C.
L'esito del conflitto tra gli ordini e l'espansione della potenza di Roma nella penisola italica determinarono il cammino che la società romana seguì nel suo successivo sviluppo. Tre condizioni emersero dal cambiamento:
Tanto lo sviluppo interno del corpo cittadino romano quanto il successo dell'espansione portarono nella struttura economica dello Stato romano, ed anche in quella sociale, una differenziazione più netta.
L'ordinamento sociale della Roma del III secolo a.C. non fu più sostenuto dalla popolazione di una singola comunità urbana, ma da una popolazione di parecchi milioni di persone, e questo ordinamento sociale abbracciò gruppi sociali eterogenei.
La vittoria politica dell'élite plebea non aveva prodotto la democratizzazione dell'ordinamento sociale, bensì la formazione di una nuova aristocrazia con solido potere.
Nel III secolo a.C., si formò a Roma un sistema sociale aristocratico, il cui
sviluppo fu accelerato dalla vittoria romana nella Prima Guerra Punica (264-
Nel IV secolo a.C., Roma era uno Stato
arretrato basato su un'economia agricola,
nel quale la popolazione viveva di agricoltura e di allevamento e la proprietà
terriera era la più importante fonte ed il principale segno di ricchezza. Artigianato e commercio avevano un ruolo limitato; venivano usati mezzi di
scambio arcaici. Contestualmente all'espansione dello Stato romano,
artigianato, commercio ed economia monetaria ebbero una funzione di rilievo
nell'economia e portarono al rafforzamento dei gruppi sociali attivi in questi
settori. In seguito ai suoi sforzi nella Prima Guerra Punica, Roma divenne una potenza marittima, che promosse
l'espansione economica nel Mediterraneo occidentale. L'indizio più chiaro di
questa trasformazione nella struttura economica romana fu l'introduzione della coniazione di monete, nel
L'ordinamento sociale romano del III secolo a.C. si basava sull'insieme della popolazione della penisola italica; la popolazione era eterogenea dal punto di vista etnico, sociale e culturale e rendeva impossibile le semplici articolazioni sociali di un ordinamento arcaico. La società romana del III secolo a.C. si doveva essere sviluppata grazie a condizioni nuove.
La popolazione fu riunita in un ordinamento sociale aristocratico. La vittoria politica della plebe era stata una vittoria di quei gruppi dell'élite plebea che, a partire dal V secolo a.C., avevano aspirato all'integrazione nello strato dirigente e che non aveva mai cercato l'eliminazione del potere aristocratico, bensì la partecipazione a questo potere. Anche per le masse dei plebei poveri, la partecipazione politica era stata un obiettivo, in quanto per questa strada essi volevano raggiungere un'adeguata partecipazione alla divisione della terra pubblica. Il sistema clientelare rimase intatto: fu rafforzato dai legami tra gruppi popolari inferiori e famiglie plebee socialmente salite in alto.
La struttura della società romana del III secolo a.C. fu caratterizzata da una stratificazione diversa da quella precedente e da nuovi rapporti tra i singoli ordini. L'articolazione della società si basava sui privilegi di nascita, ma anche su capacità personale, proprietà terriera, denaro, influenza politica derivante dall'appartenenza al senato e accesso alle magistrature; avevano un ruolo anche la posizione giuridica legata alla cittadinanza ed alla libertà personale, l'attività ed i rapporti politici delle comunità italiche con Roma. Le tensioni sociali tra i singoli strati mutarono di natura: si svilupparono nuovi contrasti, come la lotta tra strato dominante e gruppi proletari, tra Romani ed alleati, tra padroni e schiavi. Questi contrasti, tuttavia, non riuscirono a fare esplodere gravi conflitti interni.
L'aristocrazia senatoria dominante costituiva un ristretto vertice di tutto il corpo cittadino. All'interno di questa aristocrazia c'era un gruppo di vertice, cioè la nobiltà, dotata del più alto prestigio, di influenza politica decisiva e della coscienza di questa posizione eminente: venivano considerati viri nobiles i senatori eminenti e le loro famiglie, i titolari del consolato ed i loro discendenti. Al tempo della Seconda Guerra Punica, un rappresentante tipico di questa cerchia fu Quinto Fabio Massimo Verrucoso, il Cunctator, censore, cinque volte console, due volte dittatore, consapevole della tradizione della sua gente, la cui origine egli faceva risalire ad Ercole, ma nello stesso tempo non insensibile alle nuove correnti di pensiero.
Accanto a genti patrizie di questo genere ve ne erano di plebee che, dal tempo delle leggi Licinie-Sestie, ricoprivano il consolato. Non c'era più una netta distinzione tra famiglie plebee e famiglie patrizie. Dagli ultimi decenni del IV secolo a.C., furono ammesse nell'aristocrazia senatoria di Roma anche famiglie eminenti di diverse città romane e latine d'Italia.
L'aristocrazia senatoria era separata dagli altri ordini della società in virtù di privilegi, sfera di attività, proprietà e ricchezza, prestigio e coscienza della propria identità collettiva. Mostrò di avviarsi verso la formazione di un ordine, ma non sollevò alcuna pretesa di esclusività. Lasciò aperta la possibilità che discendenti di famiglie non senatorie fossero ammessi nella sua cerchia; questi homines novi potevano anche raggiungere il consolato. Un homo novus fu Caio Flaminio, che fece approvare nuove misure in favore dei contadini ed entrò in conflitto con i suoi pari a causa delle sue idee politiche e religiose. Generalmente, tuttavia, gli homines novi assimilavano le idee conservatrici di questa aristocrazia: Marco Porcio Catone, figlio di un cavaliere di Tusculo, secondo Cicerone fu il migliore esempio di questo processo.
La posizione dirigente dell'aristocrazia nella società derivava dal fatto che i suoi membri determinavano la politica: questi provvedevano i magistrati, formavano il senato e controllavano l'assemblea popolare grazie all'influenza esercitata sui clienti. L'ingresso nelle magistrature divenne un privilegio dell'aristocrazia: soltanto i suoi componenti, infatti, avevano la ricchezza necessaria per aspirare ad una carica con un'adeguata propaganda elettorale.
Polibio, un ammiratore della costituzione della repubblica romana, pensava che la forza dei Romani stesse nell'unione di forme di potere monarchico, aristocratico e democratico, nel sistema di magistrati, senato ed assemblea popolare; in realtà, tuttavia, dominava l'aristocrazia.
Non furono soltanto potere politico e manipolazioni in favore dell'aristocrazia senatoria a far sì che la società romana fosse tenuta unita dal dominio dell'aristocrazia. L'aristocrazia senatoria forgiò l'identità collettiva dell'essere romano, che legò gli strati liberi del corpo cittadino all'idea di uno Stato sostenuto collettivamente dalla società, all'idea della res publica come di una res populi. La base spirituale di questa idea dello Stato fu la religione. Il contenuto di questa religio, del giusto rapporto con gli dei, lo determinava l'aristocrazia: dai suoi membri venivano i sacerdoti, incaricati di investigare la volontà divina e di definire le norme religiose.
Il giusto criterio di pensiero e di condotta fu il mos maiorum, il comportamento degli antenati, espresso nelle loro grandi imprese; il ricordo di queste imprese e la loro imitazione erano la garanzia della continuità dell'idea di Stato. Il modello di comportamento espresso in queste imprese era il modello di pensiero e di comportamento dei senatori: gli uomini che avevano le imprese del passato erano i loro avi, e la loro gloria assicurava prestigio ai loro discendenti.
La posizione guida dell'aristocrazia
senatoria sarebbe stata inconcepibile senza la base economica per l'egemonia
dell'aristocrazia. Questa base fu la proprietà
terriera: l'aristocrazia senatoria costituì lo strato dei proprietari
terrieri più ricchi all'interno della società romana. L'estensione del dominio
romano sul suolo italico e l'espansione romana nel Mediterraneo occidentale
aprirono ai senatori la possibilità di conseguire nuovi guadagni con commercio,
attività imprenditoriali ed economia monetaria. Nel
Nel corso del III secolo a.C., aumentò il numero dei commercianti e degli artigiani ed anche l'importanza sociale di questi gruppi; per quanto riguardava il loro prestigio sociale, tuttavia, essi rimasero in una posizione inferiore rispetto all'aristocrazia senatoria. Le guerre contro Cartagine accelerarono la formazione di un vasto strato di artigiani e commercianti. Si profilò uno sviluppo che, nel II secolo a.C., portò alla nascita di uno strato sociale di facoltosi imprenditori, commercianti e banchieri, che contribuì alla formazione dell'ordine equestre.
La maggioranza della società romana era
composta di contadini. Con il proseguimento della colonizzazione romana, i più
poveri e le masse proletarie poterono essere provvisti di terra. Gli strati
superiori e medi del corpo contadino garantirono il dominio romano nei
territori conquistati ed ebbero un ruolo decisivo nell'esercito romano.
L'istituzione delle ultime tribù romane,
nel
La conseguenza politica del rafforzamento
economico e sociale di questi strati contadini fu la riforma dell'assemblea popolare, nel
I liberti avevano uno stato giuridico inferiore rispetto a quello dei contadini liberi. Le famiglie dirigenti romane emancipavano molti schiavi; questi liberti, entrati in possesso della cittadinanza romana con la manomissione, appoggiavano nell'assemblea popolare gli obiettivi politici dei loro patroni, cui erano utili anche con le loro prestazioni economiche e personali.
Dopo la disgregazione dell'ordinamento sociale arcaico, gli schiavi occuparono la posizione più bassa nella società romana. Gli schiavi poterono essere utilizzati come forza lavoro nelle terre dei proprietari terrieri, ma anche in quelle dei contadini ricchi. Crebbe l'importanza del commercio degli schiavi con altri popoli e Stati. Le continue guerre avevano permesso ai Romani di ingrandire il loro patrimonio di schiavi con l'asservimento di prigionieri di guerra. Spesso i prigionieri venivano rilasciati dietro un riscatto in denaro. Tuttavia, prima della Seconda Guerra Punica, la società romana era lontana dal basare la propria produzione economica sul lavoro servile. Solo per il periodo della Seconda Guerra Punica ci sono testimonianze di una massiccia utilizzazione di schiavi nell'economia. Conseguentemente all'importanza limitata della schiavitù nella Roma del III secolo a.C., non si arrivò ad alcuna grande rivolta di schiavi.
Nel III secolo a.C., l'aristocrazia romana era sufficientemente forte da tenere uniti sotto il proprio sistema di dominio tanto i diversi strati della società romana quanto la penisola italica.
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