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Giorgio De Chirico, Le Muse inquietanti




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Giorgio De Chirico, Le Muse inquietanti


Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.

Olio su tela, 97x66 cm.

Milano, Coll. privata.


Contesto storico:occasione

Giunto a Ferrara nell'estate de 1915, De Chirico scopre in questa città 'bella e malin­conica una città 'quanto mai metafisica" in cui le vestigia della lunga notte medieva­le" convivono n una sospensione eterna con le perfette prospettive rinascimentali di certe strade, con la geometria dei palazzi quattrocenteschi e con la nuova realtà delle donne e della stazione ferroviaria. L'enigma di un ambiente simile trova espressione nel­le opere di questo periodo, tra cui Le muse inquietanti.

Descrizione iconografica: Il quadro raffigura una fantastica piazza ferrarese trasformata nel piano preci­pite di un palcoscenico, chiuso sul fondo da edifici emblematici: il castello degli Estensi, una torre cilindrica, un'officina con le cimi­niere. Medioevo, Rinascimen­to e tempi recenti si mescolano tra loro, allo stesso modo in cui si uniscono sempre, nelle opere di De Chirico, i riferimenti alla storia dell'arte e alla vita comune. Si nota questa doppia attitudine anche neI modo in cui De Chirico si lasciò colpire da Ferrara: da una parte la vide come città quanto mai metafisica", capace di mostrare "lembi della grande notte medieva­le", con 'le vetuste mura teatral­mente e romanticamente tenebro­se". Dall'altra parte fu attratto dalle vetrine dei negozi ferraresi, in cui si trovavano "dei dolci e dei biscotti dalle forme oltremodo metafisiche e strane". Qui troviamo in primo piano, in particolare, una scatola multicolore che ricorda quelle fatte per contenere dolciumi.

Nulla, comunque, traspare della reale vitalità cittadina. Ferrara è qui solo il simbolo di una città che ebbe una corte, un potere, ma che ora è ridotta a puro involucro del­la propria memoria. L'immagine è

infatti costruita per dare una sen­sazione di irrealtà, per proporsi come Io spazio di una rappresen­tazione mentale: l'orizzonte, inna­turalmente alto, pare far posto a un immenso palco teatrale.

Sulla destra della piazza, quasi celata all' ombra di un grande palazzo, si trova una statua paludata: e fanno eco silenziosa due grandi manichini di gesso in foggia di statue classiche, dalle pieghe dei panneggi ricaden­ti con la regolarità delle scanalature di una colonna dorica e la modellazione essenziale tipica della statuaria arcaica. Accanto a loro sono disposte delle scatole colorate, una maschera e un bastoncino di zucchero.

Le due figure in primo piano ap­paiono come incroci tra differenti tradizioni e ambiti d'azione: quella in piedi mostra una testa da mani-chino sartoriale innestata su una schiena muscolosa da statua clas­sica e su una veste che ricorda le scanalature di una colonna dorica; quella seduta ricorda nelle propor­zioni alcune figure di Picasso e le cuciture da cui è segnata suggeri­scono un fantoccio di pezza, anzi­ché di marmo. La sua testa è svi­tata e accostata alle gambe.

Serio e faceto, aulico e quotidia­no, si congiungono in un mondo fattosi inospitale.

Momento della giornata: I rossi accesi, il verde del cielo e le ombre allungate alludono a un cre­puscolo estivo; ma a scomparire non è solo Il giorno, bensì un'intera cultura, simboleggiata dalle sculture non meno che dall'ambientazione.

Allo sconvolgimento di ogni logico rapporto tra gli oggetti e lo spazio contribuisce an­che il colore, intenso e smaltato, irrealisti­co, disteso a Iisce campiture ed esaltato da una luce astratta, che proietta lunghe ombre sui piani, sottolineando la concreta volumetria delle figure e degli oggetti e le illogiche prospettive degli spazi e delle co­se: si veda la scatola a triangoli policromi in primo piano definita con una prospettiva contraria a quella del palcoscenico.

Tempo: sospeso. Le ciminiere non fumano più, tutto è immobile, ombre, colori.

Ambiguità e mistero:L'immagine è dominata da un senso profondo di mistero, ma rivela anche un gu­sto per il gioco scenico, che raggiunge ef­fetti di parodia, di ironica ambiguità, attra­verso a contaminazione tra pezzo archeo­logico e banali elementi quotidiani.

L'esplicito richiamo alle muse -divinità mitologiche che presiedono all'ispirazione arti­stica - rimanda alla Grecia antica, accen­tuando l'atmosfera misteriosa ed enigmati­ca dell'immagine: queste muse pietrificate appaiono come relitti di un mondo sospeso tra realtà e immaginazione, calate in un contesto urbano così estraneo dal loro, ma anche da ogni logica temporale: esse sono inquietanti perché illogico e misterioso è il filo che le lega alle cose, allo spazio e a tempo di questa loro apparizione, per il coe­sistere di forme, elementi e architetture antiche e moderne. De Chirico, in definitiva attua qui un gioco sottile di scambi e di estraneazioni continue, che spingono l'immagine sulla soglia di una realtà misterio­sa, irresolubile, eternamente sospesa nella sua dimensione metafisica.

Riferimenti filosofici sono  sicuramente Nietzsche e Schopenauer :l'uomo è un essere indefinibile che ha la capacità di sondare il nulla:non può entrare in contatto con la realtà ed è isolato dal mondo, dalla dimensione storica

Concetti chiave

piazza fantastica trasformata in palcoscenico teatrale

senso di mistero ed effetti dì parodia

ambiguità degli oggetti

colori intensi, smaltati, irrealistici e luce astratta

effetto di estraneazione per a compresenza di antico e moderno


Bibliografia:

-appunti in classe

-storia dell'arte linguaggi e percorsi

-arti visive

-itinerario nell'arte




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