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LA SFIDUCIA RITROVATA. Etnografia di un villaggio postsocialista della Slovacchia meridionale di Davide Torsello




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LA SFIDUCIA RITROVATA. Etnografia di un villaggio postsocialista della Slovacchia meridionale di Davide Torsello


  1. INTRODUZIONE.

I.      Introduzione.

Descrivere il postsocialismo come il complesso dei mutamenti sociali, economici, politici e culturali che hanno fatto seguito alla caduta del Muro di Berlino e al crollo del socialismo di Stato (in Cecoslovacchia, il 17 novembre 1989) costituisce l'approccio di base su cui il lavoro si sviluppa. La storia degli eventi che hanno investito la metà orientale del continente europeo a partire da questa data è inscindibilmente legata a quello che esisteva prima. Non esisterebbe alcun postsocialismo senza il socialismo, con le sue rigide strutture di regime, le sue inconsistenze e le differenze nazionali seppur celate sotto un'idea di compattezza e unitarietà. Questo lavoro si propone, dunque, di fare uso del presente per descrivere la storia, quella che l'etnografo non ha potuto osservare, ma che appare presente e vivida nei racconti ed ancora più negli atti quotidiani delle genti dell'Europa orientale. L'analisi del postsocialismo come paradigma teoretico ha alcuni vantaggi importanti:

il postsocialismo è tale solo perché si impianta sull'esperienza del regime totalitario precedente

proprio a causa delle forti discontinuità che i mutamenti degli anni 90 hanno introdotto in questi Paesi, non ci si sarebbe potuto attendere un totale rifiuto di quello che c'era prima nel nome della democrazia e dell'economia di mercato

la nostalgia per il passato è fondata parallelamente sul disincanto di un presente che non è rose e fiori e sulla consapevolezza che, sotto il socialismo, tra limitazioni di pensiero e censura, si stava discretamente bene

In questo modo, narrare il postsocialismo diventa compito meno arduo nel momento in cui si riconosce che esso costituisce per gli attori locali un confronto con il loro passato, l'interpretazione che essi ne danno e l'uso che di esso fanno per sopravvivere nel presente.


II.    Il villaggio e la sua storia.

Králová è situata nella parte sudoccidentale della Slovacchia, a 47 km di distanza dalla capitale, Bratislava. La comunità si trova in una regione che ha subito, nel corso della storia, profondi e improvvisi cambiamenti geopolitici (Regno Ungherese > Repubblica Cecoslovacca). Infine, nel 1993 la Slovacchia ha divorziato, pacificamente, dalla Repubblica ceca venendo a costituire uno dei più giovani paesi dell'area centro-orientale. Králová è un villaggio 'atipico' della Slovacchia postsocialista essendo composto etnicamente per oltre l'80% da ungheresi.


III.  Metodologia.

Questa ricerca è basata sull'indagine sul campo svolta nel periodo da maggio 2000 a settembre 2001. La scelta della comunità è stata influenzata dal legame personale dell'autore con la Slovacchia, che gli ha consentito di vincere le iniziali diffidenze e penetrare lentamente nella comunità. Nella prima fase della ricerca l'autore ha compiuto numerosi viaggi a Praga, Bratislava e Budapest per ottenere documentazione etnografica e storica sulla regione. Il resto del periodo è stato trascorso interamente nel villaggio. Qui l'autore ha partecipato alla vita ordinaria della gente, aiutando nei lavori agricoli e di cura degli animali, prendendo parte agli eventi sociali, culturali e religiosi della comunità. Per quanto concerne la parte storiografica, l'autore si è servito di musei e archivi locali e nazionali per ricostruire il passato del villaggio. Altro importante metodo di collezione di dati è stata la stesura di un questionario, basato su un campione scelto a caso di 100 famiglie. Non soltanto la compilazione del questionario ha fornito prezioso materiale quantitativo di supporto alla ricerca, ma ha anche prodotto occasioni importanti per penetrare negli ambienti domestici degli intervistati e scambiare opinioni e idee sulla loro realtà sociale. Tuttavia, la parte più consistente dei dati raccolti è quella che deriva dall'osservazione delle pratiche quotidiane, dialoghi, commenti e racconti del tempo che fu.


IV. Obiettivi.

Il complesso dei mutamenti che hanno caratterizzato la svolta storica del 1989 è stato descritto come contraddittorio e ricco di sfaccettature. Una ricca letteratura nelle scienze sociali ha stabilito la pretesa che il postsocialismo costituisca un ramo di studi indipendente. Questo perché si avverte il bisogno di premesse generali. Tali premesse sono necessarie, ma non esaustive, in quanto la complessità della trasformazione postsocialista guida l'analista molto al di là di quei rigidi schemi del sapere occidentale che tendevano (e purtroppo spesso ancora tendono) ad identificare l'Europa orientale come un unico blocco culturale. È soltanto cogliendo le sfumature locali che si possono comprendere in pieno le strategie che la gente adotta per far propria la trasformazione ed adeguare il passato al trattamento critico del presente. Questo lavoro ha per obiettivo l'esame delle strategie che la gente di una comunità rurale della Slovacchia meridionale adotta con il semplice scopo di sopravvivere alla trasformazione postsocialista. La fase storica presente assume significato analitico soltanto se messa in relazione con il passato attraverso le conoscenze, esperienze e interpretazioni che la gente dà della storia. La tesi principale è che vi sono 2 linee strategiche che si rivelano particolarmente efficaci per adattarsi alla forza dei mutamenti attuali:

l'investimento nelle risorse e reti sociali

l'ambivalenza tra idee e azioni

Si tratta di linee di condotta strategicamente definite dagli attori in quanto sono scelte intenzionali, e non casuali, mirate a perseguire uno scopo ben chiaro, quello di ottenere il meglio dalla trasformazione postsocialista. Queste 2 strategie servono a rendere estremamente flessibile il campo di risposta alle situazioni di incertezza e instabilità che hanno caratterizzato gli ultimi 14 anni di storia. Dal punto di vista dell'osservatore, si nota un forte grado di ambiguità e inconsistenza tra quello che la gente dice, pensa (o dichiara di pensare) e le sue azioni; senza che ciò comporti una caduta della reputazione o del giudizio sociale. Ciò si esplica in particolare nelle modalità dei rapporti tra individui e istituzioni locali. La mia tesi è che questo costituisce una strategia che la gente di Králová ha sviluppato nel tentativo di adattarsi all'incertezza del presente e di perseguire i propri interessi pur senza causare la rottura delle relazioni sociali. I rapporti interpersonali, infatti, costituiscono per la gente del villaggio uno dei più preziosi beni pubblici e privati. Questa visione conduce alla seconda linea strategica, l'importanza di investire nelle reti sociali. Gli attori dimostrano di comprendere l'importanza che la solidarietà, la fiducia e la mutualità delle azioni tra individui hanno assunto con la caduta del regime precedente. Saper gestire adeguatamente i rapporti interpersonali offre, a volte, maggiori possibilità di profitto che investire in risorse economiche. L'idea che i rapporti e la fiducia interpersonale costituiscano una fonte da cui attingere le risposte all'instabilità dei tempi, non è però un fenomeno nuovo nel villaggio. La forza del socialismo era nel suo saper combinare ideologia politica con umanità e interesse per la persona. Le istituzioni socialiste erano profondamente improntate sui rapporti faccia a faccia, scevre quindi di quell'impersonalità ed astrazione che caratterizzano la burocrazia democratica e capitalista. Nonostante i limiti alla libertà individuale, il cittadino socialista aveva delle certezze, ed esse gli permettevano di darsi da fare nella realtà quotidiana. Una di queste certezze era che il sapere gestire rapporti e conoscenze era uno dei più validi mezzi per perseguire scopi. In questo senso, l'importanza che la gente di Králová attribuisce oggi alle reti sociali non costituisce novità, ma è profondamente radicata nel passato socialista. Quello che è nuovo è, invece, il valore che la fiducia ha rivestito per delineare i rapporti tra individui e, tramite loro, verso le istituzioni e organizzazioni formali. La fiducia è interpretata come il tramite tra le 2 linee strategiche. Fidarsi è diventato d'importanza fondamentale nella Králová di oggi. Ciò accade non tanto perché il socialismo abbia distrutto le basi della fiducia sociale, ma perché l'instabilità dei tempi richiede oggi maggiori certezze che solo la fiducia (e la sfiducia) può offrire. Esprimere le proprie idee e manifestare aperta sfiducia verso istituzioni pubbliche non significa necessariamente tagliare i rapporti con esse, bensì esprimere la volontà di cercare altre strade, tramite rapporti personali, con cui accedere a tali istituzioni.


V.   La questione postsocialista.

La maggior parte delle ricerche nelle scienze sociali concorda sulla tesi che fare uso del termine 'postsocialismo' costituisca un modo per descrivere la realtà attuale dell'Europa orientale. Anche il richiamo fatto di recente da alcuni antropologi ad evitare il termine perché ormai divenuto obsoleto e in disuso, non sembra convincere. Uno dei dibattiti che ha suscitato maggior attenzione teoretica nella prima metà degli anni 90 è stato quello sulla definizione di questa fase storica come 'transizione' o 'trasformazione'. I sostenitori della prima tesi, per lo più economisti e politologi, si basano sull'idea base che, abbandonato quello che di malvagio e malfunzionante ha costruito il socialismo, bisognasse costruire ex novo per avviare la democrazia e l'economia di mercato. Criticamente verso questo approccio si pone quello, sostenuto in prevalenza da antropologi e sociologi, che nega la possibilità che questi paesi si siano mossi seguendo uno sviluppo lineare che porta dal socialismo al capitalismo

da un parte, la complessità dei cammini intrapresi dai Paesi e, all'interno di essi, dalle singole regioni, spiega come l'idea della trasformazione calzi meglio con la realtà orientale

dall'altra, l'emergere di sentimenti nostalgici verso il socialismo di Stato, l'affermarsi di problematiche sociali come disoccupazione, corruzione, povertà, intolleranza etnica e religiosa, insieme al senso generale di smarrimento e disintegrazione dei legami interpersonali, sono testimoni inconfutabili dell'inadeguatezza del paradigma della transizione.

Non si tratta della legge del più forte, ma del più abile a modificarsi e a differenziare le proprie risposte (includendo in esse fallimenti ed errori) divenendo il più adatto a sopravvivere alla forza dei cambiamenti. È nella 'organizzazione della diversità' che va ricercata la chiave per la ristrutturazione istituzionale in Europa orientale. Questo paradigma offre diversi spunti di applicazione:

ad un livello strutturale, il ricombinare vecchie istituzioni e organizzazioni formali originarie del regime precedente può servire a ridurre i costi di ristrutturazione

anche nella ristrutturazione di reti sociali e rapporti interpersonali va ricercata una delle formule vincenti per affrontare instabilità e incertezza del presente

il sistema economico socialista ha avuto tra i meriti quello di decentralizzare la produzione dopo aver nazionalizzato le risorse. È proprio nella differente posizione delle realtà locali, messe in grado di sviluppare poli economici distinti e indipendenti con la restituzione della proprietà privata, che si inquadrerebbe una ripresa economica dei paesi orientali. Tutto questo diventa possibile se le realtà locali fanno accurato uso di reti, relazioni ed eredità sociali che il regime precedente ha lasciato loro


VI. Il concetto di fiducia.

Il ruolo della fiducia all'interno delle relazioni interpersonali costituisce una delle caratteristiche precedenti alla società umana. Quella della fiducia è una nozione relativamente nuova nelle scienze sociali. Fu, infatti, soltanto in seguito a lavori sociologici sul concetto di ordine sociale che la fiducia divenne un concetto studiato all'interno di paradigmi di interazione sociale. Da allora una vastissima letteratura ha preso questo concetto come tema da sviluppare per comprendere modalità d'interazione sociale, forme di sviluppo economico, coesione politica e mutamento sociale. Alcuni studiosi hanno messo in relazione la fiducia con la crescente complessità, l'incertezza e il rischio nella società contemporanea. Sulla base di alcuni dei numerosi approcci teoretici alla fiducia si possono trarre alcune premesse sull'applicazione della nozione:

ha sempre un oggetto e un dominio di applicazione. L'azione del fidarsi necessita almeno di 2 parti sociali in relazione tra loro rispetto ad un fine

è variabile nel tempo. Sebbene ci possa essere continuità nelle forme e nelle caratteristiche della fiducia generalizzata, essa tende ad assumere forme e valenze differenti in relazione a mutate condizioni esterne

racchiude in sé aspettative ed obblighi. Ogni qualvolta l'atto del fidarsi sia implicato in un rapporto tra 2 o più individui si creano obblighi (da parte di chi è soggetto di fiducia) e aspettative (da parte di chi si fida)

l'atto del fidarsi ha valenze tanto oggettive quanto soggettive. Poiché è rivestita da caratteristiche umane legate alle emozioni e alla psicologia, la fiducia si costruisce ad un livello personale e impersonale

la fiducia può essere diretta verso individui o verso entità astratte

è un giudizio del rischio in condizioni di incertezza. Qualora non ci sia incertezza (e rischio) si tratta di un problema di confidenza e non di fiducia

un'eccessiva presenza di fiducia può risultare dannoso al pari dell'eccesso di sfiducia. La fiducia cieca può esprimere passività e incapacità di giudizio, mentre anche la sfiducia può perpetuare un certo tipo di ordine sociale

Il concetto di fiducia ha acquisito importanza in seguito alla trasformazione postsocialista e all'incertezza delle condizioni economiche e sociali del villaggio. Un membro della comunità ha sottolineato come in passato la fiducia fosse sempre in gioco nel momento in cui ci si doveva rivolgere a qualcuno, ma oggi è molto difficile fidarsi, e ancora più difficile essere oggetto di fiducia. Secondo alcuni teorici della trasformazione postsocialista, il peso di pratiche e strutture di potere ereditate dal periodo socialista impedirebbe il corretto funzionamento delle nuove democrazie e delle giovani economie di mercato. La gente, disorientata dall'incertezza generale, tenderebbe a chiudersi nei ristretti ambiti sociali della famiglia e del gruppo di parentela, privilegiando le reti familiari a qualsiasi altro tipo d'interazione sociale. Questo lavoro si pone criticamente di fronte a queste tesi adottando il concetto di fiducia come nesso tra le sfere sociali ed economiche all'interno delle quali va posizionato il mutamento postsocialista.

Per costruire uno strumento analitico utile a descrivere processi e fenomeni sociali, il concetto di fiducia necessita di essere messo nel contesto di idee e pratiche locali. La tesi dell'autore è che sia utile considerare la fiducia come costruita su 3 livelli: uno razionale o strumentale, uno morale e uno emozionale. Ognuno di questi libelli non costituisce un polo a sé, ma essi sono intrecciati nell'ambito delle strategie e delle scelte che l'individuo persegue nel corso della sua esistenza sociale.

Poiché il rapporto tra questi 3 livelli può essere colto soltanto concentrandosi sull'interpretazione delle pratiche locali e delle idee che sono alla base di esse, può essere utile integrare il risultato dei rilevamenti sul campo con dati quantitativi che esprimono esattamente le opinioni degli individui.

La fiducia dev'essere analizzata come un concetto dinamico, in mutamento a seconda dei modi in cui gli individui percepiscono la sua utilità e rilevanza nella vita di ogni giorno. È naturalmente problematico affrontare questo tema con un approccio diacronico (= nel tempo), e lo stesso fatto che la maggior parte degli studi che hanno per tema la fiducia riduca questa ad un fenomeno della società contemporaneo ne è dimostrazione evidente. Tuttavia, prendendo le distanze da approcci culturalisti che tendono ad interpretare la qualità e il livello di fiducia come delle caratteristiche innate (o acquisite nel tempo) di alcune rispetto ad altre culture, è possibile fare uso della storia per spiegare l'origine di pratiche e opinioni legate all'uso della fiducia nelle relazioni sociali e nei rapporti tra individui e istituzioni.


VII.    Slovacchia: introduzione generale.

Essa appartiene ai paesi dell'Europa centro-orientale. La fascia meridionale, dov'è situata Králová, è prevalentemente pianeggiante. È questa una delle zone più fertili dell'Europa orientale e centrale, dove agricoltura e allevamento sono praticati da millenni. La capitale della Slovacchia è Bratislava. La popolazione del Paese è composta per l'85,8% da slovacchi, il 9,7% da ungheresi, l'1,7% Rom ed il resto da cechi, ruteni, polacchi e ucraini. Králová è situata nella contea di Nitra, distretto di Sal'a. Circa la metà di abitanti del distretto vive nel centro urbano. La regione mantiene il suo aspetto prevalentemente rurale, con vaste estensioni di terreno coltivato dalle nuove cooperative agricole a cereali, girasole, mais e foraggio. Diffusa è la viticoltura, mentre l'altra frutta è, in questa regione, di rado destinata al commercio. I prodotti agricoli principali sono gli ortaggi, che trovano nel terreno un buon ambiente. L'allevamento è molto diffuso, specie nelle cooperative, e comprende bovini, suini, pollame e di rado caprini. La produzione del latte è uno dei punti forti della cooperativa di Sal'a, mentre la carne bovina è perlopiù destinata all'esportazione. Nitra è anche sede universitaria. Le industrie del distretto sono perlopiù chimiche, tessili e alimentari.



  1. SOCIALISMO TRA REALTÀ E IDEOLOGIA.

I.      Introduzione.

L'etimologia di Králová deriva da király (re) e falva (villaggio). Essa fu fondata su un feudo reale.


II.    Potere e proprietà terriera in epoca pre-socialista.

La struttura del sistema di proprietà terriera pre-socialista nei villaggi ungheresi verteva sulla tradizionale gerarchia tra nobiltà e servitù. I servi erano divisi tra coloni (jobbágy) e senza terra. Nonostante in molti casi la reale differenza tra le 2 categorie fosse solo formale, i primi erano definiti come i coloni in possesso del diritto di usufruire della terra e di trasmetterla mediante eredità. I senza terra non possedevano che le abitazioni o, come spesso accadeva, soltanto una porzione di esse. Ogni nucleo familiare era obbligato a fornire un certo numero di giornate di lavoro (corvées) sulla base dell'appartenenza sociale. Vi era poi un piccolo gruppo di grandi possidenti (gazda). L'incremento demografico caratteristico dell'inizio del xix° secolo portò a Králová una contrazione dell'estensione media degli appezzamenti e un impoverimento generale della classe contadina, tanto da rendere la distinzione tra jobbágy e senza terra puramente nominale. Lo scioglimento dei possedimenti feudali, proclamata in Ungheria a partire dal 1853, portò cambiamenti nella mappa dei rapporti di proprietà del villaggio. Le principali misure adattive per abolire il sistema feudale furono: classificazione degli appezzamenti, distribuzioni di parti del feudo a jobbágy, diritti sull'uso di terreno e boschivo ai senza terra, abolizione delle corvées e nuovi sistemi fiscali. Questa fase venne descritta come un importante momento verso la liberazione dei contadini dallo stato servile, che sfortunatamente, però, non migliorò la condizione dei coloni. In seguito alla fondazione della Repubblica Cecoslovacca le condizioni economiche del villaggio restarono quasi invariate.


III.  La fondazione del Partito Comunista.

Il Partito Comunista fu fondato a Králová nel maggio 1921. Quegli anni sono ricordati come un periodo di fioritura dei partiti politici. Ognuno di questi tuttavia serviva solo a 'tirare acqua al proprio mulino'; essendoci un senso di sfiducia diffusa in tutti i partiti, si sentiva il bisogno di una forza nuova. La fondazione del Partito Comunista in principio non ottenne grande favore dagli abitanti del villaggio. Sebbene facesse bandiera di temi come la lotta sociale, l'occupazione e il miglioramento delle condizioni di vista dei poveri, il nuovo partito dovette incontrare numerosi ostacoli sulla sua strada. In seguito, il partito riuscì ad ottenere l'introduzione di un piccolo sussidio di supporto per le famiglie a carico di disoccupati. Gli anni 30 sono ricordati dalla gente del villaggio come un periodo buio per le difficili condizioni economiche in cui versava la maggior parte delle famiglie. In questo periodo le opportunità di lavoro erano ridotte al minimo. Al contrario di molti altri villaggi della Slovacchia settentrionale e centrale, a Králová l'emigrazione non fu mai una delle strade seguite dagli uomini per tentare una via d'uscita dalla povertà. L'attività del Partito Comunista rimase al limite della legalità per tutto il primo decennio della sua esistenza, e alla fine degli anni 20 2 poliziotti furono introdotti di stanza nel villaggio col compito di sorvegliare gli 'agitatori'. L'attività del Partito fu definitivamente troncata in seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale e all'invasione delle truppe ungheresi. Va sottolineato come la fondazione del Partito Comunista fosse interpretata, col tempo, come una delle poche misure tese a difendere gli interessi delle classi meno abbienti.


IV. Crollo del potere dei gazda e nazionalizzazione della terra.

Nel 1940 l'esiguo gruppo dei grandi possidenti terrieri (gadza) controllava gran parte della superficie arabile del villaggio. Questo è uno degli elementi indicativo del potere detenuto dal gruppo composto da sole 7 famiglie, e serve a comprendere la loro posizione privilegiata. I gadza erano coloro che per oltre 2 secoli avevano dominato nel villaggio fornendo i membri alle più alte cariche politiche, burocratiche e religiose. Inoltre, la loro posizione privilegiata si era perpetuata grazie ad attente strategie di matrimonio e trasmissione della terra. La tripartizione tra gadza, piccoli proprietari e senza terra, aveva creato un equilibrio stabile in cui il gruppo dei più poveri viveva ai limiti della sopravvivenza prestando manodopera ai gadza del villaggio e ad altre famiglie nobili della zona. Dal canto loro, i piccoli proprietari erano decisi a difendere lo status quo, di vita appena al di sopra dei limiti dell'indigenza, perché questo permetteva loro di mantenere lo status di coloni, come contrapposto ideologicamente a quello dei più poveri senza terra. La svolta storica che avviò il principio della fine dell'equilibrio economico che durava nel villaggio dalla fine del xviii° secolo fu la nazionalizzazione (= statalizzazione) della terra in seguito alla fondazione della Repubblica Socialista Cecoslovacca nel 1948. La nazionalizzazione fu intrapresa nel corso di 3 diverse fasi:

fase iniziale (*)

cooperativa del villaggio (§)

unificazione della cooperativa (#)


V.   Nazionalizzazione della terra: fase iniziale (1949-1959) (*)

Seguendo le direttive del Partito Comunista Cecoslovacco, la prima Cooperativa Agricola Socialista fu fondata a Králová nel 1949. La fondazione risultò un processo lungo e difficoltoso. La cooperativa, tra mille difficoltà, fu sciolta alla fine dello stesso anno. Nel 1950 una nuova cooperativa fu avviata grazie al rinnovato impulso di un gruppo di seguaci del partito. I fondatori chiesero formalmente in un'assemblea alla gente del villaggio di sottoscrivere ed affidare la propria terra che sarebbe stata inclusa nell'arabile della cooperativa. Nonostante l'opposizione generale, la cooperativa fu tenuta in piedi a e partire dal 1951 cominciò lentamente ad espandersi. Ciò fu possibile grazie all'uso di mezzi leciti e illeciti che includevano la persuasione anche con la violenza, il terrore psicologico e l'esazione forzata di tasse sugli animali e il raccolto. Nel caso dei gadza, invece, l'evasione fiscale era in alcuni casi possibile dietro corruzione dei pubblici ufficiali. Questo sistema permise ad alcuni di loro di mantenere il proprio potere perlomeno alla definitiva nazionalizzazione di tutta la terra, promulgata nel 1959.






VI. La cooperativa del villaggio (1959-1972) (§)

La cooperativa incontrò enormi difficoltà iniziali, ma esse furono superate nel momento in cui ci si rese conto che non c'erano più vie d'uscita e che, anche rifiutando di unirsi alla cooperativa, si sarebbe rimasti esclusi sia dalle relazioni economiche che da quelle sociali nel villaggio. Una delle strategie adoperate dalle cooperative locali per guadagnare consenso era l'istituzione di feste di villaggio che coinvolgevano tutta la comunità e avevano il potere di far pesare l'esclusione e la distanza sociale su coloro che erano rimasti fuori dal progetto di nazionalizzazione. A Králová la situazione fu differente: l'accettazione pubblica della cooperativa, in seguito alla legge che bandiva la gestione privata della terra, fu possibile grazie al ruolo di intermediari svolto all'interno di essa da alcuni esponenti della comunità di estrazione della famiglie gadza tradizionalmente al potere. Il processo di nazionalizzazione della terra e la creazione di cooperative agricole non produsse frutti fino alla metà degli anni 60, epoca in cui l'economia della Cecoslovacchia incominciò a stabilizzarsi e a raggiungere anche livelli di relativo benessere. Quando la consegna della terra alle cooperative divenne obbligatoria, in Slovacchia le possibilità d'impiego al di fuori dell'agricoltura erano estremamente ridotte. La cooperativa del villaggio ebbe 4 direttori. Fu in particolar modo sotto la direzione del quarto che la cooperativa espanse la propria sfera produttiva introducendo colture come il tabacco e gli ortaggi che diedero ottimi frutti. La misura che di gran lunga segnò l'ottenuta popolarità della cooperativa fu l'introduzione del programma di assistenza sociale. La cooperativa prese a calcolare pensioni ai propri membri, pagare per l'assistenza sanitaria, garantire 6 mesi di maternità alle proprie dipendenti, aprire negozi a prezzi preferenziali per i membri e sponsorizzare eventi e programmi sportivi, ricreativi e culturali. Nel 1963 fu eletto, come ultimo presidente della cooperativa di Králová, Csaba. Egli non proveniva dal villaggio e il suo incarico fu interpretato come una mossa politica tesa a rafforzare il controllo della cooperativa da parte delle autorità regionali. Csaba è un figura relativamente problematica. Egli non è mai stato stimato per la sua abilità agronomica, anzi molte delle sue misure furono criticamente giudicate dalla popolazione locale. Tuttavia, la sua era destinata a diventare una figura emblematica di quello che il socialismo avrebbe rappresentato in seguito nell'ambito del rapporto individui-istituzioni. Questo fu il cambiamento che segnò lo spartiacque tra la prima e la seconda fase della storia del socialismo in Europa orientale. Una volta superate le difficoltà economiche e la crisi degli anni del dopoguerra, il programma socialista era entrato nella sua fase di consolidamento. Il socialismo di Stato doveva diventare reale, e per ottenere questo scopo era necessario spazzare via tutti i residui di antiche gerarchie politiche e pratiche economiche. È a partire da questa data che si può ritenere terminato il potere del gruppo dei grandi possidenti nel villaggio, ed è da questo momento che viene introdotto il nuovo sistema economico e sociale fondato sul rapporto tra attori sociali ed élite politiche.


VII.    Unificazione della cooperativa (1973-1991) (#)

Nel 1973 la nazionalizzazione della terra entrò nella sua ultima fase: la razionalizzazione (= ottimizzazione) delle unità produttive. Le cooperative dei villaggi furono unificate in grandi entità produttive; la meccanizzazione e l'uso di fertilizzanti chimici raggiunsero l'apice grazie ai contratti preferenziali stipulati con industrie locali che producevano soprattutto per le cooperative. Il processo d'industrializzazione della Slovacchia conobbe in questo periodo la sua fase di maggior sviluppo, portando a convertire la popolazione lavorante in popolazione operaia. L'ultima fase della cooperativa di Králová fu segnata dalla decisione del Consiglio municipale di Bratislava di unificare la cooperativa con altre 3 unità (una di città, Sal'a, e 2 di villaggi, Veče e Dlhá nad Váhom) promulgata nel gennaio 1973. La sede dirigenziale della cooperativa fu trasferita in quella della ex cooperativa cittadina (Sal'a). L'idea di unificare la cooperativa fu spiegata dalle autorità locali come una manovra mirante ad adeguare le strutture produttive esistenti alle nuove esigenze di razionalizzazione della produzione ed uso di tecnologie moderne di coltivazione. L'estensione della terra coltivata dalla cooperativa unificata aumentò progressivamente nel corso dei 3 decenni della sua storia. In particolare gli anni 80 videro un'enorme espansione del settore dell'allevamento anche grazie ai contratti tra cooperativa e fornitori esterni. Qui è importante sottolineare come la fase finale della nazionalizzazione della terra coincise con il consolidamento del socialismo di Stato. La nazionalizzazione della terra fu portata a termine con successo nel punto in cui sinergie locali e nazionali vennero a convergere e contribuirono a spezzare l'opposizione dei contadini. A Králová la partecipazione della gente della comunità al progetto di produzione in collettivo fu indotta da una concomitanza di diversi fattori:

il progresso economico della cooperativa

il suo nuovo 'spessore' sociale (e quindi il ruolo dello Stato)

la funzione filtrante di membri dell'ex gruppo dei grandi possidenti




VIII.  Modernizzazione e cambiamento.

Gli anni 60/70 furono nelle aree rurali dell'Europa orientale un periodo di enormi cambiamenti e sviluppo economico-sociale. In Cecoslovacchia, il settore industriale si sviluppò parallelamente al consolidamento dell'agricoltura. Ciò indica che la riorganizzazione delle cooperative agricole segnò la definitiva transizione da un'economia agricola ad una industriale per molte aree in sviluppo della Slovacchia meridionale. Questa fase portò numerosi mutamenti nella struttura sociale di queste aree:

creazione di poli industriali

urbanizzazione

immigrazione da parte di famiglie provenienti dai distretti più poveri (montani) della Slovacchia settentrionale

trasformazione dei confini tra regioni slovacche e magiarofone (= che parlano ungherese)

Nella regione di Králová furono creati negli anni 70 2 importanti nuclei industriali: il complesso chimico DUSLO e l'Hydrostav, compagnia per la costruzione e la gestione dei corsi d'acqua e fluviali. Insieme all'impianto produttivo, la DUSLO aveva edificato 10 complessi condominiali per alloggiare le famiglie dei suoi operai, una scuola materna per i bambini dei dipendenti, un teatro, un complesso sportivo, oltre a sponsorizzare una lunga lista di attività culturali e ricreative. La creazione dei 2 complessi industriali, oltre a favorire ottime opportunità di impiego per la gente di Králová, favorì l'urbanizzazione del centro di Sal'a. Per quanto riguarda la modernizzazione delle infrastrutture del villaggio: Králová ottiene l'elettrificazione; venne installato il primo telefono pubblico; venne costruita una casa per gli orfani; la scuola era provvista di 2 sezioni (ungherese e slovacca) che coprivano tutto l'insegnamento elementare e medio; venne terminata la pavimentazione dei marciapiedi, opera a cui parteciparono a turno tutte le famiglie del villaggio; venne completato il piccolo parco situato nella piazza centrale, rinnovato lo stadio e edificata la Casa della Cultura. I mutamenti introdotti dal processo di industrializzazione pesarono in modo differente sulla struttura sociale ed economica del villaggio. Gli anni 60 e 70 portarono ad un'improvvisa espansione delle opportunità lavorative per i villaggi rurali della regione e questo ebbe un impatto particolarmente positivo nel caso di Králová. Il numero degli operai della DUSLO crebbe e le opportunità di lavorare in quell'impianto furono incrementate dai rapporti di collaborazione tra essa e la cooperativa cittadina. Non tutti gli abitanti del villaggio, tuttavia, avevano scelto la strada della fabbrica locale. Uno dei problemi principali della modernizzazione socialista in Cecoslovacchia fu il seguente: se trovare un posto di lavoro non costituiva per molti una grossa difficoltà, per altri che non volevano adattarsi al sistema dominante la situazione diveniva più difficile. Molti, la cui posizione politica era avversa all'ideologia socialista, non riuscirono a trovare lavoro perché non avevano gli 'appoggi giusti'. Il miracolo economico del socialismo doveva per forza di cose passare attraverso l'accettazione di un regime totalitario e di un sistema di relazioni politiche e sociali che spesso trascurava qualità e capacità umane in favore dell'abilità di mantenere relazioni con figure chiave della politica locale.


IX. Conclusione.

Questa fase storica è lungi dall'essere caratterizzata da staticità e cristallizzazione. Si tratta di un periodo di profondi e rapidi mutamenti, in cui gli attori locali hanno dovuto sforzarsi di trovare la loro strada per adattarsi alle nuove condizioni. Pertanto, ha poco valore considerare il periodo presente senza fare attenzione al corso della modernizzazione e sviluppo storico di questi paesi. Nel caso del processo di modernizzazione del villaggio, esso va preso in esame su 2 livelli differenti:

il periodo socialista e l'affermazione della sua ideologia politica vanno presi in considerazione come processi d'interazione tra il sistema politico e gli attori sociali, i quali, sulla base delle loro esigenze e scopi di vita, sono stati capaci di adattarsi alla rivoluzione del 1948 e di modellarla sulle proprie esigenze. I legami sociali ed economici che hanno dominato la gerarchia del villaggio fino alla metà del secolo scorso sono stati gradualmente dissolti dal processo di nazionalizzazione della terra. Nel villaggio, quindi, la cooperativa agricola è venuta a rimpiazzare il gruppo di grandi possidenti sia in relazione al controllo dei mezzi di produzione che alla distribuzione della forza lavoro. Tuttavia, la nazionalizzazione della terra è stata accettata dalla comunità grazie alla partecipazione e al ruolo svolto da esponenti dello stesso gruppo sociale che poi sarà scalzato dalla cooperativa. In questo senso la gente di Králová ha fatto propria la trasformazione adeguandola alle proprie esigenze di collettività

l'unificazione della cooperativa, l'industrializzazione e l'urbanizzazione della regione hanno prodotto importanti cambiamenti che hanno modificato il rapporto tra individui e istituzioni. Soltanto introducendo un nuovo modo di concepire il potere e la gestione delle risorse economiche l'individuo è stato in grado di guadagnare accesso ad esse. Il risultato è che la forza dell'ideologia socialista sta nella sua capacità di passare attraverso le pratiche quotidiane degli individui. Questo ha costituito il punto di rottura con il sistema tradizionale pre-socialista in cui il potere e l'autorità locali erano costruiti sulla base di estrazione sociale, discendenza e potenzialità economiche

  1. IL POSTSOCIALISMO IN PRATICA

I.      Introduzione.

Lo scopo di questo capitolo è di delineare cosa abbia significato, al livello delle pratiche locali, il crollo del Muro di Berlino e la fase storica postsocialista. A causa della complessità dell'argomento non si propone un approccio esaustivo a tutto il periodo in esame. Si vuole qui trattare l'impatto che la svolta storica ha avuto sulle pratiche della vita ordinaria. Si vuole tentare di introdurre il complesso di mutamenti istituzionali con particolare enfasi sulla restaurazione dei rapporti di proprietà alla luce delle aspettative, delusioni e stimoli verso nuovi cambiamenti che tale programma istituzionale ha portato con sé.


II.    Gli anni della trasformazione (1992-1994)

Gli eventi del 1989 hanno investito la metà orientale del continente europeo con gravità e violenza enormi. Tra tutte le impressioni degli attori locali sugli eventi di quegli anni, quella dominante è l'incredulità. Quasi tutti gli intervistati concordano sull'idea che fossero in pochi a credere che qualcosa stesse cambiando. La lunga abitudine a scosse e riassestamenti del solido regime comunista parlava chiaro: le cose sembravano destinate a tornare tali e quali, magari con un intervento di forza dell'Unione Sovietica. Il fatto che questo intervento non arrivasse, e la demolizione del Muro di Berlino, invece, incominciarono ad essere interpretati come segni incontestabili che qualcosa si 'stesse muovendo sul serio'. Ecco che all'incredulità del 1989/90 seguirono smarrimento ed euforia che caratterizzarono tutta la prima metà degli anni 90. La separazione pacifica di Repubblica Ceca e Slovacchia, voluta dai 2 Primi Ministri del 1992, Mečiar e Klaus, contribuì a dare accelerazione agli eventi rendendone sempre più drammatico l'impatto sulla gente di Králová per 2 motivi:

la diversa direzione istituzionale presa dalle 2 repubbliche federali indicò importanti tendenze politiche ed economiche che dovevano dettare le direttive della trasformazione. Se il governo di Klaus sul territorio ceco si fece sostenitore di riforme economiche di stampo neoliberale, favorendo la privatizzazione degli assetti nazionali, la piena e rapida restituzione dei diritti di proprietà e l'apertura a mercati e investitori occidentali, la Slovacchia di Mečiar si mostrò molto più cauta. Il nuovo leader, spinto dalla volontà di salvaguardare il Paese, più debole economicamente della Repubblica Ceca, dall'aggressione del capitalismo e dei mercati internazionali, avviò un processo di privatizzazione caratterizzato da cautela e scetticismo verso i mercati esteri. Lo sviluppo più lento del capitalismo alla slovacca ebbe delle importanti conseguenze per il Paese, quali il mantenimento dei rapporti economici e politici con la Russia da una parte, e l'aggravarsi di problematiche politiche e sociali connesse con fenomeni quali clientelismo (= favoritismo), corruzione e disoccupazione dall'altra. Un grande numero di imprese e nuclei industriali slovacchi fu, invece di essere incorporato in potenti complessi e multinazionali estere, svenduto ad esponenti politici e familiari del partito di Mečiar. Tutto ciò finì, a lungo andare, con l'intaccare la fiducia istituzionale che il neonato governo slovacco aveva costruito con fatica a partire dagli eventi del 1989. D'altra parte, tuttavia, le politiche dei primi anni 90 ebbero l'effetto di preservare parte delle industrie locali nelle mani di imprenditori slovacchi, rendendo difficile la 'svendita' a multinazionali e potenti imprese straniere

il secondo fattore da prendere in considerazione per comprendere l'impatto dei mutamenti legati al periodo 1990/94 nel villaggio è l'attitudine politica slovacca nei confronti del problema delle minoranze e dei rapporti etnici. L'insorgere di spinte nazionaliste e discriminatorie nei riguardi delle minoranze, in particolare quella ungherese e quella rom, spiegano l'atteggiamento pubblico degli attori locali negli anni del governo Mečiar. Con la scissione della Repubblica Cecoslovacca ai cittadini fu concesso di poter scegliere una delle 2 cittadinanze e non furono pochi coloro i quali, specie tra gli ungheresi di Slovacchia, optarono per la cittadinanza ceca. Secondo un'opinione diffusa nel periodo a cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni 90, la Slovacchia continuava a dimostrare di voler seguire la direzione della Russia, mentre nella Repubblica Ceca l'Occidente europeo si era stabilito ormai saldamente; ecco perché la scelta non si rivelava facile, specie nel caso di cittadini di etnia ungherese che vedevano in quei tempi poche speranze di veder riconosciuti i propri diritti ed esigenze

Lo smarrimento generale dei primi anni 90 è caratterizzato, oltre che dalle scelte politiche dei 2 Paesi, dal panorama di trasformazione economica e istituzionale. Tra gli intervistati, molti hanno sottolineato l'incertezza di quegli anni indicando nella velocità dei cambiamenti la causa del senso generale di disadattamento, nonostante l'euforia per la democratizzazione e l'introduzione del libero mercato. In questo periodo, sforzi economici tesi verso la concretizzazione di aspirazioni imprenditoriali venivano resi vani da diversi fattori quali l'inesperienza manageriale, la mancanza di capitali e la debolezza dell'economia nazionale. Oltre al capitale economico, inoltre, erano prerogative essenziali di successo la conoscenza e le reti sociali nel circuito economico e politico locale. La forte competizione causata dall'espansione del mercato estero, il fiorire di supermercati e ipermercati sempre meno sensibili alle offerte di prodotti delle piccole imprese locali, e l'aumento del costo della vita hanno reso difficile non soltanto vendere prodotti, ma trovare manodopera. Uno degli intervistati sostiene di 'aver previsto' simili sviluppi e aveva deciso di puntare su 2 strategie: stringere il più possibile rapporti di fiducia e conoscenza diretta con commercianti e grossisti locali da una parte, mantenere la forza lavoro incentrata su lavoratrici part-time reclutate mediante rapporti di parentela e conoscenze nel villaggio dall'altra. Come lui stesso ha sottolineato, 'se non c'è fiducia reciproca tra produttore e fornitori non ci possono essere contratti. Ho preferito restringere il campo d'azione, senza mirare a grandi catene di supermercati; per lo meno, però, riesco ad andare avanti con contratti sicuri. Una volta che ci si conosce personalmente è difficile rompere questi rapporti. Lo stesso avviene con chi lavoro per me, ecco perché non scelgo gente fuori da Králová'.


III.  Fase di stabilizzazione (1995-2003)

In seguito alla caduta del primo governo Mečiar, la Slovacchia conobbe una nuova fase caratterizzata da maggiore apertura verso i mercati esteri, accelerazione nelle politiche di liberalizzazione a privatizzazione e un maggior interesse per i problemi delle condizioni e dei diritti delle minoranze etniche. Una parte degli intervistati ha sottolineato come si fosse entrati in un periodo di rinnovato ottimismo nelle possibilità di sviluppo del Paese, fino ad allora visto in bilico tra innovazione e politiche reazionarie, nelle capacità imprenditoriali e nelle opportunità di promozione e difesa del patrimonio culturale locale. Da un punto di vista economico, il maggior ottimismo deriva soprattutto dal dinamismo che ha caratterizzato le politiche estere della Slovacchia. Il Paese è riuscito a farsi strada velocemente e a divenire membro dell'UE nel 2004, risultato che molti prospettavano come irraggiungibile. Lo status di nuovo membro ha portato naturalmente nuovi sbocchi di sviluppo, incrementati dal crescente interesse di imprese straniere nelle potenzialità locali (manodopera ancora a costi relativamente bassi, vicinanza ai mercati nordeuropei e alcune strutture produttive d'eredità socialista in parte riconvertibili in nuovi impianti produttivi). Nella regione dov'è situata Králová sono sorte negli ultimi 4 anni almeno 6 fabbriche a capitale straniero che danno lavoro a diverse decine di migliaia di abitanti. Inoltre, l'accresciuta mobilità di lavoratori e compagnie locali si è espressa con il fiorire di partenariati (= comune partecipazione a una stessa impresa finanziaria) tra compagnie locali ed estere. Tale mobilità economica suggerisce che la Slovacchia sia sulla strada dell'abbandono definitivo della posizione economica che la trovava, negli anni precedenti, chiusa nei confronti dell'Occidente europeo. Il periodo immediatamente successivo alla separazione delle 2 repubbliche è stato caratterizzato dall'introversione sociale, cioè dalla riduzione delle relazioni sociali alla mera sfera degli affetti intimi e dei rapporti d'affinità. Il mutamento dei valori alla base dell'istituto familiare e dei rapporti sociali, il nuovo ruolo della donna e l'incalzare di problematiche sociali quali disoccupazione e invecchiamento della popolazione, avrebbero portato gli attori a cercare nella sfera domestica quello che loro sarebbe sempre più negato in una società sempre più ingiusta e atomizzante. Questa teoria sembra confermare la tesi sul dominio della sfiducia generalizzata nei paesi postsocialisti. Tuttavia, per chiarire l'applicabilità di questo paradigma è necessario prestare attenzione nell'evitare generalizzazioni riduttive, prendendo in esame il postsocialismo come un percorso segnato da diverse tappe e momenti di mutamento. Králová presenta oggi un'intensa attività sociale e culturale. Come si inquadra la rinvigorita attività collettiva del villaggio??

L'ottimismo nato dalla speranza che l'accesso alla UE, l'ingresso della Slovacchia nella NATO e la maggiore attenzione nei confronti delle politiche minoritarie danno impulso allo sviluppo e al consolidamento di forme di associazioni spontanee e secondarie.

La chiusura nell'ambito domestico è stata a lungo interpretata dagli attori come un prodotto dell'incertezza dei tempi e dello smarrimento relativo ai profondi cambiamenti in corso. In seguito al 1995, la situazione è andata lentamente ma inesorabilmente cambiando grazie alle migliorate condizioni economiche dei membri della comunità, ma anche a spinte di reazione verso la chiusura degli anni precedenti. Questo desiderio di rivalsa sul piano dell'azione collettiva ha preso la strada dell'associazionismo, della partecipazione ad eventi culturali, di svago e sportivi, e dell'organizzazione di riti religiosi.

Dal punto di vista finanziario, poi, ciò è stato reso possibile dall'intensa attività di alcuni membri del villaggio i quali, grazie a rapporti con esponenti locali di partiti politici, sono riusciti a far proprie alcune delle possibilità di finanziamento offerte dalle varie fondazioni che promuovono il sostegno culturale e delle tradizioni delle minoranze.

Anche in questo caso, il successo di iniziative tese ad inserire il villaggio in progetti di cooperazione internazionale o di sviluppo nazionale va letto in chiave della capacità dei singoli esponenti di gestire rapporti di fiducia e reti sociali in ambito politico.





IV. Rapporti di proprietà e mutamento sociale.

L'analisi dei rapporti di proprietà attraverso il loro mutamento nell'ambito della trasformazione postsocialista permette di interpretare alcune direzioni seguite dal villaggio nel costruire il nuovo apparato istituzionale. I rapporti di proprietà vanno letti come le relazioni tra attori in rapporto al possesso di risorse economiche. Questa interpretazione permette di andare al di là di approcci meramente economici ed utilitaristi, per considerare appieno i meccanismi sociali innescati dalla restituzione della proprietà privata e le strategie con cui la gente ricostruisce il proprio rapporto con risorse che sotto il socialismo erano state oggetti di nazionalizzazione. Si tratta, dunque, di una diversa, ma non per questo meno importante, chiave di lettura della trasformazione del dopo 1989. La restituzione della proprietà privata è stata intrapresa in Slovacchia a partire dal 1990. I passi essenziali del processo di de-collettivizzazione della terra sono stati: trasformazione dei settori produttivi, restituzione e privatizzazione.

La prima fase si riferisce al processo con il quale le cooperative agricole socialiste dovevano essere trasformate in entità legali volontarie non più basate sulla proprietà collettiva.

La restituzione prevedeva, innanzi tutto, il riconoscimento delle persone fisiche con diritti di proprietà. In seguito, la restituzione doveva aver luogo sulla base delle modalità previste dalla legge che indicava 3 prescrizioni principali: la restituzione era intesa come il ritorno ai proprietari dell'intera risorsa economica; la restituzione era possibile solo a persone fisiche; veniva introdotto un sistema di compensazione nel caso in cui lo Stato fosse incapace di restituire il bene precedentemente espropriato (o nazionalizzato) nella sua forma originaria.

Nonostante l'enorme apparato burocratico messo in azione, il processo si rivelò estremamente lento e difficile. In Slovacchia, la difficoltà che la restituzione incontrò è attribuibile ad una serie di fattori strutturali:

il riconoscimento legale dei proprietari. Molti proprietari dimostravano, col tempo, di aver perso traccia dei loro possessi di appezzamenti a causa della pratica socialista di non tenere registri di proprietà e libri catastali

l'alto grado di frammentazione della proprietà terriera

Per molti proprietari sarebbe risultato poco fruttuoso riappropriarsi di piccoli appezzamenti di terreno, o viceversa, coltivarne grandi senza mezzi e capitale a disposizione. Il risultato più evidente del processo di trasformazione dei rapporti di proprietà è che il settore privato ha mostrato resistenza a decollare e che il numero di cooperative agricole, invece di mostrare un calo graduale, è cresciuto. Questa tendenza non va interpretata come un insuccesso del processo di de-collettivizzazione. La permanenza delle cooperative agricole indica che il percorso istituzionale seguito dalla Slovacchia negli anni 90 è stato segnato da un'alternanza, quasi simbiotica, di forme economiche nuove ed altre di origine socialista (seppure trasformate). Tale simbiosi è da interpretarsi come espressione della delusione di molti proprietari nei riguardi della privatizzazione e della difficoltà dei proprietari di coltivare ed ottenere profitto dalla terra, ma anche dell'attaccamento alla cooperativa che ha costituito la più importante istituzione economica sociale e culturale del villaggio rurale socialista.


V.   Restituzione della terra a Králová.

Le strisce coltivate privatamente sono ben poca cosa a Králová, rispetto ai grandi appezzamenti della cooperativa. La forte presenza economica della trasformata cooperativa agricola è una delle caratteristiche principali del sistema agricolo e dei rapporti di proprietà nel villaggio oggi. Questo indica che la maggior parte dei proprietari è incapace o poco propensa a riprendersi la terra e coltivarla. Quali sono stati, per la gente di Králová, gli ostacoli alla ripresa del settore privato in agricoltura??

La difficoltà a ricevere la terra nella forma originale.

I costi di gestione che hanno finito con lo scoraggiare anche i più intraprendenti tra i membri del villaggio.

La discontinuità storica tra il periodo precedente alla rivoluzione socialista e il presente. La maggior parte degli esponenti di quelle famiglie contadine che negli anni 40 possedevano i più larghi appezzamenti di terreno non è riuscita a ricostruire le proprie risorse economiche, sia per mancanza di manodopera che di capitali.

I dati dell'indagine quantitativa svolta nel villaggio suggeriscono che:

I proprietari di terreni agricoli tendono a non coltivare tutta la terra, ma a concentrare gli sforzi produttivi su appezzamenti dalle dimensioni limitate, considerate ideali in termini di impiego forza lavoro e capitali

Nonostante le dimensioni ridotte degli appezzamenti, la maggior parte degli intervistati vende prodotti, dimostrando così che l'attività produttiva non può essere ricostruita basandosi sulla sola analisi quantitativa delle risorse economiche

L'equazione proprietà privata + gestione delle risorse = sviluppo imprenditoriale non ha prodotto i risultati sperati da economisti e riformatori. Tuttavia, per considerare criticamente l'importanza di risorse economiche è necessario ricostruire le relazione tra esse e forme di capitale sociale sulla base di continuità e discontinuità storiche.


VI. I grandi proprietari ieri e oggi: discontinuità e continuità.

Una delle peculiarità della trasformazione postsocialista nel villaggio, che contraddice i risultati di ricerche in altri paesi dell'Europa orientale, è il mancato ritorno al vertice della scala sociale delle famiglie benestanti che prima della nazionalizzazione della terra possedevano terreni, animali, capitale e macchinari. Quali sono i motivi di questa discontinuità nel ruolo sociale ed economico delle famiglie di grandi proprietari??

Tra le strategie adottate dal gruppo dei grandi proprietari, si riscontrava la tendenza a concentrare la proprietà nelle mani di un unico erede (maschio), escludendo gli altri o favorendo il loro allontanamento dal villaggio. Si tratta di una pratica che consisteva nel bilanciare la trasmissione della terra verso l'erede singolo con investimenti nell'educazione o l'avvio a carriere militari o ecclesiastiche per i fratelli minori. Nel caso delle donne, esse ricevevano in eredità piccoli appezzamenti di terreno come frutteti o giardini, portati in dote al momento del matrimonio. Uno dei risultati dell'esclusione degli eredi minori alla trasmissione della terra è che, con il passare delle generazioni e il trascorso socialista, sono venuti a mancare i potenziali successori alla terra.

L'insufficiente disponibilità di capitale sociale (conoscenze e legami di parentela) è uno dei fattori che ha impedito ai successori dei grandi proprietari terrieri di una volta di ritornare sulla scena. In seguito alla nazionalizzazione della terra, e in particolare dopo la costituzione della cooperativa unificata, questo gruppo sociale ha perso ogni rapporto con l'agricoltura. Di contro, seguendo una tendenza registrata altrove in Europa orientale, membri di famiglie non contadine, che hanno lavorato per la cooperativa socialista o erano in qualche modo vicini ad essa, sono riusciti, già nell'epoca precedente, ad ottenere il controllo di risorse agricole.

Il ritorno alla terra è stato realizzabile, dunque, solo da coloro i quali sono stati in grado di gestire sapientemente risorse economiche e capitale sociale. Il mancato ritorno dell'ex gruppo dei grandi proprietari terrieri e l'affermazione di pochi imprenditori agricoli del tutto privi di legami storici con la terra, ma dotati di rapporti interpersonali e reti sociali, dimostrano che oltre 40 anni di socialismo di Stato hanno profondamente modificato le relazioni economiche che avevano contraddistinto il villaggio in epoca pre-socialista.


VII.    Conclusione.

Prendere in esame la trasformazione postsocialista come un momento storico di svolta costituisce uno degli approcci possibili al mutamento sociale ed economico nei paesi dell'Europa orientale. Quello che invece risulta un compito di gran lunga più arduo è lo stabilire forme di continuità tra passato e presente. Da una parte è indubbio che gli attori sociali sviluppino le proprie risposte ai profondi cambiamenti generali sulla base delle loro esperienze passate. Dall'altra le esigenze di adattamento che la nuova realtà quotidiana pone loro spinge gli individui a prendere direzioni che possono non mostrare alcuna continuità con il regime precedente. Un chiaro esempio è quello della restituzione della proprietà privata. Nonostante le aspettative dei governi democratici del post 1989, la restituzione delle risorse economiche e dei diritti di accesso ad esse non ha sempre favorito la ripresa e lo sviluppo del settore privato in agricoltura. Ciò è avvenuto per una serie di fattori:

la frammentazione della terra e la mancanza di capitale economico hanno ostacolato la ripresa del settore agricolo scoraggiando gli investimenti dei singoli proprietari terrieri

la nazionalizzazione della terra e la creazione di uno strato di 'operai-agricoltori', che ha contraddistinto la fase socialista, hanno avuto come risultato l'estraneazione della gente di Králová dalle terra (e dall'agricoltura), rendendo difficile la ripresa del settore dopo il 1989

coloro che si sarebbero trovati nelle migliori condizioni per riprendere a coltivare la terra e produrre grazie al possesso di beni materiali ed immateriali (conoscenza delle tecniche di coltivazione), sono rimasti tagliati fuori dalla trasformazione. Ciò è da imputare alle stesse strategie economiche che avevano permesso a questi gruppi di parentela di perpetuare il loro potere sociale ed economico fino all'avvento del socialismo

Alla luce di queste premesse diviene chiaro che per comprendere la natura della trasformazione postsocialista sono necessari parametri diversi da quelli adottati nelle analisi classiche della politica economica. Tentare di mettere in relazione il rinnovato controllo delle risorse con la ripresa economica del villaggio significherebbe chiudere un occhio su oltre 40 anni di storia socialista e, ancor più significativamente, non riuscire a cogliere il senso e il contenuto delle presenti strategie economiche della gente del villaggio. La gestione delle risorse economiche restituite ai privati dalla de-collettivizzazione della terra rende necessario il ricorso a meccanismi di interazione sociale che spesso prescindono il mero perseguimento degli interessi privati e del profitto economico. Ecco che pratiche di economia domestica, le reti sociali e i rapporti economici informali acquistato un'importanza di primo piano nel determinare la direzione delle scelte degli individui e nel definire il mutamento nell'ambito della comunità intera.


1853: abolito il sistema feudale 1989: crollo del Muro di Berlino



periodo periodo socialista periodo post-socialista

pre-socialista


1921: fondato il Partito Comunista a Králová                     1990: in Slovacchia intrapresa

1948: nazionalizzazione della terra                          la restituzione della proprietà privata

1949: fondata a Králová la prima Cooperativa                    1992: separazione pacifica di

Agricola Socialista (voluta dal Partito Comunista              Repubblica Ceca e Slovacchia

Cecoslovacco)                                     Governo di Mečiar (negativo

1973: la cooperativa di Králová unificata con                     perché chiusura economica verso

altre 3 unità                             l'estero e tra la gente chiusura sociale)

1995: nuovo governo (positivo)

2004: Slovacchia membro dell'UE


  1. LE BASI DELLA FIDUCIA STRUMENTALE. ECONOMIA SOMMERSA, PRODUZIONE E SCAMBIO.

I.      Introduzione.

Questo capitolo analizza le dinamiche alla base dell'economia domestica, il lavoro e gli scambi nella comunità di Králová. Si prenderanno in considerazione 2 risorse economiche, la terra e il lavoro, in funzione del modo in cui la gente del villaggio converte queste risorse nella forma di investimenti tesi a rinforzare le relazioni sociali. Si vuole dimostrare che l'uso di queste 2 risorse segue, nelle comunità, determinate e precise linee comportamentali, di relazione e di fiducia sociale. La fiducia di fonda su principi morali quali la reciprocità, lo scambio di favori, obbligazioni e controlli del comportamento altrui. Tali principi costituiscono lo scheletro dell'economia informale del villaggio e dettano le logiche del profitto economico. L'enfasi sul problema della fiducia è essa stessa prodotto del mutamento postsocialista e, in quanto tale, va considerata in una prospettiva diacronica. La tesi principale è che attuali pratiche di economia domestica tendono a trascendere la sfera del guadagno economico puro e mostrano un orientamento verso la creazione e il mantenimento di reti sociali che legano insieme, creando differenti gradi di eguaglianza e gerarchia, l'individuo con altri membri della comunità. Questi legami sono costruiti mediante il ricorso ad una serie di obbligazione e doveri (morali e fattuali) che generano e perpetuano fiducia interpersonale.

La prima sezione investiga le basi economiche della famiglia nel presente esaminando alcune caratteristiche della struttura occupazionale e delle strategie produttive del villaggio.

La seconda sezione si concentra su forme di consumo e la loro relazione con la sfera della produzione, nel campo dell'economia formale e informale.

Per concludere, si prenderà in esame il valore sociale, economico e ideologico del lavoro.


II.    Struttura e funzioni del nucleo familiare.

Il nucleo familiare è qui definito come il gruppo dei membri familiari che risiedono sotto lo stesso tetto, condividono i pasti e hanno basi comuni di produzione e consumo. Si tratta per lo più di famiglie nucleari e la tendenza verso il contenimento delle nascite segue la curva generale di declino seguita alla seconda metà del periodo socialista. Dall'analisi dei dati sorgono 2 considerazioni immediate:

più di 1/3 della popolazione adulta del villaggio è costituito da pensionati

il settore agricolo presenta il minore numero in assoluto di cadetti, con circa 1/4 degli occupati in industria e nei servizi

Si tratta di una delle conseguenze della modernizzazione e industrializzazione socialiste che hanno drasticamente trasformato la regione storicamente dedita all'agricoltura. Alcuni dei problemi sociali principali della comunità sono rappresentati oggi dall'invecchiamento, la scarsa natalità, la disoccupazione e l'allontanarsi dei nuclei familiari come conseguenza della crisi negli alloggi. Per quanto concerne il rapporto tra sesso e occupazione non sembrano esserci differenze di rilievo, a parte la maggiore concentrazione di donne nel settore dei servizi e del lavoro intellettuale e degli uomini in agricoltura e industria. Il dato più significativo è, invece, che il numero di abitanti del villaggio economicamente attivi retribuiti non supera la metà della popolazione adulta attiva. Questo suggerisce che molti adulti, compresi coloro che ricevono pensione e sussidi di disoccupazione o invalidità, sono spesso nella posizione di non raggiungere livelli di sussistenza. Una larga fetta della popolazione di Králová deve, quindi, cercare altrove i propri mezzi economici di sostentamento.


III.  Economia informale sotto il socialismo.

Una parte della letteratura scientifica sociale ha preso in esame il contributo che pratiche di economia informale (prevalentemente produzione su piccola scala, allevamento e orticoltura) hanno portato alle economie dei villaggi rurali dell'Europa centro-orientale durante il socialismo. Con il termine 'economia secondaria' si intende quell'insieme di pratiche definite come legali e quindi integrate nel sistema economico socialista e non parte esterna di esso. Quello che distingueva questo tipo di pratiche era il fatto che la fonte di guadagno potesse essere il lavoro, la posizione nei settori economici primario e secondario (informale) e le reti sociali acquisite mediante questi, altri assetti produttivi o ricchezza materiale. A Králová, pratiche di economia secondaria o informale hanno radici negli ultimi 20 anni del periodo socialista. In questo periodo, infatti, si registravano casi ripetuti di evasione fiscale messi in relazione con pratiche economiche secondarie. Nel 1979 si denunciava il numero, in aumento, di artigiani che facevano uso delle ore dopo il lavoro per fornire prestazioni retribuite ad altri membri del villaggio o nelle aree urbane limitrofe. Queste pratiche divennero così diffuse nella prima metà degli anni 80 da richiamare l'attenzione delle autorità locali ed istituire un ufficio centrale di coordinamento per le attività lavorative qualificate. Tale misura aveva 2 scopi:

garantire continue prestazioni lavorative nel villaggio in un periodo in cui vi era un boom di nuove costruzioni

creare un livello soddisfacente di contabilità e controllo centrale per le pratiche economiche secondarie

Queste pratiche, tuttavia, non si limitavano al settore artigianale, ma erano particolarmente diffuse nel settore agricolo. Attività economiche secondarie avevano sotto il regime precedente ampia diffusione e, nonostante la condanna mossa dall'ideologia dominante, le necessità dei casi potevano spingere persino le autorità pubbliche a cercare beneficio dai frutti di tali attività. Nell'Europa socialista la forza dell'economia secondaria risiedeva nel non costituire un'antagonista a quella primaria, ma nell'inserirsi in un quadro di simbiosi e convivenza con essa ai limiti della legalità. Ciò mette in rilievo il successo di queste pratiche là dove l'economia formale aveva fallito: legare gli attori ai mezzi di produzione e situarli in un contesto spaziale né separato né lontano dal nucleo domestico.


IV. L'economia informale postsocialista.

Molta gente di Králová si trova costretta a ricorrere all'economia informale con un diverso livello di necessità rispetto all'epoca storica precedente. Essi coltivano piccoli appezzamenti di terreno come fonte supplementare di guadagno e produzione agricola. Quasi tutti gli abitanti di Králová possiedono piccoli appezzamenti di terreno (kertek). Buona parte dei prodotti cresciuti sui kertek sono destinati ad uso domestico o per provviste ai giovani che vivono in città (si presume che giovani che si siano trasferiti in altri villaggi abbiano la loro terra da coltivare), tranne 2 prodotti che sono cresciuti per la vendita: la paprika e i fiori. L'ultimo elemento da prendere in considerazione riguardo le pratiche di economia informale legate all'uso della terra oggi è l'allevamento di animali. Un numero significativo di famiglia di Králová alleva animali per supplementare il consumo domestico di carne. La scelta dell'animale viene eseguita sulla base di precisi calcoli relativi ai costi e alle entrate in termini di carne, grassi e uova. Sebbene molti concordino sull'idea che il maiale costituisca la 'ricchezza del contadino', non tutti allevano questo animale, che richiede molto lavoro e dispendio di foraggio. Polli e conigli sono invece molto diffusi per la scarsa cura richiesta, perché non sono dispendiosi e contribuiscono degnamente al consumo di carne della famiglia. Nel corso dell'indagine e delle interviste, l'autore ha riscontrato particolare riluttanza a rispondere a domande sull'estensione della terra posseduta, il numero e il tipo di animali allevati.


V.   Il rapporto tra consumo e produzione.

In questa sezione si introduce il problema dei consumi e del rapporto con le strategie di produzione domestica. Nel caso di Králová l'uso di terra e animali è legato a considerazioni ben precise riguardanti il tipo di relazioni e la fiducia che attività economiche possono consolidare tra membri della comunità. Vi è una tendenza generale a mantenere le attività agricole e di orticoltura ad appannaggio dei membri del circolo di parentela. Nel caso di famiglie che producono per scopi domestici soltanto, il numero dei consumatori è superiore a quello dei produttori. Ciò dipende principalmente dall'estensione degli appezzamenti, che non richiedono grande impiego di forza lavoro. Quello che più suscita interesse, tuttavia, è che il rapporto tra media dei consumatori e media dei produttori è positivo anche per quei nuclei che producono per la vendita. Questa tendenza si spiega con l'uso, da parte di questo gruppo, di manodopera extrafamiliare. Il numero di produttori per nucleo domestico di per sé, dunque, non è sufficiente a spiegare i processi di produzione all'interno delle economie domestiche. La gente di Králová compie le proprie scelte economiche sulla base dei ritorni sia di capitale economico che sociale e pertanto il processo di consolidamento e il protrarsi di pratiche di economia secondaria (o informale) vanno considerati al di là di un rigido schema esclusivamente economico. Occorre, quindi, aggiungere un altro tassello a questo problema, affrontando l'argomento del lavoro e la sua funzione tra ideologia e pratica.


VI. Lavoro tra ideologia e pratica.

Durante il socialismo il lavoro svolto in pubblico (ufficiale) portava spesso scarsi ritorni in termini di realizzazione personale e poteva, invece, essere frustrante a causa della pesante ideologia che il sistema associava al lavoro. Garantire il lavoro per tutti era, infatti, uno dei fini principali del sistema socialista, ma ciò andava a volte a scapito sia della qualità che del senso stesso del lavoro. Di contro, poter ottenere risultati con i propri sforzi era considerato moralmente elevante, oltre, naturalmente, a produrre fonti extra di guadagno. Questo spiegherebbe, a detta della grande maggioranza degli intervistati, perché anche chi non aveva esperienza di terra e animali finisse prima o poi a coltivare il proprio pezzetto di terreno, ad imparare ad allevare il maiale. Oggi la situazione sembra stare profondamente mutando. Da una parte l'importanza del lavoro e il modo con cui esso viene svolto costituiscono la base con cui l'individuo (in particolare di sesso maschile) viene giudicato e stimato dalla collettività. Dall'altra, si nota la tendenza a giudicare negativamente l'eccessiva enfasi posta sul lavoro, per le conseguenze sociali che essa produce. L'idea che il lavoro incrementi la distanza sociale tra i membri della comunità sembra antitetica a quella che essere un buon lavoratore porti a godere di una buona reputazione nella comunità. Tale dicotomia esprime il rapporto che la gente di Králová ha con la sua storia. Il socialismo viene identificato come un periodo in cui di tempo a disposizione ce n'era anche troppo e in cui i momenti d'interazione sociale non mancavano, sebbene a scapito della realizzazione individuale. Di contro, la fase postsocialista ha introdotto una nuova concezione del lavoro e di conseguenza la rivalutazione del rapporto tra individuo e tempo. Oggi parte degli attori locali si occupa con cura anche maniacale della propria terra perché essa fornisce un complemento importante all'economia familiare. Ciò spiega perché la gente appare pronta a condannare l'eccessivo tempo speso in attività economiche secondarie più di quanto non lo facesse nell'epoca socialista. A parte le considerazioni sul lavoro come base etica su cui costruire il prestigio sociale dell'individuo, va messo in rilievo come prestazioni e scambi di lavoro servano a consolidare fiducia e cooperazione tra famiglie. Le logiche che dettano l'uso del lavoro come collante sociale sono spesso molto complesse ed incomprensibili se si ragiona in termini di puro profitto economico.

L'opera ricambiata contemporaneamente da 2 soggetti costituisce un esempio di come prestazioni lavorative siano tradotte in legami sociali e fiducia. La mancata partecipazione significherebbe la rottura della fiducia e quindi anche l'introduzione di turni sembra uno sforzo inutile, perché non esprime concretamente la compartecipazione al compito (seppure apparentemente superfluo) e apporta il rischio della rottura dell'impegno.

La quantità di lavoro versata dai 2 soggetti è di gran lunga superiore al beneficio ottenuto

L'azione di dimostrarsi pronti ad aiutare e a cooperare viene considerata di maggior rilievo che il contenuto del lavoro stesso. Si tratta, in poche parole, di un esempio in cui l'uso economico di una risorsa viene reso ridondante dalla sua funzione sociale.

Rifiutare una prestazione costituirebbe un'offesa.

È fondamentale l'uso sociale che la gente fa di prestazioni lavorative, tese a consolidare i legami tra familiari e membri del gruppo di parentela.

Le prestazioni sono spesso inutili, ma si inquadrano in una serie di aspettative tese a mantenere i ruoli familiari e a rinnovare la fiducia tra i nuclei.

Anche qui il ragionamento economico passa in secondo piano ed è l'enfasi sulla reciprocità e lo scambio che riflette il significato di gesti e forme di comportamenti che a prima vista possono sembrare irrazionali


Socialismo: + relazioni sociali - realizzazione personale

Postsocialismo: il contrario (ma solo per necessità di lavorare, infatti giudicato negativamente)





VII.    Conclusioni.

Le scelte economiche degli abitanti di Králová si possono spiegare così: in una fase di generale instabilità e velocità dei mutamenti, la gente preferisce investire nel futuro e nei rapporti a lungo termine, più che nella ricerca dell'interesse immediato. Pertanto il paradigma teoretico basato esclusivamente sul profitto economico applicato all'economia domestica ha poco valore, in quanto prescinde dalla valenza sociale delle transizioni economiche. A Králová pratiche economiche informali basate sull'uso di terra e animali hanno permesso agli attori di far quadrare i conti alla fine del mese ed elevare il proprio prestigio sociale. Oggi, la necessità di coltivare appezzamenti e allevare animali è sentita con maggiore gravità da alcuni, e con minore da altri che investono nel lavoro per mantenere saldi legami e fiducia interpersonale.


  1. FIDUCIA E ISTITUZIONI TRA MUTAMENTO E CONTINUITÀ.

I.      Introduzione.

Il prossimo passo nell'analisi dei mutamenti della fase postsocialista consiste nel prendere in esame pratiche e meccanismi di interazione tra individui e istituzioni pubbliche. Il rapporto tra individui e istituzioni nell'Europa orientale postsocialista è descritto da numerosi scienziati sociali come caratterizzato da alti livelli di informalità. Il cambiamento dal periodo socialista si è rivelato non soltanto difficile, ma ha spesso prodotto fenomeni inattesi come nostalgia del periodo storico precedente, apatia politica e l'aggravarsi di disoccupazione, clientelismo e corruzione. Secondo alcuni autori, la chiave di lettura di questi fenomeni sarebbe da riscontrare nel problema della fiducia. È stata operata una distinzione tra fiducia nelle istituzioni informali e fiducia interpersonale. Esistono 2 storie contrastanti nella trasformazione postsocialista:

l'economia di mercato avrebbe provocato la distruzione del 'senso di comunità' che aveva caratterizzato la fase socialista, portando una perdita generale di fiducia e un aumento di individualismo e opportunismo

lo sviluppo democratico di questi paesi sarebbe rallentato a causa dei bassi livelli di fiducia nelle istituzioni pubbliche e nell'uso, tipico del socialismo, di fare affidamento su relazioni interpersonali piuttosto che sulle leggi e le istituzioni formali

Questo capitolo prende le mosse da queste considerazioni teoretiche per confutarne l'approccio sostanziale, quello secondo cui la sfiducia, caratteristica della transizione al capitalismo, sia da considerare semplicemente come uno dei lasciti del socialismo. E questo perché:

come sottolineato da alcuni sociologi, la sfiducia non determina necessariamente il malfunzionamento delle istituzioni pubbliche e la rottura dell'ordine sociale

prima di sostenere che la sfiducia costituisca un lascito del regime precedente e pertanto sia difficile da sradicare nel corso delle trasformazioni presenti, c'è bisogno di considerare storicamente lo sviluppo sociale di questi paesi. Dalla raccolta dei dati sul campo è emerso più volte che la sfiducia è dagli attori ritenuta un problema del presente e non un'eredità sociale del passato regime

la questione della fiducia nel rapporto interpersonale non va analizzata su un piano separato da quello del rapporto tra individuo e istituzioni formali. Se si deve accettare il postulato che le società postsocialiste siano contraddistinguibili per un forte peso dei rapporti informali, allora è necessario penetrare a fondo all'origine di tali rapporti per comprendere quanto giovi considerare le nuove istituzioni democratiche come delle realtà antagoniste a quelle del regime passato.


II.    Fiducia nella cooperativa socialista.

È più che pertinente attendersi che la trasformazione postsocialista abbia prodotto, in coloro che ne hanno fatto esperienza, una serie di reazioni emotive spesso contrastanti e contraddittorie. La costituzione della cooperativa agricola socialista nei primi del 1950 ha costituito un'esperienza tragica per molti abitanti di Králová. Per i ricchi possidenti terrieri ha segnato la fine del potere e del controllo delle risorse economiche, della perpetuazione del loro status. È facile immaginare come i discendenti di questo gruppo abbiano interiorizzato questi eventi e giudichino la collettivizzazione della terra in termini del senso di perdita che questa ha comportato per le loro famiglie. D'altro canto, anche nel caso di discendenti di famiglie di piccoli proprietari terrieri, la ricostruzione data gli anni della collettivizzazione non è giudicata in termini positivi. Dalla parte del gran numero di senza terra, tuttavia, la creazione della cooperativa ha avuto un significato del tutto differente. Non solo ad alcuni di loro è stata offerta la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica e pubblica del villaggio, ma la forza con cui si andava imponendo l'ideologia comunista aveva dato piena legittimità alle loro richieste sociali. All'instabilità degli anni 50 ha fatto seguito un periodo sostanzialmente differente con il consolidamento delle funzioni sociali ed economiche della cooperativa negli anni 60. La cooperativa assunse una dimensione maggiormente 'umana', elevandosi a istituzione garante degli interessi pubblici della comunità. Si assistette ad un processo di identificazione che, nonostante i momenti negativi che lo precedettero e lo seguirono, portò alla comunità intera risultati che vennero sentiti come conquistati con le proprie mani. La terza fase della collettivizzazione, che unificò la cooperativa di Králová con le altre 3 cooperative agricole, allontanò l'istituzione dal villaggio sia in senso reale che metaforico. Le testimonianze degli intervistati vedono nell'evento la perdita della 'loro cooperativa' in seguito ad una decisione, politicamente orientata, che mirava ad unire istituzioni di successo (come quella di Králová) ad altre che andavano avanti accumulando debiti. L'atteggiamento critico degli abitanti del villaggio nei riguardi della cooperativa unificata si muove principalmente in 2 direzioni:

da un lato il cambiamento privò la cooperativa della sua presenza sociale e soprattutto culturale nel villaggio. Eventi e iniziative divennero appannaggio dei soli membri e finirono con lo svolgersi molto di rado, trasformandosi in 'meri esercizi di gestione delle conoscenze e avanzamento di carriera'

dall'altro lato, la nuova relazione tra membri e impiegati della cooperativa e il suo settore dirigenziale divenne caratterizzata da bassi livelli di fiducia

Il 1973 è visto dal villaggio come un momento storico cruciale. Si tratta della fine di un'epoca, durata alcuni secoli, in cui le relazioni di potere nel villaggio (incentrate sulla proprietà terriera, la discendenza familiare e la perpetuazione dello status sociale mediante la copertura delle cariche politiche di rilievo) avevano definito le modalità di accesso a risorse e servizi. Con il trasferimento della funzione pubblica della cooperativa del villaggio alla città e il controllo diretto di essa da parte del partito e dell'amministrazione provinciale, la sfera pubblica e quella privata furono precipitate su 2 piani formalmente differenti, ma informalmente equivalenti. È a partire da questo momento che rapporti 'informali' tra istituzione pubbliche e entità private divennero dominanti nel determinare l'accesso a servizi, privilegi e anche a diritti. Furono coloro che avevano rapporti personali con il partito, l'amministrazione cittadina o provinciale e la cooperativa, ad essere in grado di godere delle prerogative che spesso, in realtà, potevano essere di tutti. Fu tramite queste conoscenze e corsie preferenziali che divenne facile trovare lavoro nella fabbrica locale (e non fare il pendolare alla capitale), ottenere promozioni, avere in gestione terra e mezzi per coltivarla. Il potere venne trasferito alle ramificazioni locali del sistema centrale, e ciò rese possibile l'informalizzazione del settore pubblico, trasformando le basi della fiducia sociale.


III.  Fiducia nella cooperativa postsocialista.

La cooperativa agricola ha subito una riorganizzazione completa seguendo le leggi di privatizzazione e lo scioglimento delle istituzioni socialiste nel 1992. La gente di Králová ha reagito in modo differente a questo sviluppo. Alcuni hanno visto nella nuova figura (il nuovo presidente della cooperativa Vince) il simbolo del cambiamento e della volontà di modernizzare e democratizzare l'istituzione, sottolineando come la scelta di Vince costituisca un compromesso tra le 2 epoche, la socialista e la postsocialista. Altri, tuttavia, si sono espressi sull'incarico di Vince con minore ottimismo. Oggi, nel villaggio, si riscontra un'aperta sfiducia nei riguardi della nuova cooperativa; questa sfiducia si articola su diversi piani. Innanzitutto, la cooperativa viene giudicata come un'entità economicamente debole, che è spesso incapace di pagare la rendita della terra che gran parte della gente lascia ad essa in affitto. Uno dei dirigenti della cooperativa dimostra di essere al corrente della sfiducia che regna nel rapporto tra gente del villaggio e l'istituzione. Nelle sue parole, la sfiducia costituirebbe un male radicato nel passato, ma che si è aggravato nella situazione presente. Egli dimostra di rendersi conto di come la gente associ la cooperativa ai momenti bui del passato socialista e si dimostri sospettosa e piena di sfiducia nei riguardi di ogni mutamento di genere nel suo rapporto con la gente del luogo. Nonostante le frequenti esternazioni, velate di profondi coinvolgimenti emotivi di sfiducia nei confronti della cooperativa, la gente di Králová dimostra comunque di non disdegnare di ricorrere ad essa per una serie di servizi e prestazioni, anche quando essi potrebbero essere forniti da altre entità private. La presenza di parenti, vicini e amici all'interno della cooperativa è uno dei maggiori incentivi che muove la gente a rivolgersi all'istituzione nel momento di bisogno. Questo avviene anche al di là delle opinioni e della sfiducia dominanti il rapporto con essa. In questa situazione, infatti, il ruolo fondamentale è svolto da questi intermediari (perlopiù membri, ex membri o impiegati nella cooperativa) che fungono da ramificazioni sociali dell'organizzazione nella comunità. Il punto è che, nonostante la sfiducia generalizzata sia patrimonio pubblico (noto persino ai dirigenti della cooperativa), non comporta un'interruzione delle relazioni con essa. Il fatto che la gente non si fidi della cooperativa non denota un diverso e un più positivo atteggiamento dei riguardi del settore privato che, anzi, è spesso tenuto maggiormente alla distanza di quello collettivo. Il caso di Králová suggerisce che è proprio a causa dei processi di interazione informale con la cooperativa che essa continua a mantenere la funzione che le era propria, e si era consolidata, nel tardo periodo socialista.


IV. L'amministrazione comunale durante il socialismo.

Durante tutto il periodo socialista, l'amministrazione comunale e la cooperativa hanno costituito i 2 poli istituzionali principali del villaggio. Se ad essi si aggiunge il partito comunista si completa il quadro istituzionale di come erano strutturati il controllo e l'amministrazione politica, economica, sociale (e anche culturale e ricreativa) delle comunità rurali dell'Europa orientale. La gente locale era ben consapevole che qualsiasi richiesta di natura ufficiale sarebbe dovuta essere inoltrata attraverso una di queste 3 istituzioni e virtualmente nessuna azione indipendente era ammissibile. Nei casi in cui non fosse possibile, e poco conveniente, ricorrere ad una delle 3 autorità, si cercava l'appoggio delle altre 2 anche se, come regola generale, le 3 non erano mai unità distinte. Gli abitanti di Králová si sono espressi in modo negativo anche nei riguardi dell'amministrazione comunale socialista. Uno dei terreni su cui le critiche sono state più aspre è stato quello delle politiche edilizie. Molti sostengono oggi che una delle cause dell'invecchiamento della popolazione del villaggio è da ricercarsi nelle politiche di controllo edilizio sotto il precedente regime. Il comune non dava permessi per edificare e tutti sono andati a vivere nelle comode case di città. Anche se oggi volessero tornarci non avrebbero più i soldi per farlo. Un altro commento ha rilevato che, poiché Králová era stata inclusa nella lista dei Comuni 'in via di sviluppo', non vi era stato per essa alcun sussidio statale per la costruzione di edifici privati. Questo, secondo alcuni membri della comunità, sarebbe da interpretare con la volontà dei politici distrettuali di non far sviluppare il villaggio, a maggioranza ungherese, e di favorire il trasferimento delle famiglie di giovani verso la città. Nonostante il problema delle licenze edilizie sia sentito con particolare gravità da parte degli abitanti, il giudizio sui 2 sindaci in carica per più lungo tempo non sembra essere tinto di risvolti particolarmente negativi. Il problema dello sviluppo edilizio di Králová sotto il socialismo e il modo con cui è sentito dai suoi abitanti indicano che la sfiducia nei riguardi delle politiche passate è riversata prevalentemente sulle istituzioni politiche (il partito e l'amministrazione provinciale e distrettuale), piuttosto che sui singoli esponenti locali. La gente sembra riconoscere che alcuni dei problemi presenti siano da imputare alle scelte politiche passate, ma ciò che è interessante è che essa non mostri apertamente di criticare i suoi rappresentanti. Anche in questo caso, il processo di informalizzazione delle istituzioni si dimostra nel contrastare, anche emotivamente, l'operato e le funzioni pubbliche delle istituzioni e dei loro singoli rappresentanti fisici, il che permette loro di stemperare la sfiducia generalizzata tramutandola in fiducia personalizzata.


V.   L'amministrazione comunale oggi.

La giunta comunale è oggi composta dal sindaco, in carica 4 anni, il vicesindaco e 3 amministratori eletti dal sindaco. La posizione del vicesindaco è piuttosto complessa, in quanto è in parte impiegato dell'amministrazione comunale, in parte funge da operatore pubblico che si occupa dei lavori pubblici e dei senza impiego. Fino al 2001 queste 5 cariche erano le uniche ad essere dipendenti dal budget del villaggio, tuttavia, con le riforme entrate in vigore nel 2002, si prevede che tutti i membri del corpo educativo (scuole) diventino impiegati comunali, aumentando il numero dei dipendenti (inclusi bidelli e assistenti alle pulizie). Mentre il consiglio comunale durante il socialismo non aveva nessun potere reale di decisione poiché qualsiasi misura era presa a livello di distretto, oggi la maggioranza dei membri della giunta è proposta dai vari partiti politici. La Slovacchia è divisa in 8 regioni amministrative che a loro volta comprendono 79 distretti. Il villaggio di Králová appartiene alla regione di Nitra e al distretto di Sal'a. Nella struttura politica locale il principale cambiamento alla fine dell'era socialista è stato dato dalla maggiore autonomia garantita ai Comuni con una minore interferenza dei distretti negli affari pubblici. Nel 1991 si sono svolte le prime elezioni democratiche del sindaco del villaggio. Esse hanno portato all'elezione di Márk, come candidato di lista indipendente. Gli intervistati sottolineano come egli fosse l'unico tra i candidati a non aver avuto chiare relazioni con il fu partito comunista. Nel corso della sua carriera Márk ha accumulato conoscenze e relazioni personali con la cooperativa, membri dell'amministrazione distrettuale e persino della contea, pur non essendosi mai dimostrato un membro attivo del partito. Márk è rimasto in carica 12 anni, rieletto 3 volte, a dimostrazione della fiducia che la comunità ha voluto esprimere al suo operato politico. Considerando la durata del suo incarico, Márk costituisce una figura emblematica della trasformazione postsocialista nel villaggio. La sua reputazione come primo cittadino ha subito alti e bassi sulla base del suo impegno nei riguardi della comunità, ma anche delle complesse vicissitudini che hanno caratterizzato gli ultimi 14 anni. Da una parte, Márk ha goduto l'appoggio indiscusso dei membri anziani della comunità, per i quali il suo impegno si è rivelato impeccabile. Dall'altra, tuttavia, una parte della popolazione giovane si è dimostrata critica nei suoi confronti, mettendo in rilievo come sotto la sua giunta fosse difficile organizzare iniziative per i più giovani e che le sue preferenze fossero cadute, strategicamente, sempre sugli anziani. Nel corso del suo lungo incarico Márk ha dimostrato di saper gestire le proprie conoscenze nel mondo politico locale e nazionale in modo fruttuoso per la comunità, come nel caso del restauro della chiesa e del cimitero. Il risultato dello sforzo politico dell'ex sindaco è stato estremamente positivo ed ha incrementato la fiducia degli abitanti nei suoi confronti. Un altro episodio mette in rilievo, invece, il rovescio della medaglia. Márk è stato accusato da alcuni membri della comunità di aver fatto uso delle proprie conoscenze non per perseguire il bene pubblico. Nonostante abbia costituito sin dall'inizio uno dei suoi cavalli di battaglia elettorale, l'installazione dell'impianto di gas metano ha conosciuto una grande ritardo:

il sindaco è stato criticato per non aver impiegato forza lavoro del villaggio (quasi tutti gli operai erano di villaggi vicini) e per non aver aiutato alcuna delle 4 ditte d'installazione operanti nella comunità a vincere l'appalto

molti hanno lamentato gli alti costi di installazione, superiori di gran lunga rispetto a quelli dei villaggi vicini

se a questo si aggiunge la voce che la ditta appaltatrice avesse dei rapporti di amicizia personale con il sindaco, la critica del suo operato appare fondata

Pare sia stato questo episodio, infatti, che abbia fatto perdere le elezioni a Márk, ricandidatosi per la quarta volta nel 2002. L'episodio serve a confermare che anche nel campo delle relazioni informali la fiducia viene messa in discussione quando valori pubblici passano in secondo piano rispetto a interessi privati. Il sindaco, sebbene ricopra la più alta carica politica del villaggio, non è però l'unica fonte di autorità a cui la comunità si rivolge nei casi di necessità pubblica. Anche se l'amministrazione comunale ritiene sempre la posizione guida nelle politiche locali (come d'altronde era sotto il socialismo), ci sono oggi nuovi modi di affrontare questioni di interesse pubblico (es: creazione di associazioni di abitanti). Molti criticano ancora oggi, come in passato, l'eccessiva dipendenza del Comune dalle amministrazioni distrettuali e dalla contea, e quindi da poteri superiori. La creazione di associazioni di abitanti indica, però, che la gente del villaggio è consapevole dell'esistenza di nuovi modi per risolvere le questioni di interesse pubblico. I meccanismi di sviluppo democratico e costituzione della società civile si sono installati con successo e riescono a prevalere sulla base di informalità e gestione dei rapporti interpersonali.


VI. Conclusione.

Il comportamento della gente di Králová nei confronti sia della cooperativa che dell'amministrazione comunale indica che queste sono ritenute i 2 più importanti organi politici ed economici della comunità. Alla sfiducia espressa a parole non corrisponde una distanza di fatto dalle 2 istituzioni. Ciò conferma 2 tesi:

il postsocialismo è un periodo di trasformazione molto più complesso della semplice transizione da socialismo a capitalismo e democrazia. La gente dimostra di aver fatto proprie pratiche e strategie del passato (es: il mantenere rapporti con figure chiave della politica locale) e di tradurre la loro utilità nel presente (utilizzo strategico del passato)

fiducia e sfiducia si avvicendano nella realtà quotidiana nell'Europa postsocialista proprio perché il rapporto tra individui e istituzioni formali spesso segue le linee, informali, che la gente ha imparato a seguire sotto il regime precedente. Avere sfiducia nella cooperativa o nell'amministrazione comunale, quindi, significa criticare l'operato di figure (il presidente o il sindaco) individuali che rappresentano le istituzioni stesse. In questo modo i rapporti interpersonali divengono inestricabili da quelli istituzionali e le pratiche degli attori devono essere tenute in considerazione alla stessa stregua delle loro idee, altrimenti si rischia di non cogliere la peculiarità del postsocialismo, tanto evidente se si considera lo sviluppo storico di queste regioni


  1. VALORI E STORIA.

I.      Introduzione.

Comprendere il valore che la fiducia riveste oggi per gli abitanti di Králová significa analizzare il rapporto tra le loro pratiche di vita quotidiana e le espressioni di idee e opinioni sul mondo sociale. Se il rapporto tra individui e istituzioni appare estremamente complesso e difficile da leggere ricorrendo alla sola considerazione delle idee espresse dagli attori, questo sta ad indicare che il fidarsi non è soltanto un'azione mossa da scopi e obiettivi razionalmente definiti. Questo capitolo prende in esame l'aspetto morale della fiducia proponendo un approccio storico al cambiamento dei valori che definiscono i rapporti tra membri della comunità. Questo capitolo prende in esame i valori come espressioni di tendenze e desideri individuali definiti socialmente. Essi servono, infatti, a delineare modi di comportamento e morali d'interazione sociale che sono alla base di espressioni di fiducia nei riguardi di membri della comunità. L'analisi del mutamento storico di alcuni dei valori chiave per formulare il giudizio e il prestigio sociale dell'individuo serve ad aggiungere un tassello al mosaico della realtà sociale di Králová in mutamento.



II.    Valori e mutamento.

I valori vengono definiti come 'tutti gli scopi definiti socialmente, siano essi materiali o psicologici, alla realizzazione dei quali mirano i membri di una determinata comunità'. Alcuni autori basano la propria analisi dei valori sul mutamento storico. Vengono così individuati 2 orientamenti di valori: quello precedente il periodo socialista ('orientamento contadino') e quello successivo, tipico del socialismo di Stato ('fase transitoria tra contadino e salariato'). Altri autori, al contrario, sostengono che l'attore sociale sarebbe in grado di giostrarsi tra diversi orientamenti morali sulla base del proprio patrimonio cognitivo, strumentalizzando i valori per conseguire il proprio scopo. Pertanto, non avrebbe senso fare riferimento a set di valori definiti storicamente o come caratteristiche di contesti etnici, culturali e sociali. Di seguito si prenderanno in considerazione alcuni valori inquadrati nel processo di mutamento sociale dopo il 1989. La loro analisi servirà a chiarire l'uso che la gente di Králová fa dei valori nel definire ruoli e relazioni sociali.


III.  Valori e differenze di genere.

Uno degli approcci validi per identificare valori e orientamenti morali a Králová oggi è quello che prende in considerazione il rapporto tra genere, sesso e modalità di giudizio sociale. Il prestigio sociale è oggi costruito nel villaggio su basi differenti secondo il genere. Per le donne essere dotate di qualità come

la parsimonia

l'industriosità

la religiosità

essere in grado di mantenere rapporti pacifici e cordiali con i vicini

equivale a quanto per l'uomo sia importante

saper lavorare bene

gestire il denaro e il successo materiale

avere un 'volto sociale' ben definito

Sulla definizione sociale di tali qualità hanno influito fattori storici e geografici tra i quali va ricordata la struttura socioeconomica del villaggio in tempi pre-socialisti. A Králová il potere era nelle mani delle poche famiglie di possidenti terrieri medio-grandi (gadza) che imponevano modalità e valori nei rapporti sociali. In seguito, durante il socialismo, la scomparsa dell'egemonia della classe dominante ha dato il via a profonde trasformazioni anche nel campo dei valori: l'importanza di saper lavorare la terra con maestria e saper vivere con parsimonia ha ceduto il passo ad altre qualità come, per gli uomini

saper gestire le reti sociali

saper bilanciare la vita pubblica con quella privata

essere un buon membro del partito

Per le donne, invece, la stessa industriosità, che è valore molto stimato al presente, è rimasta una constante durante tutto il periodo socialista con le differenze fondamentali che derivano dal notevole aumento del tasso di occupazione femminile. Queste caratteristiche spiegano l'orientamento morale presente oggi nel villaggio e sono le basi su cui ruotano, nel villaggio, prestigio, fiducia e rispetto. L'analisi rivela importanti modalità con cui i valori sono costruiti e trovano giustificazione nell'avvicendarsi di epoche storiche differenti. Mentre per gli uomini la discendenza familiare viene considerata oggi quasi al pari delle qualità personali, per le donne è nel campo delle qualità che fiducia e prestigio vanno ricercati. Inoltre, si rivela forte, nei soggetti, la tensione tra epoche storiche e il modo in cui la gente del villaggio giudica i mutamenti sociali. Il porsi criticamente nei confronti del periodo socialista, così come l'idealizzarlo, sono soltanto alcuni dei frutti della trasformazione del dopo 1989. Appare chiaro che orientamenti morali e valori riflettono, nella loro accettazione collettiva, i mutamenti delle fasi storiche e il modo in cui gli attori hanno fatto proprie e filtrato pratiche e idee nel contesto reale dell'interazione sociale.


IV. Un approccio quantitativo ai valori.

In epoca pre-socialista a Králová la cattiva gestione delle risorse economiche era considerata una delle forme più riprovevoli di comportamento sociale. Lo stile di vita dei ricchi possidenti terrieri (gadza) era imperniato su 2 valori principali:

parsimonia

semplicità

Sprechi e tendenze a 'mostrare' lo status e il potere erano banditi in quanto indice di una cattiva gestione delle risorse. Questo orientamento etico valeva prevalentemente per l'uomo capofamiglia, ma aveva delle importanti ripercussioni anche sul ruolo sociale della donna. La donna presocialista ricopriva nella famiglia contadina 3 compiti fondamentali:

crescita dei figli e cura della casa

gestione delle risorse finanziarie domestiche 'alienabili' (denaro, prodotti agricoli e di allevamento)

controllo delle relazioni sociali sia nell'ambito del gruppo di parentela che al di fuori di esso

Di conseguenza, va sottolineato come non ci sarebbe stata, nella famiglia contadina slovacca dell'inizio del xx° secolo, una chiara e definita divisione degli orientamenti morali relativi al comportamento sociale e economico sulla base del genere. Tale equiparazione delle aspettativa sociali viene, tuttavia, ad essere modificata nel periodo socialista. La collettivizzazione della terra e l'ideologia socialista sostenitrice del lavoro femminile hanno spostato l'asse delle funzioni e della divisione del lavoro verso l'esterno. Le donne sono divenute salariate a tempo pieno, trasferendo il ruolo di allevatrici dei figli alle strutture di assistenza statali, o ai membri di famiglia anziani. D'altra parte, con la perdita delle funzioni produttive del nucleo domestico contadino, la funzione del capofamiglia ha assunto connotati diversi, passando dalla gestione della terra e del prestigio sociale fondato sulle pratiche economiche, a quella delle reti sociali e delle conoscenze all'interno di circoli politici e sociali sempre più aperti. È divenuta prerogativa dell'uomo quella di saper mantenere i contatti con membri del partito, direttori di fabbriche e cooperative, esponenti politici locali, per poter ottenere beneficio per usufruire di servizi destinati a tutti in tempi brevi. In poche parole, il socialismo di Stato ha contribuito ad ampliare il divario tra funzioni sociali femminili e maschili introducendo una serie di fondamenti etici basati maggiormente sulla realizzazione personale che sul comportamento in ambito di comunità. Come sono mutati gli approcci etici e gli orientamenti dei valori in seguito alla trasformazione postsocialista?? Un'indagine quantitativa basata su di un questionario ha prodotto interessanti risultati. I risultati dell'inchiesta mostrano che, come tendenza generale, sia le espressioni negative di qualità che quelle di comportamento rivestono maggiore importanza nel caso di voci inerenti a relazioni sociali che a quelle relative alla natura umana. Le peggiori qualità sono, nell'ordine:

inaffidabilità

invidia

sfruttamento dei rapporti interpersonali

Al contrario, lo spreco viene ritenuto il meno dannoso delle voci, ad indicare che le buone intenzioni e la speranza nell'affidabilità delle relazioni sono ritenuti elementi fondamentali dell'interazione sociale. Risultati simili si hanno nel caso di comportamenti umani. Le azioni maggiormente criticabili sono, nell'ordine:

violenza

rapina

rottura di promessa data

tradimento

È necessario prendere in considerazione il problema del rapporto tra valori e genere. I dati relativi alle differenze di genere sembrano confutare l'ipotesi che approcci etici relativi al comportamento e alle qualità umane siano caratterizzati da diversi elementi nel caso di uomini e donne. Le differenze sono perlopiù nella scala dei valori negativi: donne e uomini concordano sulle 3 qualità maggiormente dannose all'armonia della comunità (inaffidabilità, invidia e sfruttamento); le donne considerano, però, la pigrizia maggiormente nociva dell'avarizia e della tendenza a mostrare. D'altro canto, gli uomini elencano di seguito tendenza a mostrare, avarizia e pigrizia. Riguardo le azioni maggiormente riprovevoli le donne indicano al pari rapina e violenza, inganno e tradimento, seguiti da pettegolezzo, rottura della promessa data e alcolismo. Gli uomini invece elencano in ordine violenza, rapina, inganno, rottura della promessa, tradimento, alcolismo e pettegolezzo. L'analisi comparata dei dati relativi ai 2 sessi indica 2 conclusioni:

alcune azioni e qualità negative sono ritenute dominio morale esclusivo di uno dei 2 sessi, come ad esempio il pettegolezzo e la pigrizia per le donne, l'alcolismo e l'ostentazione per gli uomini. Questo riflette una tendenza verso la continuità di pratiche e idee pre-socialiste, in cui l'uomo aveva da salvaguardare in modo principale la propria posizione economica e lo status, mentre la donna le proprie qualità umane e sociali

le donne sembrano non dimostrare una maggiore propensione verso l'essere conservatrici e materialiste negli orientamenti etici. Esse mostrano, al pari degli uomini, lo stesso grado di preoccupazione per valori che sono ritenuti i volani dell'interazione e dell'armonia sociale, piuttosto che per indicatori di benessere, successo personale e possesso materiale


V.   Conclusione.

Il discorso sul mutamento degli orientamenti etici dimostra che la gente di Králová opera delle continue scelte sui valori e il loro significato va considerato all'interno di un'analisi storica e comparata. Il ritorno di valori caratteristici della fase pre-socialista e il permanere di orientamenti tipici del periodo socialista sono soltanto alcuni esempi del modo in cui gli attori intrecciano le etiche dei periodi passati nella loro interpretazione del presente. I dati presentati confermano la visione dominante secondo cui la fiducia costituisce uno dei principali problemi sociali della realtà quotidiana di Králová. La gente del villaggio, mediante la propria espressione di denuncia verso valori che metterebbero in pericolo la fiducia e l'affidabilità degli attori nelle relazioni interpersonali, denuncia uno stato di incertezza e di instabilità. Tuttavia, da qui ad affermare che la sfiducia porti alla chiusura negli ambiti familiari, alla mancanza di senso civico, di attività collettiva e all'arretratezza economica, il cammino è ancora lungo. L'importanza attribuita ai valori alla base delle relazioni sociali conferma che queste sono considerate dagli attori postsocialisti tra le più importanti risorse per sopravvivere nel mutamento attuale. Pertanto, la sfiducia va letta in chiave di preoccupazione per la situazione attuale e di previdente atteggiamento verso l'altro per salvaguardare la propria posizione, gli interessi personali, ma soprattutto, le relazioni stesse. I dati raccolti indicano, inoltre, che l'importanza di determinati valori non costituisce motivo di categorizzazione in base al genere.


  1. LO STATO E LE RELAZIONI ETNICHE.

I.      Introduzione.

In questo capitolo si prende in esame l'ultimo aspetto del problema della fiducia nell'ambito del mutamento sociale della Králová postsocialista: il rapporto tra individui e Stato. Tra le numerose dinamiche d'interazione tra attori sociali e istituzioni governative, si è scelto di prendere in esame lo Stato dal punto di vista delle relazione etniche. Il discorso etnico è, a Králová, costituito sul rapporto (ideologico e fattuale) tra attori locali e lo Stato. Nonostante (e a causa di) le passate vicissitudini della Slovacchia e della minoranza ungherese in Slovacchia, discorsi nazionalistici e intolleranze etniche sono parte integrante della vita quotidiana di Králová. La gente ha imparato a tenere dentro di sé stereotipi, barzellette e scherzi offensivi, razzismo e orgogli nazionali e addirittura dimenticarsene quando si tratta di perseguire i propri scopi o semplicemente sentirsi bene in compagnia. Per gli attori il discorso etnico acquista significato e connotazioni più o meno problematiche là dove strutture politiche e sociali imposte dall'alto e eventi storici intervengono.


II.    Cenni storici dei rapporti etnici tra slovacchi e ungheresi.

Prima di delineare brevemente alcune tappe storiche che hanno segnato le fasi cruciali dello sviluppo dei rapporti interetnici in Slovacchia è necessario premettere che è difficile ricercare l'assoluta imparzialità dei fatti nelle fonti storiche. Le versioni e le storie narrate dalle fonti di nazionalità diverse difficilmente sono concordanti. Questo pone un problema etico piuttosto che epistemologico. Gli anni 60 e 70 sono dipinti dalla gente come il periodo di maggiore tolleranza etnica; non soltanto esempi di razzismo o discriminazione istituzionalizzata scomparvero dalla scena, ma lo Stato cecoslovacco si diede da fare per sponsorizzare l'attività delle associazioni di cultura delle minoranze etniche. Il fatto che la gente del villaggio oggi guardi alla seconda metà del periodo socialista come ad una fase di relativa tolleranza nei riguardi del problema etnico, lascia intendere che problemi nei rapporti tra i 2 gruppi etnici siano avvertiti in prevalenza a partire dagli anni 90. Il crollo del Muro di Berlino ha prodotto una scossa inaspettata al problema dei rapporti etnici. Il primo governo eletto democraticamente guidato da Mečiar ha riaperto la questione delle minoranze, secondo alcuni rimasta dormiente sotto il regime socialista, con discorsi populisti e spesso tinti di aperto nazionalismo. Molti degli intervistati concordano che gli anni dei 2 governi di Mečiar hanno contribuito ad aggiungere incertezza ai cittadini alle prese con la pur difficile trasformazione postsocialista. Scontri aperti sulla questione etnica, l'aumento di intolleranze a livello locale e una serie di politiche sfavorevoli alle minoranze hanno creato un panorama di forte instabilità che solo la crisi economica della metà degli anni 90 e la conseguente caduta del Governo sono riuscite lentamente a risanare. Oggi la situazione delle minoranze è notevolmente migliorata. Sebbene disinformazione e stereotipi rimangano, essi sembrano essere patrimonio delle aree dove le 2 etnie non si incontrano e dove, pertanto, propagande populiste hanno fatto meno sforzo ad attecchire. Nelle zone prevalentemente ungheresi o miste, si assiste invece ad un fiorire di iniziative culturali e sociali tese a valutare il patrimonio tradizionale delle minoranze e a non ostacolare gli scambi tra i 2 gruppi etnici e i 2 Paesi.


prima ( - )

anni 60 e 70 (seconda metà del periodo socialista) ( + )

anni 90 (crollo del Muro di Berlino e governo di Mečiar) ( - )

metà anni 90 (caduta del governo di Mečiar) ( + )





III.  Rapporti etnici tra pratiche e idee.

Tra le impressioni che si ricavano abitando e prendendo parte alla routine di vita quotidiana a Králová vi è quella che nel villaggio non si avverta nessuna tensione tra i 2 gruppi etnici. Gli ungheresi sono liberi di usare la loro lingua in conversazione e persino durante il lavoro e le poche famiglie slovacche hanno poco di che lamentarsi poiché alla loro presenza gli interlocutori automaticamente cambiano codice linguistico. Il problema dell'uso della lingua è, invece, sentito con particolare gravità da coloro che mostrano preoccupazione per il futuro della propria minoranza. Alcuni studi hanno rilevato che la maggior parte delle minoranze tralascerebbe, nella propria lingua madre, l'uso di alcuni termini ungheresi (come nel caso di parole legate al linguaggio burocratico, tecnico e politico), che tendono a rendere nella lingua del paese di nascita. Questo è senz'altro indice della distanza tra lingua madre e lingua d'uso comune, ma sta anche ad indicare che si possono fare delle differenze di giudizio degli individui sulla base della loro capacità di usare la lingua minoritaria. Questo è uno dei casi riscontrati più spesso a Králová. All'interno della comunità, sono stimate e ritenute persone di cultura quelle che sono in grado di parlare l'ungherese più correttamente e in maniera più vicina alla lingua parlata in Ungheria. Al contrario, l'uso alternato e l'intercalare discontinuo di termini slovacchi sono ritenuti, in base alla loro frequenza, indici di scarsa cultura o bassa estrazione sociale. Cosa accade nel caso dell'educazione dei figli?? Questo costituisce, a ragione, il motivo di maggior ansia per gli attivisti della cultura e della lingua ungherese. Non soltanto sono alte le probabilità che i figli di un matrimonio misto non parlino in ungherese (non va dimenticato che tutti gli ungheresi parlano slovacco, mentre pochissimi slovacchi parlano ungherese), ma di recente anche nel caso di matrimoni tra magiari i figli sono mandati in scuole di lingua slovacca. Gli anziani criticano la scelta della scuola slovacca. Dal canto loro, le giovani coppie spiegano che oggi per un giovane la lingua d'insegnamento è un requisito fondamentale per il futuro dei figli e la loro carriera, e una lingua minoritaria servirebbe loro a ben poco. Nel caso dei matrimoni, negli ultimi 10 anni la comunità ha registrato un numero crescente di matrimoni misti, con pochi casi di donne slovacche che hanno preso a vivere a Králová. Molto più comune è, invece, il caso di uomini ungheresi unitisi in matrimonio con donne slovacche e trasferitisi nei loro villaggi (o città d'origine). Mentre fino agli anni 80 era ancora uso che la donna slovacca accolta a vivere nel villaggio del marito (ungherese) imparasse la lingua dei suoceri, pare che quest'usanza sia ormai scomparsa.


IV. Tra il dire e il fare.

Il problema delle relazioni etniche è di natura troppo complessa per permettere categorizzazioni nette. Ciò accade per una serie di ragioni:

in un contesto sociale come quello in esame, dove la frequenza e la violenza dei cambiamenti storici hanno imposto condizioni geopolitiche estremamente instabili, ha poco senso definire i rapporti tra i 2 gruppi sulla base della loro appartenenza storica ad una Nazione piuttosto che ad un'altra

l'uso della lingua non è di aiuto a definire i limiti spaziali di un gruppo etnico. Come si è visto, la frequenza dei cambi di codice linguistico e la tendenza ad evitare l'uso marginalizzante della lingua (ungherese) non permettono di identificare chi e in che occasione si ponga all'interno di uno dei 2 gruppi

vi è una forte ambiguità tra opinioni e pratiche degli attori sociali

Anche riguardo le relazioni etniche esiste oggi un alto grado di incongruenza tra quello che è espresso a parole e le azioni che seguono. Dopo aver più volte udito aneddoti e commenti scherzosi sulla presunta inferiorità intellettiva di uno dei 2 gruppi etnici, gli stessi interlocutori, sorpresi in contesti della vita quotidiana, dimostravano di non farsi influenzare affatto da stereotipi e idee riguardo l'altro gruppo. Amicizia, amore e considerazioni di interesse privato sono spesso in grado di far superare barriere ideologiche e costruzioni d'identità etnica. Ciò accade sia nella sfera dei rapporti tra membri del villaggio ed esterni, sia all'interno del villaggio stesso. Le famiglie ungheresi, pur particolarmente sensibili al problema del futuro della minoranza, non dimostrano in alcuna occasione di volerne imputare cause e responsabilità ai membri slovacchi della comunità. Le indicazioni che nascono da queste tendenze sono raggruppabili in 2 filoni principali:

il rapporto tra azioni e idee la discrepanza tra ciò che è espresso verbalmente e la realtà dei fatti è una delle caratteristiche più evidenti della trasformazione postsocialista di Králová. La gente del villaggio dimostra ambiguità nelle azioni e nelle proprie opinioni tanto da far pensare che sia forte la preoccupazione di esprimere le proprie idee. Tuttavia, il dire e il fare cose differenti, spesso proprio opposte, non hanno necessariamente a che vedere con la cautela nell'esprimere le proprie idee. Piuttosto, si tratta di un espediente strategico per controllare il risultato delle proprie azioni. Di contro, il già menzionato interesse privato prende il sopravvento quando si tratta di vivere le relazioni etniche

il concetto di fiducia etnica (*)



V.   Fiducia etnica (*) e Stato.

Per completare il discorso sulla fiducia etnica resta da introdurre in maggiori dettagli l'argomento della relazione tra individui e Stato. Prestare attenzione a questa dimensione aiuta, infatti, a definire il modo con cui gli attori locali giudicano gli eventi storici e si mettono in relazione con essi. La maggior parte delle famiglie ungheresi del villaggio è consapevole delle condizioni storiche della minoranza in Slovacchia ed è in grado, sulla base di tale conoscenza, di costruire la propria visione della responsabilità dei sistemi politici e dello Stato nei riguardi della questione etnica. Opinioni verso il governo slovacco sono spesso caratterizzate da diffidenza, pessimismo e un velato senso di cinismo. Questo approccio ha 2 sfumature:

da una parte lo Stato è invocato come organo politico supremo che dovrebbe intervenire in qualsiasi momento a risolvere i problemi più gravi della vita civile

dall'altra, è diffusa l'idea che non ci si possa aspettare niente di buono dallo Stato slovacco. In quanto slovacco, quindi, lo Stato viene dai più pessimisti considerato troppo lontano per comprendere e venire incontro alle esigenze della minoranza ungherese

Questo cinismo esaspera, probabilmente, la situazione reale che, perlomeno negli ultimi 2 anni, sembra essere nettamente migliorata.


VI. Conclusione.

Il problema delle relazioni etniche e della fiducia costituisce una delle questioni più spinose che la Slovacchia deve fronteggiare in vista dell'ingresso nell'UE. La consapevolezza di eventi sfortunati e drammatici per gli ungheresi pesa sugli attori locali al pari della loro preoccupazione per le sorti della minoranza in continuo calo numerico. Non si può certo ignorare l'importanza della questione per la gente locale. Tuttavia, seguire un approccio che ha, purtroppo spesso, caratterizzato la ricerca antropologica degli ultimi 20 anni nella categorizzazione dei gruppi etnici e nel contrasto tra 'noi' e 'loro', 'dentro' e 'fuori', non giova a comprendere la complessità della situazione presente. È inoltre importante sottolineare che, per gli attori locali, la sfiducia nei politici slovacchi non corrisponde ad una sfiducia assoluta in quelli ungheresi (d'Ungheria).


  1. CONCLUSIONI.

L'interpretazione del passato diviene il complesso delle pratiche e delle idee che spingono gli attori ad adattare la loro storia al presente, scartandone gli elementi di ridondanza e traendo da quelle utili insegnamenti per andare avanti. Il modello sul quale alcuni approcci teoretici hanno dipinto il mutamento del postsocialismo ha prodotto e perpetuato incomprensione su questi paesi. Una delle conseguenze, apparentemente inspiegabile, è che i media occidentali continuano ad ignorare lo sviluppo e il cammino di questi paesi. Se a questo si aggiunge il velato senso di superiorità che caratterizza il rapporto ovest-est, si comprende facilmente come non sia facile introdurre un argomento come il postsocialismo che a molti risulta ostico e poco interessante. Per questo è necessario chiarire che adottare la fiducia come il rimedio universale per tutti i problemi di un determinato contesto economico, politico e sociale significa partire con il piede sbagliato. La fiducia costituisce un aspetto fondamentale della vita umana, senza il quale cooperazione, solidarietà e mutualità di scambi tra individui non esisterebbero. Ma la fiducia è anche un concetto troppo vago e ostico per poter essere messo in contesto senza il supporto di dati storici. Questo volume ha tentato di fornire un percorso alternativo a questi approcci. La via della sfiducia è tortuosa e ardua da leggere senza un'analisi critica delle forme di comportamento sociale ed economico così come delle idee che stimolano, ma non sempre ispirano i comportamenti. Gli attori di Králová dimostrano di aver compreso bene la natura della trasformazione postsocialista. Costruire il nuovo significa non dimenticare il vecchio e l'utilità che questo può ancora avere, per 2 motivi:

il socialismo ha costruito più di quanto oggi ci si affretti a negare, spinti dal desiderio di dimenticare trascorsi scomodi e imbarazzanti. Senza i lasciti del periodo socialista, questi paesi si sarebbero trovati nell'anarchica situazione di dover costruire oggi su fondamenta inesistenti

poiché una parte del sapere sociale di un popolo, ossia valori, orientamenti cognitivi e etiche, è molto più dura a morire delle strutture e dei rapporti relazionali, era logico aspettarsi che i paesi postsocialisti costruissero da sé le loro interpretazioni di cosa la trasformazione del 1989 dovesse significare. Pur tra confusione, incertezza e instabilità, questi paesi hanno trovato la loro strada, e l'ingresso delle organizzazioni internazionali, oltre all'enorme volume di affari e scambi commerciali tra essi e i vicini occidentali, ne è dimostrazione. Vale la pena, dunque, prendere in esame le modalità dei processi ontologici con cui gli attori 'familiarizzano' con il presente e strumentalizzano quelle innovazioni che permettono loro di mutare strategie e adattarsi

La sfiducia ritrovata è la scoperta dell'importanza dell'atto del fidarsi, e in quella la sostanziale tendenza al non fidarsi per mantenere meglio il controllo delle relazioni interpersonali. Il socialismo reale ha insegnato alla gente del villaggio a battere strade conosciute, a ricorrere ad amicizie e rapporti personali per evitare l'inattaccabile macchina ideologica e burocratica dello Stato. Quello che è mutato sono le condizioni esterne; la certezza che il socialismo garantisse qualcosa (pur scippando la libertà) non esiste più e i punti fermi sono crollati. Quelle che resta, finché il postsocialismo perdura, sono i rapporti tra gli individui. È per questo che non fidarsi è bene. La sfiducia ha colmato il senso di vuoto lasciato dal crollo del potere centralizzato, ma non nel modo, pessimista, in cui gli analisti esterni alla realtà postsocialista immaginano. Sfiducia non vuol dire assenza di rapporti sociali, ma vuol indicare l'uso strategico del sospetto mediante la messa in dubbio, dichiarata, dell'affidabilità dell'altro. Soltanto in questo modo la gente di Králová riesce a perseguire l'obiettivo principale del proprio presente, il controllo dell'instabilità.




SOCIALISMO: termine che dall'inizio del XIX sec. designa quelle teorie e azioni politiche che sostengono un sistema economico-politico basato sulla socializzazione dei fattori produttivi e sul controllo statale (parziale o completo) dei settori economici, così da far prevalere gli interessi collettivi su quelli individuali.


CAPITALISMO (o ECONOMIA DI MERCATO): sistema economico caratterizzato dalla proprietà privata dei mezzi di produzione, dal cui impiego i capitalisti ricavano un profitto, e dall'offerta di forza-lavoro da parte dei salariati.


LIBERISMO: teoria economica che prevede la libera iniziativa e il libero commercio (abolizione dei dazi) mentre l'intervento dello Stato nell'economia si limita al massimo alla costruzione di adeguate infrastrutture (strade, ferrovie ecc.) che possano favorire il commercio.


COMUNISMO: dottrina e sistema politico-sociale fondato sul principio dell'uguaglianza reale tra i membri di una società e della proprietà comune dei mezzi di produzione.

Scarica gratis LA SFIDUCIA RITROVATA. Etnografia di un villaggio postsocialista della Slovacchia meridionale di Davide Torsello
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