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ETERNAMENTE RUOTA
Viaggio = ricerca = esperienza = incontro = conoscenza = scoperta = meta. Non sarà facile dipanare le tappe di questo percorso personale e universale, non sarà facile ricostruire sul filo della memoria il viaggio che ha fatto la mia mente alla ricerca di una spiegazione, di un senso dell'esistenza, di una verità. Quella verità che a volte veste panni scomodi e rende la conoscenza malinconica svelando una realtà inaspettata che potrebbe vanificare, oscurare, deformare, come il velo di maja schopenhaueriano, ciò che cerchi, la tua meta, la tua Itaca. Indosseresti i panni del viandante rischiando di perderti nell'illimitato pur di vederla, assaporarla, viverla, perché è lei il tuo obiettivo.
Per Ulisse il traguardo era la patria, il luogo da cui era partito; per Dante, la meta era Beatrice, l'origine della sua sofferenza; il figlio al prodigo era destinato a ritornare dal padre dal quale si era allontanato; Gesù Cristo ritornò al Padre e al Cielo dal quale era disceso. Ognuno di noi vive un'odissea sperando di raggiungere un traguardo, possibile che questo coincida con il punto di partenza? E potrebbe mai questa scoperta farci desistere, farci arrendere ed impedirci di continuare il nostro viaggio? O piuttosto potrebbe darci il coraggio di rischiare e di vivere secondo un nuovo imperativo categorico: "vivi come se tutto dovesse tornare"?
.Il mio viaggio nei meandri della mente si propone, come quello di Dante (paragone azzardato), di svelare una verità che potrebbe illuminare il mondo?
Non c'è una risposta che possa chiarire questi dubbi, la risposta è dentro ognuno di noi, la mia anima per un istante indossa i panni di Ulisse e si addentra nell'illimitato, con la speranza di raggiungere la propria meta. E' un viaggio all'insegna dell'ignoto .
"Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
che la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual'era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
Che nel pensier rinnova la paura!"
."io non so ben ridir com'ì v'intrai",.
.tant'era attenta a quel punto
che la spiegazione abbandonai
Dante perdonerà la mia licenza, ma come affermano i machiavellici, il fine giustifica i mezzi.
Il mio fine è quello di esporre la mia ipotesi (come direbbe Popper, deve ancora essere corroborata per potersi chiamare teoria): META ITACA M! L'illuminazione mi venne allorquando, durante una spiegazione a scuola, un'idea mi rapì. La mia mente in quel momento non capiva, la selva era aspra e forte, troppo buia per poter scorgere qualcosa, poi, all'improvviso apparve lei, la mia Beatrice, la mia salvezza, la mia giuda, mi apparve chiara e illuminante la parola "MATEMATICA"! Non fu difficile capire che avevo trovato la mia Itaca, la mia strada maestra, la mia ispirazione. Si provi ad anagrammare "Matematica", il risultato è sorprendente
La meta è il traguardo- la fine, la fine dell'anagramma è
"Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te". Forse ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure: "Quanto dovresti amare te stesso e la tua vita, per non desiderare più alcuna altra cosa che quest'ultima eterna sensazione?"
Queste, le parole attraverso le quali Nietzsche annunciava "il peso più grande", l'eterno ritorno. Lapalissiana la differente reazione dell'uomo, il quale preferirebbe la morte piuttosto che l'idea di rivivere la propria vita infinite volte, e del superuomo, travolto da una gioia entusiastica dinnanzi all' "eterna sensazione". L'uomo contemporaneo come reagirebbe di fronte all'eventualità che il traguardo di ogni impresa possa coincidere con il punto di partenza?
Se l'Alexandros di G.Pascoli avesse saputo che l'insoddisfazione che lo aveva mosso alla conquista non lo avrebbe mai abbandonato, neanche dopo aver conquistato tutto, avrebbe agito diversamente? Avrebbe forse rinunciato all'ondata di orgoglio e di emozioni che lo rapivano ad ogni conquista? Avrebbe forse rinunciato alla gioia di raggiungere un traguardo pur conoscendolo a priori?
Henry Poincarè, quando nel 1904 pronunciò la sua congettura, sapeva già che il traguardo coincideva con l'inizio. Ciononostante, non rinunciò alla soddisfazione di dimostrarlo e di lanciare una sfida a tutto il mondo per risolvere uno dei sette "Millenium Problems". Forse, conoscere la fine di un'impresa, può non renderla avvincente, tanto più se essa coincide con il punto di partenza. Quale l'utilità di tanti sacrifici se si conosce già il risultato? Poincarè diceva che "Lo scienziato non studia la natura perché è utile, ma perché ne prova piacere" e così l'uomo non accetta la sfida della conoscenza perché spera di raggiungere nuovi risultati, ma perché l'adrenalina per l'inizio di una nuova impresa lo travolge. L'entusiasmo di tornare alla propria Itaca dopo una dura Odissea è travolgente, più della delusione di scoprire che è sempre la stessa Itaca dalla quale ci si era allontanati. La frenesia che muove alla conoscenza non ha rivali. La matematica insegna proprio questo: la maggior parte dei teoremi di geometria ha una dimostrazione intuitiva, lo scienziato non ha dubbi che l'Odissea che intraprenderà confermerà la tesi iniziale, eppure, ciò non lo fa desistere, non potrebbe fermarsi neanche volendo. Questo è quello che accadde a Poincarè quando lanciò la sua sfida al mondo: "ogni varietà chiusa n- dimensionale omotopicamente equivalente alla n- sfera è omeomorfa alla n-sfera". In altri termini ogni superficie n-dimensionale semplicemente connessa, ovvero senza "buchi", nella quale ogni curva chiusa può essere contratta sempre in un punto, è equivalente ad una n-sfera. Tale dimostrazione appare evidente in uno spazio tridimensionale, si pensi ad una mela di gomma (2-sfera), se le avvolgiamo intorno un nastro e lo chiudiamo, abbiamo ottenuto una curva chiusa. Si provi adesso a tirare il nastro senza che, né esso né la mela, si rompano: esso potrà essere sempre contratto in un punto, se però immaginare una 2-sfera risulta semplice, non è altrettanto semplice immaginare una n-sfera.
La ciambella e la mela.
La mela è "semplicemente connessa",
mentre la ciambella non lo è. Jules-Henry Poincaré
Poincarè è, infatti, stato definito come uno psicologo della creatività matematica perché solo con essa si può immaginare una n- sfera, cioè una sfera in uno spazio a più dimensioni. Grigori Perelman, Grisha per gli amici, non solo è riuscito ad immaginarlo uno spazio simile, ma ha fatto ben oltre.
Figura . Grigori Perelman
Nell'aprile del 2002 è riuscito lì dove tutti avevano fallito, ha dimostrato la congettura di Poincarè nel caso della 3-sfera. Ma, alla fine, che cosa il matematico francese aveva scoperto? Che una n-sfera semplicemente connessa è tale che se si considera una qualunque curva chiusa, questa può sempre contrarsi in un punto. Ma il punto in geometria non rappresenta altro che l'elemento base attraverso il quale poter realizzare una qualunque superficie. L'obiettivo è realizzare a partire dal punto una superficie in uno spazio a più dimensioni. Una n-sfera è un grande traguardo della creatività matematica, Poincarè dimostrò che esso coincide però sempre con il punto di partenza, basta contrarlo.
Quanto afferma il matematico sembra paradossale, è come se qualcuno affermasse che l'Universo, nato dall'esplosione di un atomo primordiale ritornasse ad esso per esplodere ancora una volta e infinite volte. Assurdità? No, piuttosto una delle ipotesi sulla fine dell'Universo. Gli Astronomi parlano di Big Crunch, affermando che se la densità media dell'Universo dovesse raggiungere un valore nettamente superiore rispetto alla densità critica, l'Universo assumerebbe una curvatura complessiva dello spazio-tempo positiva, come la superficie di una sfera. In altri termini l'Universo cesserebbe di espandersi ed inizierebbe a collassare su se stesso. "Assisteremmo" ad un evento simmetrico al Big Bang. In realtà l'esplosione finale non sarebbe perfettamente identica a quella iniziale, questo perché nel frattempo le stelle avranno emesso una notevole quantità di energia. Ad ogni modo queste variazioni sarebbero trascurabili in quanto l'unica differenza, risiederebbe nella presenza di numerosi buchi neri di varie dimensioni.
Il Big Crunch
Forse il futuro potrà dimostrare definitivamente che il traguardo, in questo caso il Big Crunch, coincide sempre con l'inizio, il Big Bang.
La fine dell'Universo è però incerta. Non potendo stabilire il valore della densità media della materia, risulta impossibile prevedere se si dovrà parlare di Universo chiuso(>1), aperto (<1) o piatto(=1).
Incerta è anche la
successione di eventi che caratterizzeranno tale evento. Ma d'altronde, non è
necessario far ricorso al futuro per avere una dimostrazione dell'ipotesi di
partenza, il passato ne è già una testimonianza,
I panni dell'Ulisse questa volta sono indossati dal presente che, degno figlio del passato, mostra al mondo la circolarità che governa l'esistenza. Qualcuno definisce la storia contemporanea "cronaca nera". Ritornano, infatti, ancora oggi i miti delle Guerre Sante e delle missioni civilizzatrici, ritornano in un'epoca dove l'avidità, la cupidigia, la bramosia di potere, sono protagoniste. Quando gli Europei scoprirono l'America, si sentirono in diritto di cacciare dalle loro terre le popolazioni locali perché non civilizzate (1492). Quando durante l'età dell'imperialismo i territori dell'Africa e dell'Asia, furono occupati dagli stranieri, il colonialismo venne giustificato in nome della civiltà imperante (1850). Quando la cultura occidentale venne eletta a modello,le principali potenze dell'ovest pretesero di civilizzare popolazioni aventi culture, costumi, usi, tradizioni differenti. Definirono i popoli che non rientravano nella sfera d'influenza occidentale, incivili. Vollero accettare la sfida (che però nessuno aveva lanciato) di civilizzare questi territori. I risultati sono una testimonianza della ruota che gira inesorabile e che conduce sempre al punto di partenza. Le popolazioni che oggi, nel "moderno" 2007 sono soggette alle dominazioni straniere, sono state ridotte all'inciviltà dalle violenze, dai soprusi, dalle ingiustizie che hanno dovuto subire. Dall'inciviltà tutto è partito, all'inciviltà tutto ritornerà. Un'inciviltà amara, feroce, sofferente perché imposta come la presenza dello straniero. " Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant" (dove fanno il deserto lo chiamano pace) denunciava Tacito, contro i Romani conquistatori e dominatori, avidi di potere e di ricchezze. Incuranti delle tradizioni altrui, ma sopra ogni cosa della dignità dell'uomo se quest'ultimo vestiva i panni di una possibile preda. Ed il poeta Ugo Foscolo, dopo poco meno di 1720 anni, si interrogava nella Lettera da Ventimiglia: "i governi impongono giustizia: ma potrebbero imporla se per regnare non l'avessero prima violata? Chi ha derubato per ambizione le intere province, manda solennemente alle forche chi per fame invola del pane. . E perché l'umana schiatta non trova né felicità né giustizia sopra la terra, crea gli Dei protettori della debolezza e carca premi futuri del pianto presente. Ma gli Dei si vestirono in tutti i secoli delle armi de' conquistatori; e opprimono le genti con le passioni, i furori e le astuzie di chi vuole regnare". Foscolo dava voce a questi pensieri nella seconda metà del '700, epoca che ci appare così lontana. Eppure, i corsi e ricorsi della storia rendono tali pansieri quanto mai attuali.
Non sempre è così facile accettare che tutto debba ritornare, alle volte è molto più semplice la linearità dove niente ha un inizio e niente ha una fine. Ma un inizio serviva a Lorentz per elaborare le sue trasformazioni. Al fisico Olandese spettò l'arduo compito di individuare delle leggi matematiche che fossero adeguate a porre in relazione tra loro, sistemi di riferimento inerziali in moto relativo con velocità adeguate. Quando infatti Maxwell, grazie alle sue equazioni, dimostrò l'esistenza di onde elettromagnetiche, i fisici furono costretti ad analizzare il moto di particelle che si muovevano alla velocità della luce (c). Le trasformazioni di Lorentz, indispensabile supporto per la teoria della relatività di Einstain, riuscirono in questa impresa. Iniziava la fisica moderna, analizzandole però ci si accorse immediatamente che esse potevano essere ricondotte alle trasformazioni di Galileo(baluardo della fisica classica), considerando valori di v nettamente inferiori alla velocità della luce (c).
TRASFORMAZIONI DI LORENTZ: x'=
y'=y
t'=
Per Lorentz, lo scienziato del '600, aveva, con i suoi studi, rappresentato l'inizio. Il suo traguardo non ne fu altro che un'estensione. La circolarità aveva vinto ancora una volta. Conoscere a priori un traguardo alle volte può far desistere lo spirito che ne è alla ricerca, non è stato così per Lorentz, per Poincarè, non è stato così neanche per il personaggio di Edipo.
Seneca decise di scrivere una tragedia nella quale
raccontare il dramma di questo figlio che, come
E dopo poco meno di duemila anni è il filosofo di Rocken a recuperare la concezione pre-cristiana del mondo, presente nella Grecia presocratica e nelle più antiche civiltà indiane, la quale presuppone: "Tutto va, tutto torna indietro". Nietzsche definisce l'eterno ritorno dell'uguale, come il pensiero più profondo della sua filosofia. Esso non è solo uno degli spunti filosofici più originali, è anche il più complesso. Alcuni critici presentano tale teoria, come una certezza cosmologica, pare che Nietzsche avesse ipotizzato che la vita di ogni individuo si ripetesse infinite volte perché se la quantità di energia dell'Universo è finita, il tempo in cui essa si esprime è infinito. Diventa pertanto inevitabile che le sue manifestazioni si ripetano. Altri la presentano come un imperativo categorico che ordina all'uomo di vivere come se tutto dovesse tornare. Altri ancora presentano l'eterno ritorno dell'uguale non come un dato di fatto, ma come una decisione che spetta solo all'uomo prendere. L'eterno ritorno dell'uguale potrebbe anche in realtà essere una generalizzazione della circolarità che governa ogni singolo evento dell'esistenza. Se così fosse, Nietzsche, con la sua filosofia, diventerebbe il teorico dell'ipotesi suggerita dalla Matematica (META ITACA M).
Secondo Popper è la storia stessa che ancora una volta presenta la prova definitiva della circolarità. Il filosofo contemporaneo, noto per le sue conclusioni epistemologiche e per la concezione della democrazia, fu un acceso sostenitore del gradualismo riformista. Sosteneva, infatti, che mentre un sistema di riforme permette di apportare effettivi cambiamenti, al contrario una rivoluzione abbatte una dittatura per istituirne un'altra. Anche Heiddeger non poteva non sostenere la circolarità quando, affrontando la ricerca dell'Essere, pervenne ad una conclusione: non si può conoscere il senso dell'Essere, se non partendo dall'Essere stesso. Il filosofo della kehre (svolta) che, con la prima parte della sua filosofia aveva dato uno dei principali contributi all'Esistenzialismo, decise di interrompere Essere e Tempo perché aveva intuito che il suo traguardo (il senso dell'Essere), coincideva con il punto di partenza (L'Essere stesso).
Il supporto artistico all'ipotesi della circolarità sarebbe invece firmato da Pablo Picasso il quale, con la sua rivoluzione cubista, volle rappresentare la realtà osservata da tutti i punti di vista. "Les damoiselles d'Avignon" (1906), espressione dell'innovativa tecnica artistica, mostra cinque donne osservate da diverse posizioni: gli occhi sono frontali, mentre il corpo e il naso vengono osservati di profilo. L'obiettivo era rappresentare la realtà conosciuta, non in maniera illusoria. Attraverso l'introduzione del fattore tempo fu possibile la simultaneità dei diversi punti di vista. La memoria permette di vedere le tre dimensioni contemporaneamente. La realtà dalla quale l'artista viene ispirato, è la stessa realtà alla quale vuole pervenire grazie alle sue creazioni. Il pittore avverte la necessità di rappresentare la "natura" in maniera frammentata, perché è così che la osserva. Non può ignorare la "disgregazione oggettiva", non può ignorare la "disgregazione soggettiva". Allo stesso modo Luigi Pirandello non voleva con la sua arte nascondere la frantumazione dell'io. La sua più grande scoperta era stata la vita come flusso indistinto di forme, non voleva che la sua arte diventasse la prigione della verità.
The stream of consciousness and the interior monologue, represented for James Joyce the narrative techniques with which to describe the fragmented, multi-faceted nature of reality. Joyce used this narrative techniques in order to convey the subjective dimension of experience. The reality is the beginning of the artists' research. They want to find the truth, for Thomas Stearns Eliot this is the truth: "Dust thou art and to dust thou shalt return". Eliot was one of the biggest English genius, he tried to show the differences between the past and the present. He showed with his masterpiece, "the waste land", the futility of civilisation after the first world war. Eliot wanted to show that the "sense of the past" is an active part of the present. In order to wake up "memory and desire" he gave too much importance to the tradition. So he used the allusive technique which allow the readers to understand the most deep means of the poet's tought. In one of this allusion Eliot said : "I will show you fear in a handful of dust" . the allusion with the Bibble is clair. Maybe Eliot wanted to reveal the most important secret of the life: "Dust thou art and to dust thou shalt return" (polvere sei stato e polvere ritornerai).
J.Joyce si servì del flusso di coscienza (stream of consciousness), del monologo interiore (interior monologue) e del narratore in terza persona (third narrator), per descrivere la realtà frammentata che osservava. Un artista non può negare con la sua arte la verità. Eliot non poteva negare con la sua arte il legame fra presente e passato, le allusioni rappresentarono per uno dei più grandi geni della letteratura inglese, lo strumento attraverso il quale dimostrare che il senso del passato è una parte attiva del presente. The Waste Land dell'età contemporanea non è molto diversa dalla terra desolata descritta nella Bibbia. L'uomo contemporaneo si sente impotente, alla ricerca dell'ignoto. La primavera vuole risvegliare la memoria e il desiderio del passato, ma inesorabile giungerà l'inverno che getterà un'ombra sul ricordo. La fine del mondo giungerà presto, Eliot ne era certo : "I will show you fear in a handful of dust" (in una manciata di polvere vi mostrerò la paura). Non la paura ma l'angoscia, la paura è inautentica per Heidegger, mentre l'autentica angoscia è la sensazione emotiva che travolge l'uomo dinnanzi al più antico comandamento della Bibbia: "Dust thou art and to dust thou shalt return" (cenere sei stato e cenere ritornerai). La verità di tutti i tempi nasce con l'uomo e muore con l'uomo, con lui viene sepolta. All'uomo, afferma Popper, non compete il possesso della verità, ma solo la ricerca, mai conclusa di essa. "inesaurito e non scoperto è ancora sempre l'uomo e la terra dell'uomo". L'Odissea della nostra esistenza ha avuto inizio con un punto di domanda, ad esso ritorneremo in eterno: eternamente ruota la ruota dell'essere?
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