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Giorgione




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GIORGIONE

Questo artista fu di importanza determinante per la pittura Europea, perché applicò la prospettiva aerea di Leonardo con le qualità di un grande colorista. Giorgione otteneva il chiaro/scuro con diversi toni di colore (Per tono si intende la variazione della tinta nelle differenti condizioni di luce e di distanza dell'occhio dell'osservatore). Nelle opere di questo artista, la plasticità della forma è assorbita dall'atmosfera e il colore prende il sopravvento sul disegno. Il nuovo linguaggio della pittura tonale di Giorgione si basava sulla seguente tecnica: sullo sfondo monocromo avveniva la sovrapposizione di colori a olio senza un precedente disegno o progetto. La pittura tonale cambiò la pittura veneziana nel '500; inoltre eserciterà una influenza determinante anche sulla pittura moderna: Giorgione ampliò anche lo studio del paesaggio . Le sue figure vi sono pienamente immerse e tal volta occupano addirittura uno spazio secondario. Risentì di Giorgione anche Tiziano Vecellio che ben presto però definì i caratteri autonomi della sua pittura, basata su una maggiore dinamicità delle figure e grandiosità compositive. Mentre fra gli esponenti della pittura veneta solo Tintoretto si differenzia nettamente dai suoi contemporanei, esprimendosi con violenti contrasti di luce e ombre che conferiscono particolare drammaticità alle sue opere, di soggetto prevalentemente religioso.

LA TEMPESTA

Tempesta" è il titolo con cui è comunemente noto il dipinto di Giorgione (tela 82x73 cm), nella galleria dell'accademia a Venezia.

Quest'opera fu commissionata dal nobile veneziano Gabriele Vendramin. L'opera come voleva l'autore è allegorica. Rappresenta in primo piano due personaggi tranquilli dietro uno sfondo inquietante: essi sono un giovane ben vestito, all'angolo sinistro in piedi col bastone, che assume un'aria composta mentre guarda l'altra figura, quella femminile di una donna appoggiata a dei cespugli circostanti, che allatta un bambino volgendo lo sguardo verso l'osservatore. Il cielo è livido e nuvoloso, trafitto da un lampo luminoso che si abbatte sopra un paese. Il ruscello in secondo piano, è attraversato da un ponte di legno mentre più avanti, spiccano alcune rovine fra le quali due bianche colonne spezzate: L'interesse del pittore è rivolto al paesaggio che domina il dipinto ed è giocato su un'infinita gamma di colori tonali. Importante e insolito è il contrasto fra l'atteggiamento calmo delle figure e l'atmosfera colma di tensione del paesaggio.Il colore è ricco e profondo. L'interpretazione del soggetto è basata su un senso nuovo del paesaggio e dei rapporti tra esso e la figura umana. Nella tempesta il paesaggio, ricco di zone d'ombra e luce colorata, diviene il vero protagonista; i toni freddi dell'aria e dell'erba si mescolano agli altri colori del dipinto, le figure e le cose sembrano fondersi con gli elementi della natura.

Discussa è l'interpretazione iconografica ; circa il tema e le possibili fonti sono stati avanzati i più disparati suggerimenti e l'opera è stata considerata di volta in volta, allegoria della natura, rappresentazione dell'infanzia di Paride o della nascita di Apollo o del ritrovamento di Mosè.

Le due letture più accreditate sembrano quella secondo la quale la città deserta sarebbe il paradiso terrestre , i due personaggi sarebbero Adamo ed Eva col figlio Caino, scacciati dall'Eden dopo aver disubbidito a Dio, simboleggiato con il lampo come all'epoca delle antiche civiltà greche ed ebree, mentre le colonne spezzate simboleggiano la morte degli uomini ricevuta come condanna per aver compiuto il peccato originale (questo tema lo ritroviamo anche ne "la cacciata dei progenitori" di Masaccio o ne "il peccato originale" di Masolino da Panicate).

Secondo l'altra lettura la Tempesta va accostata alle due tavole degli uffizi (la prova di Mosè e il giudizio di Salomone) che illustrano il contrasto tra Padova e Venezia ancora vivissimo ne 1504-1506, quando le opere furono eseguite.

Nello sfondo, per quanto Giorgine non abbia voluto eseguire una veduta realistica, ha comunque rappresentato un preciso paesaggio padovano. Si tratta del fianco occidentale della città, estremo alle mura, dove scorre il Medoacus, tra il castello Ezelino all'estremo del riquadro e la zona esterna al ponte Molino sullo sfondo, con l'alta torre di Ezelino il cui basamento è ancora oggi visibile all'angolo con via Savonarola, e la Chiesa di S. Maria del Carmine.

La chiesa è chiaramente distinguibile dalla cupola eretta alla fine del '400. Tra la Chiesa ed il castello sono rappresentate ampie case a portici, tipiche dell'edilizia tre-quattrocentesca e indicative della presenza di un sobborgo popoloso. A sinistra si può identificare nel soldato il mitico fondatore Antenore, profugo fuggito dall'incendio di Troia, a cui alludono i ruderi alle sue spalle, e fondatore della città di Padova. Il mito della fondazione della città parla di un presunto tradimento dell'eroe che sarebbe stato poi la causa delle sciagure della Padova ai tempi  di Giorgione . Questa forte crisi è espressa nella tempesta attraverso un senso di inquietudine, che non è solo atmosferica ma è una tensione che toglie credibilità alla rappresentazione di un città gloriosa e che attraverso la rappresentazione del ponte di legno allude alle gravi difficoltà contingenti proprie del centro.

La zingara a destra rappresenta Padova che allatta la piccola Venezia da lei generata molti secoli dopo.

Questa come la maggior parte delle opere di Giorgione è caratterizzata da una ricca stratificazione di significati per interpretare i quali è necessario tenere presente ogni dettaglio e ogni accorgimento pittorico e biografico dell'autore.

Recentemente una radiografia ha rivelato un mutamento intervenuto nel corso dell'esecuzione : al posto della figura maschile Giorgione aveva dipinto in un primo tempo una seconda figura femminile, nuda e seduta.

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