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Giorgio De Chirico




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Giorgio De Chirico









Inizia i suoi studi sul disegno e la pittura ad Atene e nel 1905 si trasferisce a Monaco, dove frequenta l'Accademia. Intanto la madre e il fratello si trasferiscono in Italia, dove de Chirico li raggiunge.
Nel 1911 si reca a Parigi, dove espone per la prima volta nel 1912 alla mostra del Salon d'Automne.

L'esperienza parigina si rivela proficua per gli interessi e la formazione del giovane artista: la conoscenza di Apollinaire sarà il veicolo verso altri artisti quali Picasso, Braque, Brancusi, Derain.

Nonostante la guerra, che lo vede nel reggimento di fanteria a Ferrara, invia opere a Zurigo per l'esposizione delle opere del dadaismo, a Berlino e a Londra.

Del 1918 è la prima mostra collettiva in Italia, a Roma, con Carrà, Prampolini, Soffici e Mancuso. Partecipa all'attività del gruppo 'Valori Plastici', da una parte e futurista e Dada dall'altra.
Nel 1919 tiene la sua prima personale alla Galleria Bragaglia di Roma. Tra le recensioni è celebre la critica negativa di Longhi.
Nella prima metà degli anni Venti si accentuano i legami, anche se conflittuali, con gli esponenti del surrealismo; al contrario si allontana dal gruppo di 'Valori Plastici'.
Il de Chirico metafisico viene celebrato dai surrealisti, ma già nel 1926 de Chirico si distacca dal gruppo esponendo con il gruppo del Novecento.

Nella nuova produzione assume maggiore importanza il valore della tecnica pittorica e l'ispirazione alla tradizione figurativa rinascimentale italiana.
Ciò gli costa la critica di tradimento del gruppo surrealista.

Nella seconda metà degli anni Venti inizia a elaborare soggetti poi largamente ripresi come appunto i gladiatori, i cavalli sulla spiaggia, i paesaggi nella stanza.

Nonostante la sua fama lo preceda ad ogni cambiamento di rotta, de Chirico riesce ogni volta a disorientare pubblico e critica non pronti a cogliere il suo percorso di ricerca, che prevede una doppia linea, quella realista ispirata a Renoir e quella fantastica.

Nella Quadriennale romana del 1935 presenta opere improntate ad entrambi i filoni: in questa occasione il Governatorato acquista 'Combattimento di gladiatori'.
Nello stesso anno si trasferisce in America dove rimane fino al 1938.

Nel 1942 alla Biennale di Venezia espone opere d'ispirazione cinquecentesca e seicentesca.
Nel dopoguerra fino agli anni '60 il continuo interesse della critica per le opere del primo periodo, quello metafisico, irritano l'artista che non vede accettati i suoi nuovi indirizzi di ricerca.
Sul finire degli anni '60 la critica si orienta a considerare la validità dell'opera dell'artista oltre l'ottica metafisica e, d'altra parte, de Chirico mostra una tendenza ad alleggerire le sue nuove produzioni pur mantenendo l'impianto seicentesco.













La Metafisica esprime ciò che é oltre l'apparenza fisica, ossia l'essenza intima della realtà al di là dell'esperienza sensibile. La Metafisica analizza sostanzialmente due aspetti delle cose: uno corrente, quello che vediamoquasi sempre e che vedono gli uomini in generale, l'altro lo spettrale o metafisico che non possono vedere che rari individui in momenti di chiaroveggenza e di astrazzione metafisica. Questo è anche il significato generale che De Chirico attribuisce alla metafisica ma tuttavia, nel corso della sua vita è venuto precisando meglio il senso del termine così da rendere meglio attraverso esso, la sua pittura. Metafisico è ciò che è avvulso dalla logica ambientale in cui siamo abituati a vederlo: un oggetto qualsiasi isolato dal contesto in cui vive e inserito in un altro o, più semplicemente, osservato da noi intensamente e prolungatamente e quindi staccato da quelli vicini. Questi contesti suscitano in noi un'inquietudine, una sottile angoscia, quasi un senso di paura perchè insolito, inaspettato, a-logico. Anche se De Chirico non lo dice è possibile che a lui, nato in Grecia, le rovine grandiose dell'antichità classica, gli suggerissero già dall'età adolescenziale, qualcosa di metafisico: perfette nella misura, ma frammenterie, non più collegate all'ambiente nel quale erano state create, e quindi illogiche, spaesate nel mondo moderno e tuttavia con una loro vita, la vita che ognuno di noi immagina in loro, quasi fossero testimoni e giudici, uniti ma pensanti di secoli di storia. E' certo che De Chirico prenda dalla Grecia e dai suoi primi insegnanti il senso della prefazione che egli ha sempre ricercato, anche da un punto di vista tecnico.








Ufficialmente la ' pittura metafisica ', nasce a Ferrara dall'incontro di Carrà con De Chirico che vi prestava servizio militare dal 1915. Tuttavia essa esisteva già, anche se indubbiamente al suo ulteriore sviluppo può aver contribuito sia il sodalizio fra i due pittori, sia l'aspetto della città, un tempo capitale fiorente dell'importante stato degli Este, in quegli anni invece ' la più metafisica di tutte le città ' per le grandi piazze ornate di monumenti dalle lunghe ombre portate, per la perfetta simmetria geometrica dell'addizione erculea ', per la solitudine innaturale di vie e piazze sulle quali si affacciano nobili palazzi inutilizzati come in una 'città morta ' dalla quale per ragioni misteriose, gli abitanti fossero improvvisamente scomparsi .







A Ferrara è ispirato uno dei quadri più emblematici dell'arte di De Chirico: Le muse inquietanti. Anche qui i colori sono caldi ma fermi e privi di vibrazioni atmosferiche, la luce è bassa, le ombre lunghe e definite nettamente; la prospettiva accentuata dalle linee convergenti in profondità, su una specie di palco ligneo rialzato, crea un vasto spazio allucinante, mentre sullo sfondo il castello estense ci richiama al grande passato della città, mentre le ciminiere, al suo presente. Ma la città è deserta, le ciminiere non fumano, tutto è statico e sospeso. In questo luogo sognato, solo apparentemente reale, dove tutto è immobilizzato, non possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che hanno solamente l'aspetto dell'uomo, non l'essenza . Il questo quadro

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manichini hanno corpi in foggia di statue classiche, dalle pieghe ricadenti parallelamente, in quello di sinistra simili alle scanalature di una colonna dorica, come in una scultura greca arcaica. Il richiamo alla Grecia giustifica il titolo: le muse sono inquietanti perchè inserite in un contesto urbano tanto posteriore, inquietanti come lo sono certi sogni, certi incubi, dove tutto sembra reale ma non lo è perchè è dato dal nostro inconscio. I motivi tratti dalla realtà quotidiana sono riuniti senza un motivo giustificabile sul piano razionale. E' questa la forza di De Chirico.




Come nelle Muse inquietanti, anche in Ettore e Andromaca troviamo dei manichini ma in questo caso sono protagonisti: entro l'ampia prospettiva con la consueta atmosfera rarefatta e sospesa, contro un cielo cupo, i due mitici personaggi si stringono nell'ultimo abbraccio presso le 'Porte Scee', prima del duello con Achille che sognerà la morte di Ettore; ma non sono personaggi reali e neppure autentici manichini di sartoria; somigliano alla forma dei manichini perchè gli elementi costituenti sono composti in quel modo, ma questi singoli elementi sono figure geometriche astratte, come astratto è il complesso. Per raggiungere questa astrazione è importante in De Chirico, accanto al colore, il disegno che fa parte della sua formazione artistica fin dal tempo dei suoi studi in Grecia e che ha sempre costituito un fattore idealizzante della realtà .




LE MUSE INQUIETANTI

 

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