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Un fondamentale punto di riferimento: Luciano Caramel e la mostra di Sartirana Lomellina (1991)




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Un fondamentale punto di riferimento: Luciano Caramel e la mostra di Sartirana Lomellina (1991)



Nel 1991 il Comune di Mede Lomellina promuove una importante mostra antologica, che riunisce le due principali collezioni di opere reginiane (ovvero - appunto - quella del Comune di Mede Lomellina e quella di Zoe e Gaetano Fermani) in una rassegna che viene allestita presso il vicino Castello di Sartirana Lomellina, e che è curata - ancora una volta - da Luciano Caramel533, che in questa occasione ha però modo di dedicarsi all opera della scultrice pavese in maniera più approfondita, tanto che tale contributo è senza ombra di dubbio da considerare uno dei pochi testi veramente imprescindibili per la comprensione dell'opera reginiana.

Il saggio di Caramel (significativamente intitolato La scultura lingua viva) prende le mosse dalle opere degli anni Venti, di cui per la seconda volta nella bibliografia reginiana - la prima, si ricorderà, era stata la lettura della Vescovo - viene offerta una lettura piuttosto ampia. Il critico evidenzia innanzitutto il passaggio tra le opere che ritiene più datate perché ancora sostanzialmente naturalistiche) e quelle che invece - in virtù di una più evidente ricerca di sintesi costruttiva - considera più vicine alla svolta avanguardistica che matura tra la fine del decennio e l'inizio del successivo; in particolare, Caramel individua in Brancusi un possibile riferimento per le opere di questa fase, pur avvertendo che in Regina la sintesi si esprime «con più scoperta aderenza al modello naturale e con più terrena quotidianità e non è comunque aliena da un certo gusto déco. Poi, dopo aver segnalato quale trait d'union unico, tra questi risultati degli anni tra il 925 e il 19 9 e quelli del successivo decennio, il costante bisogno di alleggerire la scultura, anche con strumenti diversi , passa ad esaminare le prime opere reginiane di ispirazione dichiaramente avanguardistica, sottolineando in particolare il fatto che in esse



L'invenzione di una nuova immagine ivi raggiunta è [.] tutt'uno con la radicale riproposizione dei termini formativi. In esse il medium è il messaggio: nascono insieme, sono interdipendenti. Quelle fragili figurette di Regina, quelle sue piccole scene di vita, tra sogno, memoria e quotidianità, quel suo svagato e ironico narrare, quell'accento coltamente naïf, quella medesima vena favolistica che d'un tratto spezzano le tranquille convenzioni della scultura, anche di quella più aggiornata, non sono disgiungibili dalla materia in cui si realizzano e dall'atto che le determina



Quindi, dopo aver citato i giudizi in merito della Sinisi (di cui condivide l'insistenza sulla qualità da bricoleur di Regina) e di Persico (della cui interpretazione mette invece in luce la discreta distanza dalle idee di Regina, confermando a suo modo quanto abbiamo sostenuto nel primo capitolo , Caramel passa poi ad ipotizzare - al fine di motivare la 'svolta' avanguardistica reginiana - le possibili influenze da parte di altri artisti, proponendo diverse considerazioni di eccezionale interesse



Il richiamo di Persico a Gargallo non , evidentemente, casuale. E solleva il problema delle radici del linguaggio nuovo di Regina, delle sue connessioni con quanto su linee in qualche modo affini era stato fatto. Il riferimento abituale al futurismo del tempo - cioè in scultura a un Mino Rosso e in pittura soprattutto a Fillia - è certo pertinente, ma parziale. Dai due artisti [.] Regina può derivare suggestioni d'immagine e anche rimandi mediati al cubismo, oltre che al futurismo primo di Balla e Boccioni. [.]

Su di un registro analogo, il rapporto con la cosiddetta scultura 'aperta' di Pablo Gargallo [.], che non sappiamo se già fosse nota a Regina, la quale in ogni caso era in sintonia con le soluzioni 'trasparenti' ottenute dal catalano saldando lastre di metallo e rifiutando le masse per costruire attraverso piani. Gargallo finiva però col costruire una sorta di ossatura della statua tradizionale, tanto che si è potuto affermare che 'quasi tutte le sue sculture in ferro o in rame potrebbero costituire l'armatura di opere in argilla: basterebbe riempire con volumi pieni le cavità, le superfici piane, i vuoti circoscritti da linee', Mentre il lavoro di Regina di questa fase è assolutamente antiplastico. Per cui più appropriato parrebbe considerare piuttosto il caso di Julio Gonzales, certo pur'egli attento alla struttura che la Regina degli anni Trenta, e sempre più solido e serrato, ma veramente accostabile all'artista italiana in alcune opere in rame o ferro tagliato [.].



E poi, soprattutto, Caramel pone una questione nodale per la comprensione dell'opera reginiana




C'è [.] il rischio di interpretare riduttivamente - quale esito d una nativa spontaneità - quanto è invece raggiungimento cosciente di una ricerca di linguaggio innovativa e coraggiosa: innervato, sì, e reso personalissimo, inconfondibile, per poesia, immediatezza e levità fantastica, dalla limpidezza di intelligenza e di cuore dell'autrice [.]; tuttavia culturalmente avvertito, e precisamente mirato.


A questo punto, ecco un altro paragrafo altrettanto decisivo, dedicato a I rapporti con il futurismo e i futuristi: dopo aver citato alcune opere - tra cui i polimaterici distrutti - quali esperimenti che possono essere considerati «coerenti con questa vena fresca» in cui «il disincanto e persino l'ironia sono affidati non al soggetto, o almeno non solo a esso, ma alle soluzioni formali, così irrituali, prima ancora che irriverenti, nei confronti della scultura», Caramel passa a considerare la posizione di Regina in seno al movimento marinettiano, a proposito della quale - di fatto - conclude affermando che i rapporti tra Regina, futurismo e futuristi sono assai poco stretti, al di là delle iniziali, già ricordate, connessioni con Fillia e Mino Rosso, anche se al movimento di Marinetti la scultrice finì con l'aderire formalmente [. ed evidenziando altresì come «il legame, e il debito, di Regina nei confronti dei futuristi, più che in particolari, specifici contatti, e oltre le divergenze e le differenze» risieda piuttosto nell'attitudine sperimentale, ovvero in quell'«incessante, irrequieto indagare e sforzare fattori e modi del linguaggio, della comunicazione, con accanita ricerca sulla forma, le materie, le tecniche che caratterizza costitutivamente il procedere del Futurismo.

Poi, terminata l'analisi del periodo futurista, Caramel indaga in che modo Regina - partendo appunto da questo suo personalissimo 'futurismo' - sia infine approdata al concretismo, ribadendo ancora una volta come a suo avviso sia improprio parlare di vera e propria 'astrazione' per due pezzi come il Paese del cieco e la Torre, in cui pure molti altri esegeti - come abbiamo visto - hanno visto delle astrazioni



Il messaggio del Paese del cieco non è assolutamente autoriflessivo, neppure nella scansione dei livelli spaziali e nella loro organizzazione, che offrono tracciati significanti. L'itinerario proposto - il titolo lo ribadisce - è gravido di senso, e la semplificazione in cui esso si realizza è da vedere quale risultato delle sic] tensione alla sintesi che anima la scultrice in questi avanzati anni Trenta [.]. tempo, i cui obiettivi, anche teorici, sono quelli d una formalizzazione rigorosa del linguaggio pittorico e plastico [.].

Non diversamente Torre ([.] anche qui il titolo è indicativo) ha come punto di partenza un motivo di realtà, però con esiti d'una architettonicità autoconclusa che avrebbe potuto costituire l'avvio a composizioni del tutto astratte, concrete, che però Regina ancora non sente.

Né l'artista sarà allettata dai puri rapporti delle forme per parecchi anni.



Infine - ma questo ci riguarda meno - Caramel si sofferma sulla produzione concretista (di cui del resto aveva già avuto modo di parlare anche in occasione delle varie mostre del MAC da lui curate) e infine sulle tavole pittorico-poetiche, su cui però indugia meno di altri interpreti.

Credo che l'importanza del contributo di Caramel e l'interesse della sua lettura critica siano del tutto evidenti, e in larga misura - lo vedremo - a mio avviso largamente condivisibili sotto moltissimi aspetti. Secondo Caramel, innanzitutto, Regina non è un'artista naïve: lo è forse l'aspetto delle sue opere, ma l'apparente semplicità nasconde invece una riflessione meditata e direi anche informata (anche se Caramel non può offrire dati inoppugnabili in quest'ultimo senso, e dunque proprio per questo motivo - tra le righe del suo discorso - sembra comunque di poter cogliere qualche dubbio, o in ogni caso una certa prudenza). Secondariamente, a suo avviso il rapporto con il Futurismo e i futuristi non è particolarmente stretto: forse tale giudizio va meglio precisato (e lo faremo), ma anch'esso ha ampi elementi di verità. Infine, un vero e proprio astrattismo di Regina non si può riscontare, a suo avviso, già negli anni Trenta: e tale giudizio, se avanzato da uno dei massimi esperti del lavoro degli astrattisti milanesi e comaschi di quegli anni, assume un peso non indifferente. Su tutte queste questioni, assolutamente fondamentali per una piena comprensione della parabola creativa di Regina, si tornerà nei prossimi capitoli.

Chiude il catalogo della rassegna una nuova versione dell'importante testimonianza che Gaetano Fermani aveva redatto per il «Bollettino Arte Centro» del 1980 : sebbene essa, evidentemente, non offra sostanziali elementi di novità rispetto al suo prototipo, è opportuno segnalarne la presenza anche in virtù della sua reperibilità, decisamente più agevole rispetto a quella dell intervento per il bollettino della galleria.

La mostra viene recensita sugli inserti milanesi del «Corriere della Sera» e de la Repubblica», a firma rispettivamente di Angelo De' Micheli545 e Luisa Somaini entrambi gli autori, tuttavia, si limitano a tracciare un profilo biografico di Regina.


In settembre, disegni di Regina provenienti dalla collezione del Comune di Mede Lomellina sono esposti presso la sede espositiva dell'Ucai, al Centro De Gasperi di Milano . La mostra è segnalata più volte: su «Il Giornale» dell'8 e del 9 ottobre , su «La provincia pavese» del 12 ottobre , sul «Corriere di Monza e Brianza» del 5 ottobre , su «L'Unità» del 16 ottobre551 e infine su «Artecultura» del 9 novembre ; tra tutte le segnalazioni, tuttavia, l'unica minimamente interessante è l ultima citata, che giunge peraltro a mostra già conclusa.




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