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IL MARXISMO
MENTALITA' MARXISTA
La mentalità marxista è caratterizzata dalla costante attenzione per il condizionamento economico dei fenomeni storici. In questo senso il marxista è "storicista" cioè sente fortemente il relativismo storico, non concepisce "verità" che non sia storica, categoria che non abbia un indice storico, valore che non si manifesti nel tempo e trapassi col tempo. Per questi nessi il marxista è "dialettico", ossia incline a pensare secondo lo schema della totalità e quindi a vedere insieme, a dar senso a un contenuto determinato attraverso le sue relazioni con il contesto in cui si iscrive, a cercare nelle manifestazioni storiche le connessioni con manifestazioni precedenti che le preparano. La politica marxista è rivoluzionaria, perché si propone di mutare radicalmente i rapporti di proprietà e con essi, i modi di essere dell'uomo,inserendosi positivamente nel mondo e cogliendone i suggerimenti. Questa politica è dunque razionale, ma la sua razionalità non è un dover essere che si imponga dal di fuori, perché scaturisce dai fatti.
IL METODO D'INDAGINE
La sola materia scientifica di fare storia, ossia di comprendere i fenomeni storici, è quella di metterli in rapporto preciso con la loro base economica.
La tecnologia svela il comportamento attivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione della sua vita, e con essi anche l'immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell'intelletto che ne scaturiscono..di fatto è più facile trovare mediante l'analisi il nocciolo terreno delle nebulose religiose che dedurre dai rapporti reali di vita le loro forme incielate.
L'ultima parte riprende la sua giovanile polemica con Feuerbach e la sinistra hegeliana.
Il motivo del primato della struttura economica sulle sovrastrutture non può essere inteso come rapporto estrinseco di causa-effetto e ha parlato di azione reciproca per esempio degli ordinamenti giuridici o politici sulla vita economica. Marx ha esposto il metodo dell'economia politica , parlando di un insieme organico, ma precisa che soltanto una piena presa di coscienza si ha quando comincia l'autocritica dell'epoca stessa.
Agli economisti borghesi rimprovera di aver scambiato i modi di produzione della società borghese con dei modi di produzione "naturali" o "assoluti", cioè di non aver tenuto fermo a quella coscienza critica. Con questi presupposti Marx svolge la sua indagine sulla moderna società capitalistica, e mostra che questa forma di produzione ha carattere antagonistico, è cioè fondata su un rapporto di signoria-servitù tra capitalisti e proletari. Ma questa forma di produzione, in virtù della sua stessa essenza, è destinata a essere rovesciata e a ceder luogo ad una società non più fondata sull'antagonismo. La società comunista di cui Marx parla è appunto una società in cui la ricchezza non tiranneggia più l'uomo, ma è a suo servizio.
ECONOMIA POLITICA E PREVISIONE
I due punti principali dell'economia marxista sono la teoria del valore e la legge di sviluppo della società capitalistica. Marx, come Adam Smith e Ricardo, sostiene che il valore di una merce è dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario a produrre la merce stessa. Il lavoro è il risultato dell'attività del lavoratore, che mette in atto le sue capacità fisiche e intellettuali; esse costituiscono la forza-lavoro, una merce che il lavoratore vende al capitalista in cambio del salario. Il valore della merce-lavoro dipende dalla quantità di lavoro necessaria a produrla e corrisponde al minimo di sussistenza del lavoratore. Il guadagno del capitalista è dovuto al pluslavoro dell'operaio, il cui salario è la retribuzione solo di una parte delle ore lavorative. Il pluslavoro determina il plusvalore, cioè il profitto. Il capitale destinato al pagamento dei salari è detto variabile, mentre quello convertito in mezzi di produzione è il capitale costante. Il capitalista investe il proprio denaro per acquistare forza-lavoro, materie prime e strumenti di lavoro: viene prodotta una certa quantità di merci, la cui vendita determina un utile che è consumato o reinvestito. Questo processo non è pacifico, perché il capitalista vuole aumentare il plusvalore: inizialmente, questi cerca di incrementare la produzione con l'aumento della forza-lavoro e del salario; in questo modo il plusvalore diminuisce, quindi il capitalista aumenta il capitale costante e riduce quello variabile: ciò determina disoccupazione e bassi salari. Questo alternarsi di fasi di espansione e di contrazione produttiva si verifica con un succedersi di cicli decennali. Il sistema capitalistico è, inoltre, soggetto ad una crisi di fondo: il capitalista, per aumentare il saggio di profitto, attua dei licenziamenti e riduce i salari: questo determina il calo della domanda e quindi una crisi di sovrapproduzione.
Il capitalismo ha, comunque, una missione storica: creare "le condizioni materiali di una forma più elevata di produzione", ossia una produzione pianificata in vista dei bisogni della società. Questo cambiamento avviene perché con il sistema capitalistico si verifica la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi; i lavoratori, a causa delle proprie condizioni di insicurezza, della povertà, del rischio di crisi e di disoccupazione, avvertono la necessità di modificare l'assetto economico e sociale esistente.
La previsione della rivoluzione è, ovviamente, un qualcosa di tendenziale, che quindi deve essere inserito nelle singole situazioni storiche. Marx afferma che il capitalismo porterà ad una miseria crescente dei proletari che, esortati dalla loro insoddisfazione, dovrebbero essere disposti ad un atto rivoluzionario. All'interno della classe borghese si verifica un'involuzione: il capitalista imprenditore viene sostituito dal capitalista monetario e successivamente dal dirigente, che è un salariato. Tuttavia, Marx sottolinea che la borghesia deve essere considerata un fondamentale fattore di progresso.
La società per azioni è rifiutata, perché produce la massima separazione tra proprietà e lavoro. Sulla base di tutte queste considerazioni, Marx sostiene che i lavoratori devono impadronirsi collettivamente dei mezzi di produzione e regolare la produzione stessa tenendo conto dei bisogni dalla società.
COSCIENZA DI CLASSE, AZIONE POLITICA, EMANCIPAZIONE UMANA
Nella sua visione socio-economica Marx prevede il passaggio da una situazione di signoria-servitù
ad una situazione di universale libertà. Protagonista di questa emancipazione è il proletariato. Nel
Manifesto si legge che la storia è stata finora 'storia di lotte di classi' e il mondo moderno tende,
nel suo generale processo di semplificazione dei rapporti, verso la suddivisione in due precise
classi: la borghesia e il proletariato. Occorre però aggiungere che dal punto di vista scientifico Marx
nel libro III del Capitale parla di tre classi: operai salariati, capitalisti e proprietari fondiari. Nello
stesso Manifesto, tra i provvedimenti della dittatura proletaria troviamo 'l'unificazione
dell' esercizio dell' agricoltura e dell' industria, misure atte ad eliminare gradualmente l' antagonismo
tra città e campagna'. In realtà il vero antagonismo per Marx è quello tra i percettori di rendita e i
percettori di profitto, perché i primi sottraggono ai secondi una certa quota di plusvalore. Di fatto i
veri protagonisti della storia moderna sono borghesia capitalistica e proletariato.
Le classi operano storicamente per realizzare il loro interesse e dice Marx che l'ideologia di ogni
classe è stata sempre in qualche misura permeata di falso, nel senso che ha rispecchiato si gli
interessi di quella classe, ma li ha presentati come interessi generali, come bene comune di tutta la
società. Questa falsa coscienza, mostra la sua vera natura quando la corrispondente forma storico-sociale
entra in crisi, ossia quando si concretizza la coscienza di classe proletaria evidenziando i
veri limiti della società borghese e la sua ideologia.
A questo punto è lecito chiederci se anche quella proletaria sia falsa coscienza, Marx risponde di no
e che solo la rivoluzione socialista ha in se la sua verità. Unico argomento in favore di questa tesi
potrebbe essere il carattere 'scientifico' e non ideologico del marxismo. Ma soltanto i fatti
potrebbero convalidare ciò e mostrare che la dottrina marxista non partecipa di alcuna illusione
ideologica. E' ovvio che, per quanto si cerchi di razionalizzare un'azione politica essa non può
avere una così estesa chiarezza di coscienza da comprendere in anticipo il risultato del processo da
lei promosso.
Coscienza di classe significa consapevolezza dell'universalità della propria e dell' altrui
emancipazione, questa emancipazione è la realizzazione della filosofia e il 'braccio secolare' della
filosofia è il proletariato. La filosofia non può realizzarsi senza la soppressione del proletariato (da
Hegel 'sopprimere'= 'sopprimere e conservare': il proletariato diventa l'umanità senza classi, si
pone cioè su un piano più alto, e con cessa di essere 'proletariato' ossia classe oppressa) e il
proletariato non può sopprimersi senza la realizzazione della filosofia.
La filosofia da realizzare è umanistica, abbiamo dunque una corrispondenza di teoria o filosofia e di
base materiale. E' evidente però che la filosofia e le idee non possono realizzarsi senza un'adeguata
base materiale, ma soprattutto che la base materiale, l'elemento passivo, ha bisogno della filosofia,
senza la quale rimarrebbe cieco. Nel Manifesto appunto viene illustrata la necessita di ideologi
borghesi che passando dalla parte del proletariato ne interpretino mediante l' aiuto dei comunisti le
esigenze. Questi ultimi poi hanno come scopo immediato la 'formazione del proletariato in classe'.
Col Capitale, infine, questa consapevolezza storica si precisa e si arricchisce mediante l' analisi del
modo di produzione capitalistico, il filo conduttore dello sviluppo storico.
L'azione politica rivoluzionaria e un'azione razionale, assumendo come criterio di razionalità la
comprensione del processo storico che pone il problema di una maggioranza di individui
insoddisfatti e ne indica la soluzione in una gestione non più privata ma collettiva della produzione.
Il proletariato deve attuare i suoi fini attraverso: una rottura rivoluzionaria, la sua dittatura, la
liquidazione della società classista con una serie di provvedimenti. Quando le differenze di classe
saranno scomparse, scomparirà anche il dominio del proletariato in quanto classe e lo Stato,
strumento di dominio di classe, è destinato a scomparire con il superamento della divisione in
classi.
Questo schema non può essere immediatamente applicato, dunque il partito comunista si collegherà
con gli altri partiti operai e democratici favorendo qualsiasi movimento che tenda a mutare in senso
progressivo le situazioni del tempo.
Per quanto riguarda le situazione politica, Marx ha una netta preferenza per le soluzioni
democratiche. Nell'ambito del dominio di classe borghese preferisce la repubblica democratica
come terreno migliore per la lotta rivoluzionaria del proletariato, considera poi una forma di
democrazia la dittatura proletaria e concepisce con tecniche democratiche l'esercizio del potere da
parte della classe operaia. Questo Stato proletario è destinato ad estinguersi dopo aver assolto il suo
compito di distruzione delle basi del dominio borghese e gli dovrà succedere la società comunistica
dove il rapporto politico, in ultima istanza di signoria-servitù, non avrà più luogo e le funzioni di
governo diverranno semplici funzioni amministrative, sarà inoltre risolutrice delle alienazioni della
società borghese. La società capitalistica e il mondo dell'avere, del denaro, degli uomini economici,
dell'insicurezza, con la riappropriazione dei mezzi di produzione da parte dei produttori associati,
ciò dovrebbe essere superato.
La società comunista sarà una società internazionale dove il processo di superamento delle
separazioni e degli antagonismi nazionali gia in atto nel mondo borghese sarà continuato dal
proletariato. Non essendo fondata sul dominio, neppure su quello dei molti sui pochi non è una
società politica. Con ciò il marxismo si collega ad una tradizione di pensiero politico che possiamo
chiamare antipolitica, affermante il primato delle società rispetto allo Stato, che deve intervenire il
meno possibile e solo per meglio garantire il funzionamento delle società.
La società comunista presuppone una produzione organizzata e un rifiuto per la religione, questa
infatti, come la politica e un fattore di oppressione che falsifica questi rapporti dissimulandone la
vera essenza. La religione dissimula questa ineguaglianza col rappresentare gli individui come
eguali nella loro più profonda, ancorché misteriosa essenza. Abbiamo citato poi una produzione
materiale controllata e pianificata, mentre la produzione capitalistica era, come si è visto
'anarchica' e cieca perché regolata in vista del profitto.
Questa società organizzata si configura come una società ricca, perché le forze produttive vi si
svilupperanno con pienezza, l' appropriazione di tutte le forze produttive e il conseguente aumento
della produzione non possono non avere i loro effetti 'spirituali'. Avremo così un uomo nuovo che
potrà sviluppare tutte le sue attitudini non essendo più limitato dalle 'necessità' di un' economia che
ha fini a lui estranei. Il lavoro dunque è qualcosa di spontaneo, di creativo e ciascun lavoratore
riceve secondo i suoi bisogni, cioè senza alcun rapporto col prodotto del suo lavoro. L'uomo
dunque, deve essere capace di fare molte cose, deve svilupparsi.
Infine, Marx distingue nell' attività umana una fase di lavoro per così dire materiale, che ha come
fine la produzione di oggetti destinati alla soddisfazione di necessità naturali, e una fase di libera
espansione delle capacità individuali. La prima fase, che deve essere razionalmente organizzata,
rimane per sempre 'un regno della necessità'. Al di là di questo c'è il vero regno della liberta che
tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno della necessità. Condizione fondamentale di
tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa, solo dopo il lavoro produttivo, e in base alle
condizioni da esso create, l'uomo trova la sua autonomia e libertà sviluppando inoltre tutte le facoltà psichiche.
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