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Il meraviglioso ( e matematico) mondo di escher




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IL MERAVIGLIOSO ( E MATEMATICO) MONDO DI ESCHER


"For me it remains an open question whether [this work]

pertains to the realm of mathematics or to that of art."


" Per me rimane una domanda aperta se questo lavoro

appartenga al dominio della matematica o a quello dell'arte"





Matematica o arte che sia, la suggestione che investe l'osservatore di un'opera di Escher, il

senso di vertigine e di perdita nell'immagine, sono tanto fortemente avvertiti da insinuare

un'altra domanda. Da dove Escher è in grado di trarre la forza immaginifica e la portata di

originalità che prorompe in tutti i suoi disegni? In un primo momento, è lo stesso autore a

narrare di sé, si trattava preminentemente di un gioco virtuosistico, di una sfida ad

applicare la propria tecnica a soggetti sempre più arditi. Da un certo momento in poi,

tuttavia, le parti si sono capovolte, il soggetto dell'opera ha preso il sopravvento

sull'artista: l'immagine, che nasceva come mentale, obbligava lo stesso Escher in un

impeto violento a trasporla sulla carta, a renderla immagine fisica. Il mondo, nelle sue

forme bizzarre, nelle sue simmetrie spettacolari, nei suoi paradossi incomprensibili,

costituiva il bagaglio inesauribile da cui tali immagini prendevano vita.

"Le idee che stanno alla base della mia opera derivano dalla mia ammirazione e dal mio

stupore nei confronti delle leggi che regolano il mondo in cui viviamo. Chi si meraviglia di

qualcosa si rende consapevole di tale meraviglia. Nel momento in cui sono aperto e

sensibile nei confronti degli enigmi che ci circondano, considerando e analizzando le mie

osservazioni, entro in contatto con la matematica. (..) Mi sento spesso più vicino ai

matematici che ai miei colleghi artisti."

La domanda è lasciata aperta da Escher perché la risposta non si accorda a nessuna delle

due possibilità. L'opera di Escher non appartiene né al dominio della matematica, né al

dominio dell'arte: appartiene al dominio della natura, del mondo in cui viviamo, che nella

sua misteriosa bellezza scientificamente regolata costituisce, così come l'opera di Escher, il

più alto esempio di compenetrazione di matematica e arte.


LA VITA


Maurits Cornelis Escher è uno dei più famosi grafici e illustratori moderni. Nasce a

Leeuwarden, nei Paesi Bassi, nel 1898. Indirizzato alla carriera di architetto, sulle orme

paterne, dal 1919, frequenta la Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, ma

ben presto abbandona il ramo architettonico e si dedica unicamente alle arti decorative.

Nel 1922 viaggia in Italia e in Spagna, qui rimane colpito dall'Alhambra di Granada,

famoso palazzo moresco del Trecento. Vi conosce in particolare gli arabeschi che adornano

gli interni e che spesso sono caratterizzati da motivi grafici ricorsivi, un tema che Escher

sviluppera nelle sue tassellazioni. Vive per alcuni anni a Roma, finche, in seguito al

pesante clima politico dell'Italia fascista, si trasferisce in Svizzera, in Belgio e infine in

Olanda. E' qui che Escher si specializza nell'incisione su legno, nelle litografie e nelle

mezzetinte, e che realizza la maggior parte delle sue opere. Inizia a servirsi di blocchi di

legno dalla superficie piu dura, che gli permettono di tracciare delle linee sempre piu

sottili. Fino al 1950 rimase pressoche sconosciuto, ma in seguito a un'esposizione del 1956

e alla favorevole recensione sul Times la sua fama si diffuse ben presto in tutto il mondo.

Tra i suoi maggiori ammiratori vi erano scienziati e matematici, estasiati nel vedere

artisticamente interpretati alcuni degli oggetti del loro studio. Muore nel 1972 in una casa

di riposo per artisti, dove pote lavorare fino agli ultimi giorni della sua vita.

Cerchiamo ora di analizzare alcune delle opere piu belle di Escher, che rivelano i principali

filoni di studio cui si dedico nel corso della sua esperienza artistica.



SUPERFICI PARTICOLARI: IL NASTRO DI MOEBIUS


Intorno agli anni '60 del 1900 una superficie

particolare dovette colpire l'immaginazione di

Escher, ricorrendo, infatti, in modo piu o meno

consapevole, in numerosi disegni di questo

periodo. Si tratta del nastro di Moebius,

protagonista di Nastro di Moebius II una delle

opere meritatamente piu famose dell'intera

produzione dell'incisore. Ancora prima della

curiosita per le proprieta matematiche del nastro

raffigurato, a colpire l'osservatore e la dinamicita

delle graziose formichine, che arrancano

pazientemente, una dietro l'altra, su questa

piccola superficie. Ma per afferrare il piu

profondo simbolismo della raffigurazione e

necessario osservare con maggiore attenzione le

proprieta geometriche del Nastro di Moebius,

una delle figure piu studiate in Topologia e

Matematica. Se seguiamo con lo sguardo il

percorso delle formiche, ci accorgeremo infatti

che non stanno camminando su lati opposti, Moebius band II

come potrebbe apparire a prima vista, ma

passano da un "lato" all'altro senza nessun

"salto". Perche questa superficie ha tanto colpito    

l'immaginazione di Escher e di molti altri artisti? Max Bill, celebre artista svizzero, ha scritto a

proposito dei nastri di Moebius: 45 x 20 cm.

Sono convinto che la loro efficacia stia in parte

nel loro valore simbolico; essi sono modelli per

la riflessione e la contemplazione

In primo luogo a conquistare l'artista e proprio il fascino intellettuale dell'illusione ottica, di quelle immagini che dietro l'ingannevole apparenza rivelano una verita diversa, comprensibile solo in seguito all'attenta riflessione.

E' a questo punto che la contemplazione dell'opera puo mostrare in modo piu chiaro anche

la drammaticità del percorso infinito che le povere formiche sono destinate a compiere in

eterno, ciclico, sempre uguale, nella misera finitudine del loro piccolo nastro di Moebius.






CONFUSIONE DI DIMENSIONI


'Non posso fare a meno di prendermi gioco di tutte le nostre certezze incrollabili. E' molto

divertente, per esempio, confondere deliberatamente due e tre dimensioni, il piano e lo

spazio e scherzare con la gravità'.

M.C. Escher


Non è la prima volta che in questo lavoro parliamo di dimensioni, e non sarà nemmeno

l'ultima. Evidentemente è una questione che colpisce facilmente la fantasia, invitandola

all'arduo tentativo di immedesimarsi in dimensioni diverse dalla propria. A maggior ragione

agli occhi dell'artista figurativo il problema delle dimensioni e della rappresentazione dello

spazio diventa ineludibile e quanto mai affascinante. Dover riprodurre su una superficie

bidimensionale oggetti che appartengono allo spazio tridimensionale impone

necessariamente l'uso di determinati artifici di prospettiva. Lo stesso autore spiega:


"Il nostro spazio tridimensionale è l'unica realtà che conosciamo. Il bidimensionale è una

finzione come il quadridimensionale, poiché nulla è piatto, neanche lo specchio più

levigato. (..) Non vi sembra assurdo, a volte, il fatto di disegnare un paio di linee e

affermare: questa è una casa?"


Semplicissimo da costruire,eppure sempre affascinante, la forma sinuosa e continua del nastro di Moebius ha suggerito spunto per nuove idee non solo agli artisti, ma anche ad architetti, scultori, prestigiatori e persino gioiellieri. In Cina è stato progettato il binario di un trenino proprio a forma di nastro di Moebius. Escher si diverte a giocare con queste convenzioni, stravolgerle e immaginare fantastici rapporti tra realtà dimensionalmente diverse.

In Rettili il gioco dimensionale è

funzionale alla narrazione di una

storia: la paradossale vicenda di un

rettile bidimensionale che scopre la

terza dimensione. E' lo stesso

Escher a suggerirci di leggere la

sequenza di esseri uguali,

tridimensionali, come unico

personaggio in processo dinamico.

Le raffigurazioni degli animaletti sono di vivacità sorprendente: da quello che

goffamente cerca di scalare la costa del libro, a quello che lancia uno sbuffo verso l'alto,

dopo aver conquistato la vetta del dodecaedro. Ma il suo destino non può cambiare.

Mentre la coda dell'ultimo animaletto ancora si muove nella terza dimensionale, la sua

testa torna ad essere confinata nella collettività cristallizzata ed immobile della

bidimensionalità.








LA RICERCA DELL'INFINITO E IL PREANNUNCIO DEI FRATTALI


"Se si vuole rappresentare un numero infinito,

bisogna rimpicciolire gradatamente le figure fino a

che si è raggiunto, almeno in teoria, il limite

dell'infinitamente piccolo".


Gli anni che vanno dal 1956 al 1970 individuano

nella produzione di Escher quello che è stato

definito "il periodo dell'infinito". In Limite del

cerchio III archi di circonferenza bianchi si

intersecano, dividendosi in parti, ognuna delle

quali ha la lunghezza di un pesce, segnando anche

le corsie su cui si situano delle file di pesci. Ogni fila comprende pesci di un unico colore e, partendo dall'infinitamente piccolo, passa alla

grandezza massima, per tornare ancora all'infinitamente piccolo. La perfezione con cui i

pesci si incastrano, la brillantezza dei colori e l'armonia complessiva sarebbero di per sé

sufficienti a fare dell'opera un vero e proprio capolavoro. Ma, come sempre in Escher,

anche in questo caso un interessante sostrato matematico è alla base del lavoro. Quello

che è rappresentato è infatti, matematicamente parlando, una raffigurazione di uno spazio

iperbolico non-euclideo, il cui modello è dovuto a Poincarè. Per capire di cosa si tratta

dobbiamo immaginare di proiettarci anche noi sul disegno. Immaginiamo di voler

camminare dal centro al bordo della raffigurazione, mentre camminiamo siamo però

sottoposti come i pesci alle leggi di questo spazio e ci rimpiccioliamo sempre di più!

L'immediata conseguenza è che dovremo percorrere un

percorso che dalla nostra prospettiva ci apparirà infinito. Ecco

dunque in che senso Escher raggiunge l'obiettivo che si era

prefissato, vale a dire rappresentare l'infinito.

L'opera è stata per la verità anche letta come una sorta di

rappresentazione ante litteram della geometria dei frattali. Si

tratta di enti geometrici che si pongono come intermedi tra

quelli monodimensionali e quelli bidimensionali. Le figure che ne derivano sono famose per la loro bellezza quasi artistica.

E' un caso in cui non è l'arte a citare la matematica, ma la matematica a "fare" un po' di arte:          dettaglio di un insieme di Mandelbrot



FIGURE IMPOSSIBILI


"Ho giocato ad un gioco, mi sono sbizzarrito in immagini mentali con nessun altro scopo

se non quello di indagare le possibilità della rappresentazione stessa."

M.C. Escher


Abbiamo già potuto osservare come Escher fosse interessato al necessario rapporto tra

realtà tridimensionale e "finzione" bidimensionale, vale a dire come si rendesse conto che

nel passaggio di dimensioni fosse inevitabile la perdita della realtà. Di fronte a questo

ostacolo artistico il grande incisore olandese si è sempre divertito a stravolgere le convenzioni e rappresentare le proprie costruzioni mentali, piuttosto che le

approssimazioni di quelle reali. Da questo proposito sono derivate tutte quelle incisioni accomunate dall''impossibilità fisica della loro esistenza. L'aspetto più affascinante di queste è che per un singolare effetto ottico al primo colpo d'occhio non appaiono assolutamente impossibili, e solo ad un'osservazione più attenta ci si rende conto del loro paradosso.

Per molte di queste opere diventa fondamentale la

lettura guidata che ne ha fatto lo stesso Escher, per

poter notare particolari ed enigmi che probabilmente

sarebbero altrimenti ignorati. Belvedere è uno dei più

famosi esempi di edificio impossibile. A prima vista

nulla di strano appare nella rappresentazione, un po'

inquietante, dell'edificio sul mare in burrasca. Ma

percorriamo l'immagine con più attenzione. Un foglio

a terra, nell'angolo sinistro, riporta il disegno

biimensionale di un cubo, con due cerchiolini sono

evidenziati i punti in cui si intersecano le rette. Il

ragazzo, seduto lì vicino su una panca, tiene in mano

un cubo, o per meglio dire un'assurdità cubica. I lati

si intersecano in modo impossibile infatti e il ragazzo

lo osserva pensieroso. Probabilmente non sa che

l'edificio del Beldevere alle sue spalle è costruito

secondo il medesimo principio. All'interno una scala

conduce dal primo piano al secondo, ma i due

Belvedere personaggi che la stanno salendo, giunti in cima,

litografia, 1958 si troveranno assurdamente al di fuori dell'edificio e

dovranno rientrarvi. Il risultato è un'atmosfera surreale, l'edificio pare fuori dal tempo, così

come persi in un'altra dimensione sembrano i personaggi che lo abitano. E allora in un

paesaggio tanto inusuale, si chiede lo stesso Escher, è poi così strano che nessuna di

queste figure si preoccupi del destino del prigioniero nel seminterrato, che, lamentandosi

infila la testa tra le sbarre?

Anche la gravità è concetto preso di mira dall'originalità di Escher, che inventa mondi in

cui sussistono contemporaneamente diversi centri di

gravità. E' il caso di Relatività in cui punti di vista

spazialmente diversi si intrecciano e convivono. I

personaggi che salgono le scale in tutte le possibili

direzioni nello spazio sono appena tratteggiati,

sembrano quasi automi di un mondo diverso da

questo e con leggi che lo governano opposte.

Straordinaria è la rappresentazione della scala

superiore, due personaggi la percorrono nello stesso

verso, ma uno sta salendo mentre l'altro scende. Pur

incrociandosi, ci dice Escher, i due non si

incontreranno mai, perché appartengono a realtà

gravitazionali diverse.





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