Il fascino dell'irrazionale: Joan Mirò, "Cane che abbaia alla
Luna"
1926,
Philadelphia Museum of Art
Nella sua creazione Mirò non ha
bisogno di sollecitazioni ottiche fornite dal mondo esterno(macchie, venature
del legno, fotografie): la sua pittura nasce spontaneamente, in uno stato di
grazia che gli permette di immaginare forme, di accostarle, di colorarle
vivacemente con una fantasia simile a quella del fanciullo. Privilegiando
l'azione istintiva, Mirò può essere considerato pittore puro. Questo dipinto
può essere considerato un esempio di questa poetica particolare: esso è
suddiviso in due spazi principali, il cielo e la terra, entrambi di colori
cupi. Nel cielo nero si stagliano le due figure del quadro, che appaiono
deformate, stilizzate e rese quasi irriconoscibili, il cane e la Luna, nei
quali compaiono gli stessi colori(bianco, rosso, giallo e blu). Rappresentata
con geometrica precisione, la scala sulla sinistra rappresenta il ponte fra
cielo e terra, non si sa da dove essa provenga, quale sia il suo sostegno,né
quale sia la sua destinazione finale: il legame fra i due mondi non può essere
colto con il raziocinio, ma solo attraverso l'intuizione primitiva.