|
Appunti superiori |
|
Visite: 1567 | Gradito: | [ Medio appunti ] |
Leggi anche appunti:Francesco BorrominiFrancesco Borromini Nel 1625 si celebra il Giubileo . Francesco Castelli di Filippo JuvaraFilippo Juvara Filippo Juvara è un architetto che nasce in Sicilia nel 1678 e Un fondamentale punto di riferimento: Luciano Caramel e la mostra di Sartirana Lomellina (1991)Un fondamentale punto di riferimento: Luciano Caramel e la mostra di Sartirana Lomellina (1991) Nel |
IL MERAVIGLIOSO ( E MATEMATICO) MONDO DI ESCHER
"For me it remains an open question whether [this work]
pertains to the realm of mathematics or to that of art."
" Per me rimane una domanda aperta se questo lavoro
appartenga al dominio della matematica o a quello dell'arte"
Matematica o arte che sia, la suggestione che investe l'osservatore di un'opera di Escher, il
senso di vertigine e di perdita nell'immagine, sono tanto fortemente avvertiti da insinuare
un'altra domanda. Da dove Escher è in grado di trarre la forza immaginifica e la portata di
originalità che prorompe in tutti i suoi disegni? In un primo momento, è lo stesso autore a
narrare di sé, si trattava preminentemente di un gioco virtuosistico, di una sfida ad
applicare la propria tecnica a soggetti sempre più arditi. Da un certo momento in poi,
tuttavia, le parti si sono capovolte, il soggetto dell'opera ha preso il sopravvento
sull'artista: l'immagine, che nasceva come mentale, obbligava lo stesso Escher in un
impeto violento a trasporla sulla carta, a renderla immagine fisica. Il mondo, nelle sue
forme bizzarre, nelle sue simmetrie spettacolari, nei suoi paradossi incomprensibili,
costituiva il bagaglio inesauribile da cui tali immagini prendevano vita.
"Le idee che stanno alla base della mia opera derivano dalla mia ammirazione e dal mio
stupore nei confronti delle leggi che regolano il mondo in cui viviamo. Chi si meraviglia di
qualcosa si rende consapevole di tale meraviglia. Nel momento in cui sono aperto e
sensibile nei confronti degli enigmi che ci circondano, considerando e analizzando le mie
osservazioni, entro in contatto con la matematica. (..) Mi sento spesso più vicino ai
matematici che ai miei colleghi artisti."
La domanda è lasciata aperta da Escher perché la risposta non si accorda a nessuna delle
due possibilità. L'opera di Escher non appartiene né al dominio della matematica, né al
dominio dell'arte: appartiene al dominio della natura, del mondo in cui viviamo, che nella
sua misteriosa bellezza scientificamente regolata costituisce, così come l'opera di Escher, il
più alto esempio di compenetrazione di matematica e arte.
Maurits Cornelis Escher è uno dei più famosi grafici e illustratori moderni. Nasce a
Leeuwarden, nei Paesi Bassi, nel 1898. Indirizzato alla carriera di architetto, sulle orme
paterne, dal 1919, frequenta
ben presto abbandona il ramo architettonico e si dedica unicamente alle arti decorative.
Nel 1922 viaggia in Italia e in Spagna, qui rimane colpito dall'Alhambra di Granada,
famoso palazzo moresco del Trecento. Vi conosce in particolare gli arabeschi che adornano
gli interni e che spesso sono caratterizzati da motivi grafici ricorsivi, un tema che Escher
sviluppera nelle sue tassellazioni. Vive per alcuni anni a Roma, finche, in seguito al
pesante clima politico dell'Italia fascista, si trasferisce in Svizzera, in Belgio e infine in
Olanda. E' qui che Escher si specializza nell'incisione su legno, nelle litografie e nelle
mezzetinte, e che realizza la maggior parte delle sue opere. Inizia a servirsi di blocchi di
legno dalla superficie piu dura, che gli permettono di tracciare delle linee sempre piu
sottili. Fino al 1950 rimase pressoche sconosciuto, ma in seguito a un'esposizione del 1956
e alla favorevole recensione sul Times la sua fama si diffuse ben presto in tutto il mondo.
Tra i suoi maggiori ammiratori vi erano scienziati e matematici, estasiati nel vedere
artisticamente interpretati alcuni
degli oggetti del loro studio. Muore nel
di riposo per artisti, dove pote lavorare fino agli ultimi giorni della sua vita.
Cerchiamo ora di analizzare alcune delle opere piu belle di Escher, che rivelano i principali
filoni di studio cui si dedico nel corso della sua esperienza artistica.
SUPERFICI PARTICOLARI: IL NASTRO DI MOEBIUS
Intorno agli anni '60 del 1900 una superficie
particolare dovette colpire l'immaginazione di
Escher, ricorrendo, infatti, in modo piu o meno
consapevole, in numerosi disegni di questo
periodo. Si tratta del nastro di Moebius,
protagonista di Nastro di Moebius II una delle
opere meritatamente piu famose dell'intera
produzione dell'incisore. Ancora prima della
curiosita per le proprieta matematiche del nastro
raffigurato, a colpire l'osservatore e la dinamicita
delle graziose formichine, che arrancano
pazientemente, una dietro l'altra, su questa
piccola superficie. Ma per afferrare il piu
profondo simbolismo della raffigurazione e
necessario osservare con maggiore attenzione le
proprieta geometriche del Nastro di Moebius,
una delle figure piu studiate in Topologia e
Matematica. Se seguiamo con lo sguardo il
percorso delle formiche, ci accorgeremo infatti
che non stanno camminando su lati opposti, Moebius band II
come potrebbe apparire a prima vista, ma
passano da un "lato" all'altro senza nessun
"salto". Perche questa superficie ha tanto colpito
l'immaginazione di Escher e di molti altri artisti? Max Bill, celebre artista svizzero, ha scritto a
proposito dei nastri di Moebius: 45 x
Sono convinto che la loro efficacia stia in parte
nel loro valore simbolico; essi sono modelli per
la riflessione e la contemplazione
In primo luogo a conquistare l'artista e proprio il fascino intellettuale dell'illusione ottica, di quelle immagini che dietro l'ingannevole apparenza rivelano una verita diversa, comprensibile solo in seguito all'attenta riflessione.
E' a questo punto che la contemplazione dell'opera puo mostrare in modo piu chiaro anche
la drammaticità del percorso infinito che le povere formiche sono destinate a compiere in
eterno, ciclico, sempre uguale, nella misera finitudine del loro piccolo nastro di Moebius.
CONFUSIONE DI DIMENSIONI
'Non posso fare a meno di prendermi gioco di tutte le nostre certezze incrollabili. E' molto
divertente, per esempio, confondere deliberatamente due e tre dimensioni, il piano e lo
spazio e scherzare con la gravità'.
M.C. Escher
Non è la prima volta che in questo lavoro parliamo di dimensioni, e non sarà nemmeno
l'ultima. Evidentemente è una questione che colpisce facilmente la fantasia, invitandola
all'arduo tentativo di immedesimarsi in dimensioni diverse dalla propria. A maggior ragione
agli occhi dell'artista figurativo il problema delle dimensioni e della rappresentazione dello
spazio diventa ineludibile e quanto mai affascinante. Dover riprodurre su una superficie
bidimensionale oggetti che appartengono allo spazio tridimensionale impone
necessariamente l'uso di determinati artifici di prospettiva. Lo stesso autore spiega:
"Il nostro spazio tridimensionale è l'unica realtà che conosciamo. Il bidimensionale è una
finzione come il quadridimensionale, poiché nulla è piatto, neanche lo specchio più
levigato. (..) Non vi sembra assurdo, a volte, il fatto di disegnare un paio di linee e
affermare: questa è una casa?"
Semplicissimo da costruire,eppure sempre affascinante, la forma sinuosa e continua del nastro di Moebius ha suggerito spunto per nuove idee non solo agli artisti, ma anche ad architetti, scultori, prestigiatori e persino gioiellieri. In Cina è stato progettato il binario di un trenino proprio a forma di nastro di Moebius. Escher si diverte a giocare con queste convenzioni, stravolgerle e immaginare fantastici rapporti tra realtà dimensionalmente diverse.
In Rettili il gioco dimensionale è
funzionale alla narrazione di una
storia: la paradossale vicenda di un
rettile bidimensionale che scopre la
terza dimensione. E' lo stesso
Escher a suggerirci di leggere la
sequenza di esseri uguali,
tridimensionali, come unico
personaggio in processo dinamico.
Le raffigurazioni degli animaletti sono di vivacità sorprendente: da quello che
goffamente cerca di scalare la costa del libro, a quello che lancia uno sbuffo verso l'alto,
dopo aver conquistato la vetta del dodecaedro. Ma il suo destino non può cambiare.
Mentre la coda dell'ultimo animaletto ancora si muove nella terza dimensionale, la sua
testa torna ad essere confinata nella collettività cristallizzata ed immobile della
bidimensionalità.
"Se si vuole rappresentare un numero infinito,
bisogna rimpicciolire gradatamente le figure fino a
che si è raggiunto, almeno in teoria, il limite
dell'infinitamente piccolo".
Gli anni che vanno dal 1956 al 1970 individuano
nella produzione di Escher quello che è stato
definito "il periodo dell'infinito". In Limite del
cerchio III archi di circonferenza bianchi si
intersecano, dividendosi in parti, ognuna delle
quali ha la lunghezza di un pesce, segnando anche
le corsie su cui si situano delle file di pesci. Ogni fila comprende pesci di un unico colore e, partendo dall'infinitamente piccolo, passa alla
grandezza massima, per tornare ancora all'infinitamente piccolo. La perfezione con cui i
pesci si incastrano, la brillantezza dei colori e l'armonia complessiva sarebbero di per sé
sufficienti a fare dell'opera un vero e proprio capolavoro. Ma, come sempre in Escher,
anche in questo caso un interessante sostrato matematico è alla base del lavoro. Quello
che è rappresentato è infatti, matematicamente parlando, una raffigurazione di uno spazio
iperbolico non-euclideo, il cui modello è dovuto a Poincarè. Per capire di cosa si tratta
dobbiamo immaginare di proiettarci anche noi sul disegno. Immaginiamo di voler
camminare dal centro al bordo della raffigurazione, mentre camminiamo siamo però
sottoposti come i pesci alle leggi di questo spazio e ci rimpiccioliamo sempre di più!
L'immediata conseguenza è che dovremo percorrere un
percorso che dalla nostra prospettiva ci apparirà infinito. Ecco
dunque in che senso Escher raggiunge l'obiettivo che si era
prefissato, vale a dire rappresentare l'infinito.
L'opera è stata per la verità anche letta come una sorta di
rappresentazione ante litteram della geometria dei frattali. Si
tratta di enti geometrici che si pongono come intermedi tra
quelli monodimensionali e quelli bidimensionali. Le figure che ne derivano sono famose per la loro bellezza quasi artistica.
E' un caso in cui non è l'arte a citare la matematica, ma la matematica a "fare" un po' di arte: dettaglio di un insieme di Mandelbrot
FIGURE IMPOSSIBILI
"Ho giocato ad un gioco, mi sono sbizzarrito in immagini mentali con nessun altro scopo
se non quello di indagare le possibilità della rappresentazione stessa."
M.C. Escher
Abbiamo già potuto osservare come Escher fosse interessato al necessario rapporto tra
realtà tridimensionale e "finzione" bidimensionale, vale a dire come si rendesse conto che
nel passaggio di dimensioni fosse inevitabile la perdita della realtà. Di fronte a questo
ostacolo artistico il grande incisore olandese si è sempre divertito a stravolgere le convenzioni e rappresentare le proprie costruzioni mentali, piuttosto che le
approssimazioni di quelle reali. Da questo proposito sono derivate tutte quelle incisioni accomunate dall''impossibilità fisica della loro esistenza. L'aspetto più affascinante di queste è che per un singolare effetto ottico al primo colpo d'occhio non appaiono assolutamente impossibili, e solo ad un'osservazione più attenta ci si rende conto del loro paradosso.
Per molte di queste opere diventa fondamentale la
lettura guidata che ne ha fatto lo stesso Escher, per
poter notare particolari ed enigmi che probabilmente
sarebbero altrimenti ignorati. Belvedere è uno dei più
famosi esempi di edificio impossibile. A prima vista
nulla di strano appare nella rappresentazione, un po'
inquietante, dell'edificio sul mare in burrasca. Ma
percorriamo l'immagine con più attenzione. Un foglio
a terra, nell'angolo sinistro, riporta il disegno
biimensionale di un cubo, con due cerchiolini sono
evidenziati i punti in cui si intersecano le rette. Il
ragazzo, seduto lì vicino su una panca, tiene in mano
un cubo, o per meglio dire un'assurdità cubica. I lati
si intersecano in modo impossibile infatti e il ragazzo
lo osserva pensieroso. Probabilmente non sa che
l'edificio del Beldevere alle sue spalle è costruito
secondo il medesimo principio. All'interno una scala
conduce dal primo piano al secondo, ma i due
Belvedere personaggi che la stanno salendo, giunti in cima,
litografia, 1958 si troveranno assurdamente al di fuori dell'edificio e
dovranno rientrarvi. Il risultato è un'atmosfera surreale, l'edificio pare fuori dal tempo, così
come persi in un'altra dimensione sembrano i personaggi che lo abitano. E allora in un
paesaggio tanto inusuale, si chiede lo stesso Escher, è poi così strano che nessuna di
queste figure si preoccupi del destino del prigioniero nel seminterrato, che, lamentandosi
infila la testa tra le sbarre?
Anche la gravità è concetto preso di mira dall'originalità di Escher, che inventa mondi in
cui sussistono contemporaneamente diversi centri di
gravità. E' il caso di Relatività in cui punti di vista
spazialmente diversi si intrecciano e convivono. I
personaggi che salgono le scale in tutte le possibili
direzioni nello spazio sono appena tratteggiati,
sembrano quasi automi di un mondo diverso da
questo e con leggi che lo governano opposte.
Straordinaria è la rappresentazione della scala
superiore, due personaggi la percorrono nello stesso
verso, ma uno sta salendo mentre l'altro scende. Pur
incrociandosi, ci dice Escher, i due non si
incontreranno mai, perché appartengono a realtà
gravitazionali diverse.
Appunti su: |
|
Appunti Musica | |
Tesine Gioco | |
Lezioni Pittura disegno | |