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Antonio Canova




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Antonio Canova


Il maggiore scultore dell'età neoclassica e l'ultimo artista italiano di fama internazionale, fu Antonio Canova (Possagno, Treviso, 1757 - Venezia, 1822), che interpreta, al più alto livello, le aspirazioni al bello ideale ed alla rinascita dell'arte antica. La sua formazione a luogo a Venezia, dove oltre al cromatismo tradizionale, apprende i morbidi passaggi chiaroscurali ed impara a conoscere il corpo umano dal vero. I motivi dominanti nella sua arte, sono: la nativa sensibilità veneta per la morbidezza vibrante ed il rigore intellettuale, l'amore per la natura ed il superamento nell'ideale così da trasformarla in bellezza.

Il motivo fondamentale canoviano: naturalismo e idealizzazione è già presente nel gruppo di Dèdalo e Icaro. Il primo tema è visibile nell'anatomia dei corpi, e nel diverso trattamento del marmo che esprime due età, quella giovanile del figlio ed in quella del padre, che si presta maggiormente al movimento delle superfici per la decadenza senile della carne. Gioca un ruolo importante anche il chiaroscuro che conferisce vivezza alla scultura. L'idealizzazione è generata dalla sapienza compositiva nella disposizione reciproca e dall'equilibrio dei pesi. Si ispira al mito della Metamòrfosi di Ovidio. Dedalo il geniale inventore, rinchiuso con il figlio dal re di Creta, Minosse, nel labirinto che egli stesso aveva costruito, ne fuggì in volo fabbricando per sé e per Icaro due paia di ali con penne tenute insieme da cera, ma malgrado i consigli del padre, il giovane si avvicinò troppo al sole, il calore sciolse la cera, le ali si staccarono ed egli precipitò in mare annegandovi.

Nel 1781 il Canova, si trasferisce a Roma, dove entra in contatto con l'ambiente neoclassico di Winckelmann. Nel 1783 riceve la commissione per il Monumento funebre di papa Clemente XIV e l'anno dopo del predecessore Clemente XIII.

Più compassato (ben misurato, controllato) il secondo, più mosso, anche se disciplinato dall'equilibrio classico, si rifanno al Bernini. Anche il gesto di Clemente XIV deriva dal Bernini, ma è forse un gesto più di protezione che di Benedizione, o meglio un invito ad entrare , attraverso la porta sottostante, nel buio della tomba, quasi a ricordarci che il passaggio dalla vita alla morte è destino comune ad ogni uomo e teme dominante del neoclassicismo.

Lo scultore ha creato un moto ascendente che, iniziando dalla figura di destra e passando, mediante una linea obliqua, a quella di sinistra, sale al pontefice. Ma è unitario, organico e coerente anche nel trattamento delle superfici marmoree, più lice nelle figure inferiori accasciate dal dolore, più mosso e chiaroscurato nel pontefice, dalle vesti riccamente panneggiate e fitte di pieghe.

Più intimo, è il Monumento funerario di Maria Cristina d'Austria La tomba è raffigurata in forma di piramide per l'interesse per l'antico Egitto che in questo periodo si va affacciando. A questo si adeguano perfettamente le figure oblique leggermente in avanti: il genio funebre seduto a destra tra i gradini, con una gamba sporgente verso il basso, e sulla sinistra il corteo che si accinge a penetrare nella tomba, con un movimento ritmici e continuo alla cui inarrestabile progressione contribuisce il panno sotto i loro piedi, e la figura del vecchio curvo per l'età, in relazione diretta con la linea obliqua della piramide. Egli aveva eliminato molte figure allegoriche, ma per far piacere al committente, lascia la Fortezza che viene rappresentata dal leone. Suggestiva è l'apertura buia al centro, che sembra condurci non dentro il sepolcro, ma in uno spazio buio ed infinito. Il fatale e malinconico procedere delle figure, dai più giovani, al più vecchio, esprimono una solenne maledizione sul senso della morte, alla quale tutti siamo inesorabilmente chiamati.

La fama di Canova è ormai tale che Napoleone, come primo console e poi, dal 1804, come imperatore, si fa ritrarre da lui. Oltre che a mezzo busto, l'artista lo rappresentò anche intero, nell'aspetto di Marte pacificatore, in piedi, nudo, un braccio alzato appoggiato all'asta, l'altro più basso, con in mano il globo sormontato dalla Vittoria alata. La statua in posa policletèa (vuole essere un'esaltazione eroica di Napoleone, al di là della realtà fisica, vuole esprimere l'ideale. Il corpo è strutturato secondo un modello di perfezione nei rapporti proporzionali. Nudo, perché rifacendosi ai classici, era protetto dalla sola virtù. La statua, tuttavia, ha una certa freddezza. Canova non sente l'eroismo dell'uomo superiore, più che l'ideale etico sente l'ideale estetico. Napoleone, che avrebbe preferito essere rappresentato vestito, non volle che fosse esposta al pubblico.

Le sue opere migliori sono quelle in cui prevale la bellezza femminile, condotta al massimo grado con l'idealizzazione: Paolina Borghese, Venere italica e soprattutto, Ebe. Paolina Borghese è rappresenta la bellezza trionfante della donna, nell'atteggiamento di Venere, traendo spunto dalla narrazione mitologica del Giudizio che Paride fu chiamato ad emettere, su quale delle tre dee, Atena, Era, Afrodite, meritassero di ottenere il pomo d'oro con la scritta "alla più bella", scegliendo l'ultima, la dea dell'amore. Paolina è raffigurata con il pomo vinto nella mano sinistra. Giace semisdraiata su un lettuccio, il busto nudo sostenuto dal braccio destro appoggiato sui cuscini, nella posa dei convitati romani, o dei recumbenti (voce di origine classica usata per le figure semisdraiate ed appoggiate su un gomito) etruschi. La composizione permette un passaggio dall'orizzontalità del giaciglio, alla verticalità della testa, con un morbido andamento sinuoso e ritmico, reso evidente dallo stacco fra il colore del marmo e lo spazio che la circonda. L'incresparsi del lenzuolo evidenziano, con le pieghe del panno dolci risalti anatomici. Ciò conferisce al bel corpo nudo un calore trepido generata anche dall'accostamento del marmo degli ornamenti dorati del lettuccio.

Un impasto morbido e rosato si può notare anche nella Venere italica, (commissionata da Ludovico I, re d'Etruria (Granducato di Toscana) per essere una copia della "Venere dei Medici", a sua volta derivata dallo scultore Prassìtele, asportata dai francesi. Ma l'artista la seguì con qualche variante, ed il Foscolo ritenne la prima "Bellissima dea", la seconda invece, "Bellissima donna"), per rendere meglio la bellezza del corpo femminile, colta nell'atto del coprirsi. Sente la tenerezza della carne il suo dolce vibrare, il movimento nello spazio, resa attraverso l'articolazione libera del corpo ( la testa in direzione diversa delle gambe ), la delicatezza delle sfumature.

L'opera in cui si realizza meglio l'ideale canoviano e L'Ebe , la coppiera degli dei, che avanza con la leggerezza di una danzatrice, in un perfetto ed armonico bilanciamento del movimento delle braccia e delle gambe, mentre la tunica, avvolgendosi sulla cintura, rende visibili le luminose modulazioni del seno ed i ricchi giochi chiaroscurali.

Altre opere di Canova, con tema mitico, mostrano una ricerca di equilibrio, come le Grazie, notissime per i rapporti con l'omonimo poemetto del Foscolo. Le Grazie si aggruppano unendosi piramidalmente, nell'abbraccio reciproco, dal basso verso l'altro. La loro posa è diversa, la centrale è raffigurata di fronte invece che di spalle. Ne risulta una maggior fermezza invece del lieve moto danzante della tradizione iconografica. La morbidezza delle forme femminili, la loro sinuosità, la delicata levigatezza, determinano un ricco gioco tonale di luci ed ombre che rivela la fondamentale origine veneta dell'autore.



Jacques-Louis David


Il più grande pittore neoclassico fu sicuramente l'artista francese Jacques-Louis Davìd (Parigi, 1748-Bruxelles, 1825), giunto a roma nel 1774 vi tornava dieci anni dopo per dipingere il suo primo capolavoro: Il Giuramento degli Orazi

Canova esprime l'ideale estetico della loro epoca, il David quello etico: l'uomo-eroe, che assume su di sé l'impegno di liberare la patria, con la sicurezza che gli proviene dalla coscienza della propria dignità umana e del dovere. Il Quadro rappresenta appunto quest'ideale, proprio degli anni prerivoluzionari e rivoluzionari, ideale che si credeva realizzato dagli antichi eroi romani: i tre fratelli Orazi, combattendo contro i Curiazi fino al limite estremo diedero la vittoria alla patria. La scena si svolge all'interno di un cortiletto che, rende più importante il fatto. Un portico a tre arcate divide lo spazio antistante in altrettante zone, ciascuno corrispondente ad un diverso momento psicologico: al centro la ferma volontà del vecchio padre, che esige prima di affidare ai figli le spade il giuramento: "vincere o morire", a sinistra l'adesione totale, senza rimpianti, dei tre giovani; a destra l'angoscia silenziosa delle donne, consce del dramma che, per la salvezza della patria, colpisce la loro famiglia. Non vi è posto per estranei, ne per sentimenti intermedi: tutto è ristretto ai protagonisti, tutto è definito senza sfumature. La determinazione degli uomini è resa dal rigore geometrico delle linee rette, triangolari o parallele o intersecantisi e l'impianto prospettico centralizzato che focalizza l'attenzione nel punto culminante, dove si incontrano gli sguardi e le mani. L'abbandono doloroso delle donne è reso dalla prevalenza di andamenti curveggianti e dalla disposizione obliqua così da interrompere la fuga prospettica della striscia pavimentale. Anche la luce ha una precisa funzione espressiva, proveniente lateralmente da statuarietà ai corpi degli uomini, ne accentua l'evidenza con le ombre portate, colpisce il forte viso del padre, scivola sui corpi languidi delle donne. Colma di entusiasmo e fiducia nelle qualità umane, che condurrà di li a poco allo scoppio della rivoluzione Francese. Egli socio del club dei giacobini cercò con la rapidità del disegno di documentare fatti storici e con la pittura di eternare i grandi ideali della Rivoluzione.

Il quadro più compiuto e commosso del pittore è A Marat, non "La morte di Marat", come è più noto, non presenta l'azione omicida, ma le sue conseguenze, non narra un fatto, invita ad una meditazione sul sacrificio di chi è stato uomo superiore fino al momento supremo. Marat giace riverso nella vasca da bagno, dove era costretto a passare gran parte della giornata per curare con l'acqua calda una grave affezione cutanea, contratta nascondendosi in ambienti malsani perché perseguitato dai nemici della rivoluzione. Ciò esprime la forza morale dell'uomo, che superano la sofferenza fisica, prosegue la sua opera a favore del popolo. Nella mano destra tiene ancora la penna, nella sinistra la supplica, mediante la quale, con l'inganno, l'assassina si è presentata. Il foglio è parzialmente macchiato di sangue del martire come il lenzuolo dentro la vasca. L'alto senso drammatico, il silenzio che segue l'azione e l'ineluttabilità dell'accaduto, sono raggiunti dal David con la massima semplificazione compositiva. Non vi è ambientazione scenica, solo elementi essenziali: la vasca con l'ucciso, il lenzuolo, il panno vere che ricopre l'asse adattato a scrittoio, il tavolinetto, il calamaio ed una penna, un foglio e l'arma omicida: il coltello insanguinato. Anche David come il Caravaggio nella Deposizione si serva della luce per sottolineare i contenuti e dello spazio sovrastante vuoto, scuro per ottenere un senso di tragicità.



Il Romanticismo


Il termine Romanticismo, indica il momento umano in cui il sentimento prevale sul ragionamento, opponendo la libera estrinsecazione dell'io soggettivo alla presunta espressione oggettiva dell'idea unica, perfetta ed immutabile, nella convinzione che non esiste niente di immobile e perfetto e che l'uomo può sentire e intuire piuttosto che capire con i rigidi schemi della logica. In opposizione ai modelli greco-romani che per secoli ne hanno condizionato lo sviluppo, il romanticismo vuole finalmente liberarsi dal valore indiscutibile delle regole classiche sostituendole con la libera creatività del pensiero umano individuale, e coincide anche con i moti della prima metà dell'Ottocento culminati poi nel 1848. In contrasto con l'universalismo imperiale si viene a formare l'esigenza di riconoscere a ciascun individuo il diritto di gestirsi autonomamente entro i confini della Terra in cui vive. L'opera d'arte non è soggetta a regole scolastiche o accademiche, in quanto l'arte è espressione del "sentimento soggettivo", non è frutto dell'intelligenza ma dell'intuito, o meglio del "genio", mediatore fra l'infinito ed il mondo, in quanto l'infinito non può essere capito attraverso la fredda ed arida logica concettuale, ma sentito è reso liberamente. Il genio imposta dal suo interno le leggi e vive in modo libero e contrario a quello dell'uomo comune. L'opera d'arte deve toccare le corde del cuore e sente agitare sentimenti quali, l'amore, odio, morte gioia, tristezza, esaltazione, abbattimento. Avremo due aspetti del Romanticismo quello impetuoso ardente e battagliero e quello malinconico, intimo, lunare, il primo Fiammeggiante (flamboyant), il secondo Lacrimoso (larmoyant). I temi sono tratti dal Medioevo, caratterizzato dalla nuova fede cristaiana. Ciò spiega perché più che in Italia legata alla civiltà romantica, il romanticismo è sostenuto con queste idee principalmente in Germania, Inghilterra e Francia. IL neoclassicismo ha in se molti atteggiamenti romantici, il senso della morte, vanità del tutto, furore eroico, l'anelito alla libertà, fuga nostalgica verso una civiltà scomparsa.

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